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Meleagro, Atalanta e il cinghiale calidonio

34.1

Alla ricerca di una moglie e di figli legittimi (cfr. 31.1), Eracle sposa Deianira, figlia di Oineo, re di Calidone. Attraverso la menzione di Deianira, Diodoro introduce una digressione sulla peripeteia toccata al fratello di lei, Meleagro (già morto al momento del matrimonio). Sia Meleagro che Deianira erano nati da Oineo e Altea, figlia di Testio, re di Pleurone (secondo Hyg. Fab. 171, Meleagro sarebbe nato da un doppio accoppiamento di Altea con Oineo e Ares; [Apoll.] I 8.1-2 assegna alla categoria del “si dice” la nascita di Deianira da Dioniso e di Meleagro da Ares). Sul carattere delle digressioni diodoree, cfr. nota a IV 25.2; su peripeteia, nota a IV 9.7. Benché a Meleagro si attribuisse talvolta la partecipazione alla spedizione degli Argonauti (vd. Diod. IV 48.4), l’evento principale nella sua storia è rappresentato dalla caccia al cinghiale calidonio e dal conseguente scontro con i suoi zii materni. La caccia collettiva era molto diffusa in tutto il mondo greco, oltre che come parte dell’allenamento militare, come pratica iniziatica che segnava il passaggio dei giovani all’età adulta: la caccia al cinghiale calidonio, nella fattispecie, si può interpretare come un “rito di passaggio” dall’esito negativo per Meleagro, che uccide i suoi zii e muore in conseguenza di ciò (BARRINGER 1996, 58 s.; cfr. RUBIN –SALE 1983).

34.2-3

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Il più antico riferimento letterario alla vicenda di Meleagro si trova in Il. IX 529-599, dove, nel tentativo di indurre Achille a deporre l’ira e riprendere il combattimento, Fenice narra il

mito, permettendoci di ricostruirlo in questi termini: dopo l’uccisione del cinghiale a opera di Meleagro, Artemide provoca una lite fra gli Etoli e i Cureti riguardo alla testa e alla pelle della fiera; combattendo in difesa di Calidone, Meleagro uccide suo zio (al v. 567 si usa il singolare), fratello di Altea e uno dei Cureti; Altea pertanto lo maledice; in preda all’ira, Meleagro, si ritira dal combattimento finché sua moglie Cleopatra non lo persuade a ritornare in campo e a salvare la città. Come notato dagli studiosi, la struttura del racconto omerico lascia presupporre una tradizione anteriore: sulle fasi precedenti del mito e le possibili innovazioni omeriche (motivate per lo più dall’esigenza di creare un parallelo alla situazione di Achille), ad es. BREMMER 1988; HAINSWORTH 1993, 131 s.; GROSSARDT 2002. La storia ci è nota in diverse versioni, e non tutte includono Atalanta (cfr. nota a 34.4-5) e il motivo del tizzone (cfr. nota a 34.6-7). Per un’analisi completa dei testi antichi, e per una rassegna delle interpretazioni moderne, ARRIGONI 1977; RENAUD 1993; GROSSARDT 2001; VELASCO LÓPEZ 2004. Fra le più importanti testimonianze letterarie, Hes. fr. 25 M-W 1-13; Stesich. Suotherai (PMG frr. 221 s.); Phrynich. Pleuroniai (cfr. Paus. X 31.4); Bacch. V 71-154; A. Choeph. 602-611; Soph. Meleagros (frr. 401-406 Radt); E. Meleagros (frr. 515-539 Nauck); Ov. Met. VIII 267-546; Hyg. Fab. 171-174; [Apoll.] I 8.2-3. Oltre a essere molto popolare nella letteratura, la caccia al cinghiale calidonio costituì un soggetto prediletto nell’arte figurativa, cfr. LIMC, VI 1, s. v. Meleagros, 414-435.

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Atalanta è detta talvolta, come qui, figlia di Scheneo, talaltra figlia di Iaso (d’altronde, gli antichi sembrano conoscere due figure con questo nome, riferibili ad ambiente beotico e arcadico rispettivamente: GANTZ 1993, 335-339). Su di lei [Apoll.] III 9.2 offre il profilo più completo. E’ una vergine cacciatrice, ostile alle nozze, ma presenta anche le caratteristiche proprie degli eroi, dall’esposizione, all’allattamento da parte di un animale (un’orsa, animale connesso ad Artemide, cfr. SCARPI 1996, 575 s.), alla partecipazione a imprese tipicamente virili (per la sua presenza tra gli Argonauti, vd. Diod. IV 41.2 e 48.5). Appare legata principalmente a tre miti: la caccia al cinghiale calidonio, la lotta con Peleo durante i giochi funebri in onore di Pelia, e la gara di corsa in cui il vincitore l’avrebbe avuta come sposa. Per una lettura in chiave iniziatica di tali miti, cfr. BARRINGER 1996 (partecipando a delle attività che appaiono come “riti di passaggio” tipicamente maschili, Atalanta si configura come incarnazione dell’ambiguità sessuale, sorta di “efebo femminile”). Si discute se il tema dell’amore di Meleagro per Atalanta sia un’invenzione euripidea, poi confluita in Diodoro, Pseudo-Apollodoro e altri: GANTZ 1993, 331 s.; BARRINGER 1996, 53 e n. 22 (alcune proposte per la ricostruzione del Meleagro euripideo sono state di recente avanzate da MARTÍNEZ DÍEZ 2004). Studia la tradizione mitografica e letteraria greca su Atalanta, con particolare riguardo per la tragedia attica, CUARTERO I IBORRA 2003.

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Diodoro esordisce con un racconto privo di elementi troppo favolosi (all’incirca sulla stessa linea di quello omerico), in cui Meleagro muore per effetto della maledizione lanciata contro

di lui da Altea; ai §§ 6 e 7, invece, facendola precedere dalla formula , riporta la storia del tizzone. Anche [Apoll.] I 8.2-3 fornisce due versioni del mito di Meleagro, di cui però la prima è quella del tizzone, mentre la seconda risulta conforme, nella sostanza, a quella omerica.

34.6-7

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Omero non chiarisce come Meleagro morì (in Il. IX 571 s. si legge solamente che Erinni diede ascolto alle maledizioni di Altea), ma sappiamo da Paus. X 31.3 che i due poemi

Catalogo delle donne (cfr. Hes. fr. 25 M-W 12 s.) e Miniade (Minyas, PEG fr. 5) attribuivano

la morte di Meleagro ad Apollo nel corso dello scontro tra Cureti ed Etoli. Il motivo del tizzone, da cui dipendeva la vita di Meleagro, entra a far parte della storia certamente prima dell’inizio del V sec. a. C., dal momento che Frinico nelle sue Pleuroniai lo tratta come un racconto “ormai sulla bocca di tutti in Grecia” (Paus. X 31.4). Il primo testo conservato a utilizzare il motivo è Bacch. V 136-154, ma è difficile determinare a che livello, nello sviluppo del mito, si collochi un elemento, che alcuni ritengono di matrice stesicorea: sul problema IRIGOIN 1993, 118 ss. “La storia appartiene a un’ampia classe di racconti relativi all’«anima esterna», ovvero alla credenza che la vita di una persona sia legata a un animale o a un oggetto esterno al suo corpo” (FRAZER-GUIDORIZZI 1995, 203).

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Anche in [Apoll.] I 8.3 dopo la morte di Meleagro, Altea (e con lei Cleopatra, moglie dell’eroe) s’impicca; invece, in Ov. Met. VIII 531 s. la madre si uccide acto per viscera ferro.