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4. Infiltrato infiammatorio: ruolo nella patogenesi tumorale

4.1.1 I macrofagi

I macrofagi (o istiociti) sono cellule infiammatorie mononucleate, del diametro di 10- 15 micron, con nucleo reniforme e citoplasma finemente granulare, appartenenti al sistema fagocitario. I macrofagi, oltre a fagocitare, producono citochine proinfiammatorie, quali IL-1, TNF, IL-12 e INF-α, funzionano da APC, presentando l’antigene ai linfociti T CD4+, e contribuiscono al rimodellamento tissutale tramite la produzione di fattori di crescita (VEGF e PDGF).

Nel circolo sistemico si ritrovano i loro precursori: i monociti, che una volta richiamati a livello tissutale da stimoli flogogeni, maturano diventando macrofagi e si replicano.

Gli istiociti si rinvengono nell’infiltrato infiammatorio di molti tumori, dove contribuiscono in vario modo alla progressione neoplastica; vengono reclutati nel contesto tumorale per l’azione chemoattrativa delle chemochine e in alcune neoplasie solide viene prodotto il CSF-1, colony stimulating factor-1, un potente agente chemoattraente i macrofagi e stimolante l’ attività degli stessi (Mantovani, 1992; Mantovani, 2006).

Un particolare gruppo di macrofagi è quello dei “Macrofagi-tumore associati” (TAM), il cui ruolo nella progressione tumorale è oggetto di studio.

I TAM sembrerebbero promuovere lo sviluppo tumorale attraverso la stimolazione dell’angiogenesi, della linfoangiogenesi, dell’invasione tumorale locale, della metastatizzazione, del rimodellamento della matrice extrcellulare e della depressione della risposta immunitaria adattativa.

Studi biochimici hanno identificato nei fattori di trascrizione NF-kB e HIF-1 (Hypoxia- inducibile factor-1) i principali regolatori della progressione tumorale favorita dai macrofagi (Mantovani, 2006).

Studi in vivo hanno dimostrato l’esistenza di una relazione tra NF-kB, l’infiltrato infiammatorio e la tumorigenesi. NF-kB induce diverse alterazioni cellulari nelle cellule neoplastiche che diventano insensibili agli stimoli inibitori e all’apoptosi; crescono indipendentemente da segnali di crescita, invadono localmente e danno focolai tumorali a distanza (Hanahan, 2000).

Queste osservazioni sono in linea con i risultati di altri studi, secondo i quali NF-kB regola l’espressione di diversi geni coinvolti nell’invasione tumorale locale e nelle metastasi a distanza, come quelli per citochine, chemochine, molecole d’adesione cellulare, metalloproteinasi, fattori di crecita e angiogenetici (Pahl, 1999).

La correlazione tra i TAM e NF-kB sembra apparentemente discordante, in quanto in tumori di stadio avanzato con infiltrato infiammatorio contenente TAM, si riscontra una

modulazione dell’attività di NF-kB. In realtà si è arrivati a stabilire che: mentre l’attivazione di NF-kB nei leucociti residenti nel focolaio preneoplastico può esacerbare la flogosi locale e favorire la tumorigenesi, la crescita tumorale può determinare la progressiva inibizione di NF-kB all’ interno dell’infiltrato infiammatorio (Sica, 2000; Dinapoli, 1996).

HIF-1, Hypoxia-inducibile factor-1, è uno dei maggiori regolatori dell’adattamento cellulare allo stress ipossico (Vaupel, 2004). L’attivazione di HIF-1 nelle cellule tumorali induce diversi meccanismi nel contesto tumorale: l’angiogenesi, la glicolisi, l’inibizione dell’apoptosi, l’up-regulation dei fattori di crescita (PDGF, TGF-β, IGF-2, EGF, VEGF) e l’espressione di proteine coinvolte nell’invasione tumorale locale (UTPA) (Koong, 2000; Czekay, 2003).

I TAM si accumulano nelle aree tumorali poco vascolarizzate, caratterizzate da una bassa tensione d’ossigeno; l’adattamento delle cellule neoplastiche all’ipossia è favorito dall’aumentata espressione dell’HIF-1, che a sua volta stimola la trascrizione dei geni per fattori di crescita pro-angiogenici, come il VEGF, bFGF e CXCL8 e di enzimi per il processo gli colitico (Talks, 2000; Knowles, 2004). E’ stato dimostrato che l’ablazione di HIF-1 in condizioni di bassa pressione d’ossigeno provoca la riduzione della motilità fino alla distruzione dei macrofagi. Questa evidenza sottolinea il possibile ruolo di HIF-1 nel reclutamento e nell’attivazione dei TAM nell’area tumorale e la sua importanza nei processi angiogenetici e metastatici mediati dai TAM. In supporto a questa ipotesi, è stato descritto che l’ipossia potrebbe influenzare la funzione delle cellule tumorali stromali, compresi i TAM, attraverso la selettiva up-regulation dell’espressione del recettore CXCR4 e del suo ligando, la chemochina CXCL12, entrambi oggetto di studio per il ruolo nella cancerogenesi (Schioppa, 2003; Ceradini, 2004; Muller, 2001).

Per quanto riguarda il processo angiogenetico, i macrofagi possono avere un duplice ruolo: da un lato possono stimolare la formazione di nuovi vasi, producendo molecole proangiogeniche, e dall’altro possono esprimere fattori anti-angiogenici con distruzione vascolare. Nell’interazione con le cellule neoplastiche prevale la funzione pro-angiogenica dei TAM. In diversi studi i TAM si accumulano a livello tumorale nelle regioni ipossiche, dove stimolano l’angiogenesi attravesro la produzione di fattori di crescita vascolare come il VEGF e il PDGF (Balkwill, 2001).

Il contributo di altre molecole, quali le chemochine, all’angiogenesi è oggetto di accurate ricerche.

I TAM, grazie alla produzione di VEGF-C, giocano un ruolo importante anche nella linfoangiogenesi peritumorale e nella disseminazione delle cellule neoplastiche per via linfatica, contribuendo così allo sviluppo di metastasi linfonodali; questo è stato descritto almeno per il tumore della cervice uterina (Schoppmann, 2002).

Nei tumori tiroidei il ruolo dei macrofagi è stato inizialmente studiato da Fagin e coll., che hanno osservato la presenza di una diretta correlazione tra la maggiore densità di macrofagi intratumorali e una ridotta sopravvivenza tumore-associata (Fagin, 2008). Studi più recenti hanno correlato la presenza dei TAMs con una peggior prognosi nei carcinomi tiroidei ben differenziati, dimostrando il loro ruolo nella progressione tumorale, mediata da fattori di secrezione come le chemochine (Proietti, 2011; Qing, 2012; Kim, 2013; Fang, 2014), divenendo anche potenziali bersagli terapeutici (Ryder, 2013).

4.1.2 I mastociti

I mastociti, o mastcells, sono cellule di forma rotondeggiante, ovoidale o fusata, del diametro di 20-30 micron.

I mastociti sono protagonisti delle reazioni di ipersensibilità, soprattutto quelle di primo tipo, e delle reazioni anafilattiche; ad oggi vengono considerati anche attivatori della risposta infiammatoria acuta e sostenitori della flogosi cronica. Esempi di infiltrati infiammatori acuti e cronici ricchi di mastcells si hanno nell’asma bronchiale, nella malattia di Crohn (Gelbann, 1999), nella fibrosi polmonare, nell’artrite reumatoide (Qu, 1995) e nella pancreatite cronica (Esposito, 2001).

Una volta attivati, i mastociti vanno rapidamente incontro a degranulazione con liberazione del contenuto dei loro granuli citoplasmatici; la principale sostanza liberata è l’istamina, potente broncocostrittore, vasodilatatore e capace di aumentare la permeabilità vascolare. Altre sostanze secrete dalle mast-cells sono: l’ossido nitrico (NO), agente vasodilatante; i leucotrieni, che partecipano alla broncocostrizione nella crisi asmatica; le interleuchine ed altre sostanze chemiotattiche.

L’accumulo di mastcells alla periferia delle neoplasie è stato descritto per la prima volta da Westphal nel 1891 (Westphal, 1891), ma gli studi sul loro ruolo nella cancerogenesi sono stati approfonditi solo più recentemente. Sono state ipotizzate le capacità dei mastociti di sintetizzare fattori di crescita con funzioni mitogeniche su cellule

epiteliali, endoteliali e sui fibroblasti, fattori angiogenetici ed enzimi in grado di rimodellare la matrice extracellulare (Ch’ng, 2006).

Acikalin ha suggerito una netta associazione tra la presenza di queste cellule e la promozione della microangiogenesi intratumorale (Acikalin, 2004). Altri esempi possono essere: alcuni studi sull’adenocarcinoma polmonare, dove il numero dei mastociti è risultato correlato alla presenza di metastasi linfonodali e allo stadio (Takanami, 2000); e sui melanomi metastatici, dove è stato riscontrato un maggior numero di mastcells (Toth- Jakatics, 2000. Infine Goumaris, studiando un modello murino di poliposi adenomatosa del colon, ha dimostrato che l’ablazione mastocitaria induce una riduzione del numero e delle dimensioni dei polipi, mediante la restrizione dell’apporto vascolare alle neoformazioni, l’inibizione dell’attività mitotica e l’aumento dell’apoptosi (Goumaris, 2007).

Nel carcinoma tiroideo Melillo et al. hanno osservato nei tessuti tumorali ex vivo e in vitro che i mastociti, richiamati a livello intratumorale da fattori chemotattici, promuovono, la crescita e l’invasione tumorale mediante la secrezione di mediatori. Tali dati sono stati dimostrati anche dal nostro gruppo, dall’osservazione che i mastociti sono più numeorsi nei carcinomi papillare rispetto agli adenomi tiroidei e prevalentemente localizzati al fronte tumorale (Proietti, 2011).

D’altro canto, studi molto recenti tendono ad ipotizzare che la presenza di mastcells possa essere un fattore positivo per la sopravvivenza per esempio nel carcinoma ovarico, nel carcinoma polmonare (Welsh, 2005) e in alcune neoplasie intestinali.

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