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Parte 3. Caso studio: Il conflitto israelo-palestinese

9. Mappatura del conflitto

Introduzione

L’interazione fra palestinesi e israeliani è stata oggetto di numerosi studi condotti da molti ricercatori. Negli ultimi anni è stata analizzata anche attraverso gli strumenti della Teoria dei Sistemi e della dinamica dei conflitti. In questo capitolo utilizziamo tali strumenti di analisi, esaminati nella seconda parte di questa tesi, per indagare un conflitto intrattabile. Questi ultimi hanno la capacità di guidare le azioni e i pensieri degli attori, il più delle volte in modo incomprensibile, spesso conducendo le parti lontano dai loro stessi interessi.

Il conflitto israelo-palestinese, per le sue caratteristiche, è ritenuto nell’arena internazionale uno dei più complessi e intrattabili della storia contemporanea. I negoziati di pace fossilizzati sulle questioni centrali, l’ulteriore espansione degli insediamenti israeliani nei territori occupati e il ricorso, disconnesso ma continuo, alla violenza, sono i maggiori temi intorno ai quali si costruisce l’attribuzione d’intrattabilità a questo conflitto. Esso appare, ed è generalmente percepito, come una lotta fra due popoli che non avranno mai pace l’uno accanto all’altro. La definizione della propria identità accompagna quella del conflitto stesso: l’identità dei due movimenti nazionali contrapposti genera un senso di lealtà profonda da entrambe le parti, che supera la possibilità di un incontro costruttivo con l’altro.

A causa della lunga protrazione nel tempo, dei numerosi fallimenti nei tentativi di risoluzione, e dell’approccio violento nella gestione del conflitto, esso è considerato impossibile da risolvere. In particolare il primo aspetto (la lunga storia del conflitto) è causa determinante dello stallo che questo vive al giorno d’oggi. Come spiega Cohen19 (2005, p. 343) “un’intera generazione è cresciuta non

conoscendo altro che un perpetuo stato di guerra contro l’Altro”. Le parti, come la comunità internazionale che vi ha assunto un ruolo, hanno infatti sofferto il conflitto per circa un centinaio di anni, senza mai trovare una soluzione funzionale per il lungo periodo. In relazione al secondo aspetto (i

19 Stephen P. Cohen è stato uno dei più importanti esperti del conflitto israelo-palestinese e si è occupato in particolare della track-two

diplomacy. Nel 1979 ha fondato l’Istituto per la Pace e lo Sviluppo nel Medio Oriente (Institute for Middle East Peace and Development)

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tentativi di risoluzione falliti), l’intervento esterno per pacificare il conflitto è spesso percepito dalle parti come un’imposizione, non imparziale, di volontà altrui. Riguardo al terzo aspetto (il modo in cui il conflitto è gestito), esso si scontra con l’incapacità di interrompere il ciclo di violenza, sostenuto da una strategia di tipo tit-for-tat20. Nonostante sia evidente che la violenza non abbia portato risultati

positivi per nessuna delle parti, essa continua a essere lo strumento a cui viene fatto più ricorso.

Malgrado l’ascesa e la discesa di diversi leader di entrambe le parti, i venti positivi di cambiamento, la pressione internazionale e l’evolvere delle politiche interne, il conflitto ha sempre resistito ai vari tentativi di risoluzione. Esso ha visto quindi attribuirsi l’etichetta di conflitto intrattabile in letteratura e di attrattore dai matematici21 (Coleman, 2011b). Tutto ciò non senza conseguenze concrete, prima fra

tutte una visione deterministica dell’azione umana, in una perpetua lotta contro l’avversario.

Con l’obiettivo di comprendere il conflitto, nella sua completezza e nella sua complessità, in questo capitolo esso sarà analizzato attraverso una sua mappatura22. Il primo paragrafo presenta quindi il suo background, attraverso la descrizione del Paese in cui si sviluppa e l’analisi storica del conflitto stesso. Nel paragrafo successivo sono presentati gli attori coinvolti e le questioni centrali per le quali esso sussiste.

Background

Breve descrizione del Paese

Il conflitto israelo-palestinese può essere descritto come una lotta fra due popoli che reclamano il proprio diritto a costituire uno Stato sovrano e indipendente nello stesso territorio. Come afferma Kelman (2007), l’identità dell’altro costituisce una minaccia alla propria identità e alla propria esistenza. Da questo punto di vista, le parti osservano il conflitto come un gioco a somma zero, rispetto alla terra e, più estensivamente, rispetto alla propria identità.

Il territorio che si estende dal Mar Mediterraneo alle rive del Giordano, corrispondente all’attuale Stato

20 Tit-for-tat è una strategia della Teoria dei giochi introdotta da Robert Axelrod. Essa si basa sull’implementazione di un’azione di

risposta congruente a quella precedente della controparte. Per esempio, se provocato, un attore risponde con un’azione di rappresaglia; se invece non è provocato, esso tende a cooperare.

21 Per una definizione di attrattore, vedi la seconda parte della tesi.

22 La mappatura del conflitto è un “metodo di presentare un’analisi strutturata di un particolare conflitto in un determinato periodo di

tempo” (Ramsbotham, 2011, p. 89). Essa è utilizzata per “fotografare” il conflitto in tutti i suoi elementi centrali e marginali (che lo

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d’Israele insieme a Gaza e Cisgiordania, ha una superficie di circa 28.000 km². È una terra tipicamente sub-tropicale che presenta quattro regioni distinte. La striscia costiera, che va da Nahariya a Gaza, presenta una pianura prevalentemente fertile. Al centro si estende una regione montagnosa, con colline e altopiani, dove si trova Gerusalemme. I versanti a est dei monti della Giudea precipitano verso il Giordano e il Mar Morto, formando la caratteristica fossa tettonica. A sud si estende infine la regione desertica del Neghev, la cui estremità meridionale è bagnata dalle acque del Mar Rosso, nel Golfo di Aqaba.

La costa israeliana è caratterizzata prevalentemente da un territorio pianeggiante determinato, nella sua morfologia, dall’influenza del Mar Mediterraneo. Essa può essere divisa in quattro parti. Una prima zona si estende dalla città di Acri a Haifa, la terza città israeliana più grande, e confina a est con la regione della Galilea e con la Piana di Esdraelon (Jezreel Valley). È una regione fertile che comprende anche la città di Nahariya, a nord, e altri insediamenti e kibbutzim23. Più a sud, incontriamo la zona costiera del Monte Carmelo, in cui sorge la città di Haifa. Essendo una zona fertile, molti insediamenti sono abitati da comunità di agricoltori. Proseguendo, nella parte centrale d’Israele, si estende la Pianura di Sharon delimitata a nord dal Monte Carmelo e a sud dall’area metropolitana di Tel Aviv. Infine, una quarta pianura, è compresa tra Tel Aviv e Gaza.

La costa rappresenta la zona più popolata d’Israele, con la densità maggiore nelle aree metropolitane di

23 I kibbutzim (plurale di Kibbutz) sono delle comunità volontarie in cui gli abitanti vivono e lavorano insieme in modo cooperativo, senza

un’economia di competizione. Lo scopo è di creare una società indipendente fondata sui principi comunitari di uguaglianza, giustizia sociale e proprietà comune. La creazione dei primi kibbutzim risale all’inizio del Novecento, secondo i progetti di alcuni sionisti, e negli anni si sono sviluppati e sono aumentati. Oggi sono circa 270 presenti nel territorio israeliano (kibbutzprogramcenter.org).

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Haifa e Tel Aviv. Questa regione è attraversata da due fiumi che sfociano nel Mar Mediterraneo: il fiume Yarkon, che bagna la città di Tel Aviv, e il fiume Qishon, che attraversa Haifa.

A est della zona costiera si estende una regione collinare e montagnosa. A nord, i monti della Galilea raggiungono le vette più alte, fino a 1.208 metri. Essi sono separati dal territorio della Cisgiordania dalla Piana di Esdraelon e dal Monte Carmelo. La Piana è anch’essa una zona molto ricca, coltivata da diverse comunità di agricoltori che abitano nei kibbutzim e nei moshavim24. Proseguendo a sud del

Monte Carmelo incontriamo le colline della Samaria e della Giudea (nel territorio della Cisgiordania), che presentano un mosaico di altopiani e valli fertili, con boschi e campi di ulivi. In questa zona la popolazione è concentrata in piccoli centri urbani. Tra le colline della Giudea sorge Gerusalemme, capitale dello Stato d’Israele: una grande città che ospita la percentuale maggiore di popolazione non ebraica. Quella che viene chiamata la Vecchia Città, è divisa in quattro quartieri, appartenenti alle diverse religioni ed etnie (musulmano, ebraico, cristiano e armeno)25.

A sud della Cisgiordania si estende la regione del Neghev, una zona scarsamente popolata che nella parte meridionale è caratterizzata da una zona desertica. Ancora più a sud presenta anche dei picchi montagnosi scoscesi e rocciosi interrotti da crateri. Le città più importanti del Neghev sono Be’er Sheva (Bersabea) e Dimona.

L’ultima regione è quella che si estende lungo il fiume Giordano, il quale nasce tra i monti al confine con il Libano (Monte Hermon), giunge al Lago di Tiberiade e termina nel Mar Morto. In quest’ultimo tratto si colloca la Valle del Giordano (una parte di essa si trova in Cisgiordania). Il fiume è il più importante bacino, nonché il più lungo, presente nel territorio. Il Lago di Tiberiade, chiamato anche Mare di Galilea, è il più grande dello Stato d’Israele e rappresenta la più importante riserva d’acqua del Paese, seguita dal fiume Giordano. La Valle del Giordano è un’aerea scarsamente abitata anche se molto fertile: le sue potenzialità nell’accesso alle risorse la rendono una zona fondamentale per i palestinesi abitanti in Cisgiordania, e una possibile attrazione per futuri insediamenti. Per ovviare al problema dello squilibrio territoriale nell’accesso all’acqua; Israele ha costruito il National Water Carrier, l’arteria principale di un sistema a griglia che porta acqua in tutto il Paese, fino alla zona desertica del Neghev26.

A sud del Mar Morto, la valle tettonica prosegue lungo il confine con la Giordania, definendo una regione chiamata Arava. Essa è caratterizzata da savane che giungono fino al Golfo di Eilat, nel Mar

24 I moshavim (plurale di moshav) sono delle comunità agricole cooperative, costituite da una fattoria di proprietà individuale utilizzata

per il proprio sostentamento. Questi insediamenti si basano quindi sui principi di proprietà privata della terra, lavoratore non assunto (perché proprietario) e marketing comune. Il primo moshav fu istituito nel 1921 nella Piana di Esdraelon.

25 In seguito approfondiremo la controversia riguardo a Gerusalemme.

63 Rosso.

Israele e i Territori Palestinesi, con una superficie di 28.000 km² circa, ospitano una popolazione di circa 13.000.000 abitanti27. La maggioranza di essa, costituita soprattutto da ebrei, vive in centri urbani, tra i quali i più grandi sono Tel Aviv e Haifa. La minoranza è rappresentata da Palestinesi Arabi, musulmani (la maggior parte), cristiani e drusi, che abitano per lo più nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.

I confini e i Territori Palestinesi

L’area che si estende dal Mediterraneo al Giordano presenta dei confini incerti, interni (fra Israele e i Territori Palestinesi) ed esterni (fra Israele e i Paesi vicini).

Per ciò che concerne le limitazioni esterne, Israele confina a nord con il Libano, una linea tuttora conflittuale poiché non sono state stipulate trattative di pace fra i due Paesi28. Scontri violenti permangono fra Hezbollah e le Forze di Difesa Israeliane (Israelian Defences Forces-IDF), in una lotta ideologica oltre che territoriale (per il controllo delle Fattorie di Sheb’a)29.

A nord-est Israele confina con la Siria attraverso le Alture del Golan, un territorio anch’esso, fin dal 1967, teatro di scontro che determina una linea di confine incerta. Le Alture del Golan fanno parte dei territori conquistati da Israele, e non restituiti, nella Guerra dei Sei giorni. Da allora vi sono stati costruiti degli insediamenti ebraici che ospitano circa 30.000 israeliani. Questo territorio è stato annesso da Israele nel 1981; mentre internazionalmente è ritenuto territorio siriano occupato.

A sud delle Alture del Golan, Israele confina con la Giordania, attraverso la naturale separazione data dal fiume Giordano, che dal Lago Tiberiade scende fino al Mar Morto. Il confine con la Giordania è definito e non oggetto di disputa, anche nel tratto di separazione con la Cisgiordania.

La regione meridionale d’Israele, prevalentemente desertica, determina il confine israeliano con il Sinai egiziano, a ovest, e con la Giordania, a est. Alti livelli di violenza tra palestinesi e israeliani si registrano nel territorio del Neghev vicino a Gaza; in particolare dopo la presa di potere di Hamas, nel 2007, i cieli della regione desertica sono stati sorvolati da missili e razzi che da Gaza sono lanciati verso Israele, con successive rappresaglie delle IDF.

27 La superficie dell’intera area è così suddivisa: 22.000 km² Israele; 6020 km² Territori Palestinesi. La popolazione è invece suddivisa in:

8.500.000 israeliani circa e più di 4.500.000 arabi palestinesi (UNdata/country profile: data.un.org).

28 Quando Israele si è ritirato dal sud del Libano nel 2000, le NU hanno sancito, in una risoluzione, un confine di separazione fra i due

Paesi (chiamata comunemente Linea Blu). Questo confine è stato più volte violato da entrambe le parti.

29 Per approfondimenti sul conflitto in corso fra Israele e Hezbollah, vedere Heidelberg Institute for International Conflict Research

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Riguardo ai confini interni, secondo gli accordi di Oslo, pubblicati nel 1993, Cisgiordania e Striscia di Gaza avrebbero dovuto formare un’unità territoriale destinata a ospitare il futuro stato palestinese. La superficie della Cisgiordania è di circa 5.655 km² e, secondo i dati forniti da Peace Now30, ospita una popolazione totale di 2.988.061 abitanti, suddivisi in 2.602.161 palestinesi (87%) e 385.900 coloni, israeliani residenti nei Territori Occupati, (13%)31. Il confine fra Israele e Cisgiordania è incerto poiché, attraverso l’insediamento di coloni e la conseguente costruzione di reti stradali, il territorio del primo si è addentrato oltre la Linea Verde32. L’intensificazione di strade, che collegano gli agglomerati urbani

ebraici in Cisgiordania con gli altri nello Stato d’Israele, è anch’esso un tema controverso nel conflitto. Israele ha edificato vie di comunicazione per lo spostamento dei soli cittadini israeliani, in particolare nell’area a nord di Gerusalemme, mentre i palestinesi devono percorrere strade secondarie, spesso obbligati a superare posti di controllo. Alcuni piani formulati dall’esercito israeliano prevedono la costruzione di strade alternative per i palestinesi che si affianchino e, in alcuni punti, si sovrappongano a quelle israeliane, creando due diversi livelli di transito. Tutto ciò è reso possibile attraverso l’edificazione di ponti, strade sopraelevate e punti di scambio33.

Secondo la legge internazionale, Israele non ha diritto a nessun territorio in Cisgiordania. I palestinesi basano le negoziazioni sulla Linea Armistiziale stabilita dopo la guerra del ‘4834. Israele invece chiede

un riconoscimento della situazione attuale riguardo alla presenza di popolazioni ebraiche in Cisgiordania. Il numero d’insediamenti israeliani ufficialmente stabiliti dal governo è di 131 (esclusa Gerusalemme Est). 97 sono invece gli insediamenti costruiti senza l’approvazione governativa, considerati quindi illegali35. Gli accordi di Oslo II, stipulati nel 1995, prevedevano la divisione della Cisgiordania in tre aree, indicative della presenza israeliana in fase di trasferimento: l’area A, corrispondente al 18% dell’intero territorio, era affidata al controllo palestinese; l’area B, il 21%, era amministrato dall’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), ma controllato militarmente anche da Israele; l’area C, il restante 61%, era sotto il controllo d’Israele.

30 Peace Now è un movimento israeliano creato, alla fine degli anni ‘70, per promuovere la pace tra Israele e i palestinesi. I suoi esponenti

e fondatori credono nella “soluzione dei due stati”, con la creazione dello Stato palestinese nei territori di Gaza e Cisgiordania. Identificando nella costruzione d’insediamenti israeliani nei territori palestinesi una delle ragioni principali del fallimento delle trattative di pace, negli anni ‘90 Peace Now ha creato l’Osservatorio Insediamenti (Settlement Watch) per analizzare lo sviluppo di questo fenomeno.

31 I coloni sono circa il 4% di tutta la popolazione israeliana.

32 Dal colore della matita utilizzata nelle mappe del negoziato del 1949 per definire i confini. 33 Per approfondimenti sulla questione delle reti stradali in Cisgiordania, vedere:

- “Forbidden Roads. Israel’s Discriminatory Road Regime in the West Bank”, pubblicato da B’Tselem - The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories, August 2004.

- “Alternative roads for Palestinians”, pubblicato online da B’Tselem, 1 january 2011.

- “Apartheid Roads. Promoting settlements, Punishing Palestinians”. Ma’an Development Center, dicembre 2008.

34 Per approfondimenti vedere l’analisi storica (paragrafo successivo).

35 La Regularization Law, approvata dalla Knesset nel febbraio 2017, legalizzerebbe in modo retroattivo gli insediamenti illegali costruiti

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Le città principali della Cisgiordania sono Gerusalemme (divisa in due tra il territorio d’Israele e quello palestinese), Ramallah (sede dell’ANP), Hebron, Betlemme e Gerico. Ritorneremo in seguito sui temi cruciali per il conflitto relativi alla Cisgiordania e a Gerusalemme.

Il confine tra Gaza e Israele è determinato e non oggetto di disputa nella definizione del suo tratto. Esso è delimitato anche attraverso un muro di separazione eretto da Israele. L’ultimo insediamento israeliano presente in questa regione è stato smantellato nel 2005; da allora non ci sono israeliani a Gaza.

La Striscia di Gaza è un territorio di 365 km², circondata a ovest dal Mar Mediterraneo, a est da Israele e a sud dall’Egitto; essa ospita una popolazione di 1.881.135 abitanti36, palestinesi musulmani. Insieme

alla Cisgiordania, dopo gli accordi di Oslo, avrebbe dovuto formare il territorio dello stato palestinese. Dal 2007 i due territori non hanno un governo unico: Gaza è amministrata da Hamas, mentre la Cisgiordania dall’Autorità Palestinese. A causa del conflitto fra Hamas e altre organizzazioni islamiche e Israele, Gaza è oggi una regione molto povera, sovrappopolata e con diverse problematiche, non ultime un tasso di disoccupazione molto elevato37 e la difficoltà di accesso all’acqua potabile38. Quest’area e le acque territoriali su cui si affaccia sono conosciute come Access Restricted Areas. Israele ha, infatti, stabilito una no-go zone lunga 500 km lungo tutto il confine con Gaza, che si interrompe solamente in due punti di accesso, controllati dalle IDF, Eretz (al nord) e Kerem Shalom (a sud). Un terzo passaggio è Rafah, a sud di Gaza, al confine con l’Egitto. Le Access Restricted Area rendono Gaza una prigione a cielo aperto.

Questo è il territorio che vede perpetrarsi il conflitto israelo-palestinese, sul quale gli attori non riescono a trovare una soluzione. Nonostante i numerosi tentativi di risoluzione, gli atti di violenza, da entrambe le parti, non s’interrompono, lacerando il Paese e colpendo la popolazione civile, ormai cresciuta in uno stato conflittuale perenne.

Dopo un’analisi storica del conflitto, approfondiremo gli attori e le loro posizioni, con le questioni centrali che rendono il conflitto intrattabile.

Analisi storica

Non è semplice narrare la storia di un conflitto, poiché la descrizione di un evento non corrisponde mai precisamente alla realtà. Ciò è ancora più vero per il conflitto israelo-palestinese, per il quale ciascuna

36 Dati forniti da Palestinian Central Bureau of Statistics, relativi all’anno 2016 (pcbs.gov.ps). 37 La disoccupazione giovanile nei territori di Gaza e Cisgiordania è intorno al 41% (cia.gov).

38 Secondo una ricerca condotta dalla United Nation Country Team in the occupied palestinian territories, pubblicata nell’agosto del 2012

(Gaza in 2020. A liveable place?), Gaza affronta una crisi dovuta alla mancanza di acqua potabile che, senza le misure necessarie per contrastarla, renderebbe quest’area invivibile dal 2020.

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parte ha una propria narrazione, che si basa su proprie visioni del mondo e interpretazioni. Le narrazioni stesse entrano a far parte del conflitto poiché diventano la causa delle azioni successive. In questa prospettiva, la storia non è più il racconto di una serie di eventi oggettivi, ma la narrazione di storie parallele e congiunte, alcune volte coincidenti e altre divergenti. Secondo Cohen (2005, p. 344), l’analisi del conflitto israelo-palestinese dovrebbe iniziare con la presentazione di tre diverse narrazioni: la prima sionista, la seconda arabo/palestinese e la terza coincidente con la percezione che si ha principalmente in Occidente. Nell’analisi di Cohen (2005), la visione Sionista mostra il conflitto di oggi come la conseguenza del rifiuto dei palestinesi di riconoscere la legittimità dello stato nazionale ebraico, che invece rappresenta per gli ebrei la possibilità di proteggersi dalle continue minacce e di riscoprire e ricostruire una passata identità nazionale, storica, linguistica e geografica. Secondo la narrazione arabo/palestinese, l’origine del conflitto va ricercata nell’appropriazione di terre appartenenti alla popolazione indigena araba, da parte del movimento (occidentale) colonialista ebreo. Il conflitto si protrae con il rifiuto di accettare che la propria terra sia occupata da un popolo straniero. Entrambe le narrazioni ruotano intorno a concetti di vittimizzazione e oppressione: ognuna vede se stessa come vittima di oppressione dell’altra. Come afferma Cohen, “il gioco a somma zero della vittimizzazione è una parte cruciale del problema dell’intrattabilità” (p. 346). La terza narrazione, quella prevalente in Occidente, fa coincidere l’inizio del conflitto con la fine dell’Impero Ottomano, che lascia una regione caratterizzata da instabilità politica e sottosviluppo. L’instabilità, in particolare, è causata dalla mancanza di un successore unico e legittimo. Inoltre queste terre mostravano fratture

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