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Le mappe riflettono le scelte sociali e politiche, ridisegnano il territorio

Brasil país de todos: il mito della convivenza armoniosa

2.4 Le mappe riflettono le scelte sociali e politiche, ridisegnano il territorio

Rio ad un occhio poco esperto risulta un insieme di stili più o meno riconoscibili: quartieri che seguono un modello europeo, altri quello statunitense. Lo sviluppo urbano ha imitato l'organizzazione dello spazio delle grandi potenze. Le scelte sociali e politiche degli ultimi decenni , descritte nel paragrafo precedente, definiscono il territorio, lo ridisegnano. Lo spazio riflette delle decisioni non solo stilistiche, ma anche delle precise posizioni istituzionali che vogliono circoscrivere determinati ambienti, cancellare una memoria scomoda e limitare l'espansione di aree difficilmente controllabili. Gli ultimi governi, infatti, desiderano sostituire l'immagine di povertà e imporre il Brasile a livello internazionale come gigante del

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Estratto da una conversazione informale avvenuta con Maria nel maggio del 2011.

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58 mercato globale e come modello di un nuovo sviluppo. É da considerare che le mire espansionistiche altro non fanno se non aumentare il divario e la separazione delle parti. Secondo Nadia, la grande spinta all'industrializzazione è avvenuta nel 2007 quando la compagnia petrolifera Petrobras trova un'enorme giacimento che corrisponde al più grande ritrovamento di petrolio degli ultimi vent'anni. La spinta verso l'ascesa ai vertici della classifica economica è inarrestabile. Quest'avvenimento ha permesso di investire in capitali esteri, di aumentare il prodotto interno lordo e ha accresciuto l'autostima. Di conseguenza è cresciuto anche il dislivello sociale con una disomogenea distribuzione delle ricchezze e un aumento esponenziale del divario.

In questo scenario la cartografia diventa strumento politico, non riporta scelte e cambiamenti, traccia nuovi percorsi, oscura alcune zone, le taglia, le nasconde. Confrontando diverse mappe fornite da Metrô Rio, dalla prefettura, dall'ufficio turismo, da alcune guide turistiche come Lonely Planet e National Geographic, è emerso che sono segnalati monumenti, luoghi di intrattenimento, spiagge, chiese e musei, aeroporti e stazioni ma le zone "pericolose", "poco raccomandabili" sono omesse o contrassegnate con delle ampie zone verdi indistinte. Solo nel caso della Borch Map, casa editrice tedesca, le aree corrispondenti alle comunidades, ancora caratterizzate dal verde, portano, in uno dei margini, la piccola dicitura: favela.

Fig. 9 - Borch Map, una porzione di mappa dell'area di Copacabana, sotto il Morro di Cantagalo, segnato in verde, è visibile la piccola dicitura favela. L'unica carta in mio possesso che segna la presenza delle comunidades.

Il rilievo di strade ed edifici è, però, trascurato. Chiaramente è difficile trasporre la complessità di queste zone, farne un rilievo topografico dettagliato, ciò nonostante la rappresentazione grafica sembra semplificata più per volontà che per mancanza di possibilità.

Personalmente trovandomi in un ambiente nuovo, spesso per riuscire ad orientarmi necessitavo di un supporto cartografico. Appena giunta a Rio ho recuperato un mappa dall'ufficio turismo dell'aeroporto, ho memorizzato alcune semplici indicazioni fornite quasi in automatico a chiunque entrasse nel paese e mi sono diretta verso il centro della città. La necessità di trovare una casa, di iniziare la

59 ricerca, di frequentare l'università mi costringeva a fissare degli appuntamenti ma non avendo internet e non conoscendo il territorio mi affidavo alle mappe che possedevo per comprendere dove mi trovato e dove sarei dovuta andare. Spesso i luoghi d'appuntamento come l'entrata alle favelas, ciò che cercavo non erano presenti sulle carte. Inizialmente pensavo fosse dovuto ad una versione poco aggiornata, o ad un supporto troppo semplificato e ridotto ma, anche su nuove mappe e stradari, i luoghi di mio interesse non erano pervenuti. Mi ostinavo ad avere fiducia nella mappe, nel supporto cartografico, pretendevo che fotocopiassero la realtà, riducendola ad una dimensione consultabile.

La sensazione è che lo scarto della rappresentazione reale e pubblica si traduce in mappe e le mappe riescono a trasformare la realtà. La città viene pianificata sulla carta, poi nell'immaginario, diventando così reale. Rio, così, si adatta ad un disegno, ad un progetto politico, crescendo e sviluppandosi seguendo dei binari precisi. Il territorio viene disegnato a tavolino, coscientemente vengono omesse delle zone "scomode", vengono tagliate delle aree che inciderebbero negativamente sull'immagine che Rio vuole dare di sé. L'ipotesi è che, forse, si vuole anche impedire di raggiungere luoghi che non sono controllabili.

Le riflessioni sulla funzione ideologica della cartografia non sono cosa nuova. Le mappe parlano, anche e soprattutto, per quello che non dicono, per le omissioni. É noto il caso delle carte irlandesi del XVIII secolo, riportato da Brian Harley, quando i topografi esclusero nelle aree della campagna irlandese le case di proprietà degli irlandesi medesimi, delle mappe urbane che segnavano solo le vie principali a scapito dei vicoli abitati dai poveri (Harley 2001.) Harley parla di "silenzi della carta" dove «cancellare significa negare l'esistenza, spazzare via dalla memoria pubblica» (Boria 2007:21). Secondo il geografo le mappe sono preminentemente un linguaggio di potere, infatti «si possono facilmente giustificare come forme di rappresentazione fedele e di conoscenza naturalizzata dei luoghi» (Grasseni 2009:105). Anche a Rio le aree più misere, socialmente denigrate, vengono omesse dalle rappresentazioni cartografiche. Come sostiene David Bidussa, storico sociale delle idee, la cartografia non è confortante perché ci fa conoscere lo spazio che dobbiamo attraversare, ma perché ci impedisce di andare nei luoghi che non controlliamo. In altre parole la cartografia è l'organizzazione e la comunicazione dello spazio sicuro.

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Capitolo III