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La comunità di Barile generò numerosi condottieri che con l’esercizio delle armi nobilitarono il casale, come segnalava anche la storiografia ottocentesca, facendo di- scendere l’indole invitta e la caparbietà dei contemporanei del casale dall’antiqua virtus rei militaris.

Il libro di Angelo Bozza sul Vulture e Barile, ad esempio, cita numerosi capitani albanesi, riportando anche documenti interessantissimi, fra i quali il diploma vicereale di ratifica delle immunità concesse al casale da Filippo II, nel quale si trascrivevano le vessazioni cui era sottoposta l’università da Barricelli, Capitani di campagna, Commissari algozini et soldati del Magnifico Marc’Antonio Fata et di altri commissari et ministri di giusti- zia, li quali per estorquere il vitto […] non si contentano delle case erme, et dimandano gente

212 Per la comunità grecofona di Napoli le notizie sono ancora scarne e la fonte bibliografica risulta

ancora legata al testo di G. V. MEOLA, Delle storie della Chiesa greca di Napoli, Napoli, 1790.

per guardia di carcerati et persecuzione di forasciti, bagaglie, exstrahendoli di loro territorio, contra la forma delle reg. Pramm. Per tanto supplicano V. E. resti servita comandare che non siano così detratti per esserno Albanesi, che la maggior parte sono soldati e resideno al servitio regio la maggior parte dell’anno, senza li altri che servono in la Flandria et in Lombardia a sua Maestà.

Il viceré, Don Innico Lopez Hurtado de Mendoza, marchese de Modelar, il 28 a- gosto del 1567, accoglieva le petizioni dei barilesi e minacciava che avrebbe posto una pena di ducati mille et altra a mio avviso reservata e comanda al M.co capitano presente e fu- turo di detta Università et homini di quella, ne debbia pigliare informazione, et ce la debbia in- viare, et così anche di tutti li altri eccessi et raggravij che si facessero per li suddetti o ciascuno di loro in detto casale, similmente ce la debbia inviare per potere provvedere al condegno castigo da chi lo meriterà214.

Trent’anni prima un coroneo di Melfi, Palumbo Zuzuro, semplificazione del co- gnome Chiucchiera, i cui discendenti si trasferiranno nel casale di Barile, chiedeva all’imperatore Carlo V di essere armato cavaliere, poiché à servito sua maestà Cesarea in tute le guerre de Italia in Lombardia, et in questo regno: et in la impresa de Tunise. E ne mai ne à mancato da XX anni in qua appresso lo capitanio cavaliero Zoan Zuzura, suo frate consupri- no 215.

Numerosi altri albanesi sono riportati con il grado di capitano nell’esercito spa- gnolo, come Giorgio Mazzucca che morì nel castello di Nemours, nel novembre del 1578, ed il fratello Nicola Mazzucca con i suoi figli Lazzaro, Michele e Pietro216, Nicola

Renes che guidava una compagnia di cavalli leggeri nei pressi di Barletta, nel 1611, Pa- olo di Giorgio Creasia, i soldati Pietro e Giorgio Scura che avevano partecipato alle bat- taglie nel territorio di Sondrio, durante le guerre col duca di Savoia per la successione nel Monferrato. L’elenco degli uomini d’armi di Barile attesterebbe numerosissimi altri nomi di eroici capitani o fanti, tuttavia molti di essi sono rimasti nell’oblìo, ma i docu- menti inediti rinvenuti confermano l’ipotesi che le colonie greche nel Melfese, ospitate

214 IDEM, pp. 155-156. 215 IDEM, pag. 132.

216 Il Bozza riporta che le informazioni da lui ricavate sono documentate dalla trascrizione di lapidi e

da carte ed alberi genealogici della famiglia, atti redatti da parroci nei libri parrocchiali e carte di uffici comunali ormai quasi tutti, purtroppo, irrimediabilmente perduti, cfr. A. BOZZA, Il Vulture …, cit., pp.62-63 e nota 24 pag. 166-167.

dal duca Giovanni II Caracciolo, avessero lo scopo del supporto militare e, più tardi, nel periodo del progressivo consolidamento del potere della monarchia spagnola nel Regno meridionale, venuto a mancare lo scontro armato fra nobiltà e sovrano, esse si trasformarono in compagnie di stradiotti al servizio della Spagna o dei sovrani cattolici in Europa.

Un’ulteriore prova alle conclusioni riportate viene dal commento ad un prezio- sissimo documento, la copia di una pergamena del Cinquecento che aveva fatto redi- gere il duca di Lorena per Pietro Dragina, venuto a dare supporto al suo esercito217.

Carlo III (1543-1608), duca di Lorena, sposò la figlia del re di Francia, Claudia (1547-1575) e, durante le guerre di religione che infiammarono l’Europa alla fine del XVII secolo, cercò di mantenere un atteggiamento neutrale, garantendo il passaggio nei suoi feudi sia delle truppe francesi che li attraversavano per dar man forte agli u- gonotti, che degli eserciti spagnoli in marcia dalla Franca Contea ai Paesi Bassi.

Fu un fervente cattolico, accolse la richiesta di un’assemblea generale della Lega cattolica, di cui faceva parte insieme ai cugini, i duchi di Guisa, a Nancy nel 1580.

Dopo l’assassinio di Enrico III, nel 1589, osteggiò in ogni modo la successione di un protestante come Enrico di Navarra al trono di Francia, proponendo la propria candidatura per l’elezione a sovrano di tale nazione. Nella guerra dinastica che si sca- tenò, alle rivendicazioni della corona di Francia si affiancavano i contrasti religiosi fra cattolici ed ugonotti, che toccarono il nord del ducato di Lorena, saccheggiato dal duca di Bouillon, Enrico de la Tour d’Auvergne (1569-1623), capo politico e militare scelto dai protestanti che, dal 1592, fu nominato maresciallo di Francia. Soltanto nel 1594, con l’abiura di Enrico III di Narvarra, clausola necessaria alla sua incoronazione posta dal predecessore, si raggiunse una pace condivisa in Francia e nei territori del duca di Lo- rena.

217 A pag. 166 del testo del Bozza si indica il capitano Pietro Dragina ed il capitano Teodoro Dragina,

figli di Alessio, riportati nel testamento del padre redatto nel 1597. Non possiamo avere dubbi che si tratti del Pietro Dragina citato nel lasciapassare.

Figura 24 - la pergamena cinquecentesca del duca di Lorena.

La pergamena (Fig. 24) riporta agli anni cruciali seguiti all’assassinio del re, alla guerra dei “tre Enrichi”, e allo sgomento dei principi cattolici ad accettare un sovrano protestante in Francia, quando supporti militari s’impiegarono su più fronti e numero- se furono le imprese che il capitano Pietro Dragina, insieme al suo reparto, costituito da più di 100 lance albanesi, dovette sostenere prima di aver la licenza del duca di Lo- rena di ritornare nell’Italia meridionale. Questi, discendente degli angioini, rivendi- cando ancora pretese sul regno di Napoli, nell’elenco dei titoli si dichiara duca di Ca- labria, cosicché nel testo, redatto in lingua d’oil, leggiamo Charles par la grace de dieu duc de calabre Lorraine bar gueldres marchis marquis du pont amonsson comte de provence vaudemont, blamont zupphenrg. Il Dragina era stato nominato nostre conseiller de guerre soit des le commendement des premiers troubles de guerre ed egli era giunto in Lorena con un numero di soldati davvero rilevante, avec une compagnie complette de cent lances bons et valeureux soldatz albanois ou du depuis et iusques a present il a touiours demour,

impiegato in specifiche operazioni belliche che ne avevano esaltato il valore e la lealtà nei confronti del duca, infatti et en plusieurs exploietz de guerre que lavons emploie faict de bons et notables services avec ladicte compagnie a nostre contantement sestant demonstre estre hommie d’honneur et de valeur.

Tuttavia, non ben chiariti urgentes affaires chiamavano nel Meridione d’Italia il Nostro che ottenne conferma scritta del suo congedo dal duca, infatti est de nostre congè permission et licence presentement party pour sen rettourner en sa maison au royaume de na- ple, inoltre, si comandavano tutti i suoi vassalli, dai principi ai funzionari e governatori delle province attraversate dalla compagnia albanese in armi, secondo un ordine di- scendente che, partendo dai gradi più alti della gerarchia sociale del tempo, arrivava ai comuni sudditi dei suoi territori, di lasciarlo passare indisturbato.

Nel testo si scrive che nous prions et bien instanment requerons tous princes, seigneurs contes barons chevaliers gouverneus de provinces conducters de gens de guerre tant a cheval qua pied bailliz capitaines de villes : chasteaux forterosses gardes de pontz passages magistratz consulz prevostz mayiurs iusticiers officiers et tous autres quel appartiendra vuloir laisser pas- ser aller venir seiourner et returner le dict sieur dragina ensemble ses serviteurs chevaux armes hardes et bagages par tous les endroitz et destroitz ou son chemin.

La fedeltà, dimostrata sui campi di battaglia, ed il carattere davvero significativo dell’aiuto prestato al duca dagli armigeri albanesi lo spinsero a raccomandare ai suoi sudditi di non arrecare alcun impedimento al Dragina e ai suoi, cercando, invece, di ri- fornirlo di cavalli da noleggio (cevaux de louages), uomini di scorta o altro materiale ne- cessario a rendere agevole il suo ritorno, sans luy faire mettre o(---)mer ny soffrir luy estre faict mis ou donne(---) destourbier on impeschement au contraire il nis si b(---) faict et il le re- quiert luy donner prester et y(---) donner tout confort ayde et si(---) luy faisant fornir cevaux de louages hommes pour escolte et autres (---) necessites en payant si neaulmoings le tout rai- sounablement.

Se poi le risorse impiegate nell’aiuto alla compagnia d’armi fossero risultate mol- to esorbitanti, allora il duca si sentiva disposto a premiare chi avesse dimostrato d’aver agito in tal senso, mostrandogli rispetto, poiché et surplus lavoir pour nostre respect en bonne favorable recommandation comme en semblable et plus grand cas nous voudrions faire et ferions es pays le pardeca si reguis en estions.

L’ultima parte del documento riferisce che, dopo aver chiamato a testimoni di quanto scritto i presenti, esso si sottoscriveva con il sigillo del duca di Lorena, indican- do il luogo, Pont a Monsson, oggi Pont-à-Mousson, e la data, il primo giorno di giugno del 1590, infatti En testimonios de quoy nous avons a cesdictes presentes signees de nostre main faict mettre et apposer en placare nostre seel secret. Donné en nostre ville du Pont a monsson le premier iour du mois de iung mil cinq cens quatre vingtz et dix.

La città di Pont-à-Mousson prendeva il nome dal ponte sulla Mosella, costruito per unire le due rive e, già dal 1413, faceva parte del ducato di Lorena dei signori di Bar; in essa dal 1572 era stata istituita un’università dallo zio paterno del duca, che go- vernò la Lorena dopo la prematura scomparsa del fratello Francesco I (1517-1545), ma- rito di Cristina di Danimarca (1522-1590).

Non si conoscono ulteriori vicende che coinvolsero Pietro Dragina, né vi sono suoi discendenti presenti nel parlamento del 21 settembre 1656218, forse erano impe-

gnati come l’eroico avo su altri campi di battaglia a mostrare il loro ardore oppure, i- potesi plausibile, si erano trasferiti in altri centri per essere vicini al blasonato che ri- chiedeva i loro servigi. Il capitano Pietro Dragina, certamente un nobile stradiota alba- nese, il cui cognome richiama alla potente famiglia dei Dukagijn, principi del nord dell’Albania che, insieme ai Castriota e agli Arianiti, era riuscita a tener testa all’esercito ottomano per larga parte del Quattrocento, s’inserisce nel quadro storico- politico-sociale del tempo in cui visse, coltivando il mestiere delle armi, a cui era vota- to da secoli il suo illustre casato, e gran parte della comunità greca di Barile. Il carattere e le imprese delle comunità greco-albanesi del Vulture, riportate grazie ai documenti rinvenuti, disegnano un unicum nel quadro dell’Italia Meridionale, sia per i privilegi ottenuti e gelosamente conservati che per la nobiltà dei discendenti, capaci di inserirsi nel territorio lucano alternando l’ars rerum gestarum al colere vitem et frumentum in agro serere, combattendo tenacemente anche difficili battaglie legali nel corso di vari secoli.

218 Un parlamento fu riunito in tale data dal capitano della Terra di Rapolla, Francesco Giannone,

dopo il suono della campana, per ratificare la rinuncia dei fiscali sulla casa palazziata di Pietro Dragini dopo l’acquisto dell’immobile da parte del primo principe di Torella. Nel documento si riportano una sessantina di nomi che, se fossero capofamiglia, porterebbero alla stima approssimativa di circa 300 per- sone nel casale, valore vicino alle ipotesi della storiografia più recente.

CAPITOLO V

La gestione delle risorse

5.1 Le entrate nei feudi

La Terra di Torella ed il castello disabitato di Girifalco furono acquistati da Do- mizio Caracciolo, con l’esborso di 30900 ducati ai creditori dei precedenti feudatari, permettendogli di ottenere il titolo di conte e di entrare all’interno dell’aristocrazia del Regno meridionale, alienando il feudo nel milanese219.

Della Terra di Torella, non più soggetta alla baronia di Frigento grazie ad un pri- vilegio che re Ferrante aveva concesso a Raimondetta del Tufo, madre e tutrice del fi- glio Sigismondo Saraceno220, si conserva un elenco delle entrate redatto dalla Regia

Camera della Sommaria nel 1535 al fine di determinare le quote che il nuovo feudata- rio, Alfonso della Rosa, avrebbe dovuto corrispondere ai creditori dei Saraceno con- dannati al sequestro dei beni per fellonia221.

219 Sulla diversa natura del potere feudale nel Ducato di Milano e nel Regno di Napoli si è già detto

nei paragrafi precedenti, si vuole qui soltanto riportare che il feudo di Gallarate comprendeva Ferno, Semarate, Cascina, Verghera, Boladello, Solbiate, Sopreardo, Peveranza, Arnate, Cedrate, Santo Stefano e Cardano. La vendita fu ratificata dal notaio Antonio Castaldo di Napoli e l’assenso regio sull’acquisto venne nel 1564, permettendo lo scambio del feudo di Atripalda con quello di Gallarate fra le due fami- glie dei Pallavicino e dei Caracciolo.

220 ASN, archivio privato Caracciolo di Torella, b. 87, fasc. 5. Nella pergamena del 22 marzo 1483 Fer-

dinando d’Aragona ribadiva che diverse ragioni ci convinsero a concedere taluni opportuni privilegi ed altre

scritture con le quali abbiamo esentato la Terra di Torella, abitata, ed il castello di Girifalco, disabitato, dalla baro- nia di Frigento […] furono riconosciuti dipendenti immediatamente dalla nostra Curia e lo sono anche ora.

221 Dopo l’impresa di riconquista del regno da parte dei francesi, i Saraceno furono ritenuti colpevoli

di non aver soccorso Carlo V e non beneficiarono neanche dell’indulto imperiale del 23 aprile 1529, co- sicché i loro feudi furono confiscati e concessi ad Alfonso della Rosa, o La Rosa secondo alcune trascri- zioni, cfr. ASN, archivio privato Caracciolo di Torella, b. 70, fasc. 7, in cui si legge che ditta Terra Torellae

fuit concessa Commendatori de la Rosa per Carolum Quintum die 20 aprilis 1529, ut preditta concessione. Il do- cumento fu stilato dalla Regia Camera della Sommaria il 3 dicembre del 1535, ASN, archivio privato Caracciolo di Torella, b. 70, fasc. 7.