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Riquadro 3. Criteri diagnostici revisionati per la disseminazione nello spazio e nel tempo 102

2.2.3. REAZIONI AVVERSE

Le più comuni reazioni avverse sono d’intensità lieve o moderata, sono autolimitanti e poco frequentemente associate ad un’interruzione della terapia, del quale la causa più frequente in tutti i gruppi di trattamento è stata l’elevazione dell’alanina aminotransferasi (ALT), per la quale i protocolli prevedono l’interruzione della teriflunomide nel caso di conferma di elevazione di 3 volte al di sopra del limite normale161.

Le altre reazioni avverse che sono state rilevate sono la neutropenia, l’alopecia, la diarrea, l’ipertensione, le parestesie e le infezioni del tratto respiratorio superiore. Sebbene non sia considerato un evento avverso severo, l’alopecia compare in frequenze che raggiungono il 13% sia nello studio TEMSO sia nel TOWER162 e ha

portato all’interruzione del trattamento in 5 pazienti (1,4%) nel primo e in 6 casi nel secondo (2%). Nonostante l’alopecia si risolva generalmente nell’arco di 6 mesi e che non siano stati registrati casi di perdita completa dei capelli, questo effetto avverso può comunque influenzare l’aderenza del paziente alla terapia. È presente un warning della FDA in merito all’epatotossicità, agli effetti immunosoppressivi e al conseguente aumento del rischio infettivo, alla neuropatia periferica e all’aumento della pressione arteriosa. Altre reazioni avverse come la lombalgia, le infezioni del tratto urinario, nasofaringiti, herpes orale, fatigue e disturbi del sensorio sono stati associati all’uso del farmaco163.

72 La teriflunomide è controindicata in pazienti che soffrono di severa compromissione della funzione epatica e non dovrebbe essere iniziat a durante infezioni acute o croniche e in pazienti che ricevono contemporaneamente la leflunomide. È necessario che prima dell’inizio della terapia il paziente esegua un esame emocromo completo con formula leucocitaria e conta piastrinica, dosaggio ematico delle transaminasi ALT/SGPT, protidogramma, radiografia del torace e test Quantiferon. Andranno altresì controllati i valori di pressione arteriosa. Dopo l’avvio della cura è necessario ripetere tali esami (ad eccezione del Quantiferon) ogni 2 settimane nei primi 6 mesi di trattamento e successivamente ogni 8 settimane.

Una linfocitopenia con valori al di sotto di 200 cellule/µl devono portare ad una sospensione del farmaco. Con un intervallo di ogni 2 settimane nel corso dei primi 6 mesi di terapia è necessario escludere una compromissione della funzione epatica mediante la valutazione dei livelli di enzimi epatici. Come già accennato, livelli superiori a 3 volte il valore limite impongono l’interruzione del farmaco, che deve essere intrapresa anche in caso di neuropatia periferica, danno renale acuto o reazioni cutanee severe. Inoltre, a causa del rischio di aumento della pressione arteriosa, sono raccomandate periodiche misurazioni dei valori pressori163.

La teriflunomide è classificata nella categoria X in gravidanza, dal momento che i benefici attesi dal trattamento non sorpassano i rischi derivanti dall’utilizzo del farmaco, pertanto la sua somministrazione in gravidanza è attualmente controindicata164. Le donne in età fertile dovrebbero essere informate sulla necessità

di utilizzare degli efficaci metodi contraccettivi nel momento in cui si decida di intraprendere la terapia. Gli studi negli animali suggeriscono un’associazione con la

73 perdita del feto nei ratti e nei conigli trattati con dosi equivalenti di teriflunomide, con un aumento della teratogenicità e un decremento della sopravvivenza nei roditori nati vivi. Non risultano evidenze in merito all’aumento della frequenza di aborti spontanei, riduzione del peso alla nascita o di malformazioni congenite nei trial sugli umani165.

La gravidanza o l’allattamento sono stati criteri d’esclusione negli studi TEMSO e TOWER. Ad ogni modo, tenendo conto di entrambi, 25 pazienti femmine sono rimaste incinte e 16 di esse hanno deciso di effettuare un’interruzione di gravidanza. Sono stati documentati 4 aborti spontanei, 1 di essi nel gruppo del placebo e i restanti 3 nel gruppo del farmaco. Le restanti 5 gravidanze sono risultate in bambini sani. Tutti i sopracitati casi hanno portato all’interruzione dello studio e alla rapida eliminazione del farmaco. Uno studio di Kieseier et al ha effettuato un’analisi della farmacovigilanza globale e ha rivelato 19 casi di partners di pazienti maschi trattati con teriflunomide rimaste incinte nei quali la frequenza di aborto non è risultata maggiore di quella attesa nella popolazione generale, come nelle donne trattate, né sono stati evidenziati invalidità strutturali o funzionali166.

Alla luce di questi dati, l’inizio della terapia con teriflunomide è raccomandato soltanto dopo l’esclusione della gravidanza tramite test e sono incoraggiate misure di contraccezione durante il periodo di assunzione del farmaco e fino a due mesi dopo la sua eliminazione tramite procedure rapide, o in alternativa dopo che i livelli plasmatici sono scesi a di sotto di 0,02 mg/l in due misurazioni. Per quanto riguarda i pazienti maschi, invece, esistono raccomandazioni contraddittorie: mentre negli USA gli uomini sono sottoposti ad una rapida eliminazione prima dell’inizio della paternità, la terapia può essere continuata indipendentemente dalla pianificazione di una gravidanza nella famiglia dei pazienti in Europa163.

74 Un recente studio del 2019 ha riportato un aggiornamento sugli esiti delle gravidanze esposte alla teriflunomide riportate nel corso degli studi clinici in monoterapia e delle gravidanze riportate spontaneamente in oltre 5 anni di esperienza

post-marketing. In questo studio la frequenza delle malformazioni maggiori risulta

sovrapponibile a quella della popolazione generale e i difetti alla nascita riportati sono distribuiti in diversi sistemi di organi con nessun pattern inusuale, inaspettato o simile alle malformazioni osservate negli studi animali. Inoltre, la frequenza di aborti spontanei è paragonabile a quella riportata nella popolazione generale e la maggior parte di essi si è verificato comunque nelle donne in età più avanzata. Questi dati, insieme all’assenza di evidenze che testimonino effetti teratogenici nell’uomo, lasciano ben sperare che in futuro il farmaco possa rappresentare un’opzione terapeutica anche per le giovani donne in gravidanza167.

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