• Non ci sono risultati.

Struttura e contenuti

Nel documento Gli statuti di Lodi del 1390 (pagine 48-62)

4. Gli statuti di Lodi del 1390

4.3. Struttura e contenuti

Prima di approfondire le tematiche più rilevanti che emergono dalle norme statutarie lodigiane e cercare, attraverso di esse, di ricostruire alcuni aspetti della vita della città sulla fine del Trecento, può essere utile dare uno sguardo d’insieme al testo che ci è giunto, descrivendone la struttura e i contenuti affrontati. Si è già detto della raccolta che non è divisa in libri e che solo nella più tarda delle edizioni in nostro possesso gli statuti sono numerati, e con scarso rigore. Si vedrà, da questa carrellata, come non sempre i capitoli siano disposti ordinatamente e come sia, perciò, spesso necessario, per ricostruire il quadro normativo riguardante una singola tematica, non limitarsi a leggere un gruppo di testi contigui che di essa si occupino, ma aver la pazienza di scovare, frammiste a norme di tutt’altro genere, altre riguardanti il tema in esame.

I primi statuti lascerebbero sperare in una diposizione ordinata: come consueto nelle raccolte cittadine fin dalle più antiche1, anche quella di Lodi del 1390 si apre con un gruppo di testi che regolano l’accesso e le funzioni delle cariche pubbliche. Trattandosi di una versione statutaria signorile, i testi comunali sono preceduti, in realtà, da un primo statuto (De auctoritate Domini et de pena facientium contra statutum pacificum prefati Domini), che chiarisce come, per l’onnipotente e lungimirante benevolenza divina, Gian Galeazzo Visconti sia ora perpetuus et generalis Dominus Civitatis Laude, con una serie di prerogative che si esamineranno nei prossimi capitoli. Dal successivo testo ci si concentra sulle cariche cittadine, a partire, naturalmente, dal podestà2: si stabilisce la durata massima delle delle cariche ricoperte da forenses3, il divieto da parte dei cittadini di Lodi di ricoprire la carica di barovarius4, l’obbligo del podestà di far produrre e conservare a cura del notaio della Camera Armarii il testo delle condanne5, il

1 M. A

SCHERI, Istituzioni Medievali, Bologna, 1994, p. 289.

2 Stat. 2, Sacramentum Potestatis Laude et eius familie. Il breve del podestà, com’è noto, costituì

in genere il nucleo iniziale attorno a cui si raccolsero gli statuti cittadini (cfr. A.PADOA SCHIOPPA,

Storia del diritto in Europa. Dal medioevo all’età contemporanea, 2007, p. 174).

3 Stat. 3, Quod nullus forensis qui steterit in offitio Laude possit exercere offitium usque ad

quinquenium.

4 Stat. 4, Quod nullus civis vel districtualis Laude possit esse barovarius.

5 Stat. 5, Quod Potestas teneatur facere exemplare condemnations antequam legantur et eas dari

dovere di podestà e giudici di frequentare giornalmente il palazzo6, il meccanismo di elezione e la funzione dei Docici Sapienti7, il rapporto tra il podestà e il consortium gratis Sancti Bassiani8. A questo primo gruppo di statuti sulle istituzioni fanno seguito altre istruzioni al podestà sulla gestione del territorio, per esempio di strade e fossati9, e di particolari categorie di lavoratori o attività economiche10.

Dallo Statuto successivo non è più il podestà il soggetto delle norme, che si susseguono con una certa confusione di argomenti, solo vagamente accomunate dal riguardare la gestione quotidiana della città: la dimensione delle strade11, l’obbligo agli immigrati di sottoporsi agli oneri del comune12, il divieto di giocare in chiesa13 o di lasciar andare in giro porci senza anello14, la gestione e il controllo dei clausi15. Singolarmente infilato tra queste norme di convicenza civile è lo statuto 26, che offre indicazioni su come le norme stesse contenute nella raccolta vadano intese e applicate: Quod statuta intelligantur ad litteram et quid fiendum sit ubi non loquitur statutum et de interpretatione. Seguono quattro statuti riguardanti le donne, di buon nome o meretrici16 e altri sulla cura e il decoro degli edifici cittadini17, poi, dopo un isolato statuto De usuris et decimis18, due

6 Stat. 6, Quod Potestas et eius Iudices et familia teneantur quolibet die ascendere palatium. 7 Stat. 7, De ellectione duodecim Sapientum et eorum officio.

8

Statt. 8, Quod Potestas teneatur facere conscilium de consortio gratis Sancti Bassiani, 9, Quod

Potestas teneatur compellere debitores gratis, 10, De bonis gratis deffendendis et manutenendis.

9 Statt. 11-17.

10 Stat. 18, Quod Potestas omni anno teneatur facere concilium de pastono. 11

Stat. 19, Quod omnes strate mastre clausorum et ronchorum Laude sint et esse debeant ample

per zitatas tres cum dimidia.

12 Stat. 20, Quod qui venerit in Civitate Laude substineat onera Comunis Laude e stat. 27, De

forensibus in Episcopatu Laude habitantibus pro oneribus substinendis.

13

Stat. 21, Quod nullus ludat ad aliquem ludum in ecclesia maiori Laude.

14 Stat. 22, Quod porci non vadant sine anulo.

15 Stat. 23, Quod offitiales clausorum teneantur consignare scripturas novis offitialibus, stat. 24,

Quod omnes volentes ponere in custodia clausorum eorum vites terras et prata possint hoc facere

e stat. 25, Quod ribaldi non vadant per clausos.

16 Statt. 28, Quod nulla mulier detineatur in pallatio, 29, Quod nulla femina egregia teneatur

testificari coram Potestate , 30, Quod nulla ganea, meretrix vel rufiana moretur super platea, 31, Quod nulla persona audeat tenere postribulum.

17

Statt. 32, Quod Potestas sacramento teneatur facere claudi portas Burleti Comunis Laude, 33.

Quod non ponatur linum in masaro in foveis civitatis, 34, Quod nullus mingat ad murum ecclesie maioris Laude.

sull’obbligo, per i cittadini, di usare le misure della città19, uno riguardante una norma edilizia di carattere igienico20 e due statuti sugli animali21.

Al termine di questa parte piuttosto confusa, le successive norme appaiono più ordinate, anche nel loro essere raccolte in rubriche, ma non ci si faccia illusioni: dopo le prime rubriche, sostanzialmente ordinate e collegate tra loro, se ne incontreranno un certo numero in cui non sempre il titolo della rubrica corrisponderà all’argomento degli statuti sottostanti e non sempre statuti che vi corrisponderanno saranno totalmente raccolti sotto la rubrica che li dovrebbe comprendere.

Si comincia con un corposo insieme di testi riguardanti i giudizi e procedimenti, i primi 11 sotto la Rubrica generalis de citationibus, relationibus, denuntiationibus et obligationibus, a cui segue, di argomento ad essa contiguo, la Rubrica generalis de iuditiis22, seguita, sempre in tema giudiziario, dalla Rubrica generalis de interrogationibus in iure fiendis23. Si ha, poi, la Rubrica generalis de exhibitione instrumentorum, quella de positionibus, che in realtà comprende un solo statuto24 e la più corposa Rubrica generalis de testibus et probationibus25. Segue la Rubrica generalis de iure iurando, che contiene anch’essa un solo statuto, poi, sempre nell’ambito giudiziario, è chiarito il limite entro cui i giorni di festa vadano considerati nello stabilire scadenze o nello svolgere procedimenti e, più in generale, sono stabiliti i criteri per il computo dei tempi di legge negli statuti raccolti sotto la Rubrica generalis de dilationibus et feriis26. Si passa, poi, alla Rubrica generalis de prescriptionibus, che comprende due soli capitoli27, e

19 Stat. 37, Quod mensure sint in quodam lapide signate, 38, Quod omnes homines Civitatis et

districtus Laude utantur mensura Laudensi.

20 Stat. 39, Quod nullus faciat porticum in via ubi sit pelizaria.

21 Statt. 40, De redibitione animalium e 41, De columbis non capiendis.

22 Statt. 53-89. Claudia Storti Storchi nota che la rubrica di uguale titolo presente negli statuti

viscontei di Monza “non soltanto presenta notevoli corrispondenze con gli statuti di Milano del 1396, ma è anche, sia nella struttura generale della ripartizione della materia, sia nei contenuti, pressoché identica a quella degli statuti di Lodi: ove vi siano norme comuni ai due testi, il loro disposto corrisponde parola per parola” (C. STORTI STORCHI,Statuti di Monza del XIV secolo: formazione e caratteri generali; Istituzioni monzesi tra XIV e XV secolo in A. PADOA SCHIOPPA (a cura di) Gli statuti medievali di Monza. Saggi critici, Milano 1993, pp.17-48, pp. 23-24).

23 Statt. 90-94.

24 Stat. 99, Quod quilibet teneatur respondere clare positionibus credere vel non credere. 25

Statt. 100-110.

26 Statt. 112-120.

27 Statt. 121, De scripto manu debitoris petendo infra duodecim annos, 122, Quod prescriptio non

alla Rubrica generalis de arbitris et arbitratoribus et compromissis28. Da qui in poi la classificazione si fa meno rigorosa: sotto la Rubrica generalis de verborum signifficationibus sono racchiusi alcuni statuti che non sembrano correttamente collocati, perchè ad alcune interessanti chiarificazioni lessicali29 sono unite altre norme procedurali meno pertinenti30. Segue la Rubrica generalis de exequtionibus i cui numerosi statuti31 regolano con abbondanza di casi e particolari una materia evidentemente spinosa e frutto di frequente conflittualità come quella delle insolvenze. La rubrica successiva, che secondo il titolo dovrebbe regolare il delicato ed intricato groviglio delle successioni ab intestato, riguarda, in realtà, solo i primi due statuti32, perché i seguenti raccolgono provvedimenti di differenti argomenti, ma sostanzialmente accomunati (quasi tutti) dal definire i compiti e gli obblighi di varie cariche pubbliche. I primi riguardano funzioni, limitazioni e rapporti reciproci fra le cariche33, altri stabiliscono particolari doveri del podestà riguardanti il decoro della piazza34, i rapporti coi notai35, il rispetto degli statuti36, le relazioni col contado37, la sicurezza della città38. Lo statuto 19239 interrompe il gruppo, ma i successivi tornano a concentrarsi sulle cariche pubbliche: il primo contiene, infatti, il Sacramentum iudicum Domini Potestatis40, i successivi41 precisazioni sui compiti di varie cariche, testi di giuramenti (degli estimatores e di

28 Statt. 123, Que arbitramenta non possint dici iniqua, 124, De arbitramentis pro quibus

pronuntiatum fuerit quod mandetur exequutioni, 125, De preceptis arbitriis et arbitamentis executioni mandandis, 126, Quod tempus preceptorum et arbitramentorum non currat nisi scienti.

29 Statt. 127, Quod comprehensa in legibus municipalibus Comunis Laude possint explicari per

legiptimam personam, 128, Quod certa verba representent idem, 129, Declaratio verborum qualiter debet procedi sumarie de plano et sine strepitu et figura iuditii, 130, Qualiter masculinum comprehendat femininum, 135, Quod quilibet ex iudicibus appellationum intelligantur esse maior.

30 Statt. 131-134 e 136-144. 31 Statt. 145-179.

32

Statt.180 De muliere dotata e 181 Quod marito succedat uxori in dote.

33 Statt. 182, Quod Potestas teneatur expellere de consilio omnes quibus tangeret negotium dicti

concilii, 183, Quod Potestas teneatur executioni mandare reformationes et consilium sapientum,

184, Statutum quod loquitur quod sit providendum super sapientibus eligendis qui provideant de

ordine Hospitalis Misericordie.

34 Stat. 185, Quod Potestas teneatur tenere et teneri facere plateam Comunis Laude aptatam. 35 Statt. 186, Quod Dominus Potestas non possit prohibere alicui notario facere instrumentum

denuntiationis sibi et familie sue e 187, Quod quilibet notarius teneatur facere instrumentum denuntiationis Domino Potestati et eius familie.

36 Stat. 188, Quod Potestas teneatur attendere et attendi facere omnia Statuta.

37 Stat. 189, Quod Potestas compellat victualia trahi ad civitatem Laude e 190, Quod Potestas non

accipiat nisi unam securitatem ab aliqua Comunitate loci quolibet anno.

38

Stat. 191, Quod Potestas teneatur facere quod clavice civitatis expedite remaneant.

39 Stat. 192, Quod laborantes ad mercedem non portent seu tollant ligna necquicquam aliud. 40 Stat. 193.

omnes offitiales Comunis Laude), indicazioni sui rapporti fra le varie istituzioni. Più in disordine risultano gli statuti che seguono, per cui sarebbe davvero difficile trovare una definizione comune che li comprenda: si va dall’obbligo per un medico di denunciare il malato che gli confidi le proprie colpe42, alla fissazione di una taglia che possa riscuotere chi dia utili indicazioni per la cattura di un malvivente43, dall’ingiunzione al podestà e ai suoi ufficiali di far liberare i pozzi otturati44, alla proibizione di vendere un bene controverso45, dall’estensione ai filii familias dell’obbligo di saldare i debiti col Comune46, alle indicazioni su quali documenti vadano registrati dai notai e in che modalità47, al modo in cui si debbano assegnare tutori e curatori48; seguono alcuni statuti su tempi e modi per celebrare cause49, altri sulle alienazioni50. Isolato, come si è notato per lo statuto 26, che si riferiva al modo in cui vanno intesi gli statuti, è il 224, anch’esso relativo all’applicazione degli statuti stessi: Quod nulla consuetudo servetur nisi sit scripta in corpore statutorum. Nei testi seguenti si mescolano norme riguardanti gli affitti rurali51 con altre concernenti il diritto patrimoniale famigliare52. Dopo una norma che chiarisce come una copia degli statuti debba rimanere presso la Camera Armarii53, prosegue il disordine negli argomenti dei successivi che uniscono norme riguardanti la campagna54, con altre concernenti i rapporti con il comune, norme procedurali55 ed economiche56, norme di diritto

42

Stat. 204, Quod medici denuntient infirmis quos curaverit quod confiteantur peccata sua.

43 Stat. 205, Quod si quis dederit inditium Domino Potestati vel procuraverit aliquem banitum de

malleficio capi, habeat ut in hoc Statuto continetur.

44 Stat. 206, Quod Potestas Laude et eius offitiales teneantur facere reaptari et remondari putheos

stopatos in civitate et burgis Laude per vicinos ad quos spectat.

45 Stat. 207, Quod non fiat venditio de re de qua sit mota controversia. 46 Stat. 208, Quod filii familias debentes Comuni compellantur solvere. 47 Stat. 209, De scripturis ponendis in actis per notarium.

48

Stat. 210, Qualiter curatores et tutores dentur.

49 Statt. 211-216. 50 Statt. 217-223.

51 Statt. 225, De fictis refutandis, 226, Quod emphiteota possit dare in emphiteosim, 230, Quod

consuetudines molendinorum serventur, 232, Quod nulla aratura detur massario nisi promissa.

52 Statt. 227, De matrimoniis cellebrandis, 228, De dotalibus instrumentis, 229, Quod anulus et

cingulum sint mobilia, 231, Quod frater fratri deffuncto succedat pro hereditate.

53 Stat. 233, Quod unus ex libris Statutorum remaneat in Camera Armarii. 54

Stat. 234, Quod omnia incrementa facta per aliviones salegiarum in flumine Abdue sint

Comunis Laude.

55 Statt. 235, 238, 240, 241.

famigliare57 e altre che regolano i rapporti economici tra cittadini e stranieri58 o, addirittura, lo scorrere dell’acqua piovana da una proprietà all’altra59.

Dopo questo confuso gruppo, non molto più uniformi risultano gli statuti successivi che regolano ancora competenze e doveri di vari magistrati o funzionari cittadini60, interrotti da due norme riguardanti i tessitori61. Seguono tre statuti concernenti i giorni di festa, elencati con cura, e le attività in essi sospese 62, due isolati capitoli ancora reltivi ai debiti, apparentemente scollegati dai precedenti63, l’ultimo dei quali, tuttavia, si conclude con una frase avulsa dal testo che la comprende e apparentemente riconducibile agli statuti sulle festività (Item statuit Comune Laude quod in vigiliis festivitatum Beate Virginis Marie, Pentecostes, Assensionis Domini Nostri Iesu Christi, Sancti Ioannis Baptiste et Sancti Petri apostoli non reddatur ius in civilibus, nisi semel in die videlicet in tertiis, dove l’item iniziale, letto senza aver presenti i capitoli 269-271, risulterebbe decisamente poco comprensibile). Seguono alcuni statuti riguardanti i notai e i giudici64, fra cui se ne infila uno che dispone la fine dell’uso di dipingere le immagini dei falsari sulle pareti del palazzo comunale65. Dopo questi capitoli si inserisce la Rubrica generalis Statutorum extraordinariorum che riunisce, in realtà, solo pochi testi, riguardanti la maggiore età66, l’interdizione dall’amministazione dei beni67, gli avvocati e procuratori68.

Con questa rubrica sembrerebbe chiudersi la parte più confusa della raaccolta, ma la più frequente presenza di rubriche non deve far pensare che i

57 Statt. 244, De filiis familias, 247, Quod pater male gerens facta sua cogatur emancipare et dare

partem filiis si voluerint filii.

58

Statt. 248-250, 252.

59 Stat. 251, Quod nullus permittat aquam pluviam pluentem super suum decurrere super alienum. 60 Statt. 253-266.

61 Statt. 267, Quod nil teneatur super disco ubi mensuratur drapus e 268, Quod testores faciant

drapum prout est ordinatum.

62 Statt. 269, De feriis, 270, De pignorationibus non fiendis diebus feriatis, 271, Quibus diebus non

debent recipi accusationes damnorum datorum.

63 Statt. 272, Quod quilibet possit sibi elligere viam ordinariam e 273, De illis qui pro infrascriptis

debitis possint detineri.

64 Statt. 274-285.

65 Stat. 280, De pincturis que sunt in parietibus pallatii removendis et de nominibus infamatorum

registrandis.

66

Stat. 286, De etate legiptima.

67 Statt. 287, De interdictione administrationis bonorum, 288 e 289, De eodem.

68 Statt. 290, De pena advocati et procuratoris qui fecerit pactum de quota parte littis e 291, Quod

capitoli sotto di esse riuniti corrispondano con cura al titolo generale: bisogna leggerne ancora qualche decina per arrivare a testi davero ordinatamente disposti.

Sotto la Rubrica generalis de servitutibus69, infatti, sono contenute numerose e precise norme edilizie e “condominiali” riguardanti muri, finestre, stillicidi ecc70. Segue un corposo gruppo di statuti, senza titolo comune, ma che riguardano sostanzialmente rapporti tra coloni e padroni e obblighi e diritti di entrambi71, poi, dopo uno statuto che chiarisce Quod paraticum et universitas non fatiant Statuta nisi ut infra72 ce n’è uno che porta il titolo di rubrica, ma in realtà si tratta di una singola norma, come del resto già si evince dalla precisione del titolo73; seguono tre statuti sul decoro e la custodia degli edifici pubblici74 e uno sul trattamento dei commercianti stranieri a Lodi75.

Sotto la Rubrica generalis de certis vanitatibus non utendis sono, poi, raccolte due sole norme di costume legate alle modalità di espressione del lutto76, seguono una coppia di testi che limitano l’alienazione di beni lodigiani a stranieri77 e altri statuti di argomento vario: sull’obbligo dei brentatores di accorrere tempestivamente in caso di incendio78, sulla sorte di una servetta che si comporti in modo disonorevole con un compagno di servitù79, poi due che riguardano in modo diverso le decime80 e uno sullo status degli studenti a Lodi81; col successivo capitolo si torna sull’argomento già trattato della preparazione e

69 Anche questa rubrica presenta notevoli somiglianze l’analoga De servitutibus degli statuti di

Monza (cfr. STORTI STORCHI Statuti di Monza, cit. p. 24).

70 Statt. 292-302. 71

Statt. 303-323.

72 Stat. 324.

73 Stat. 325 Rubrica gratia concessa forasteriis venientibus ad habitandum Laude quod non

teneantur ad onera infra tres annos et quod possint facere quamlibet licitas artes et negotiationes et non obstantibus Statutis alicuius universitatis.

74 Statt. 326, De turpitudine non fatienda ad portas Burleti nec in Burleto nec super scalas

Pallatii, 327, De offitio custodis Burleti, 328, De eodem.

75 Stat. 329, Contra forasterios negotiatorum ut non possint stare Laude. 76

Stat. 330, Quod nullus induatur vestibus lugubribus excepta uxore deffuncti, 331, De his qui

possunt morari ad comedendum ad domum deffuncti.

77 Statt. 332, De alienationibus rerum imobilium in non subditum iurisditioni Domini Potestatis et

Comunis Laude qualiter fieri conceduntur ac prohibentur e 333, De pena mulieris nubentis cum hereditate extra iurisdictionem Laude.

78 Stat. 334, Quod brentatores debeant currere ad ignem tempore incendii.

79 Stat. 335, De domicella vel famula inhoneste se habentem in domo domini sui cum domicello val

famulo et de eorum penis.

80

Statt. 336, De pena opponentis quod reddentes ius in civitate Laude non possint reddere ius de

decimis e 337, Quod qui tenuerit decimam per annos quadraginta presumatur esse sua et deffendatur per Potestatem et Comune Laude.

conservazione dei documenti e si apre una breve sequenza di statuti relativamente uniformi nel riguardare norme che si potrebbero definire, grosso modo, amministrative82 a cui segue, di argomento diverso, una Provisio in favorem massariorum de aratura sibi danda per dominos83.

Chiusa questa sezione contenente norme varie, cominciano gli statuti davvero in ordine, correttamente disposti sotto rubriche che ne chiariscono con precisione l’argomento generale: si comincia dalla Rubrica generalis de servitoribus sotto cui è raccolto un discreto numeri di statuti riguardanti, appunto, competenze, requisiti, limiti, doveri dei servitores comunis Laude84. I successivi cinque testi, pur non riguardando più la figura del servitor, rimangono sul tema del ruolo dei magistrati cittadini85. Segue un numeroso gruppo di statuti sulla gestione delle acque presenti nelle campagne laudensi, e in particolare dell’antico – e preziosissimo per l’agricoltura locale – canale Muzza, raccolti sotto la Rubrica generalis de aqua Muzie et aliis aquis et stratis episcopatus Laude86.

Di nuovo in ordine, correttamente inserite sotto la Rubrica de accusationibus fiendis pro damnis datis et de fide adhibenda domino massario et campario pro damnis datis, sono le accurate norme riguardanti i danneggiamenti avvenuti su proprietà agricole e la gestione delle controversie da essi originate, con particolare attenzione al ruolo dei camparii87; di argomento affine, sempre legato, cioè, all’amministrazione del fiorente territorio agricolo che circonda la città di Lodi, sono gli statuti che seguono, che regolano obblighi, rapporti col comune e responsabilità dei mulinari88, anche se il titolo di Rubrica generalis de mulinariis et eorum ordinibus offitiis et penis et eorum fraudibus removendis compare solo a metà del gruppo89. I testi riguardanti i mulinarii inaugurano una sezione di norme che regolano l’esercizio di alcuni mestieri ritenuti, evidentemente, così importanti per la città, da richiedere una specifica e accurata

Nel documento Gli statuti di Lodi del 1390 (pagine 48-62)