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Manoscritti ed edizioni a stampa

Nel documento Gli statuti di Lodi del 1390 (pagine 36-47)

4. Gli statuti di Lodi del 1390

4.1. Manoscritti ed edizioni a stampa

Dopo i due mutili Statuti duecenteschi, come si è detto, a noi della produzione legislativa del comune di Lodi non è giunto nulla fino alla fine del Trecento, quando, nel giro di riforme statutarie imposte da Gian Galeazzo Visconti, anche Lodi ebbe i suoi Statuti rivisti e ripubblicati. Il testo fu curato nel 1390, come chiarisce il prologo, sotto il controllo del signore di Milano ad bonum pacificum et tranquillum statum Civitatis et Comunis Lande. Il volume, infatti, apre così:

In nomine Domini amen. Haec sunt Statuta et ordinamenta Civitatis Laude facta et ordinata tempore et sub felici regimine dominationis Illustris Principis ac Magnifici et excelsi domini domini Galeaz Vicecomitis Domini Mediolani et c. Comitis Virtutum Imperialis Vicarii Generalis.

Nelle righe successive, dopo aver, secondo l’uso, invocato Dio e un discreto elenco di Santi, e chiarito che gli statuti vengono, appunto, trascritti ad honorem di Gian Galeazzo i cui titoli allora posseduti vengono puntigliosamente elecati, il prologo presenta nel dettaglio i membri della “commissione” che ne curò la stesura:

Composita facta et correcta per sapientes et diserctos viros Dominus Iacobum de Richardis iuris peritum, Galuzinum Codecaxam, Francischinum de Richardis, Iohaninum de Micholis, Serpegalum Brugacium, Vubicinum Cagamostum, Bassianum de Meleto, Antonium Lavavegiam, Bassianum Brachum, Bertholomeum Adelardum et Laffranchum de Mutonibus Cives Laude et scripta per Iohaninum de Frixiraga, Aluinum de Habonis, Ambrosium de Micholis et Vaninum de Vegiis notarios ad haec ellectos et deputatos.

Si può notare, per inciso, che dei dodici padri costituenti solo uno venga definito iuris peritum, e se il dettaglio non viene taciuto è, certo, perché non impensieriva nè i cittadini lodigiani, nè i signori milanesi, corrispondendo, evidentemente, all’uso che in una commissione, ai nostri occhi decisamente tecnica, gli unici ad essere necessariamente dotati di una precisa qualifica professionale siano i quattro notai che dovranno scrivere i testi da altri composita

facta et correcta. Alla composizione della commissione segue l’indicazione del tempo in cui il lavoro viene svolto. Ci si riferisce al gennaio del 1390, anche se le lettere di conferma, come vedremo, sono dei mesi successivi:

Anno nativitatis domini Millesimo trecentesimo nonagesimo, Indictione tertiadecima de mense Ianuarii ipsius annis tempore Regiminis nobilis et egregii viri domini Alberti de Verme Civitatis et districtus Laude honorabilis Potestatis et Capitaney pro dicto Illustre principe Magnifico et excelso domino domino Comite Virtutum Imperiali Vicario generale ut supra.

Il testo fu, infatti, approvato il 9 luglio 1390 e conteneva, da quanto si evince dalla lettera che ne sanciva l’approvazione e che è contenuta nel testo degli statuti stessi1, 856 statuti:

Dominus Mediolani etc Comes Virtutum Imperialis Vicarius generalis nobili virio Potestati et Sapientibus Comunis nostre civitatis Laude

Remittentes nobis his alligata Statuta Comunis nostri Laude que sunt capitulorum octingentorum quinquaginta sex et que videri examinari et et corrigi fecimus secundum quod expedire cognovimus pro Comuni bono et utilitate civium et districtuarium nostrorum Laude eadem Statuta presentium serie approbamis, laudamus et confirmamus ipsaque debere observari prout iacent ad litteram iubemus et mandamus, rettentis tamen in nobis arbitrio Potestate et baylia dicta Statuta corrigendi ipsisque addendi, diminuendi et ea emendandi et interpretandi prout nobis videbitur et placebit, non intendentes propterea quod ex hoc preiudicetur in aliquo decretis nostris factis vel fiendis; data Mediolani die nono mensis Iulii MCCCLXXXX.

A questi statuti se ne sarebbero poi aggiunti altri 41:

Dux Mediolani etc. Comes Virtutum Imperialis Vicarius Generalis A tergo nobili viro Potestati et sapientibus nostris Laude

Recepimus litteras vestrum sapientum cum certis Statutis additis Statutis Comunis nostri Laude per quas requiritis ut ipsa confirmare dignemur etc. Quare,

1 Il testo della lettera è presente sia nei manoscritti che nelle edizioni a stampa (Cfr. Milano,

Biblioteca nazionale Braidense, ms. AD._XIII.24, Statuta Laude, statuto 659, BCLo -, ms. XXVIII A 15, Statuta civitatis Laude, statuto 658, Statuta et ordinamenta Civitatis Laude, Mediolani,

impressum in officina libraria Gotardi Pontici, 1537-38, Statuto 667, e Laudensium Statuta seu iura municipalia quibis additus est index, quo, quicquid in ipsis continetur, nulla mora, nulloque negotio sciri potest, Laude Pompeia apud Vicentium Taietum, 1586, statuto 655).

cum dicta Statuta que sunt capitulorum quadraginta unius videri examinari et corrigi fecerimus secundum quod expedire cognovimus pro Comuni bono et utilitate civium et districtualium nostrorum Laude, eadem Statuta que vobis remittimus presentibus alligata presentium tenore laudamus, approbamus et confirmamus ipsaque debere observari prout iacent ad litteram iubemus et mandamus, rettentis tamen in nobis arbitrio potestate et baylia dicta Statuta corrigendi ipsisque addendi et diminuendi et ea emendandi et interpretandi prout nobis videbitur et placebit, non intendentibus propterea quod ex hoc preiudicetur in aliquo decretis nostris factis vel fiendis super facto vero additionum et eorum quorum afferitis processisse in correctione et confirmatione aliorum statutorum Comunis nostri Laude etc. Providimus sicut iuri et honori nostro cognovimus expedire.

Data Mediolani die duodecimo Octobris millesimo trecentesimo nonagesimo, signata Comollus2.

Sia le edizioni a stampa che i manoscritti, tuttavia, contengono solo circa 700 statuti.

Di questa stesura trecentesca, infatti, ci sono giunti, a mia conoscenza, solo testimoni molto tardi: due copie manoscritte, una ascrivibile al XV secolo conservata a Milano, alla Biblioteca Nazionale Braidense3, l’altra conservata alla Biblioteca Comunale di Lodi, che porta la data del 15344; e due edizioni cinquecentesce, l’una predisposta nel 1537 e data alle stampe nel gennaio del 15385, l’altra, più ordinata nell’impostazione grafica e dotata di un indice tematico in ordine grosso modo alfabetico, del 15866.

2 Cfr. BCLo, ms. XXVIII A 15, Statuta civitatis Laude, statuto 695, Statuta et ordinamenta

Civitatis Laude, Mediolani, impressum in officina libraria Gotardi Pontici, 1537-38, Statuto 705,

e Laudensium Statuta seu iura municipalia quibis additus est index, quo, quicquid in ipsis

continetur, nulla mora, nulloque negotio sciri potest, Laude Pompeia apud Vicentium Taietum,

1586, statuto non numerato tra il 696 e il 697. Sulla numerazione degli statuti, si tornerà nelle prossime pagine.

3

Milano, Biblioteca nazionale Braidense, ms. AD._XIII.24, Statuta Laude.

4 BCLo, ms. XXVIII A 15, Statuta civitatis Laude.

5 Statuta et ordinamenta Civitatis Laude, Mediolani, impressum in officina libraria Gotardi

Pontici, 1537-38.

6 Laudensium Statuta seu iura municipalia quibis additus est index, quo, quicquid in ipsis

continetur, nulla mora, nulloque negotio sciri potest, Laude Pompeia apud Vicentium Taietum,

Il manoscritto della Braidense non è databile con precisione: la scrittura umanistica corsiva e le caratteristiche esterne di esso consentono solo di collocarlo nel XV secolo, con ogni probabilità nella seconda metà7. Il testo è preceduto da un indice separato dal testo da dieci carte bianche dopo le quali, preceduti da “In nomine Domini amen”, cominciano gli statuti: Hec sunt statuta et ordinamenta civitatis Laude facta et ordinata tempore et sub felici regimine dominationis illustris principis ac magnifici et excelsi domini Galeaz Vicecomitis domini Mediolani etc Comitis Virturum imperialis vicarii generalis”. Sul recto di ogni carta, attualmente, compare una doppia numerazione, una nell’angolo in alto a destra, originale, che si ferma alla carta 22 (al termine dell’indice) per ricominciare da 1 col testo degli statuti; la seconda, invece, recente, posta nell’angolo in basso a destra, continua dall’indice, al termine del quale, prima del testo vero e proprio si trovano, come si è detto, dieci carte bianche: la prima carta degli statuti è, dunque, numerata 33 in basso e 1 in alto. L’ultima carta, 173 in alto e 205 in basso. Seguono altre sette carte bianche. Da una nota di possesso presente nel margine interno del recto della prima carta, si deduce la provenienza del testo: "Ex Bibliotheca Collegii Brajdensis Societatis Iesu Inscriptus Catalogo".

Il manoscritto è conservato in condizioni non perfette: qualche macchia di umidità segna spesso i margini del testo e rende anche poco nitida, in alcune pagine, la scrittura, che del resto non è sempre agevole da leggere sia perché non è molto accurata sia per l’emergere, in trasparenza, del testo presente sull’altra facciata della carta.

Per ciò che riguarda il contenuto, il testo contiene 696 statuti, non numerati, l’ultimo dei quali risulta in realtà un Decretum de bonis immobilibus vendendis che manca nell’altro manoscritto e nelle edizioni a stampa ed è preceduto dallo statuto Quod notarii Domini Potestatis et eius iudicum non participent cum notariis consulum nec e converso. Gli statuti contenuti nel manoscritto sono presenti anche nelle edizioni a stampa, salvo i nove, dal 346 al 354 (la numerazione è mia), riguardanti i notai (questi Statuti, i cui lunghi testi occupano dieci carte, sono, però, presenti nel manoscritto della Biblioteca Ladense, che risulta, come vedremo, quasi identico a questo nel contenuto). Mancano

completamente, in questa copia, la seconda lettera di conferma di Gian Galeazzo (una prima è presente come statuto 659) e i Decreta addita presenti nelle altre copie.

La seconda copia manoscritta, quella conservata a Lodi, risulta compilata per proprio uso dal notaio Giovanni de Thyrabuschis di Giovanni Giacomo, come lui stesso dichiara nell’ultima carta del manoscritto, accanto al segno del tabellionato, l’8 luglio 1534 (Ita statuta sunt mei Joannis de Tytabuschis [...] per me scripta die octava mensis July Millesimi quingentesimi trigesimi quarti Indictione septima, in quorum fidem et testimonium sic meum tabellionatus signum apposui consuetum). Anche questi statuti sono preceduti da un indice che occupa le prime 12 carte, ordinatamente scritto su due colonne per pagina. Dalla carta successiva, numerata con 1, cominciano gli statuti veri e propri, che occupano 153 carte, tutte numerate sul recto, in alto a destra, con numerazione originale che continua nella carta successiva, seguita da altre tre carte completamente bianche. Il testo è conservato discretamente e risulta leggibile senza grande difficoltà, soprattutto nell’indice, dove la scrittura risulta più nitida e posata.

Gli statuti contenuti nel manoscritto sono 696, anch’essi non numerati, sostanzialmente gli stessi del manoscritto della Braidense, salvo qualche piccola differenza. In particolare, nel manoscritto di Lodi lo statuto 278 (la numerazione anche qui è mia) è Quod elligantur singulo anno per collegium quatuor consules, che manca nel manoscritto milanese e nelle edizioni a stampa, mentre mancano nel testo lodigiano gli statuti 299 (De comuni pariete construendo et reffitiendo) e 319 (De pena coloni qui non bene curaverit vineas dominorum) del manoscritto Braidense e delle edizioni a stampa. Anche questa copia, come si è gia detto, rispetto alle edizioni a stampa, ha in più il gruppo di statuti sui notai (qui 344-53). Fra gli statuti relativi alle acque del canale Muzza, il manoscritto lodigiano ha apparentemente uno statuto in meno, ma si tratta di una differenza nella titolatura, non nel testo, mentre nel gruppo di statuti riguardanti i mulinarii non è compreso, nel manoscritto di Lodi (e nelle edizioni a stampa) lo statuto che in quello milanese è il 422: Quod quilibet mulinarius possit accusari etiam sine

declaratione diei; il capitolo, tuttavia, non manca negli altri testi, è solo collocato diversamente, tra gli statuti finali (690 in questo manoscritto). Qualche differenza tra i due manoscritti c’è, poi, nella parte conclusiva: qui l’ultimo testo risulta essere De sacramento prestando pro ficto et re libellaria et decima non solutis et pro partiario et inquillino qui dicantur non solvisse, che manca nel manoscritto milanese e qui segue la Confirmatio seconda statutorum, facta de anno 1390 die 12 octobris. L’ultimo statuto in comune risulta, così, essere Quod notarii Domini Potestatis et eius iudicum non participent cum notariis consulum nec e converso, che precede la Confirmatio. Confrontando i due indici si può avere l’impressione che ci sia qualche altra differenza; si tratta in realtà, di difformità nelle titolature di statuti che, vertendo sullo stesso argomento, possono essere titolati separatamente (magari con un semplice “de eodem”), o assemblati al testo precedente.

Il manoscritto non a caso precede di soli tre anni la prima edizione a stampa: Giovanni de Thyrabuschis appare, infatti, uno dei curatori dell’edizione che potrà aver esemplato sulla sua copia.

L’edizione del 1537-15388 si presenta con orgoglio come la prima a stampa del testo, resa necessaria per la scarsezza e la difficoltà di accesso delle copie manoscritte, che portava notevole detrimento al lavoro di iudices, doctores, causidici, notarii, nobiles et omnes tam Laudenses quam exteri, il che sembra indicare che il testo statutario, vecchio ormai di un secolo e mezzo, continuasse ad essere il punto di riferimento legislativo dei professionisti lodigiani del diritto e la sua difficoltà di reperimento danneggiasse notevolmente l’amministrazione della giustizia; ma forse vale la pena di leggere intero il testo dell’introduzione:

8

Statuta et ordinamenta Civitatis Laude, Mediolani, impressum in officina libraria Gotardi Pontici, 1537-38. La data del 1538 è, come si vedrà, quella indicata nell’introduzione, mentre sul

frontespizio compare quella del 1537, che torna alla fine del testo, dove si legge: Impressum

Mediolani in officina Libraria Gotardi Pontici apud templum divi Satiri anno domini MDXXXVII, die XXVII Novembris. Tra le due date, in realtà, non intercorrono nemmeno due mesi, che possono

essere giustificati da un ritardo nel lavoro di edizione la cui data prevista non sarebbe stata rispettata ma neppure corretta nel testo. Il 19 gennaio, peraltro, che risulta come data effettiva dell’uscita del volume, può forse essere stato scelto non a caso, trattandosi del giorno di San Bassiano, quindi della festa patronale di Lodi. Lo stampatore curò l’edizione anche di altri statuti viscontei degli stessi anni, come quelli di Monza (cfr G.. BOLOGNA Gli Statuti di Monza, manoscritti e testi a sampa, inA. PADOA SCHIOPPA (a cura di) Gli statuti medievali di Monza.

Magnificis et prestantissimis DD. Presidentibus universis negotiis Communis Laudae

Ante hanc diem (ut scitis) Laudenses habuere sua iura municipalia manu scripta: que res multis multa detrimenta offerebat: apud paucos .n. reperiebantur qui difficulter admodum ea vix amicis ostendebant. Itaque quum id non fieret nisi et prece et pretio, visum est non rem absurdam fore nobilibus viris ac tabellionibus huius civitatis Christophoro Sacco et Johanni Tirabuscho ea in vulgus aedere nonnullis decretis, ordinibusque et aliis ad ornatum additis, et omnibus Iudicibus, doctoribus, causidicis, notariis, nobilibus et omnibus tam Laudensibus quam exteris, quibus hac in civitate littes aguntur horum Iurium ad manus sit copia, Dii boni quante ex hac re controversie sine dispendio facile levabuntur, quae citra maximam amborum partium iacturam finem non inveniebant. Praeterea quotquot civitatum iura hec municipalia, quae statuta vocantur inspicere licuit, impressa legimus; haec tamen veluti sybillina carmina in antro paucissimorum delictescebant, accipite igitur oratores causarum iudices ordinarii, et notarii Iura Civitatis Laudensis: ipsis vero Christophoro et Johanni gratias habetote, quorum diligentia et impensis hanc in lucem primum prodiere. Mediolani MCCCCCXXXVIII, Die sabbati XVIIII Januarii Indictione Undecima in libraria Magistri Gotardi Pontici apud Dovanam Mediolani. Regnante invictissimo et serenissimo D. Carolo Quinto Rom. Imperatore, et Duce Mediolani etc.

Come si vede, Cristoforo Sacco e Giovanni Tirabosco vanno giustamente fieri di aver curato la prima edizione a stampa di un testo che, a dar loro retta, era prima disponibile solo in copie manoscritte, custodite con gelosa cura da pochi che le mostravano con estrema parsimonia: notevole è l’enfasi posta sull’utilità della stampa, proprio in vista di uno snellimento del lavoro di chi gli statuti è costretto a consultarli, e dalle fantasiose metafore che esprimono la situazione pregressa emerge con efficacia l’impressione che le poche copie manoscritte esistenti prima della stampa fossero conservate con sinistro zelo dai fortunati possessori.

Alla Biblioteca Comunale di Lodi l’edizione è disponibile in due copie, una delle quali, con nota di possesso del Sacco che era, nel 1542, notaio della camera di Lodi, inserita in un volume miscellaneo, insieme a molti decreti manoscritti,

originali, scritti da mani diverse, compresi tra il 1375 e il 1485 (cc. 137-219) e un fascicolo a stampa riguardante le gride emesse dai duchi di Milano dal 1369 in materia di vendita di beni9. L’altra copia è rilegata senza altre aggiunte, ma manca dei primi fogli, con l’intestazione e l’introduzione (che vi è trascritta a mano, con qualche errore, su una prima pagina bianca), e degli ultimi fogli, per cui l’ultimo statuto e le indicazioni sulla stampa sono ugualmente trascritti a mano.

Il testo non è particolarmente curato: è preceduto, nelle prime carte, non numerate, da un indice generale, una Tabula rubricarum e una Tabula sacramentorum, che rivelano fin dalle prime pagine la scarsa cura dell’edizione: nell’indice, infatti, mancano vari statuti che risultano, invece, essere presenti nel testo e chiaramente separati da quelli contigui da spaziature e titoli. Il testo degli statuti non si presenta diviso in libri, i fogli sono numerati, ma solo dal foglio 64 compare in alto l’indicazione Civilia, seguita o preceduta, dalla carta 71 e non proprio sistematicamente, dalle specificazioni: Dampna data – o De dampna data –, De Aquis Mutie, De stratis aptandis, De Aquis Mutie, De Mulinariis, De prestinariis, De tabernariis, de Bechariis, De Piscatoribus, De venditoribus ad pondus numerum et mensura, De modis et ordinibus tenendis in Civitate Laude; Civilia si ripete su tutti i fogli fino al 95, dove è sostituita da Criminalia che rimane, senza altre indicazione, fino al recto del 122, sul cui verso compare l’indicazione Civilia Addita. Sul recto dei fogli 130 e 131 compare l’indicazione Decreta, mentre sul verso del 131 torna Civilia addita, poi (132v e 133r) De mensura terrarum e di nuovo (da 133v, fino alla fine, alla carta 136) Decreta. Anche in questa edizione, gli statuti non sono numerati. Nonostante, come si è già ripetuto, manchino una decina di statuti statuti sui notai presenti nei manoscritti, quelli contenuti nell’edizione risultano più numerosi, 718, in parte perchè le norme riguardanti le acque della Muzza risultano frammentate in 13 paragrafi titolati De eodem che vanno ad aggiungersi agli statuti presenti nei manoscritti, in

9 F. L

EVEROTTI, Leggi del principe, leggi della città nel ducato visconteo-sforzesco, in DONDARINI

R., VARANINI G. M., VENTICELLI M. (a cura di), Signori, regimi signorili e statuti nel tardo

Medioevo, VII Convegno del Comitato per gli studi e le edizioni delle fonti normative, Ferrara, 5-7

Ottobre 2000, pp. 143-188, p. 163, nota 107. Franca Leverotti, che ha visto il testo nella copia conservata alla Biblioteca Ambrosiana Milanese (BAM, Villa Pernice, 17983), al capitolo 698 nota l’indicazione “signum notarii, questi statuti sono del legum doctor Giovanni Lupi da Lodi e scritti dal notaio Vescovino de Episcopo di Folchino 1439” e ne deduce che la stampa fosse stata esemplata da un codice del 1439.

parte perchè, dopo lo statuto Quod notarii Domini Potestatis et eius iudicum non participent cum notariis consulum nec e converso che abbiamo detto essere l’ultimo in comune tra i due manoscritti, si aggiungono:

Dux Mediolani etc. Comes Virtutum Imperialis Vicarius Generalis A tergo nobili viro Potestati et sapientibus nostris Laude;

Reformatio decreti de fictis non solutis; Dux Mediolani etc. Papie Anglerieque comes;

De sacramento prestando pro ficto et re libellaria et decima non solutis et pro partiario et inquillino qui dicantur non solvisse;

Dominus Mediolani etc. Comes Virtutum Imperialis Vicarius Generalis A tergo nobili viro Potestati nostro Laude;

Deo Gratias amen;

De his qui possunt cogi ad compromittendum; Super Statuto quod maritus succedat uxori in dote; De mensura terrarum;

Decretum edditum in favorem mulierum; Tenor decreti;

De donationibus remissionibus et absolutionibus bonorum camere.

Come si evince anche solo scorrendo i dodici titoli, non si tratta, in gran parte, di statuti veri e propri, ma di decreti o lettere di conferma, che forse non sarebbe logico numerare come gli altri, ma che, nell’edizione a stampa di fine secolo risulteranno, invece, come si vedrà, numerati. Se si eccettuano queste differenze, però, e le osservazioni già fatte a proposito dei manoscritti, il testo a stampa risulta sostanzialmente omogeneo a quelli. L’ortografia è molto irregolare, anche all’interno dello stesso statuto – o fra titolo e statuto – si alternano forme diverse per la stessa parola, e la presenza di abbreviazioni si concentra in modo molto disomogeneo in alcuni statuti, soprattutto nelle parti finali.

L’edizione del 1586, presenta, rispetto alla precedente, un’impostazione grafica più leggibile: ha margini più ampi, rubriche più distanziate ed è scritta con caratteri più tondi e puliti, poi, come si chiarisce nell’introduzione, è di più facile consultazione perché additus est index, quo, quicquid in ipsis continetur, nulla

mora, nulloque negotio sciri potest. Di questa sono disponibili varie copie. Solo alla Biblioteca Comunale di Lodi ce ne sono tre, variamente annotate. Gli Statuti

Nel documento Gli statuti di Lodi del 1390 (pagine 36-47)