Le protesi dell’arto inferiore hanno come scopo fondamentale quello di permettere ad un soggetto sottoposto ad intervento di amputazione maggiore la deambulazione.
Attenti studi di biomeccanica e cinematica del passo hanno permesso lo sviluppo di componenti articolari di altissimo livello per usi normali e quotidiani e per usi sportivi, talora addirittura agonistici.
Nella normativa internazionale le protesi di arto vengono classificate secondo il livello di amputazione; sia le protesi di arto superiore che quelle di arto inferiore si possono poi distinguere, in base alle caratteristiche costruttive, in esoscheletriche (tradizionali) ed endoscheletriche (modulari).
Le protesi tradizionali o esoscheletriche sono protesi caratterizzate da pareti esterne rigide, con funzioni portanti, realizzate con materiali, quali legno, resine sintetiche da laminazione e poliuretano espanso, che le rendono resistenti, affidabili e sicure.
Le protesi endoscheletriche furono introdotte a partire dal 1965 ma solo dagli anni 80 furono impiegate per la prima volta le leghe leggere di alluminio, il titanio e fibre di carbonio, che a parità di resistenza rispetto all’acciaio hanno un peso molto ridotto influendo positivamente sul consumo energetico e permettendo così un utilizzo prolungato della protesi senza eccessivo affaticamento.
In questi anni tali protesi, che hanno sostituito quelle tradizionali, sono composte da una struttura portante scheletrica, formata da moduli tubulari e articolazioni, connessi tra loro per mezzo di giunti a quattro viti che permettono di posizionare, regolare e cambiare i componenti protesici in modo semplice e veloce. La parte esterna, che svolge
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una funzione cosmetica, è in materiale morbido (gomma piuma ad esempio) e la modularità permette il raggiungimento di un rapido ed ottimale allineamento statico e dinamico della protesi in relazione alle necessità dell’utente, crescita compresa.
Una buona cosmesi è considerata importante per l’accettazione della protesi da parte del paziente, ma forse non fondamentale.
Il peso di una protesi gioca invece un ruolo di fondamentale importanza sulla portabilità della protesi stessa e sul dispendio energetico necessario al suo utilizzo quotidiano. Poter ridurre il peso della protesi è sempre importantissimo e diviene fondamentale in soggetti particolarmente debilitati fisicamente, in presenza di monconi molto corti, per ridurre l’affaticamento legato all’età e/o per la bilateralità dell’amputazione.
Dal 1998 sono disponibili sul mercato ginocchia a controllo elettronico che hanno cambiato radicalmente l'approccio alla protesi da parte degli utilizzatori in quanto questi dispositivi, controllati in tempo reale da un microprocessore in essi incorporato, sollevano l'utente dal controllo volontario, invece necessario con articolazioni meccaniche, permettendo il risparmio di energie fisiche e la liberazione di risorse mentali prima assorbite dal costante controllo della deambulazione.
Con questi dispositivi è inoltre possibile discendere scale, terreni scoscesi e/o accidentati in maggiore sicurezza.
Il piede protesico, componente fondamentale della protesi di arto inferiore, può essere genericamente classificato in:
-Rigido (senza articolazione)
-Articolato Monoasse (con articolazione capace di movimenti in flessione- estensione)
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-Articolato Pluriasse (con articolazione capace di movimenti sui tre piani spaziali) -A Restituzione di Energia, generalmente in fibra di carbonio, leggero e capace di prestazioni varie in dipendenza del design e della capacità di risposta dinamica, adatto per soggetti giovani ma anche in età geriatrica, allo scopo di alleggerire la protesi ed integrare la ridotta capacità energetica degli utenti. (20)(27)
Quale che sia il tipo di protesi di arto inferiore che si vuol applicare, essa può schematizzarsi in tre parti fondamentali:
• invasatura;
• parti di collegamento comprendenti o meno eventuali particolarità; • piede artificiale;
L'invasatura è l'elemento di collegamento fra il moncone e la protesi e, prima che una protesi di qualunque tipo possa assolvere il proprio compito, deve essere perfettamente adattata al paziente (Fig 11).
Accanto alla lavorazione artigianale originariamente utilizzata, negli ultimi anni, ha fatto il suo ingresso la modellazione e finitura dell'invasatura con l'ausilio del computer. Uno scanner 3D acquisisce la forma del moncone e invia i dati a un PC per l’elaborazione; da qui i dati vengono direttamente inviati a un’unità fresatrice a
controllo numerico per la costruzione di un modello.
L'ulteriore lavorazione dipende dal tipo di materiale scelto tra legno, ormai obsoleto, resine o materiali termoplastici. L'invasatura deve essere progettata in modo tale da evitare sollecitazioni troppo elevate solo su alcune parti del moncone, ma di distribuire le forze su tutto il suo
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volume d’appoggio e adeguarsi alle variazioni di volume di questo, al fine di evitare zone di eccessiva pressione che possono provocarne l’ulcerazione.
L'invasatura flessibile è costituita da un telaio portante rigido avente funzione di sostegno, realizzato spesso in fibre di carbonio, e un'invasatura contenente il moncone, realizzata con un materiale (polietilene o suoi derivati) che si deforma elasticamente durante le contrazioni muscolari e quindi non le impedisce, come avviene invece in un invasatura a pareti rigide. (20)
4.1 Protesi trans femorali
Le protesi transfemorali hanno vari livelli di complessità e vanno dalla semplice protesi articolata alla protesi a controllo fluido che permette il controllo della flesso-
estensione con sistemi pneumatici e idraulici (Fig.12). Il ginocchio protesico deve garantire un supporto stabile durante la stazione eretta, permettere un movimento controllato e armonico durante il cammino e consentire di sedersi, piegarsi ed inginocchiarsi senza limitazioni. L’articolazione del ginocchio protesico può essere suddivisa in:
-monoassiale, quando il movimento relativo tra coscia e gamba avviene attorno ad un unico e definito asse di rotazione, si realizza cioè un giunto a cerniera;
-multi assiali (o policentrici) quando il centro di istantanea rotazione tra le due porzioni dell’arto è mobile in relazione all’angolo di flessione del ginocchio. Questo tipo di articolazione si chiama anche “ginocchio fisiologico” perché mira a riprodurre il naturale movimento del ginocchio di rotazione e scorrimento, si parla infatti di cerniera mobile.
Figura 9 protesi per amputato di coscia.
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Tutte le unità di ginocchio poi, indipendentemente dal loro livello di complessità, richiedono ulteriori meccanismi per la stabilità (sistemi di bloccaggio manuali o attivati dal peso) e per il controllo del movimento (frizione costante o variabile e controllo fluido pneumatico od idraulico).
Per quanto riguarda il ginocchio a singolo asse queste hanno un solo asse di rotazione a livello del ginocchio. Ma con un movimento a pendolo libero la protesi fletterebbe molto di più dell’arto controlaterale e arriverebbe con forza, e in ritardo sul ritmo del passo, in estensione. Per questo un ginocchio monocentrico libero senza alcun meccanismo che regoli la fase dinamica non è oggi più pensabile: occorre infatti frenare l'eccessiva flessione e accelerare l'estensione. Un ginocchio monocentrico libero, inoltre, per inerzia o gravità non raggiungerebbe la completa estensione o tornerebbe subito in flessione, cosicché al momento del contatto del tallone col terreno, all'inizio della fase statica, la persona si troverebbe a ginocchio flesso e, quindi cadrebbe. È necessario quindi, in caso di ginocchio monocentrico, che durante la fase di flessione nel pendolamento, si fletta maggiormente la coscia per non strusciare il piede a terra. È raramente utilizzato, se non nei paesi più poveri.
È comunque possibile inserire un bloccaggio manuale per impedire che il ginocchio fletta durante la deambulazione. Il giunto può essere bloccato o sbloccato volontariamente, per esempio può essere sbloccato per sedersi, oppure può essere bloccato durante la stazione eretta. E’ pertanto pensato per persone che non hanno grandi esigenze di funzionalità, la velocità di marcia, infatti, è comunque inferiore rispetto alle altre protesi, ma hanno bisogno di sicurezza, come pazienti malati e instabili. E’ indicato per essere accoppiato con piede articolato e riduce anche il dispendio energetico dell’individuo con conseguente riduzione della frequenza cardiaca,
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utile in pazienti cardiopatici. Per impedire che il ginocchio oscilli liberamente durante la deambulazione sono stati sviluppati dei sistemi di controllo dell’oscillazione stessa, a frizione e pneumatici.
Le protesi di ginocchio con sistema di controllo di fase fluida con sistema pneumatico si basano sulla compressione dell’aria e su meccanismo idraulico, basato su un liquido che si sposta da una camera all’altra dell’articolazione della protesi. Questi servono per il controllo della fase dinamica del passo, per controllare l’oscillazione del ginocchio. Il meccanismo di controllo pneumatico ad aria è meno efficiente di quello liquido e permette il raggiungimento di velocità di deambulazione lente o moderate. Inoltre il meccanismo di controllo pneumatico fornisce una resistenza non lineare per il controllo dell’oscillazione della gamba. Questo è risultato da un progressivo incremento nella pressione dell’aria, con compressione e passaggio dell’aria da una parte all’altra del pistone, durante le varie fasi della marcia, provocando escursioni più veloci dell’arto durante la deambulazione, evitando i problemi precedentemente detti sul ginocchio senza controllo.
Le protesi idrauliche, sono quelle più usate per il controllo dell’oscillazione; funzionano limitando il flusso di liquido (solitamente olio di silicone) incomprimibile attraverso un orifizio a diametro fisso e ciò provoca un forte smorzamento del movimento di oscillazione del ginocchio. Il moto del liquido a flusso laminare può essere indicato in individui con moderata attività fisica perché permette una velocità di deambulazione più ridotta mentre quello a flusso turbolento è preferibile in individui più attivi dove consente una velocità di marcia maggiore perché esercita una forza più elevata nello smorzamento dell’oscillazione della gambe.
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Le protesi di ginocchio policentriche, definite anche ginocchia “a quattro barre”sono caratterizzate da un movimento combinato di rotazione e traslazione; il centro di rotazione del ginocchio si sposta nello spazio in funzione dell’angolo di flessione. Presentano quattro punti di rotazione, ciascuno di essi collegato da una barra di collegamento e la disposizione degli assi
dell’articolazione ne determina la cinematica e con ciò la sicurezza. Queste protesi danno così una maggiore stabilità al paziente in fase d’appoggio, gli permettono una velocità stabile di marcia o variazioni di velocità (Fig. 13)
Esistono poi tecniche avanzate di protesi di ginocchio, le cosiddette protesi “intelligenti”. Nei dispositivi convenzionali di controllo pneumatico dell’oscillazione della gamba, la regolazione di questa avviene in modo non lineare, dipendente solo dalla dimensione dell’orifizio attraverso cui passa l’aria o l’acqua. Nella protesi intelligente un microprocessore può modificare le dimensioni dell’orifizio a seconda della velocità di marcia, e consentire un adeguato tempo di oscillazione della gamba. Un sensore a livello del ginocchio rileva la velocità di rotazione e invia un segnale allo stepper motore, che modifica le dimensioni della valvola nel cilindro pneumatico; ciò garantisce una riduzione del dispendio energetico misurato come una riduzione del consumo di ossigeno del 5-9% rispetto alla protesi con meccanismo pneumatico convenzionale e permette una maggiore velocità di marcia, fino ai 6,7 km/h. Ne traggono quindi beneficio pazienti in buona forma fisica che svolgono una discreta attività motoria. (20)(27)
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4.2 protesi trans tibiali
In caso di amputazione sotto il ginocchio si utilizza una protesi disarticolata che eserciti una presa sul moncone residuo. Per il fissaggio si può utilizzare un cuscinetto in aspirazione , ma per una migliore tenuta si usano delle prese rivestite in silicone (Fig. 14). (20)(27)
4.3 Piede protesico
Il piede protesico svolge un’importante funzione anatomica, assorbe gli urti dell’arto con il terreno, offre una base d’appoggio e svolge anche funzione cosmetica. Inoltre attraverso esso il soggetto riceve informazioni dal terreno e può rielaborare uno schema corporeo per una corretta e adeguata deambulazione.
Durante gli anni si è assistito ad una variazione riguardo la funzione del piede, considerato non più come semplice ammortizzatore del carico, ma anche come propulsore del corpo. Esistono quattro tipi di piede protesico, come precedentemente accennato: il piede SACH, il piede articolato a singolo asse, quello articolato su più assi e il piede in grado di immagazzinare energia (Fig.15).
I piedi rigidi (il SASCH e quello per immagazzinare energia) solitamente vengono utilizzati in combinazione con ginocchia libere, quelli articolati (a singolo asse o a più assi) invece sono utilizzati per protesi bloccate a livello del ginocchio.
Figura 11 protesi per amputato di gamba
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Il piede SACH è un piede rigido, presenta un cuscinetto a livello del tallone che si comprime quando vi si applica il peso dell’arto permettendo all’avampiede di avvicinarsi al terreno e consentendo quindi una flessione plantare ma non una dorsiflessione. Si utilizza in pazienti con basse velocità di deambulazione e garantisce una buona stabilità all’arto. È inoltre poco costoso.
Il piede articolato su un singolo asse permette alla caviglia e al piede un movimento di flessione plantare e dorsale su un singolo asse. Il meccanismo di funzionamento prevede che alla flessione del piede una gomma sintetica posteriore all’asse della caviglia venga compressa, limitando il movimento e favorendo poi il ritorno alla posizione di partenza; lo stesso avviene per la dorsiflessione.
Il piede articolato su più assi permette i movimenti del piede in qualsiasi direzione, la flessione plantare, la flessione dorsale, l’adduzione e l’abduzione e anche la rotazione attorno all’asse verticale della gamba. Tale piede protesico permette l’appoggio su superfici irregolari e assorbe parte delle forze di torsione quando il paziente è in stazione eretta. Può tuttavia provocare instabilità se il paziente presenta scarsa capacità di coordinamento. Dimensioni e peso di questo tipo di protesi sono maggiori rispetto alle altre.
Il piede in grado di immagazzinare energia, rappresenta l’ultima tipologia di protesi di piede ed è utilizzato in individui che svolgono attività sportive. Tale protesi presenta
Figura 12 (A) piede SASCH, (B) piede articolato su singolo asse, (C) piede articolato su più assi, (D) piede in grado di
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una chiglia flessibile in grado di immagazzinare energia durante il contatto con il terreno , che poi viene rilasciata durante l’azione di rullata del piede. Tale meccanismo consente di ridurre il tempo di appoggio sul tallone e aumenta quello sull’avampiede, con aumento della forza generata da quest’ultimo e aumento del momento di flessione dorsale. L’energia viene quindi rilasciata nella fase di spinta del piede, provocando un ausilio alla propulsione dell’arto protesizzato in avanti.
Per quanto riguarda il dispendio energetico della deambulazione dei pazienti portatori di protesi c’è da considerare che questi pazienti hanno un dispendio energetico maggiore rispetto ad individui sani, a parità di velocità di marcia. Inoltre tra i pazienti amputati, quelli portatori di protesi articolate, transfemorali, presentano un dispendio energetico maggiore ed hanno una velocità di marcia inferiore rispetto ai pazienti con protesi al di sotto del ginocchio. Infine, specie per quanto riguarda le amputazioni transfemorali, maggiore è la lunghezza del ceppo residuo, minore è la spesa energetica per la deambulazione. Si stima che, rispetto ad un normodotato, un amputato di gamba abbia un costo energetico maggiore del 50%, un amputato di coscia del 100% e un biamputato di coscia del 400%. (20)(27)
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