Marisa Musaio
Gruppo 3 Marisa Musaio 3 L’esperienza laboratoriale con le donne migrant
Il tema della differenza, nucleo centrale e banco di prova dell’educazione in- terculturale, rischia di divenire un luogo comune se non risulta declinato in uno sguardo sulle persone e sull’unicità che ci consente di incontrare l’altro. Per queste ragioni il protagonismo femminile nelle migrazioni, va riletto in consi- derazione delle “voci” e dei numerosi transiti esistenziali che le donne vivono in vista dell’inserimento e dell’integrazione, mentre cercano di dare concretez- za alle aspettative di una vita migliore. La sfida interculturale al femminile vie- ne affrontata nella progettazione di contesti e iniziative quando le donne pos- sono ritrovare almeno tre dimensioni cardine della propria esistenza:
– le “tracce” di sé e della propria autoconsapevolezza; – le proprie potenzialità;
– le condizioni per un’autosostenibilità.
La promozione di tali dimensioni si attua all’interno dell’esperienza di la- boratorio come:
– spazio di espressione della soggettività, custode di un “molto” in termini di vissuti, aspirazioni, aspettative, sogni di realizzazione, di profili di vita fra- gile e al tempo stesso resilienti e proiettati al continuo miglioramento di sé; – spazio di promozione del potenziale femminile, come intreccio tra condizioni
personali, potenzialità, creatività ed esercizio di attività per dar forma al proprio potenziale e rintracciare un proprio stile personale.
Come spazio di espressione della soggettività, il laboratorio implica un’erme- neutica dei vissuti finalizzata a dare ascolto e visibilità alla soggettività delle donne rintracciando storie, profili personali, a volte difficili, costellati da clan- destinità, da instabilità dei legami affettivi, da sottoinquadramento professio- nale, influenza dei codici culturali originari.
Come spazio di promozione del potenziale, il laboratorio aiuta ad intrecciare la storia personale con percorsi di autoformazione, di messa in gioco di sé, con la riattivazione di dinamiche emotive, psichiche, relazionali, spesso non cono- sciute, ma che aiutano a riflettere sul proprio mondo interiore e su quali per- corsi intraprendere per autosostenersi. Decisive in tal senso risultano oltre che la narrazione, anche le arti, per lo scambio di sensibilità, rappresentazioni sim- boliche, memorie, immaginazione, scoperta della creatività, per la decodifica di significati al femminile che altrimenti rimarrebbero sconosciuti alle stesse don-
XIII. Rigenerazione personale e sociale nei laboratori con donne migranti
ne, e che invece ne accrescono le capacità di integrazione (Aluffi Pentini, 2002, p. 6). Intrecciando sensibilità, espressività e riflessività, il laboratorio è sperimen- tazione e rivelazione di identità vulnerabili, spesso ignorate, condizionate o op- presse. Ma come protagoniste di intercultura le donne recuperano tali identità, dando voce alle differenze e “somiglianze” di un’universalità dell’essere femmini- le. In tal modo esse danno voce ad un’universalità del “doppio registro” per cui “Ogni cosa nell’esistenza della donna migrante vive di doppia vita, ogni cosa esiste nell’esperienza del qui, ma inevitabilmente in rapporto al lì” (Bartoli, 2011, p. 299), ed è per tale ragione che le donne migranti risultano custodi di un “molto”, di una ricchezza umana e culturale da aiutare a rigenerarsi.
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