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Meccanismi di percezione del movimento

Nel documento Percezione Visiva e Dislessia Evolutiva (pagine 66-72)

1.3 La percezione del movimento

1.3.2 Meccanismi di percezione del movimento

Si ipotizza che la percezione del movimento sia dovuta all’analisi, attraverso un confronto continuo, delle posizioni retiniche assunte dall’oggetto in tempi successivi. Tale confronto è svolto dai neuroni visivi, i quali risultano essere sensibili alle variazioni di posizione. Se tale ipotesi fosse vera, non ci sarebbe bisogno di un sistema specializzato per la percezione del movimento. Una seconda ipotesi descrive la percezione del movimento come basata su un meccanismo simile a quello per la percezione del contrasto e della luminosità che è indipendente dal cambiamento di posizione dell’oggetto nello spazio (Julesz, 1971; Lu e Sperling, 1995a e b). La difficoltà nel risolvere questo problema sta nel fatto che non c’è la possibilità di percepire i propri fotorecettori retinici, quello che si percepisce è il risultato di una complicata rete di trasformazioni che avviene già ai livelli più bassi dai neuroni sensoriali. È possibile che alla base della percezione del movimento ci siano diversi meccanismi ciascuno dei quali supportato da una determinata struttura anatomo-funzionale. Dalle numerose ricerche sull’argomento, infatti, emerge una notevole discordanza di risultati frutto anche dell’utilizzo di sistemi di stimolazione diversi a volte non confrontabili fra loro.

I primi studi che disconfermano tale ipotesi, risalgono al 1875 quando Exner (1875) ha mostrato che non è necessario che un oggetto venga percepito in due posti differenti in due momenti diversi per esser percepito come in movimento. Nel 1912 lo psicologo gestaltista Max Wertheimer si accostò alle ricerche sul fenomeno del moto apparente o stroboscopio e portò risultati a conferma di questa seconda ipotesi.. La condizione più elementare in cui si osserva tale

fenomeno, si ottiene da due fonti di luce disposte su uno schermo nero, non lontane l’una dall’altra. Nel momento in cui tali fonti luminose vengono accese e spente in modo alternato e ad un intervallo temporale compreso tra i 50 e i 150 millisecondi, ciò che si percepisce è una luce che si sposta da una posizione all’altra; avviene, cioè, la fusione percettiva di due oggetti statici in uno in movimento.

Gros, Pope e Cohn (1996) misurando la soglia di luminosità con stimoli in movimento e con stimoli basati sulla discriminazione della posizione, hanno trovato che la percezione del movimento necessita, per intervalli inter-stimolo brevi, di un livello più basso di soglia rispetto alla discriminazione della posizione.

Il movimento apparente, oltre ad essere il meccanismo alla base dei film e dei cartoni animati, mette in evidenza come la sola analisi della posizione dell’oggetto non sia sufficiente a percepire il movimento dello stesso e ci induce a pensare che le due analisi (movimento e posizione) vengano svolte da due vie differenti. L’illusione della cascata (waterfall illusion) descrive un fenomeno di adattamento per il quale osservando un oggetto statico con determinate caratteristiche visive, esso viene percepito come in movimento verso una specifica direzione (come quando si osserva una fotografia di una cascata in cui alcune caratteristiche dell’immagine rendono l’idea del movimento) dopo un periodo di tempo definito di adattamento il movimento il moto viene percepito come diretto verso la direzione opposta (Wohlgemuth, 1911). L’aspetto interessante di questo fenomeno di adattamento è che sebbene

ci sia la percezione del movimento in una direzione specifica, la posizione dell’oggetto non viene percepita come cambiata.

Da studi elettrofisiologici (Hubel e Wiesel, 1959) è emerso che i neuroni della corteccia visiva sono sensibili agli stimoli in una direzione specifica e non nella direzione opposta. Le proprietà di questo tipo di neuroni sarebbero compatibili con i modelli che ricavano la percezione del movimento dalle informazioni provenienti da gruppi di neuroni adiacenti responsabili della percezione del contrasto (Emerson, Bergen e Adelson, 1992).

Altre ricerche mettono in risalto l’importanza della percezione della posizione nello spazio nella percezione del movimento. Braddick (1980) ha individuato un meccanismo di elaborazione superiore alla base della percezione del movimento che può avvenire anche in situazioni caratterizzate da separazione spazio - temporale. Molti autori hanno ipotizzato l’esistenza di due stadi successivi per l’elaborazione delle informazioni sul movimento delle immagini nel campo visivo. Il primo stadio avrebbe la funzione di elaborare le singole componenti in movimento di un oggetto complesso, attraverso l’analisi dei contrasti di luminosità e attraverso l’attività di neuroni sensibili a particolari assi di orientamento. Nel secondo stadio avviene l’integrazione spazio – temporale delle diverse componenti di moto analizzate dai neuroni del primo stadio, arrivando, così, alla percezione del movimento dell’oggetto nel suo insieme (Smith, Snoweden e Milne, 1994). Per arrivare a tale percezione vengono analizzate anche le variazioni di contrasto o di texture. Quindi l’analisi di una struttura complessa presuppone la conoscenza delle diverse direzioni in

cui si muovono le sue singole componenti. (Marr, 1982; Ullman, 1986; Movshon, 1990; Movshon, Adelson, Gizzi e Newsome, 1985).

Se l’analisi venisse svolta solo a livello locale (primo stadio) il movimento darebbe origine ad ambiguità ed a illusioni ottiche. Un esempio di tali illusioni ci deriva dallo studio del fenomeno denominato “il problema dell’apertura”. Tale fenomeno è visibile nel caso in cui venga presentata una struttura a righe, la quale si muove in tre diverse direzioni. Quando la direzione del movimento viene osservata attraverso una piccola apertura circolare, essa ci appare sempre la stessa in tutti i casi (Figura ). L’osservazione di una componente locale dello stimolo, è spesso ingannevole per la percezione della direzione, nonostante si riesca a percepire il movimento dello stesso. Da questi e da altri studi, viene confermata l’ipotesi dei due stadi di elaborazione. Movshon e altri (Movshon e coll., 1980, 1985) sostengono che i responsabili del primo stadio di elaborazione siano i neuroni di V1 e molti dei neuroni situati in MT. Tali cellule, sono in grado di rispondere soltanto ad un movimento perpendicolare al loro asse di orientamento preferenziale, segnalando, pertanto, solo il movimento di piccole componenti dell’intero stimolo; inoltre, non rispondono quando la direzione dell’intero stimolo coincide con il loro asse preferenziale. Al contrario, il 20% dei neuroni di MT, rispondono al movimento globale; essendo di dimensioni maggiori i neuroni dell’area medio-temporale sono in grado di integrare le informazioni provenienti dalla corteccia visiva primaria nello spazio e nel tempo, quindi di integrare le informazioni derivanti dall’analisi precedentemente svolta relativa alle componenti locali dello stimolo (Barton, Sharpe e Raynold, 1995; Maunsell e Newsome, 1987; Maunsell e Van Essen,

1983a e b; Newsome e Parè, 1988; O’Keefe e Movshon, 1988; Scase, Horsfield, Wilcock e Karwatowski, 1998; Watamanuik e Sekuler, 1992).

Figura 1.11: Fenomeno dell’apertura. Quando si osserva una struttura a righe la quale si muove in tre diverse direzioni, attraverso una piccola apertura, la direzione di movimento percepita sembra essere la medesima.

Studi effettuati su neuroni dell’area temporo-mediale di primati non umani dimostrano che nella corteccia temporo-mediale la maggior parte di questi neuroni è sensibile alla percezione del movimento globale (Born e Tootell, 1992). Perrone e Thiele (2002) hanno evidenziato che i neuroni della corteccia temporo- mediale sono sensibili alla velocità dello stimolo, mentre i neuroni di V1 sono maggiormente sensibili alle informazioni riguardanti le variazioni di frequenze spazio-temporali. Gli stessi autori (2001) hanno mostrato che i neuroni in MT non sono sensibili alle variazioni di frequenze spazio temporali quando la velocità dello stimolo rimane costante.

Da tali studi si ha la conferma che la percezione del movimento sia a livelli inferiori che ai livelli superiori è resa possibile da segnali particolari come variazioni di luminosità, variazioni di contrasto o variazioni di texture. Il primo stadio dell’elaborazione del movimento si riferisce all’analisi dei segnali prodotti da differenze di luminosità, mentre il secondo stadio di elaborazione del movimento è mediato da segnali prodotti per contrasto o per differenze di struttura (Badcock e Derrington, 1985; Cavanaugh e Mather, 1989). Molti studi hanno trovato che già ai bassi livelli di elaborazione i due meccanismi sono separati (Nishida, Ledgeway e Edwards, 1997; Mareschal e Baker, 1998, 1999; Zhu e Baker, 1993). Tuttavia è ancora difficile spiegare come i due livelli di elaborazione siano separati a livello corticale superiore nell’area temporale mediale. Inoltre questa ipotesi sarebbe in contrasto con i risultati di altre ricerche che hanno individuato meccanismi comuni ai due stadi di elaborazione delle informazioni che ci portano alla percezione del movimento (Hock e Gilroy, 2005; Cavanaugh e Mather, 1989). Ricerche riguardanti lo sviluppo del sistema deputato alla percezione del movimento hanno evidenziato come nei bambini di 5 anni la percezione del movimento è ancora molto immatura sia per i meccanismi di primo che di secondo ordine (Ellemberg et al., 2002, 2003). Queste ricerche mettono in luce come la maturazione dei diversi meccanismi relativi all’elaborazione superiore che conduce alla percezione del movimento avvenga lentamente e secondo specifici stadi che si susseguono, a causa dell’esigenza di integrazione dei diversi segnali nell’area extrastriata MT. Inoltre è stato dimostrato come a diverse velocità corrispondano diverse modalità di maturazione: le velocità più basse hanno una maturazione più

tardiva rispetto alle velocità più elevate. I meccanismi di elaborazione superiore, inoltre, hanno tempi di maturazione più lenti rispetto ai meccanismi di elaborazione inferiore. Questi studi lasciano presupporre l’esistenza di meccanismi separati per la percezione del movimento globale anche a livello superiore.

E’ inoltre possibile distinguere fra percezione del movimento con assenza di variazioni della posizione dello sguardo nei casi in cui l’immagine di un oggetto in movimento attraversa la retina, e percezione del movimento con lo sguardo che si sposta seguendo il movimento dell’oggetto nei casi in cui l’oggetto in movimento viene inseguito dall’occhio attraverso movimento della testa e movimenti oculari. L’attivazione di uno o dell’altro meccanismo è in funzione della velocità di presentazione dello stimolo (emivita dello stimolo). Quando la velocità è inferiore a 200 ms è impossibile attuare meccanismi di inseguimento visivo ovvero è impossibile inseguire l’oggetto con lo sguardo. Quando invece è presentato a velocità inferiori è possibile che ci sia inseguimento dell’oggetto. Nel caso in cui ci sia inseguimento dell’oggetto in movimento si suppone che il meccanismo di percezione del movimento implichi anche un ruolo cruciale dei processi attentivi i quali non sembrano essere coinvolti durante la percezione del movimento in assenza di inseguimento visivo.

Nel documento Percezione Visiva e Dislessia Evolutiva (pagine 66-72)