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la mancanza di obbligo di referenza disgiunta nella varietà di Squillace

2. Le diverse tesi etimologiche degli elementi u/mu

2.5. la mancanza di obbligo di referenza disgiunta nella varietà di Squillace

Tornando al dialetto della zona squillacese possiamo notare un’altra particolarità

interessante.

I due modali esaminati finora, potere e volere, fanno parte di un gruppo di verbi23 che non distinguono morfologicamente la prima e la terza persona singolare all’imperfetto, al passato remoto, e alla prima e terza persona singolare dei modi condizionale e congiuntivo. Questa caratteristica accomuna questi dialetti a quelli siciliani, e ad alcuni dialetti salentini.

Ma vediamo qualche esempio con volere:

(122) (eui / idhuj) on vorria u partai/j mò Squillace

non vorrei/vorrebbe prt parto/e adesso

non vorrei che partisse adesso / non vorrebbe partire adesso

Come vediamo in (122), l’esempio non presenta fenomeni di “obviation”24 e cioè non abbiamo un’univocità interpretativa sulla coreferenza tra soggetto della principale e soggetto della dipendente. Più semplicemente, il soggetto della secondaria può essere coreferente con quello della principale. In italiano, così come in altre lingue romanze, troviamo la frase infinitiva quando c’è coreferenza tra soggetto della principale e soggetto della secondaria, il congiuntivo, quando il soggetto della secondaria non è coreferente con quello della principale. Abbiamo visto che molte varianti presentano un doppio complementatore e usano uno di

23

In questa zona troviamo sempre la vocale finale a sia nei sostantivi maschili che normalmente terminano in e, sia in un gruppo nutrito di verbi di verbi.

24

Per approfondimenti in materia si possono vedere i lavori di: Picallo 1984, Kempchinsky 1985, Farkas 1992, Manzini 2000, Roussou 2000, Rizzi 2000. Sitaridou 2006, San Martin 2006.

questi per marcare i predicati irreali. In queste lingue, solitamente, si registra una scomparsa o una riduzione delle forme infinitive. L’italiano non presenta questo tipo di problemi:

(123) a. io i vorrei PRO i / *j partire oggi b. io i vorrei che (lui) *i / j partisse oggi

Nelle lingue come l’italiano PRO rappresenta un soggetto non espresso della frase infinitiva, ma non si comporta come un vero pronome, in quanto non è libero, ma è coreferente al soggetto della frase principale.

La letteratura più recente, ha visto diversi lavori di analisi di questi fenomeni. Tra i tanti Farkas (1992), Boškovic (1997), Manzini (2000), Itziar San Martin (2006), Sitaridou (2006). In particolare, Manzini e Roussou (2000) hanno proposto un’analisi diversa che tende ad eliminare le categorie vuote come PRO.

Manzini-Roussou 2000 affermano che I infinitivo non presenta tratti D. In questo tipo di analisi il DP si salda direttamente in una posizione associata con i tratti D, nello specifico, lo Spec di IP. Da questa posizione attrae sia il ruolo tematico del predicato della principale, sia quello del predicato della secondaria. Da qui si delinea il controllo obbligatorio. In questo tipo di analisi i ruoli tematici sono come dei tratti e possono essere manipolati da operazioni sintattiche. Questo tipo di analisi va contro l’analisi di Chomsky 1995, dove si predice che la presenza di tratti D nell’I infinitivo è necessaria per soddisfare il Principio di Proiezione Estesa. La differenza principale tra queste due posizioni sta nel fatto che in Chomsky 2005 AgrSP non ha contenuto semantico; al contrario, in questa analisi questo sintagma possiede contenuto semantico poiché questo nodo realizza i tratti nominali del soggetto. La presenza di fenomeni di “Obviation” di solito serve a

delineare tipologicamente la differenza tra le lingue del gruppo balcanico e le lingue romanze, ma questa divisione non appare così netta. Un esempio simile lo possiamo trovare in romeno:

(124) Ion i vrea pro i / j să plece Romeno Giovanni vuole prt parta

Giovanni vuole che parta / Giovanni vuole partire

Questo fenomeno lo troviamo al contrario ben delineato nel dialetto di Crotone dove troviamo una frase finita in caso di referenza disgiunta tra i soggetti della principale e della dipendente, frasi non finita in caso di coreferenza:

(125) vulissa u bbenissa cca Crotone

volessi prt venisse cca vorrei che venisse qui

(126) vulissa bbenirə cca Crotone volessi venire cca

vorrei venire qui

Vediamo altri possibili esempi nella variante di Squillace:

(127) Maria volìa u *u patra si nda jìa mo u patra Squillace Maria voleva prt *il padre se ne andava adesso il padre

Maria voleva che il padre se ne andasse adesso

(128) Maria volìa u patra u si nda jìa mò Squillace Maria voleva il padre prt se ne andava ora

(129) Maria volìa ka u patra *u si nda jìa mò Squillace Maria voleva che il padre *prt se ne andava ora

Maria voleva che il padre se ne andasse adesso

In (127) senza la specificazione del soggetto della secondaria, nella posizione dislocata a destra, rimarrebbe l’ambiguità interpretativa. In (128) notiamo che in questa variante la posizione del soggetto dislocato a destra nella secondaria non è l’unica ammissibile, perché possiamo trovare il soggetto in posizione tropicalizzata prima della particella subordinante. Riportiamo le strutture sintattiche degli esempi (127-129):

(130) [I volìa [ CU[ cl si [ cl nda [ I jìa …. [DP u patra]]]]]] (131) [I volìa [TopicP u patra [ C U [ cl si [ cl nda [ I jìa …. ]]]]]]

(132) [I volìa [ C ka [TopP u patra…. [ C [ cl si [ cl nda [ I jìa ….]]]]]]

Comparando questi esempi si nota bene come tra la particella u ed il suo verbo di riferimento possono essere ammessi solo elementi clitici. Anticipiamo uno degli argomenti che saranno discussi nei prossimi paragrafi, e cioè, le differenti proprietà e posizioni all’interno della struttura frasale di ka e u. Dagli esempi emersi si nota molto bene una delle differenze più importanti tra ka e u. Il complementatore ka rimane in posizione più alta (132), mentre comparando gli altri due esempi emerge chiaramente come u possa occupare una posizione più bassa. Riepilogando i dati fin qui esaminati, si evince chiaramente come il modale

volere rimanga pertanto l’unico a presentare una sistematicità d’uso della

particella u/mu. In caso di risalita del pronome clitico potremmo avere anche esempi di questo tipo, perfettamente accettabili:

(133) u volia pigghjara Squillace lo voleva prendere

Ma questo tipo di esempi, nel parlato spontaneo delle lingue calabresi meridionali, non si verificano quasi mai. Il modale volere seleziona sempre la particella u/m(u). L’esempio in (133) viene solitamente reso nei due seguenti modi:

(134) volia u m u pigghia Squillace voleva prt prt lo prende

voleva prenderlo

(135) volia pe mmu u pigghia Squillace voleva per prt lo prende

voleva prenderlo