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Normativa Italiana

1.2.1 DPCM 1 Marzo 1991

“Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno” La norma si rivolge a tutte le attività rumorose ad esclusione delle attività aeroportuali e di attività

temporanee (fra cui cantieri edili o manifestazioni in luogo pubblico) se espressamente autorizzate tramite deroga proveniente dal sindaco del Comune (art.1). Pertanto, la norma si rivolge anche al trasporto ferroviario.

La parte più importante della norma consiste, però, nella classificazione in “zone acustiche” dei territori comunali. Questi ultimi vengono, quindi, classificati sulla base del traffico veicolare, della densità di popolazione e di attività commerciali o industriali, in modo da definire classi omogenee di “rumore sopportabile”. Dato che tale classificazione si ritrova nella Legge quadro e rappresenta la base sulla quale vengono stabiliti i limiti di immissione, riteniamo d’interesse riportarla di seguito:

Tabella 1 Classe I (Aree particolarmente protette).

Rientrano in questa classe le aree nelle quali la quiete rappresenta un elemento di base per la loro utilizzazione: aree ospedaliere, scolastiche, aree destinate al riposo ed allo svago, aree residenziali rurali, aree di particolare interesse urbanistico, parchi pubblici, ecc.

Classe II (Aree destinate ad uso prevalentemente residenziale).

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate prevalentemente da traffico veicolare locale, con bassa densità di popolazione, con limitata presenza di attività commerciali ed assenza di attività industriali ed artigianali.

Classe III (Aree di tipo misto).

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da traffico veicolare locale o di

attraversamento, con media densità di popolazione con presenza di attività commerciali, uffici, con limitata presenza di attività artigianali e con assenza di attività industriali: aree rurali interessate da attività che impiegano macchine operatrici.

Classe IV (Aree di intensa attività umana).

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali; le aree con limitata presenza di piccole industrie.

Classe V (Aree prevalentemente industriali).

Rientrano in questa classe le aree urbane interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni.

Classe VI (Aree esclusivamente industriali).

Rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi.

La norma riporta nell’Allegato A anche una serie di definizioni. Dato che molti di questi termini vengono richiamati nelle norme seguenti, riteniamo utile riportarle.

Allegato A Ambiente abitativo.

Ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o comunità ed utilizzato per le diverse attività umane: vengono esclusi gli ambienti di lavoro salvo quanto concerne l’immissione di rumore da sorgenti esterne o interne non connesse con attività lavorativa.

Rumore.

Qualunque emissione sonora che provochi sull’uomo effetti indesiderati, disturbanti o dannosi o che determini un qualsiasi deterioramento qualitativo dell’ambiente.

Livello di rumore residuo – Lr.

È il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato ‘A’ che si rileva quando si escludono le specifiche sorgenti disturbanti…

Livello di rumore ambientale – La.

È il livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato ‘A’ prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo. Il rumore ambientale è costituito dall’insieme del rumore residuo e da quello prodotto dalle specifiche sorgenti disturbanti.

Sorgente sonora.

Qualsiasi oggetto, dispositivo, macchina o impianto o essere vivente idoneo a produrre emissioni sonore.

Sorgente specifica.

Sorgente sonora selettivamente identificabile che costituisce la causa del disturbo. Livello di pressione sonora.

Esprime il valore della pressione acustica di un fenomeno sonoro mediante la scala logaritmica dei decibel (dB) ed è dato dalla relazione seguente:

Lp = 10 log (p/po)² dB

Dove p è il valore efficace della pressione sonora misura in Pascal (Pa) e po è la pressione di riferimento che si assume uguale a 20*10-6 Pa (in condizioni standard).

Livello continuo equivalente di pressione sonora ponderato ‘A’.

È il parametro fisico adottato per la misura del rumore, definito dalla relazione analitica seguente:

Leq(A),T = 10 log [ (1/T) * ʃ0T (pA/po)² dt] dB(A)

Dove pa(t) è il valore istantaneo della pressione sonora ponderata secondo la curva A (norma I.E.C. n° 651) ; T è l’intervallo di integrazione (normalmente i dB(A) vengono usati in materia di

“disturbo provocato dal rumore” in quanto è riferito alla percezione umana della pressione sonora; i dB vengono usati come unità di misura delle prestazioni sonore)

Livello differenziale di rumore.

Differenza tra il livello Leq (A) di rumore ambientale e quello del rumore residuo. Rumore con componenti impulsive.

Emisiione sonora nella quale siano chiaramente udibili e strumentalmente rilevabili eventi sonori di durata inferiore ad un secondo (possiamo notare come il DM 16 Marzo 1998 stabilisca tre

criteri per stabilire un “rumore impulsivo”: 1- l’evento deve essere ripetitivo, ovvero dive ripetersi almeno 10 volte l’ora nel periodo diurno (dalla 6:00 alle 22:00) o almeno 2 volte l’ora nel periodo notturno (dalle 22:00 alle 6:00); 2- definendo con LAImax e LASmax i livelli massimi di pressione sonora ponderata con costanti di tempo “impulsive” e “slow” rispettivamente, deve verificarsi che LAImax – LASmax deve essere superiore a 6dB; 3- la durata dell’evento a -10 dB dal valore LAFmax, intendendo con questo il massimo livello di pressione sonora ponderata con costante di tempo “fast”, deve essere superiore a 1s)

Rumori con componenti tonali

Emissioni sonore all’interno delle quali sono evidenziabili suoni corrispondenti ad un tono puro o contenuti entro 1/3 di ottava e che siano chiaramente udibili e strumentalmente rilevabili (il DM

16 Marzo 1998 Allegato B indica come le componenti tonali debbano essere rilevate impostando una costante di tempo “fast” ed effettuando un’analisi spettrale per bande normalizzate di 1/3 di ottava da 20 Hz a 20.000 Hz, rilevando la componente tonale se una banda supera le bande adiacenti di almeno 5 dB)

Tempo di riferimento – Tr

È il parametro che rappresenta la collocazione del fenomeno acustico nelle 24 ore: si individuano periodo diurno (dalle h 6.00 alle h 22.00) e notturno (dalle h 22.00 alle h 6.00) (in alcuni casi è presente un tempo di riferimento serale fra le h 20.00 e le h 22.00)

Tempo di osservazione – To

È un periodo di tempo, compreso entro uno dei tempi di riferimento Tr, durante il quale l’operatore effettua il controllo e la verifica delle condizioni di rumorosità.

Tempo di misura – Tm

È il periodo di tempo, compreso entro il tempo di osservazione, durante il quale vengono effettuate le misure di rumore.

L’Allegato B della norma indica le modalità di misurazione del rumore in ambienti aperti e chiusi, sottolineando le condizioni standard in cui tale rilevazione va effettuata, le strumentazioni adeguate, i metodi attraverso i quali è possibile riconoscere componenti tonali o impulsive e i rispettivi coefficienti correttivi nel valore finale del livello acustico misurato. Dato però che il DM 16 Marzo 1998 contiene un intero allegato dedicato alla misura specifica del rumore ferroviario ci rifaremo a quest’ultimo per descrivere la procedura di misura adatta al nostro caso.