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Capitolo II. «Vita mea multorum salus» Il pensiero scientifico e la critica della

4. Magia naturale e confutazione della possibilità della stregoneria

Il Forte, come si evince dalle sue speculazioni a partire dall’Opera nuova e poi nei testi successivi, maturò una decisa concezione corpuscolarista della natura; un altro punto in comune con il Fracastoro, anch’egli convinto assertore della struttura atomista dell’universo. L’improvviso revival rinascimentale delle teorie atomiste è da addebitarsi in gran parte alla notevole fortuna di Democrito e Lucrezio in quel periodo, che andò ad alimentare e integrare il filone della cosiddetta ‘magia naturale’, a sua volta frutto di un complesso interscambio fra la tradizione ermetica, quella pitagorica e il neoplatonismo.

Questo è in effetti un importante momento di risistemazione di tutto il sapere magico-astrologico, il cui recupero era già iniziato a partire dal Ducecento per quanto riguarda le fonti arabe (ed in particolare le opere di Abu Masar, Al Kindi e soprattutto quella di Geber, considerato il più grande alchimista musulmano) e proseguito nel Quattrocento con la riscoperta umanistica della cultura ermetica greca (l’Almagesto, l’Asclepius, ma soprattutto il Pomander nella traduzione di Ficino del 1463). Da questo momento era iniziata «per la magia e religiosità

predestinazione, a cura di V. Perrone Compagni, Nino Aragno Editore, 2004. Si veda inoltre R.

Ramberti, Il problema del libero arbitrio nel pensiero di Pietro Pomponazzi, Firenze, Olschki, 2007.

53 Nel Proxeneta e nel De propria vita «Cardano si impegna […] a dimostrare come l’astrologia sia ben lontana dal presentarsi come una concezione rigorosamente deterministica e come essa si configuri piuttosto come una predeterminazione legata a cause naturali, che non inficia comunque l’esercizio di una personale libertà»; cfr. L. Bianchi, Natura, politica e storia nel Proxeneta seu de prudentia civili liber di Girolamo Cardano, in Natura e storia, a cura di L. Bianchi, Napoli, Liguori, 2005, pp. 5-27, p. 20.

54 Del Gaurico (1475-1558) si veda in particolare l’Oratio de inventoribus et astrologiae laudibus; cfr. C. Vasoli, La difesa dell’astrologia di Luca Gaurico, in Id. Civitas Mundi. Studi sulla cultura

ermetica una fortuna più larga, letteraria, accademica […] ma anche popolare»55 come dimostrano volgarizzamenti e divagazioni sul genere di quelle di Giovan Battista Gelli (1498-1563), un calzolaio e poligrafo autodidatta56. Attraverso questo recupero si avrà il fiorire di quella «magia naturale» propugnata da personalità come Tritemio, Agrippa, Paracelso e molti altri: «secondo loro chi conosce e sa combinare le proprietà occulte, ma pur sempre naturali, che si trovano nel regno minerale, in quello vegetale e in quello animale, riesce ad ottenere prodigi nel mondo contingente e finito»57. L’atomismo non poteva che rafforzare questa corrente di pensiero, in quanto attraverso l’ipotesi che fossero dei ‘flussi di atomi’ a stabilire le relazioni tra le cose, si poteva arrivare a dedurre che tramite la magia naturale fosse possibile scoprire i meccanismi di ‘attrazione fisica’ che governavano il regno naturale, e così comprenderne il funzionamento e piegarlo a proprio vantaggio.

Il fenomeno della magia naturale, che mosse i primi passi nel 1489 con il De vita coelitus comparanda di Marsilio Ficino (1433-1499) e si concluse precisamente un secolo dopo con la Magia Naturalis di Giambattista Della Porta (1535-1615), si poneva dunque in aperto contrasto con tutto ciò che riguardava la magia demoniaca e la stregoneria, da cui gli intellettuali cercavano in ogni modo di prendere le distanze. Non bisogna scordare infatti che questo è un periodo in cui la Chiesa tende ad assumere posizioni molto più dure che in passato verso tutto ciò che riguardava la magia (nel 1480 era uscito il Malleus Maleficarum di Institoris e Spranger, e iniziavano a moltiplicarsi gli episodi di caccia alle streghe, come quella in Val Camonica nel 1518)58.

A fronte di tutto ciò, anche Angelo Forte sembra seguire l’atteggiamento generale degli intellettuali dell’epoca, screditando la stregoneria e sostenendo nei suoi testi le ragioni della magia naturale e la teoria delle forze intrinseche che governano il mondo: un esempio tra tanti è appunto quello dell’Opera nuova, dove il Forte fa

55 Cfr. P. Zambelli, L’ambigua natura della magia, cit., p. 9.

56 Cfr. A. Di Grado, Giovan Battista Gelli, un “irregolare” tra eresia e capriccio, in Gli irregolari

nella letteratura: eterodossi, parodisti, funamboli della parola. Atti del convegno di Catania, 31

ottobre-2 novembre 2005, Roma, Salerno, 2007.

57 Cfr. P. Zambelli, L’ambigua natura della magia, cit., p. 11.

58 Sulla distinzione tra magia naturale e demoniaca si veda il fondamentale studio di D. P. Walker,

dire ad uno dei personaggi del terzo dialogo «ho sempre inteso le mirande virtù nelle herbe, e pietre esser, anchor nelle parole».

La più puntuale destrutturazione degli argomenti in favore della possibilità della stregoneria si ha tuttavia nel Dialogo degli incantamenti del 1533: qui il Forte, a fronte di una pur infinita serie di malefici e ricette proibite che viene sciorinata durante tutto il Dialogo – segno che il medico era ben addentro a queste materie particolarmente ‘scottanti’ – conduce una dura requisitoria contro le più comuni credenze in materia, giungendo a concludere che essa può esser ritenuta vera solo «dagli sciochi e simplici che lume de intelletto non oprano». Forte si scaglia in primo luogo contro coloro che «per la cupidità e sete del oro» cercano di ingannare la gente semplice e incauta, facendosi credere «possessori de cose mirande che trapassano le gubernatrice lege de natura», mentre «la ciecha e miseranda turba tutta via le seque come indubitate e certe, e perde il tempo, la conscentia, la robba con lo honore, e molti la propria vita con pene e affanni». Ma ancor più, indirettamente, si scaglia contro quelli che dovrebbero esser saggi e invece non fanno che alimentare credenze vane come quella della stregoneria: il riferimento implicito è ovviamente a Giovan Francesco Pico della Mirandola (1470-1533) e al suo Strix sive de ludificatione daemonum del 1523.

Questo va a contraddire quanto sostenuto da Peruzzi, secondo il quale «se il testo da un lato rivela un cauto atteggiamento di critica verso la criminalizzazione della donna, mostra insieme il persistere di credenze nella magia nera, le cui manifestazioni, anche le più aberranti, vengono accolte senza ombra di dubbio»59. Al contrario, Forte non esiterà a schierarsi con quel variegato gruppo di pensatori che presero posizione in difesa del sesso femminile dalle accuse di stregoneria: una corrente di pensiero che annoverò diversi personaggi di primo piano nel panorama del discorso sulla magia rinascimentale, come ad esempio Agrippa, Johann Wier e Girolamo Cardano60. D’altra parte, il rifiuto della necromanzia ritorna frequente anche nelle opere successive del Forte, come la lettera a Francesco I del 1540, dove egli dichiara recisamente che «Magici & Nicromantici,

59

Cfr. E. Peruzzi, Angelo Forte, Dizionario Biografico degli Italiani, cit., p. 112.

60 Si vedano H. C. Agrippa, De nobilitate et praecellentia foeminei sexus, (Anversa 1529), a cura di R. Antonioli-C. Béné, Génève, Droz, 1990; M. Valente, Johann Wier: agli albori della critica

razionale dell’occulto e del demoniaco nell’Europa del cinquecento, Firenze, Olschki, 2003; G.

futiles & commenticias fabulas, summis cerimoniis et excantamentis stolidis depingunt». È dunque evidente che il nostro medico, sebbene operasse al di fuori della cultura ufficiale delle università, seppe allinearsi, seppur senza offrirci nelle sue opere trattazioni particolarmente complesse sull’argomento, alle concezioni riguardanti la magia, l’alchimia, l’astrologia propugnate dalle maggiori personalità dell’epoca sia in ambito italiano sia europeo. Se il rifiuto della stregoneria e della necromanzia era nel secondo Cinquecento ormai divenuto imprescindibile per motivi religiosi ancor più che filosofici, resta il fatto che le suddette concezioni rimangono e rimarranno, ancora per buona parte del secolo successivo, un elemento fondamentale nella speculazione che ormai si avviava a divenire ‘scientifica’; la presenza di questi aspetti nel pensiero di personaggi della statura di Bruno, Campanella e molti altri, comunque, come sottolinea ancora Vasoli, «non fu affatto segno della loro arretratezza nei confronti dell’esperienza di altre culture, ma piuttosto la loro risposta ad una crisi generale del sapere e della coscienza, incomprensibile se non si considera l’estrema complessità delle sue cause, dei suoi effetti e delle sue espressioni»61.

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