TORINO
L'I P u t t o è scomparso, da più di un secolo ; e pare impossibile — J__l a chi deambuli per Piazza di Porta Palazzo, Piazza Castello e Piazza San Carlo —• immaginarle invase, com'erano ancora nella prima metà dell'Ottocento, da una folla pittoresca di ambulanti e di curiosi che davano alla scena un colore ed una vivacità inconfondibili.
U n a fiera perenne, una sagra senza fine cui accorreva tutta T o r i n o , si svolgeva in queste piazze piene di attrazioni che n o n costavano nulla, la maggiore delle quali era la baracca dei cavadenti, d o p o di che veniva subito il bancone del ciarlatano cui nessuno credeva ma dal quale tutti comperavano (« per divertimento...» dicevano, quasi a voler scu-sare la propria cosciente dabbenaggine!).
La ragione del successo del cavadenti, si capisce; chè i martiri...
erano operati ipso-facto, cosa questa sempre emozionante ed
attraente... a vedersi, specie da chi n o n soffre di carie; m a anche è facile intuire la ragione del grande concorso di pubblico attorno ai Dulcamara, i quali avevano l'arte di «incantare» i semplici... e gli altri, sia con la facile loquela, sia con u n abbigliamento e un aspetto quanto mai... attraenti, di cui offriamo una esatta descrizione pren-dendola dal canto I del p o e m a I cativ tnedich di Norberto Rosa,
Torino - Piazza Castello - Stampa del secolo XVIII.
m o r t o a Torino nel 1862, fu tra i f o n -datori della Gazzetta del Popolo.
Dice dunque il N o s t r o :
« Mi parlo d' coi dotar da un sold al mass eh'a porto per emblema una vessia, eh'a l'han na pruca armisa, un gran caplass, una vesta del settsent tuta sarzia, un parapieuva d'teila sSta al brass, 'na spà rusnenta cóme una faussia eh'a són gran parlatór grassiòs e uman coma convien eh'a siò i ciarlatan ».
Ed ora che abbiamo dato, con questi versi pieni di fine umorismo, l'idea di uno dei protagonisti del nostro articolo di oggi, vediamo qualche aspetto par-ticolarmente tipico della scena in cui codesti « protagonisti » preferivano eser-citare: la già nominata Piazza Castello.
Anche per questa descrizione prefe-riamo usare le parole di u n o che la scena in questione ben conobbe, fer-mandola in un libro interessantissimo, fonte inesauribile di curiose notizie, vale a dire la celebre « Guida de' Fora-stieri per la R e a l Città di T o r i n o » scritta dall'ottimo Craveri e pubbli-cata nel 1753.
« Piazza Castello è tutta circondata da Portici e Palazzi d'architettura uni-forme, con botteghe mercantili. In questa Piazza si usano fare i fuochi di
gioia in occasione di pubbliche feste ed allegrezze. Questa è la Piazza più frequentata dai Cittadini, quanto dai Forastieri. Quivi vi sono continua-mente Ciarlatani, Astrologi e Cava-denti, li quali stanno in botteghe di legno portatili ».
L'iconografia conferma le parole del Craveri; infatti tutte le stampe e i quadri riproducenti Piazza Castello « di una volta » la rappresentano m o v i -mentatissima, affollatissima, altamente pittoresca.
Tipi di pellicano, usati nel Settecento in Torino (dal
Per dare un'idea ancora più viva di Piazza Castello — il n o m e di « Portici della Fiera» dato ai... suoi portici, è tutto un p r o g r a m m a — riportiamo un sonetto che abbiamo letto nell'opera maggiore del Viriglio « Torino e i Torinesi » e abbiamo ritrovato nella preziosa monografia di Luigi Casotti (« Dentisti ed Empirici del Settecento Torinese»), sonetto che descrive il... commercio eterogeneo che vi si svol-geva e l'aspetto della gente circolante fra banchi e bancarelle:
Casotti).
« Tele, drappi, ricami, ori e galloni frachieri, scarpe; spazzole e grissini, fibb ie, stecche, ventagli ed orecchini
ed abiti di pelle coi calzoni. Librai, stivai, confetti e maccheroni, spade e cappelli appesi a degli uncini, preti e frati, donnette e birichini, confusion d'avvocati e di ciarloni. Qui passa un cuoco, un dotto là s'aggira : l'uno sta serio e l'altro va cantando, chi ride, chi sbadiglia e chi sospira. Questa è la descrizion giusta e sincera fatta in fretta, cosi, quasi scherzando
dei portici chiamati della Fiera ».
A v r e m m o voluto, curiosi come siamo, che i su citati studiosi ci aves-sero rivelato l'autore di questi versi; meno male che il Casotti ci lascia inten-dere come siano del tempo dell'odon-toiatria « Cavaliere Incognito » : vale a dire tra la fine del secolo XVIII e l'inizio del secolo XIX.
Tuttavia non è da credere che i « Dulcamara » esercitassero unicamente in Piazza Castello! Numerosi erano anche alla popolare Porta Palazzo e Piazza Reale (Piazza San Carlo), come lo provano due interessantissimi di-pinti ad olio del Graneri (1752) che si trovano nel Museo Civico. Anzi, in Piazza San Carlo i « medici chirurghi » (leggi « cavadenti ») esercitarono più a lungo, come testimonia chiaramente un quadro del Finazzi in data 1848 che riproduce il Casotti nel suo ricor-dato studio, dal quale riportiamo anche una assai efficace e drammatica inci-sione sul m o d o come, tra il Settecento e 1 Ottocento, avveniva l'estrazione di un dente.
Questa incisione (di Francesco M a g giotto: 17501805) a maggior c o m -prensione gustosa reca — come si usava allora (anche lo Zompini, nel suo album sui Mestieri di Venezia, fa
lo stesso) — pochi versi arguti ed illustrativi. Eccoli:
«—Credilo, amico, itti pari a me tra cento Non v'è in quest'arte, e il dente che
[ti ditole Fidati a me, fior tratto in uh momento
Mirar godrai con le radici al sole. — Per carità, levatemi d'ambascia,
Ma non mi sgangherate la ganasciaì »
Ma, e i veri medici, i veri « cerusici », i veri dentisti, non ci furono dunque a Torino ?
Altroché! E prima di tutti, il sun-nominato « Cavaliere Incognito » ben noto, e di cui diremo appresso.
La « N u o v a Guida per la Città di Torino» — opera di Onorato D e Rossi 1781 (con licenza de' Superiori e Pri-vilegio di S.S.R.M.) un libretto pic-colo ma a noi prezioso, non tanto per
le notizie riguardanti la Capitale del Piemonte, che si possono trovare al-trove, quanto per gli elenchi di pro-fessionisti, di botteghe, di artigiani e di fabbriche — ci dà una pagina molto interessante sull'argomento che stiamo trattando, vale a dire la « lista » di tutti i litotomi (specializzati nel fare
l'ope-razione del « mal della pietra », male allora molto diffuso), oculisti e den-tisti « approvati dalla Regia Univer-sità dal 1734 fino al presente ». Una cosa sorprende in questa «lista»: il luogo di provenienza del professio-nista, messo quasi come un attributo.
Francesco Maggiotto : Il Cavadenti (dalla monografia di Luigi Casotti : Dentisti ed Empirici del Settecento Torinese - Roma, 1925).
mm
•H
1
•Mtm
t
K ! Iti
0 fi
Credili!., am ito un pori a' mima anto
Santa Apollonia (da un codice miniato del XIV secolo).
Così, ad esempio, si legge : « D a v i n o Giovanni, di Provenza; ...Casali Gaetano, Lucchese; ...D'Aqui-n o Giova...D'Aqui-n...D'Aqui-ni, Napoleta...D'Aqui-no; ...Bertero Giuseppe di T o r i n o ; ...Bassi Carlo, di Milano, ecc. ». I nominativi, poi, sono preceduti dalla specializzazione medica di ciascuno... La ragione che ispirò il compilatore a mettere in evidenza il luogo... natale di ciascun medico, è — crediamo — fondata sopra un con-cetto... campanilistico bonario, ossia allo scopo di offrire a ciascuno la pos-sibilità di ricorrere ad un medico... compatriota, meritevole (certo!) di maggior fiducia di un altro.
E questo perchè la popolazione di T o r i n o f u sempre formata da torinesi, da stranieri e da forestieri... di tutta Italia.
M a il Casotti dà di questa singola-rità un'altra versione, che può essere giusta quanto la nostra, ed anzi p u ò essere ad essa abbinata. Egli dice in-fatti, osservando come la « Guida » in merito dia i n o m i dei medici esercenti in Torino, m a n o n gli indirizzi:
« La memoria dei cittadini in un ambiente ristretto completava l'opera del compilatore. L'omissione della resi-denza era una consuetudine. Maggiore importanza veniva data alla p r o v e -nienza, e la qualifica di r o m a n o , vene-ziano, lucchese, od un soprannome facilitava il ricordo immediato del-l'operatore, particolarmente nelle per-sone d'istruzione assai limitata... ».
In quanto poi ai professionisti « pa-tentati » essi provvedevano alla loro
reclame mediante la pubblicazione di
annunci su per i giornali del tempo (sia su il Giornale degli Avvisi, sia sul Giornale di Torino e delle Provincie di tutti gli Stati di Sua Maestà). In questi
annunci i medici indicavano non sol-tanto il loro nome e specializzazione, bensì precisavano anche il loro reca-pito. Una usanza curiosa — che non si è perduta del tutto — era l'appari-zione temporanea per un soggiorno variabile di qualche « operatore » di grido (almeno così si qualificava) il quale prendeva stanza in qualche alber-go primario, diffondendo poi a mano, dì casa in casa, scegliendo tra quelle più facoltose, dei biglietti annuncio, e facendo affiggere sui cantoni dei mani-festini, e pubblicando avvisi veri e propri sui periodici. Biglietti, mani-festini, avvisi, davano tutti i dovuti ragguagli.
Così faceva il « Cavaliere Incognito » di cui riportiamo uno dei tanti « av-visi » apparso nel Giornale degli Avvisi
del 2 giugno 1792:
« L'Incognito Chirurgo Dentista abi-ta in casa dell'Ili.mo Conte Curti al terzo piano in Contrada N u o v a dirim-petto all'Albergo Royal. I recapiti al
medesimo diretti si potranno porre nella Bussola che si ritrova alla di lui porta, oppure si lascieranno al
Caffè di Mr. Viata».
Per quanto questo « Avviso » possa sembrare curioso, più curioso è quello « particolare », che si può leggere sem-pre nel Giornale degli Avvisi in data
24 marzo del medesimo anno: « Pietro Sales, Dentista Approvato, si fa onore di prestarli servitù (sic!) nel
cavar denti, e qualunque radiche con destrezza di m a n o e pochissimo dolore, e farne di posticci, che pareranno naturali ; di più una Polvere per pulire li denti in un m o m e n t o , che li fa venire lo smalto lustro come fosse alabastro; la medesima polvere ha ancora la forza di fortificar le gengive per tener li denti fermi. Il medesimo si esibisce di farli servitù in qualità di cavar calli ossia ajassini, ed accomoda le unghie incarnate senza farli far san-gue nè darli alcun dolore con un'acqua molificante da lui composta. Abita sul Cantone di S. Lorenzo».