Riquadro 3. Criteri diagnostici revisionati per la disseminazione nello spazio e nel tempo 102
2.2.1. MECCANISMO D’AZIONE
Il nome chimico della teriflunomide è (Z)-2-ciano-3-idrossil-acido-but-2-enoico-(4- trifluorometilprenil)-amide con la formula molecolare C12H9F3N2O2149.
Figura 15. Struttura molecolare della teriflunomide (a) e del suo composto di derivazione, la leflunomide (b). Il principale meccanismo d’azione della teriflunomide nella SM sembra essere correlato ai suoi effetti sulla proliferazione dei linfociti stimolati. In seguito alla loro attivazione, i linfociti vanno incontro a divisione tramite il ciclo cellulare, che comprende una fase S (synthesis), durante la quale l’acido desossiribonucleico (DNA) è copiato, e una fase M (mitosis), durante la quale le cellule in via di divisione si separano nelle cellule figlie. La sintesi del DNA nella fase S richiede la presenza di basi puriniche e pirimidiniche. La teriflunomide blocca la sintesi de novo delle pirimidine tramite inibizione specifica, non competitiva e reversibile dell’enzima
66 mitocondriale diidroorotato deidrogenasi (DHODH), un enzima espresso ad alti livelli nei linfociti in attiva proliferazione.
Figura 16. Sintesi de novo delle pirimidine. Inibizione della diidroorotato deidrogenasi da parte della
teriflunomide150.
Il blocco della sintesi delle pirimidine mediato dalla teriflunomide interrompe il ciclo cellulare in fase S ed esercita un effetto citostatico sulle cellule T e B proliferanti, limitando il loro coinvolgimento nel processo infiammatorio alla base della patogenesi della SM151 (»Figura 17).
67 Figura 17. Meccanismo d’azione proposto per la teriflunomide. I linfociti a riposo non sono influenzati dall’effetto
del farmaco, autorinnovandosi senza la richiesta di sintesi de novo delle pirimidine, dal momento che possono soddisfare i propri requisiti dalla via di salvataggio. La proliferazione dei linfociti attivi si basa invece sulla sintesi
de novo delle pirimidine da parte della DHODH, quindi questo processo è inibito dal farmaco151.
Le altre cellule attivamente proliferanti, come le cellule della mucosa gastrointestinale, esprimono livelli inferiori di DHODH e non sono stimolate specificatamente per una rapida espansione; perciò, la teriflunomide è meno efficace nell’inibire la loro proliferazione151.
È importante sottolineare che il farmaco non è un analogo nucleotidico e che il test di Ames mostra che non possiede la capacità di intercalarsi al DNA152. Inoltre, la
teriflunomide non ha effetti sulla vitalità cellulare, in contrasto con il mitoxantrone e con le altre terapie immunosoppressive utilizzate nella SM che sono in grado di interagire con il DNA (azatioprina, ciclofosfamide) e/o indurre apoptosi (azatioprina, ciclofosfamide, metotrexato, micofenolato mofetile)151.
68 Una serie di studi in vitro ha dimostrato l’effetto citostatico che la teriflunomide esercita sui linfociti, inclusi studi su cellule B umane stimolate con oligonucleotidi CpG e IL-2153 e linfociti di ratti stimolati con agenti mitogeni154. Nelle
cellule B, la diminuita proliferazione in presenza del farmaco è associata ad un decremento dei livelli di chinasi ciclina-dipendente 2 (CDK2), la quale è richiesta per la fase S. In maniera interessante, gli effetti antiproliferativi della teriflu nomide appaiono più pronunciati nelle cellule T che esprimono i T-cell receptors (TCRs) con alta affinità e avidità, mentre la proliferazione delle cellule T a bassa avidità è meno interessata151. Ciò è particolarmente importante dal momento che le cellule T ad alta
avidità sembrano mediare molte patologie autoimmuni, compresa la SM155. Ancora,
gli studi in vitro hanno suggerito che il trattamento con teriflunomide può impedire la formazione della sinapsi immune, necessaria per l’attivazione delle cellule T, tramite alterata attivazione delle integrine attraverso un meccanismo dipendente dalla DHODH156. Il principio attivo è inoltre in grado di ridurre il rilascio di IL-6, di IL-8 e
della proteina chemiotattica monocitaria 1 (MCP-1) da parte di cellule mononucleate da sangue periferico stimolate con lipopolisaccaridi (LPS). Questi effetti non sono reversibili con l’uridina e perciò sembra improbabile che siano dipendenti dalla DHODH157.
Negli studi in vivo sul ratto, secondo il modello della EAE, il farmaco è stato visto migliorare l’outcome, ritardare l’esordio e ridurre i punteggi massimali e cumulativi della malattia158. L’istopatologia dei topi trattati ha dimostrato una
riduzione nella demielinizzazione e nella perdita assonale fino al 90% con un decremento dell’infiammazione fino al 70%158.
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2.2.2. FARMACOCINETICA
Il tempo necessario a raggiungere il picco di concentrazione plasmatica dopo una singola dose di teriflunomide è di 12 ore. Il range di dosaggio stabilito è di 7-14 mg al giorno e all’interno di questo range le concentrazioni plasmatiche allo stato stazionario sono comprese tra i 20 e i 60 mg/l. Il farmaco è rapidamente e completamente assorbito dopo la somministrazione orale, anche se l’assorbimento può essere ritardato dall’assunzione di cibo. A causa del suo elevato legame alle proteine plasmatiche (≥ 99,5%), la teriflunomide ha un volume di distribuzione di soli 11 l. Il tempo di emivita è approssimativamente di 10-12 giorni e dopo la somministrazione di una singola dose la clearance è di 30,5 ml/ora. Nonostante la lunga emivita, dovuta principalmente al ricircolo enteroepatico, l’eliminazione può essere accelerata dalla somministrazione di colestiramina o di carbone attivo, che riduce l’emivita a 1-2 giorni159.
70 Sebbene la teriflunomide sia parzialmente metabolizzata dai membri della famiglia degli enzimi CYP, la via di eliminazione principale è rappresentata dalla secrezione del farmaco immodificato nelle feci (»Figura 18). L’unico metabolita osservato nel plasma è la 4-trifluorometilanilina (TFMA). Circa il 37,5% è escreto con le feci e oltre il 90% di questo è immodificato. Anche se il 22,6% della dose orale è eliminata con le urine, soltanto una dose trascurabile è escreta immodificata (<0,2%) e circa l’80% sotto forma di TFMA.
Le femmine hanno una riduzione del 23% della clearance rispetto ai maschi e la somministrazione concomitante di induttori enzimatici non specifici incrementano la clearance orale del 10%. I caucasici hanno un aumento del 25% nel volume apparente di distribuzione se confrontati con i non caucasici e un aumento del peso corporeo da 68,3 a 99,5 kg risulta in un aumento del 35% nel volume apparente di distribuzione159. La funzione renale ed epatica non influenzano la clearance o il
volume di distribuzione, ma in uno studio su un paziente in dialisi per malattia renale cronica è stato evidenziano come la frazione di teriflunomide non legata era maggiore, la concentrazione totale era relativamente bassa e la concentrazione libera era equivalente a quella dei pazienti con normale funzione renale160.
Il cospicuo ricircolo enteroepatico della teriflunomide appare mediato dall’ATP-binding cassette protein G2 (ABCG2), una proteina di trasporto transmembrana localizzata nel fegato e nel tratto gastrointestinale. Il polimorfismo di un singolo nucleotide nel gene che codifica tale proteina (421C>A) si verifica in circa il 20% della popolazione caucasica e nel 40% della popolazione asiatica e risulta in una diminuzione della sua espressione e della sua attività. Gli individui con tale allele
71 hanno una riduzione della clearance orale del 40%, dovuta alla riduzione dell’efflusso del farmaco nella bile e dell’eliminazione fecale159.