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del monte e davano vini Leggieri, un reticolato di poligoni più o meno regolari coltivati a cereali e suddivisi da lunghi filari di Cerri et ammacchiati di viscigli, una vegetazione boschiva alimentata da aste torrentizie diffuse, e condizioni climatiche più fresche del- le attuali disegnavano un paesaggio alquanto diverso da quello odierno151.

3.3 I feudi lucani

I feudi del principe in Lucania, costituiti dai terreni arenacei ed argillosi della media montagna della Basilicata, si caratterizzano ancora oggi per i monti mediocri, mentre il paesaggio appare molto più simile a quello dell’Appennino molisano-irpino, (piuttosto che) ai rilievi dell’Appennino campano-lucano152 (Fig. 19).

La parte settentrionale della Basilicata, in cui si erge l’anfiteatro vulcanico del Vulture, con le sue rigogliose pendici boschive, variegata presenza di fauna ed abbon- danza di acqua, contrassegnata dalla fertilità della zona, associata ad una modesta alti- tudine e alla favorevole esposizione, ha consentito lo sviluppo di ricche colture in que- sti territori che, in epoca moderna, dovevano presentarsi ancora più lussureggianti nel- la coltre fittissima di faggi, querce, ontani, castagni e frassini che li copriva.

Il progressivo disboscamento delle zone vicine ai centri popolati ha prodotto l’impianto dei rinomati vigneti ed oliveti che, insieme ai seminativi a grano ed orzo nelle zone pianeggianti, forniva una cospicua rendita ai feudatari.

Un’interessante descrizione del XVIII secolo ci informa che il territorio demaniale di Atella è diviso dal fiume in due parti, l’una chiamata la parte del Gaudo, che principia dal ponte di Atella e confina con li terzi di Margarito e Marotta, col feudo di Monticchio, col territorio di Rapolla e Barile e con Lagopesole. Quello dall’altra parte del fiume viene confinato con li mede-

151 cfr. M. SISTO, Sturno. Storie di luoghi, storie di uomini, Stampa Editoriale, Manocalzati, 2009, pp. 92-

segg.

simi terzi di Margarito e Marotta, Difesa di Montesirico, demaniale di S. Fele, bosco della Bella, feudo di S. Sofia e Lagopesole153.

Figura 19 – Terra di Bari et Basilicata di Joannes Blaeu (1662).

La Terra di Atella è situata nella Provincia di Basilicata in una pianura con montagne intorno, come sono Santo Angiolo, dove sono due laghi notabili, nelli quali si pescano tenche in abundantia e perfette, e confina colla città di Melfi, distante dieci miglia in circa, con il fiume

153 ASN, archivio privato Caracciolo di Torella b. 231, fasc. 6, Descrizione dei confini e territori d’Atella, San Fele e delle Difese del barone di Atella. Il testo non riporta data e fu redatto per definire le ragioni degli abitanti di San Fele ed Atella nell’uso dei territori demaniali. Nel corso del tempo numerose furono le i- stanze per la definizione dei confini fra le due università portate avanti dai rispettivi feudatari, il princi- pe di Torella ed il principe di Melfi. La lite fra le due comunità verteva sull’Armentieri che, una memoria

del Principe di Torella utile protettore di Atella col Principe di Melfi e l’Università di San Fele, ratificava spet- tasse e legittimamente si possiede dal Principe di Torella, senza che il Signor Principe di Melfi poss’avervi verun

diritto. Le due case principesche avevano eletto per avvocato fiscale Michelangelo Cianciulli per la riso- luzione di un contenzioso che si protraeva da decenni, come notificava Carlo Muzi, presidente della Sommaria, cfr. ASN, archivio privato Caracciolo di Torella, b. 231, fasc. 5, pag. 44 r.

Ofanto [...] distante dalla Città di Salerno miglia quaranta in circa e con la Città di Napoli mi- glia settanta in circa. In essa vi erano quattro strade principali larghe, magnifiche, e piane, per le quali si può andare con carozza, come quasi per tutta la maggior parte dell’intiero territo- rio, nel centro la Piazza, quale è molto grande, e quadra, intorno molti stazzi sotto li quali si può andare, e in particolare serveno per poteche di Mercanti nelli tempi delle ferie154. Due era-

no le fiere che richiamavano un gran concorso di negozianti, e bestiame di ogni sorte da di- verse parti del Regno, et in particolare da Calabria. Una di esse nel principio del mese di Set- tembre, e l’altra nel mese di Giugno detta di Santo Vito ed il feudatario aveva la facoltà di approvare l’elezione del “Mastro Giurato” durante tali periodi155; inoltre l’Università è

obligata, nominarli ogn’anno un Erario; il quale tiene pensiero d’affittare, et esiggere l’entrade, et uno Terraggiero, quale hà pensiero di esigere il terraggio delle vittovaglie, et anco un Esatto- re delli proventi del signore. La popolazione ascendeva a 573 fuochi alla metà del Cin- quecento, ma nel Seicento è da fochi 280 in circa e tiene uno Casale detto Arenigro, dove abi- tano da quaranta cinque persone, altri fuochi di Albanesi in circa […] che vivevano in grotte accomodate con fabrica, e vicino detto vi è una Ecclesia detta Santo Antonio, il quale Casale si può augumentare, come tuttavia si và augumentando.

Nella cittadina si trovavano alcuni gentiluomini, sei Dottori di Legge, un altro in Canonica, un Teologo, due Fisici, due Professi in Chirurgia, tre Notari, uno Giodice a contrat- to, uno Speziale di Medicina e, in relazione alle altre professioni, si trovavano cinque Bar- bieri, cinque Calzolari, uno Manescalco, e tre Terrari, mentre completavano il quadro delle attività artigianali le quattro poteche di Sartori, tre poteche lorde, due chianche, e sei taverne.

154 Le citazioni sono tratte da un interessantissimo Apprezzo di Atella e del suo Casale di Rionigro di Ora-

zio Grasso del 4 aprile 1615, ASN, archivio privato Caracciolo di Torella, b. 121, fasc. 11. Nell’archivio ci- tato si conservano altri due apprezzi della terra di Atella, uno redatto dal regio tavolario Federico Pinto, nel 1629, ed un altro del 1642 di Onofrio Tango. La trascrizione di buona parte degli apprezzi dei feudi lucani conservati nel fondo documentario dei principi di Torella la si ritrova in S. ROMANO, Gli apprez-

zi e le Plateee, cit.

155 Le fiere, a differenza dei mercati locali, richiamavano mercanti di professione ed erano aperte a

tutto il commercio, come ogni porto di mare lo è alla navigazione, secondo una felice espressione di Pirenne. Durante le fiere, ad un primo periodo dedicato alle vendite o agli acquisti, seguiva il tempo del saldo dei debiti contratti in loco e anche di altri contratti precedenti, cosicché le rilevanti transazioni pecuniarie trasformarono questi appuntamenti annuali in veri e propri “uffici di cambio di tutta Europa”. Anche i Gesualdo-Ludovisi, predecessori dei Caracciolo nel possesso del feudo, si servirono della fiera di Atella quale luogo privilegiato per le transazioni pecuniarie garantite dalle lettere di cambio del banco di Cor- nelio Spinola. Per un quadro più completo del tema cfr. A. GROHMAN, Le fiere nel Regno di Napoli in età

aragonese, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli, 1969 e G. GALASSO, Mezzogiorno medioevale e mo-

Ma la maggior parte degli atellesi era costituita da Massari di campo, e fatigatori, quali vivono mediocremente al generale, mentre il regio tavolario tristemente annotava che i ciclici cattivi raccolti, insieme alla generale crisi economico-finanaziaria che visse l’intero Regno di Napoli, aveva indebitato detta Università e stà oppressa di debiti, che tie- ne di debito, come mi sono informato da docati ventiseimila in circa di capitale, oltre cinque, o sei milia docati di terze. Le entrate erano costituite da quattromila ducati in circa consisten- tino in diverse gabelle et questo senza salario156.

La nobile città di Lavello, della quale si fregiavano del titolo ducale i principi di Torella, era compresa nella provincia di Basilicata, la quale è posta nella fine della Pro- vincia di Basilicata, et vicino alle Provincie di Capitanata, et Terra di Bari, et si discosta dalla Città Capo del Regno per la strada nova miglia cento per la strada delle montagne miglia 84, da Salerno, dove risiede l’Audienza alla quale è soggetta miglia 70. Da Foggia dove risiede la Regia Dogana miglia 30. Da Lucera miglia 40. Dalla Marina di Barletta miglia 30 e, sempre secon- do l’apprezzo del 1629, numerava fuochi 702, mentre alla fine del Seicento, secondo la forma del catasto cinquecento trentadue, oltre li fuochi delli soldati e persone privilegiate.

La città si trova sulla sommità di una collina dalla quale spazia sul circondario e stà esposta a Mezzo Giorno, et è di bonissimo aere, sì per la sua temperie come perche il sole la possiede dal nascere al tramontare et è agitata da tutti i venti, sì bene da Tramontana.

Si può comodamente attraversare a piedi come percorrerla a cavallo per essere strade piane, ma strette ed è divisa in tre quartieriuna parte del Palazzo del Padrone il quale stà quasi in mezzo la detta Città, una verso Levante […] insino la Porta nominata la Barra, un’altra parte da quello poi similmente verso Ponente si chiama il Burgo dove sono molte case matte, poche con camere le quali sono habitate dalla povera gente157; inoltre, le abitazioni non

avevano cortile e tutti sono basci con cantine sotto, e camere sopra, et alcune a due solari co- verte poi a tetti. Si notava che la Città ancorche stà nella Provincia de Basilicata in qualità de territori partecipa assai della Puglia, però si notificava che possedeva acque dolci, due fonta- ne belle, et acque de cisterne. Molti appezzamenti erano di proprietà della Regia Dogana di Foggia e della Mensa vescovile, ma il feudatario ricavava notevoli proventi dal terri-

156 Per un quadro completo delle entrate feudali della Terra di Atella si rimanda al capitolo relativo

alle rendite.

157 ASN, archivio privato Caracciolo di Torella, Apprezzo della Città di Lavello del 1629 redatto per ordine del Sacro Regio Consiglio, b. 49, fasc. 9, f. 1, 2, 3.

torio, caratterizzato da colline, come pianure, boschi, difese, pascoli per ogni sorte di animali, et dove si contengono fiumi, acque sorgenti, rivoli fontane, vigne, hortolitij, territorij fruttosi et altri, dove nascono quantità de vini bianchi, e rossi grati al gusto, e de mediocre gagliardia, […] anco abondante di cacce d’ogni sorte d’animali quadrupedi, […] et d’ogni sorte d’aucelli volati- li, e d’acqua, anco di caccia, di pesci nel fiume Ofanto e, tratto distintivo dei luoghi, si tro- vavano assai quantità dei grani, orgio, fave, ciceri, foglia, agli, cepolle, et ogni sorte di hortoli- tij, vicino al fiume dove li danno l’acque nelli bisogni, frutti d’estate a bastanti, et lini rustici.

Poche le famiglie che vivevano nobilmente, mentre la maggior parte della popo- lazione è costituita da massari, li quali fanno, altri fanno fare campi seminatorij, massarie, bacche, bovi, giomente, pecore, capre, porci, et altri, la povera gente con la zappa, arato, falce, al- tri alla custodia d’animali suddetti.

I numerosi buoi aratori venivano utilizzati per seminare li detti cittadini da 9000 tomola di grano in circa tomola 4000 d’orgio, fave, tomola 1000. Delli quali parte serve per il vitto, parte per seminare, e parte si vendeno per pagare li affitti alla Corte, et altri loro debiti e pagamenti.

Si sottolineava la penuria di grandi e valorosi uomini, che acquistassero grandezze et honori […] con le vigilie delle lettere, e fatiche per l’armi nel Servitio Regio nelle guerre, poi- chè l’attività legata al commercio del grano permetteva a molti di arricchirsi con la vendita a prezzi alti nei periodi di carestia, pertanto, a quello attendano, et non andanno se non pochi a studiare, o vero caminar il mondo per portar a loro case guadagni, ma solo de de- nari. In essa dimoravano cinque Dottori di Legge, un MedicoFisico forestiero assalariato in ducati 1000 per tre anni, tre Notari, due Giodici a contratto, uno Spetiale de Medicina, e com- pletavano il quadro delle attività quattro Barbieri, Sartori, Scarpari, a bastanza, tre Fundici di panni de lana, e seta, Mastri d’ascia, Scalpellini, Fabricatori e sei boteghe lorte.

Molta manovalanza locale era impiegata nell’estrazione del salnitro per servitio del- la Regia Corte, et a far tetti, mattoni, et vasi belli di creta bianca come quelli di Taranto.

Il governo della città era affidato al sindaco e sette eletti che, seppur nominati con un pubblico parlamento, tuttavia dovevano essere confermati dal signore e, qualora non li volesse approvare allora fà et ordina, che fiat nova electio, e così è forzata tacitamente l’Università far huomini aderenti al Padrone.

L’antica sede vescovile di Venosa, distante 94 miglia dalla capitale, seguendo la via per Calitri che era buona d’estate a cavallo et a piedi, ma d’inverno fangosa per essere il paese cretoso, e per lastrada nuova, che si ripigliava dalPonte di Boccino […] miglia cento, e quindici con carrozza, et a cavallo aveva un’estensione territoriale che copriva nove mi- glia con li suoi territorij da Levante a Ponente e da Settentrione a Mezzogiorno oltre miglia nove, confinando con li territorij di Spennazzola dalla parte dell’Oriente, con Rapolla dalla par- te dell’Occidente, con Ripacandida, e Forenza dalla parte di Mezzogiorno, e con Laviello dalla parte di Tramontana.

Figura 20 – Il castello di Venosa.

All’entrata della città si trova tutt’ora il magnifico castello fatto erigere da Pirro del Balzo nel XV secolo (Fig. 20), bello e forte di forma quadro, rassembrando assai al Castel- lo Novo della Città di Napoli con quattro grosse torri con bastione, circondato da un largo et profondo fosso, ma il luogo era caratterizzato anche d’aere più presto cattivo, che buono, mantenendosi l’habitatori di poca buona complessione, per esser il sito di detta Città fossato, e

sono di mediocre aspetto, cossi l’huomini, come le donne158. Vestono le persone civili, e facoltose

con panni fini, e sete cossì ancora le loro donne, mentre la maggior parte della popolazione veste di grossi panni alla pugliese, cossì l’huomini, come le donne, provedendosi di essi per la fiera, che si fà in detta Città, et altre fiere convicine, fandoseli anco in casa.

Nella città vi erano tre Dottori di Legge, et un’altro Fisico, tre Notari, due Giudici a contratto, e molte altre persone, gentil’huomini, ma la maggior parte era costituita da brac- ciali, che vivono alla giornata con diversi esercitij foresi con aggiunto anco delle loro donne, et altre in casa che filano e tessono. Nella piazza principale, sita davanti al castello, si svol- geva la maggior parte delle attività commerciali, esistendo molti magazzeni, e botteghe per commodità de Curatori a tempo di fiera, cinque botteghe lorde, due di fogliame, bocceria, ferraria, et osteria; inoltre vi era abbondanza di pane bianco, e commune, e de frutti, tre botte- ghe de Barbieri, sei de Scarpari, tre de Sartori, due spetiarie di medicina, drogherie, et altre mer- ciarie per servitio de cittadini, mentre per l’abbigliamento ci si serviva di un Fundaco de panni grossi, e fini con alcuni pochi drappi di seta.

Rinomate erano anche le attività legate alla lavorazione della ceramica e, già allo- ra, esistevano alcune fornaci di Vasari di Faenza, che le smaltiscono tanto in detta Città, quanto per le terre convicine. L’abbondanza d’acqua e i numerosi oliveti con i frantoi lo- cali completavano le attività industriali del luogo; tale affermazione trova riscontro nell’indicazione che sono in essa Città (di) quattro trappiti d’oglio, cinque molina d’acqua ne i proprij territorij distante uno, e due miglia in circa ciasc’uno d’essi, e sono di diversi partico- lari, non risultando nelle rendite feudali del signore; inoltre si trovavano anche molti territorij fertili de grani, e frutti, de vini un poco scarsi, ma buoni.

L’economia silvo-pastorale cui la legava la via della transumanza delle greggi e la ricchezza delle aree vocate al pascolo, intervallate dai siti boscosi delle difese, facevano sì che molti animali domestici fossero presenti sul territorio, e tutti de diversi Particolari, come sono ducento bovi aratorij, con alcune poche vaccine, pecore quattrocento, porci cinque- cento, cavalli cinquanta, e somarini quaranta, per commodità delli detti cittadini.

158 Le notazioni riportate per la città di Venosa si riferiscono alla copia estratta dalla Regia Camera

della Sommaria dell’apprezzo redatto dal regio tavolario Onofrio Tanga nel 1635. Il documento porta la data del 12 gennaio 1695, ASN, archivio privato Caracciolo di Torella, b. 190, fasc. 15, f. 1 r. e 1 v.

Chiamati al governo della città erano il Mastro Giurato, quattro eletti, e un Sindaco, et un Algozzino159, la cui elezione in parlamento pubblico doveva essere ratificata dal

feudatario, i quali eleggevano a loro volta l’Officiali, Procuratore, e Mastri per il Governo de Monasterij di donne. La città aveva le sue carceri civili, e criminali per le sue cause occor- rentino, oltre d’un altro carcere civile separato per servitio della fiera, et è assolutamente dell’Algozzino.