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MATERIALI E METOD

CAPITOLO 5. RIABILITAZIONE NEL PAZIENTE AMPUTATO

6. MATERIALI E METOD

Lo studio è stato condotto su 44 pazienti diabetici operati di amputazione maggiore presso l’U.O. Ortopedia I Universitaria di Pisa, dal gennaio 2011 all’ottobre 2013. Sono state visionate le cartelle cliniche presso il nostro reparto e presso quello di diabetologia.

Nelle cartelle cliniche e negli elenchi sui computer di reparto è stato possibile individuare il tipo di intervento eseguito dai pazienti ed eventuali successivi interventi. I pazienti sono poi stati contattati telefonicamente e sottoposti ad un questionario, per valutare le condizioni post-operatorie. Tale questionario si basa sui seguenti sei punti:

1) Tipo di intervento eseguito;

2) Necessità di revisione della ferita o nuovo intervento; 3) Tempo di guarigione della ferita;

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4) Insorgenza di complicanze post-operatorie: neuromi dolorosi, dolore al moncone, sindrome dell’arto fantasma, ulcerazioni al moncone;

5) Capacità deambulatoria residua secondo la scala SIGAM; 6) Utilizzo di protesi.

È stata valutata la mortalità, entro 30 giorni dall’intervento, a 6 mesi ed ad 1 anno. La scala SIGAM - menzionata sopra - è stata pubblicata nel 2003 da Ryall et all. e deriva dalla precedente scala di Harold Wood/Stanmore pubblicata a sua volta nel 1991. Essa ci aiuta a standardizzare in modo oggettivo ed univoco il grado di disabilità deambulatoria del paziente amputato. La SIGAM propone sei categorie di pazienti che si distinguono sulla base della funzionalità deambulatoria:

GRADO DEFINIZIONE

A Nessun uso dell’arto

Quei pazienti che hanno abbandonato l’uso di un arto artificiale o che usano solo protesi non funzionanti B Uso solo a

fini terapeutici

Indossano protesi solo in queste circostanze: per i trasferimenti, per agevolare manovre infermieristiche o durante la terapia

C Uso limitato/ Ristretto

Camminano fino a 50m, con o senza ausili

D Ridotta mobilità Camminano 50m o più con l’uso di ausili E Deambulazione

indipendente

Camminano 50 o più metri senza ausili, eccetto che in condizioni di terreno accidentato

F Deambulazione Normale

Camminano in modo normale o comunque molto bene

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6.1. RISULTATI

Dei 44 pazienti operati, 21 sono deceduti, 10 pazienti sono stati persi al follow-up; e solo su 13 pazienti è stato potuto condurre le nostre valutazioni.

L' età media dei pazienti è risultata essere di circa 78 anni, il 62% sono uomini (n=27) mentre il 38% sono donne (n=17).

Dei 44 pazienti oggetto di studio sono state eseguite 11 amputazioni di gamba di cui 4 bilaterali e 33 amputazioni di coscia, di cui 2 bilaterali.

La revisione del moncone è risultata necessaria in 8 pazienti, in 4 è stato necessario passare ad un livello di amputazione più prossimale.

8 pazienti hanno ricevuto un nuovo intervento maggiore allo stesso arto o al controlaterale.

Il tempo richiesto per la guarigione della ferita varia da 20 giorni a 6 mesi, con una media di 82 giorni. Risulta che un paziente (8%) sia guarito in 20 giorni, 6 pazienti (46%) in 30 giorni, 3 pazienti (23%) in 60 giorni, 2 (15%) in 4 mesi, 1 (8%) in 6 mesi. È stato verificato, inoltre, che il tempo medio per la guarigione della ferita nell’amputazione di gamba sia di 100 giorni, mentre nell’amputazione di coscia di 58 giorni.

È stato constatato che 5 pazienti (38%) su 13 non abbiano presentato complicanze post-operatorie, mentre 6 pazienti (46%) abbiano sviluppato la sindrome dell’arto fantasma, 3 pazienti (23%) abbiano avuto ulcere al moncone e 4 pazienti (31%) presentino dolore all’arto.

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I pazienti che risultano deceduti sono 21 (48%), con un intervallo di età tra i 58 e i 91 anni, con un’età media di 79 anni. Di questi, 9 pazienti ( 20%) sono deceduti entro 30 giorni dall’intervento, 8 (18%) tra 2 e 6 mesi e 1 (2%) tra sei mesi e un anno. La mortalità totale a 1 anno risulta del 41%. Per un paziente (2%) non è stato possibile definire la data del decesso.

Non è stata rilevata differenza di genere per quanto riguarda la mortalità poiché 10 (50%) erano femmine e 10 (50%) erano maschi.

Un paziente (2%) risulta deceduto entro 24 ore dall’intervento.

I pazienti che attualmente utilizzano una protesi sono 2 (15%), ossia uno amputato di gamba ed uno di coscia.

È stato riscontrato che 5 pazienti (38%) siano in attesa di protesi in quanto risulta essere ancora breve la vicinanza all'intervento chirurgico mentre un paziente ha temporaneamente rimosso la protesi a causa di ulcerazione del moncone.

È stato appurato che 6 pazienti (46%) risultano non idonei all’utilizzo della protesi o rifiutano di affrontare il percorso di protesizzazione.

Valutando la capacità deambulatoria residua, secondo la scala SIGAM, individuiamo 6 pazienti (50%) in classe A, in quanto allettati in condizioni scadenti o che utilizzino la sedia a rotelle, mentre 2 pazienti (17%) risultano di classe C e 4 (33%) di classe D.

6.2 DISCUSSIONE

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allo sviluppo di complicanze. Tra queste le complicanze macrovascolari portano ad una stenosi progressiva su base aterosclerotica del calibro dei vasi arteriosi dell’arto inferiore, provocando una condizione di ridotto afflusso sanguigno definito vasculopatia periferica, la quale provoca ischemia dei tessuti fino a causarne alterazioni trofiche o la necrosi ischemica. A questa si associa poi l’alterazione sensitivo-motoria dei nervi periferici, la neuropatia periferica, che provoca frequenti ulcerazioni e anomalie anatomiche dell’arto inferiore, configurando - infine - la sindrome del piede diabetico. Quest’ultima, a sua volta, può complicarsi con la sovrapposizione di processi infettivi estesi e non controllabili o processi necrotici gangrenosi, che portano al rilascio di sostanze tossiche in circolo o a sepsi e che richiedono quindi l’amputazione dell’arto.

Per quanto riguarda il nostro reparto dal 2007 è stata sviluppata una collaborazione con il reparto di diabetologia per la gestione del paziente diabetico candidato ad un intervento di amputazione maggiore.

Il paziente è seguito dal reparto di diabetologia nella sezione piede diabetico, per la gestione di questo tipo di complicanza e per le amputazioni minori. Qualora sia necessaria un’amputazione maggiore si ricorre all’approccio multidisciplinare tra i due reparti, garantendo al paziente una migliore preparazione all’intervento e una riduzione della mortalità e morbilità sia intra che postoperatoria. Infatti il paziente diabetico candidato all’amputazione presenta spesso delle complicanze collegate al diabete, tra cui la cardiopatia ischemica, aterosclerosi del distretto epiaortico, patologie renali fino all’insufficienza renale e problematiche respiratorie, che possono complicare l’intervento.

Il paziente, quindi, viene ricoverato presso il reparto di diabetologia universitaria pisana, dove gli internisti provvedono a stabilizzarne, per quanto possibile, le

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condizioni, così da permettergli di arrivare al giorno dell’intervento con il miglior performance status e controllo metabolico. Tale intervento consiste nel correggere la malnutrizione proteica e calorica, eventuali disprotidemie e i livelli glicemici.

Il giorno dell’intervento, il paziente viene quindi inviato presso il reparto di ortopedia, ove si esegue l'intervento chirurgico. Il paziente rientra quindi nel reparto di diabetologia, nel quale egli trascorre il decorso postoperatorio.

Il reparto di diabetologia risulta essere il luogo più idoneo per la gestione delle possibili problematiche che possono comparire nel postoperatorio, conseguentemente è possibile garantire in modo più efficiente una riduzione della mortalità postoperatoria ed una diminuzione dell’insorgenza di complicanze, oltre a una più rapida guarigione.

La mortalità per i pazienti amputati è massima nei primi 30 giorni - come risulta anche dai dati in letteratura e riportati nel nostro studio - ed il reparto di diabetologia risulta il più idoneo nel ridurre tale mortalità. Qualora le condizioni del paziente risultino critiche dopo l’intervento, viene invece inviato in terapia intensiva.

La medicazione della ferita avviene nel reparto di ortopedia in prima, terza e settima giornata e poi ogni 7 giorni fino alla guarigione completa della ferita. Il drenaggio viene rimosso in terza giornata.

L’approccio multidisciplinare, seguito dal 2007 anche dall’azienda ospedaliera pisana, è stato oggetto di numerosi studi a partire dal 1982; in particolare nell’articolo Decreasing incidence of major amputation in diabetic patients: a consequence of a multidisciplinary foot care team approach? di Larrson et all., cui sono seguiti ulteriori due studi Reducing the rate of amputations in acute diabetic foot infections del Department of Veterans Affairs Medical Center nel 2000 e Reducing amputation rates in patients with diabetes at a military medical center: the limb preservation service

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model del Madigan Army Medical Center nel 2005. Tali studi dimostrano come un approccio multidisciplinare, integrato da parte di più specialisti, tra cui il diabetologo, il chirurgo ortopedico, il chirurgo vascolare, il podologo, l’infettivologo, il protesista e degli infermieri specializzati, garantisca migliori risultati.

I benefici ottenuti consistono nella riduzione delle amputazioni maggiori a favore di quelle minori, nel miglioramento del tipo di intervento di amputazione maggiore, eseguito a livello più distale dell’arto, nella riduzione del tasso di re-amputazione, nell’abbattimento dei ricoveri annuali e nel miglioramento della qualità di vita del paziente successiva all’intervento.

Il paziente viene preso in carico completamente dal team sia nel preoperatorio che per tutto il follow-up. Ciascuna figura è a conoscenza della storia clinica del paziente, in tal modo si evita un rimpallo tra uno specialista e l’altro e vengono eliminati i ritardi nelle procedure terapeutiche. In caso di presentazione di complicanze sarà possibile indirizzare il paziente alla figura più idonea alla risoluzione della problematica.

Il team ha un’ottimale rete di comunicazione e collaborazione ed è soggetto a formazione continua attraverso seminari, corsi, conferenze interdisciplinari per garantire il massimo della specificità delle conoscenze. (8) (16) (22)

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