Capitolo 3 La percezione del ruolo della Cina in Mal
3.4 L'impatto degli investimenti cinesi sull'economia maliana
3.4.3 Malcontento dei commercianti malian
Secondo uno studio di McKinley del giugno 2017, il continente sta complessivamente beneficiando della presenza cinese a livello economico325. Tuttavia in diversi paesi africani (in particolare, Angola, Congo, Zambia, Kenya, Nigeria, Sudan, Chad, Zimbabwe e Mozambico) si verificano problemi legati alla convivenza tra cinesi e autoctoni, all’impatto delle infrastrutture che rischiano di deturpare l’ambiente, allo scarso coinvolgimento delle
322 Harrie ESTERHUYSE e Moctar KANE “China-Mali relationship: Finding mutual benefit between unequal partners”,
Center for Chinese Studies policy briefing, , Stellenboshc University, gennaio 2014.
323 Intervista a un giornalista del quotidiano “22 Septembre” a Yirimadjo Nzerni il 27 dicembre 2017. Inizialmente
l’intervista era stata fissata con il direttore del quotidiano 22 Septembre, Monsieur Chana. Arrivato in sede, dopo aver aspettato a lungo, il direttore mi ha detto di parlare con un suo collega.
324 François BOURDARIAS, “Mobiltés chinoise et dynamiques sociales…“ op. cit., p. 31.
325 Kartik JAYARAM, Omid KASSIRI e Irene Yuan SUN, “Dance of the lions and dragons: How are Africa and China
imprese locali e alle accuse fondate o meno di land grabbing326.
Noi analizzeremo il caso del Mali, dove anche se la presenza cinese e i suoi investimenti nel paese viene approvata e lodata dalla maggioranza della popolazione locale secondo alcuni studi e dalle nostre interviste, vi sono alcuni aspetti negativi che sono emersi, gradualmente, con l’aumentare degli scambi fra i due paesi.
Oltre alla nostra ricerca sul campo, anche lo studio di Bourdarias Mobilités chinoises et
dynamiques sociales locales au Mali ci ha aiutato a capire meglio il rapporto conflittuale tra
i commercianti maliani e il mercato cinese.
Un gruppo di grossisti maliani, importatori di scarpe e moto dalla Cina, si esprimeva così nel 2002: “Qui ognuno fa quello che sa fare meglio, i cinesi producono, e noi, maliani,
vendiamo… I maliani sono dei commercianti per tradizione…”327.
Nel 2005, i commercianti cinesi cominciano a essere visti come concorrenti. I primi rivenditori, di scarpe e motocicli, si sono stabiliti nella capitale. Secondo una diceria, “I cinesi
invadono tutti i mercati”, tuttavia rimangono relativamente pochi e poco visibili nell’area
urbana di Bamako.
Nel 2008, non si erano ancora insediati in città secondarie come Mopti, dove ci sono i cantieri navali cinesi, o Segou, circondato da imprese industriali sino-maliane. A Bamako vi erano 30 stabilimenti di import-export e 13 negozi al dettaglio328.
La privatizzazione delle imprese statali ha facilitato l’afflusso di capitali stranieri e ha dato anche nuovo impulso all’accumulazione del capitale commerciale maliano. Lo sviluppo del commercio con la Cina ha contribuito in modo significativo all’accumulazione di capitale commerciale e all’emergere di nuove imprese. La massiccia presenza di commercianti cinesi in Mali inizialmente ha messo a repentaglio solo le società più deboli, ma successivamente ha minato la forza di un sistema di alleanza che condiziona ancora oggi la stabilità dell’apparato statale.
In questi ultimi anni alcuni operatori cinesi si sono impegnati nella commercializzazione di
bazin329 in Mali. A soffrire dell’intrusione cinese sono tutti gli attori del settore (commercianti
grossisti e i venditori a dettaglio, venditori di “gala”, tintori, i designer e i battitori del
326 Deborah BRAUTIGAM e ZHANG Haisen, “Green Dreams: Myth and Reality in China’s Agricultural Investment in
Africa”, Third World Quarterly, Vol. 34, N. 9, 2013, pp 1676–1696.
327 Ibidem. 328 Ibidem.
329 Il bazin è estremamente popolare in tutta l’Africa occidentale. È un tessuto di cotone lucido e pesante, colorato e
con una trama damascata. Attorno al bazin si è sviluppata una importante filiera che va dal commercio alla confezione del tessuto, che passa attraverso varie fasi (ci sono professionisti del settore che disegnano, altri che colorano e quelli che battono il bazin) e crea un giro di affari molto ampio.
tessuto)330.
Dobbiamo, innanzitutto, ricordare che il bazin è il tessuto di lusso per eccellenza, indossato da uomini e donne del Mali in tutte le occasioni formali ed è parte integrante della cultura e della società del Mali. È un simbolo e l’orgoglio del paese in tutto il mondo. Paradossalmente, questo materiale non viene prodotto in loco, ma viene importato dalla Germania. Diverse componenti della popolazione, donne, ragazze, e persino giovani, in cerca di lavoro, si sono interessati alla tintura di bazin con svariati tipi di modelli, creando molteplici sistemi artigianali. Sono stati aperti centri di formazione per la tintura, come il Centre de formation
Professionnelle de Missabougou, che accoglie le ragazze che hanno lasciato presto la
scuola. Alcune donne, molto esperte, insegnano a più di 20 ragazze adolescenti che vengono ad apprendere questo mestiere. Per quanto riguarda i ragazzi, migliaia sono impiegati come venditori dai commercianti che possiedono grandi negozi e tintorie nei mercati della capitale. Si è creata una vera e propria rete di posti di lavoro e il Mali ha avuto il monopolio sull’importazione di bazin in Africa, rifornendo i mercati dell’Africa occidentale. La situazione è cambiata da un po’ di tempo con il coinvolgimento dei cinesi nel commercio di bazin contraffatti. Il 27 ottobre 2017, il presidente del collettivo delle associazioni dei mercati, Cheick Oumar Diaby, ha tenuto una grande assemblea di grossisti, dettaglianti e tintori nel quartiere Sogounicoura, a Bamako. L’obiettivo di questo incontro era di denunciare la concorrenza sleale dei prodotti cinesi che avevano invaso il mercato dei bazin e di trovare una soluzione a questa crisi. I cinesi, che prima fornivano il bazin bianco, stavano importando in Mali i bazin già colorati a un prezzo inferiore a quello offerto dai maliani. Ciò ha causato gravi problemi ai commercianti maliani afflitti dalla mancanza di reddito e perdita di posti di lavoro per molte persone331.
Pochi mesi dopo, il 24 febbraio 2018, i venditori al dettaglio di Bamako hanno fatto un’assemblea generale presso la sede della Camera di Commercio e d’Industria del Mali (CCIM) durante la quale i commercianti hanno invitato le autorità maliane a trovare una soluzione ai seguenti problemi: l’elevato costo dello sdoganamento delle merci, l’elezione dei commercianti al dettaglio presso la CCIM, il costo troppo alto delle tasse, le difficoltà di accesso al visto cinese da parte dei venditori al dettaglio maliani. Quest’ultima questione, sebbene anche agli altri punti sono altrettanto importanti per capire le relazioni tra i
330 Aliou Badara DOUMBIA, Commerce du bazin au Mali: l’arrivée des chinois inquiète un jeune operateur,
“Bamada.net”, http://bamada.net/commerce-du-bazin-au-mali-larrivee-des-chinois-dans-le-secteur-inquiete-un- jeune-operateur, 27 febbraio 2018.
331 Gabriel TIENOU, Concurrence sur le marche du bazin: Les commerçants maliens en proie aux produits chinois,
“niarela.net”, https://niarela.net/economie/concurrence-sur-le-marche-du-bazin-les-commercants-maliens-en-proie- aux-produits-chinois, novembre 2017.
commercianti e lo Stato, è senza dubbio di notevole interesse.
Abdoulaye Aziz Mariko, vice presidente di Synacodem (Sindacato Nazionale dei Commercianti a Dettaglio del Mali), ha spiegato le difficoltà nell’ottenere il visto cinese332. Secondo lui, dei 50 passaporti che si presentano ogni settimana all’ambasciata cinese in Mali, pochissime persone ottengono il visto. Questo problema risale ancora ai primi mesi del 2016 e il motivo, secondo la rappresentanza diplomatica cinese, deriva dall’insicurezza e dalla lotta al terrorismo. Secondo i maliani, invece, è solo una misura restrittiva per costringere i commercianti ad acquistare la merce dai negozi locali cinesi dove però i prodotti vengono venduti allo stesso prezzo sia all’ingrosso che alla vendita al dettaglio. Come rappresaglia, i maliani hanno fatto anche appello alle loro autorità di ritirare le società cinesi dal mercato del paese.
Il vice presidente della Commission Visa Chinois, Ibrahim Maiga, ha sottolineato che nonostante le difficoltà la commissione si è impegnata molto per aumentare l’accesso al visto cinese. Per provare quanto affermato, ha detto che in 15 mesi, su 3184 passaporti, 2800 hanno ottenuto il visto al costo di 20.000 franchi CFA (circa 30 euro). I responsabili di Synacodem hanno affermato di avere contattato tutte le autorità senza successo. La soluzione proposta dal ministro del commercio e della concorrenza, Abdel Karim Konaté Empé, è stata quella di presentare la domanda di visto individuale, invece di quello collettivo, per ogni commerciante, ma la parte cinese ha rifiutato questa modalità. Quindi, il Synacodem ha concluso che se non si dovesse risolvere questo problema, avrebbero chiuso tutti i negozi per sciopero. Alcuni sono pronti perfino a occupare i negozi e i bar cinesi che invadono il paese333. Ricordano che questa è la seconda volta che si sentono vittime di queste restrizioni da parte cinese. La prima volta risale al primo mandato dell’ex presidente Amadou Toumani Touré, nel 2005.