1 - 2 49,44 m 150 + 0,24 m 2 - 4 49,24 m 150 + 0,04 m 4 - 5 19,44 m 60 - 0,24 m 1 - 7 36,13 m 110 - 0,05 m 7 - 8 36,13 m 110 - 0,05 m 3 - 7 34,45 m 105 - 0,20 m 8 – 4 22,78 m 70 - 0,18 m
Sia l’orientamento che il modulo adottato dal sistema di via Andrea Costa richiamano lo schema ricostruito a Casalecchio di Reno; ma se nella vicina Casalecchio l’organizzazione territoriale descritta si sviluppò tra il terzo e l’ultimo quarto del VI secolo a. C., il sistema di via Costa parrebbe di poco anteriore ed ormai defunzionalizzato nel tardo VI sec. a. C., quando avvenne un radicale livellamento di tutte le strutture presenti per consentire la fondazione di un nuovo impianto insediativo che sembra rientrare nello stesso progetto di gestione territoriale testimoniato a Casalecchio (Fig. 88).
Verso la fine del VI sec. venne ricavata infatti un’area quadrangolare perimetrata su tutti i lati da larghi fossati; solo al centro del lato settentrionale era risparmiato una porzione di terra, larga 4 m, che doveva permettere l’accesso281. All’interno di questo spazio inizialmente fu
281
129 installato un modesto edificio ligneo, testimoniato da poche buche di palo; con gli inizi del V secolo si operò una prima fase di ripristino del sistema dei fossati e si procedette alla costruzione di un polo residenziale assai articolato. Esso era caratterizzato presso l’ingresso da una porta a cavedio e da una torre lignea mentre sul lato occidentale si sviluppava un edificio rettangolare allungato distinto in due parti, quella meridionale destinata a funzioni abitative, quella settentrionale probabilmente destinata a funzioni utilitarie e lavorative. Al centro dell’area è inoltre stato identificato un cordolo di lastre in arenaria che testimonia la presenza di una pista di attraversamento per i carri dall’ingresso verso la zona abitativa dell’edificio allungato282.
Fig. 88: Bologna, via A. Costa: fase felsinea (da Ortalli 2010, fig. 3).
282 Per una più dettagliata descrizione delle strutture rinvenute in quest’area si veda Ortalli 2010, pp. 79-83, figg.
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Il tipo edilizio qui testimoniato differisce totalmente dalle coeve case di Marzabotto mentre trova puntuali riscontri nel tipo della “casa lunga”, elaborato in Etruria in età orientalizzante e sviluppatosi nel corso del VI secolo283, che è ben attestato anche a Casalecchio di Reno284. Il sito di via Andrea Costa si pone in posizione intermedia nella via fra Felsina e Casalecchio attraverso cui dovevano passare tutti i traffici commerciali provenienti dall’Adriatico e dalla valle del Reno285. Secondo Jacopo Ortalli la presenza della torre all’ingresso dell’area indicherebbe una funzione di sorveglianza sul territorio circostante, la particolare delimitazione dell’area sarebbe servita a costituire un luogo di posteggio temporaneo per veicoli e mercanzie, la significativa presenza di valuta premonetale in aes rude indicherebbe infine la presenza di attività commerciali286.
Credo che il ritrovamento di queste strutture possa testimoniare le fasi dell’organizzazione territoriale messa in atto da Felsina ad occidente del torrente Ravone. La fase prefelsinea di via Andrea Costa conserverebbe quindi le tracce della prima sistemazione attuata nel corso del VI secolo nella fascia di territorio più vicina al centro urbano; con la fine dello stesso secolo e gli inizi del successivo tale organizzazione si sarebbe espansa gradualmente almeno fino all’area di Casalecchio di Reno. Il fatto che la pianificazione operata nei due siti rilevi inequivocabilmente caratteristiche simili quali l’orientamento e l’adozione del modulo di base, indica a mio parere che si tratti di uno stesso piano progettuale attuato in momenti successivi.
All’interno di questo ampio progetto di gestione territoriale rientra infine anche la seconda fase di via Andrea Costa. Il drastico cambiamento funzionale dell’area rispecchia solo un’apparente cesura con la fase precedente: il fatto che il piccolo insediamento, collocato in posizione strategica poco fuori la città, mantiene l’orientamento della pianificazione territoriale, indica infatti che anche questa fase si inserisce pienamente all’interno del progetto e che probabilmente ne costituisce un’evoluzione dettata da esigenze di presidio e controllo nel corso della progressiva espansione.
283
Si ricordano, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, gli esempi rinvenuti presso il Lago dell’Accesa (Camporeale 1985, pp. 168-170) e, per il V secolo in ambito padano, presso il sito mantovano del Forcello (De Marinis 1986², pp. 150-156; Tuzzato 1986, pp. 164-169).
284
Pairault 1972, pp. 145-197; Peyrne 1975, pp. 3-12; Ortalli 2002, pp. 65-68.
285 Ortalli 2010, p. 85. 286
131 Fig. 89: Bologna, via A. Costa: fase prefelsinea (dis. N. Raggi).
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L’area di Casteldebole si trova a circa 5 km ad occidente di Bologna e a 2,5 km da Casalecchio di Reno, in prossimità del punto di incrocio fra due importanti assi di comunicazione, quello verso nord lungo l’asse del fiume Reno e quello verso ovest lungo le propaggini collinari287. Nel 1987 durante i lavori di estrazione della ghiaia nella cava S.I.M., situata tra via dei Caduti e via del Morazzo, venne individuato uno strato con evidenti tracce di antropizzazione. Le indagini archeologiche che seguirono hanno permesso di identificare un villaggio di abitazioni quadrangolari occupato dalla fine dell’VIII sec. al pieno VI sec. a. C.. Le strutture abitative raggiungevano anche dimensioni considerevoli (fronte di 8-10 m) ed erano orientate tutte NW-SE con un’inclinazione maggiore a Ovest per l’area situata verso il limite occidentale della cava288. I materiali rinvenuti sia presso l’abitato che presso le necropoli rivelano un ceto sociale elevato289. All’interno dell’insediamento ed in asse con le strutture abitative sono stati individuati alcuni lunghi canali che poi proseguivano all’esterno in direzione del territorio290. Si tratta quindi di un insediamento di lunga durata e dalla complessa ed articolata struttura che coinvolgeva anche l’organizzazione e la pianificazione del territorio agricolo. Sebbene per Casteldebole la documentazione sia assai minore rispetto a quella di Casalecchio di Reno, i due contesti appaiono simili e possono essere considerati la traccia di quella che doveva essere l’organizzazione territoriale della chora di Felsina: piccoli “vici” razionalmente organizzati insieme al territorio circostante per il pieno sfruttamento delle risorse, gestiti da personaggi appartenenti all’élite felsinea.
Lo scavo condotto fra il 1987 ed il 1993 dovette affrontare numerosi problemi che non consentirono di effettuare sul campo l’attenta analisi che avrebbe permesso la distinzione per fasi delle diverse strutture individuate; la pianta cumulativa fornita nella pubblicazione preliminare291 (Fig. 11) permette solo di intuire il possibile sistema di suddivisione, individuato nella parte sud-orientale dello scavo, su cui sembra essere organizzato il territorio attorno all’abitato: l’orientamento N 13° W rispecchia però perfettamente quello dei canali di prima fase scavati nel 2004 durante i lavori di Cava Marazzo – Ampliamento Cava SIM. Non potendo
287
Von Eles-Curina 1994, p. 74.
288 Aa. Vv. 1994, p. 80. 289
Curina in Bellucci et alii, p. 87. Gli elementi rituali e di corredo evidenziati dalle sepolture delle necropoli di Casteldebole rivelano una certa affinità con le più ricche tombe bolognesi coeve (von Eles – Curina 1994, p. 77).
290 Von Eles-Curina 1994, p. 77. 291
133 disporre di un posizionamento georeferenziato per i canali scavati alla fine degli anni Ottanta, non mi è possibile compiere delle analisi e dei confronti con i canali recentemente individuati.
Fig. 90: Casteldebole (Bo). Reticolo ipotetico basato sui canali rinvenuti: in rosso gli ipotetici assi principali, in blu le strutture minori.
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Sebbene avessi a disposizione solo la planimetria del settore 1 dello scavo di Cava Marazzo292, sulla base delle analogie con i dati di altri scavi presi in considerazione per questa ricerca, ho provato ad istituire delle ipotetiche distinzioni di funzione fra i diversi canali di larghezza diversa. Ho quindi distinto i canali di larghezza pari o superiore al metro (Fig. 90, in rosso) da quelli con larghezza inferiore (Fig. 90, in blu293): in questo caso si avrebbero tre ipotetici “cardines” (Fig. 90, nn. 3, 7, 8) e due “decumani” (Fig. 90, nn. 2, 9). I due “decumani” distano 80,12 metri, i tre “cardines” hanno una distanza piuttosto simile, ca. 37,43 m tra il n. 3 ed il n. 7 e ca. 35,23 tra il n. 7 e l’8.
Sulla base di questi pochi dati non ci sono abbastanza fondamenti per poter intuire lo schema su cui si basa la suddivisione del territorio di Casteldebole.
Anche per quanto riguarda l’unità di misura adottata esistono molti più dubbi rispetto ai casi precedenti; molte misure infatti potrebbero riferirsi sia ad un sistema basato sul piede attico che ad uno basato su quello dorico-eginetico; dal momento che l’errore degli assi E-W appare assai più contenuto in un sistema basato sul piede dorico-eginetico, e data la probabile adozione di questa unità di misura in tutti i siti fino ad ora analizzati nella “chora” di Felsina, credo che si possa propendere per l’identificazione di questo piede come unità base.
Distanze tra i “cardines”:
CANALI MISURA PIEDI DORICO-EGINETICI PIEDI ATTICI