Il libro di Reitlinger viene pubblicato nel 1953 e rappresenta il primo resoconto completo incentrato sull’Olocausto uscito in lingua inglese. Inoltre si distingue particolarmente perché è “uscito prima che la moda di un certo memorialismo sul fenomeno nazista facesse apparire tanti volumi anche superflui” come scrive Giorgio Romano in una recensione della prima edizione italiana. Infatti, The Final Solution “ha conosciuto molte edizioni [...] e traduzioni”.134 Prima di questo lavoro viene pubblicato, nel 1951, Le
Brèviaire de la Haine di Lèon Poliakov a Parigi. Questi due testi risultano essere fondamentali e di ispirazione per Meneghello e vi è la forte volontà di far conoscere ai lettori italiani la ferocia e la crudeltà che sono impiegate ad Auschwitz e Belsen tra il 1944 e il 1945:
“[…] non avevo mai volutamente fatto i conti con la realtà ultima dei fatti, guardare in faccia il mostruoso insieme della cosa. Ora per la prima volta capivo il senso generale e la natura profonda di quegli eventi. Erano eventi incredibili e insieme orribilmente documentabili. Per settimane lessi e studiai ( è un libro che si studia) con un misto di eccitazione e di sgomento, e alla fine nacque da sé l’idea di rendere conto di ciò che avevo appreso ai miei lettori in Italia, dedicando al libro molto più spazio che in una ordinaria recensione.”135
Parecchi anni dopo, con la pubblicazione negli anni Novanta di Promemoria, Meneghello non sembra perdere di vista l’importanza del lavoro di Reitlinger ritenendo che questo “non abbia perso validità”, di conseguenza il resoconto di Ugo Varnai sta ancora “in piedi”.136
133 ivi, p. 23
134 G. Romano, Recensione de La Soluzione Finale. Il tentativo di sterminio degli ebrei d'Europa, 1939-
1945, Il Saggiatore, Milano, 1962, in Il Ponte, XIX, 1, gennaio 1963, p. 121
135 L. Meneghello, Promemoria. Lo sterminio degli ebrei d’Europa, 1939-1945, Il Mulino, Bologna, 1994,
p. 7
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Interessante a questo proposito la nota in calce a Lo sterminio degli ebrei d’Europa inserita dal redattore di “Comunità”:
“Questo articolo - come il precedente di cui è la continuazione - è basato sul recente fondamentale lavoro di G. Reitlinger (The Final Solution, The Attempt to Exterminate the Jaws of Europe, Vallentine, Mitchell & Co., Londra 1953; prezzo 30 scellini), nel quale i fatti qui liberamente narrati sono studiati assai più particolareggiatamente, e sono inoltre presi in esame parecchi altri aspetti ed episodi della Soluzione Finale: la vita dei ghetti orientali, la genesi delle camere della morte, il campo “privilegiato“ di Theresienstadt, ecc. Il Reitlinger ricostruisce in oltre l’intera storia delle deportazioni da ciascun paese europeo, compresa l’Italia, e aggiunge pregiati sommari statistici e cronologici. Specialmente interessante l’elenco ragionato dei nomi di circa duecento dei maggiori responsabili diretti, da cui appare tra l’altro quanti di costoro siano tuttora impuniti. Il libro del Reitliger è insomma una vera e propria enciclopedia della persecuzione razziale del tempo nostro, ed è indispensabile per una compiuta conoscenza della recente storia della Germania e dell’Europa.”137
La ripubblicazione dell’opera di Meneghello contribuisce, di nuovo, ad aprire il campo di riflessione su questioni che non si possono mai dichiarare chiuse:
“Ciò che mi ha convinto ad accettare la proposta dell’editore è principalmente la possibilità che questa semplice esposizione possa ancora servire in Italia, nella presente congiuntura, a dare a qualche lettore più giovane un’idea adeguata di ciò che è avvenuto (che è stato fatto) nel cuore dell’Europa appena l’altro ieri, e insieme a fornire una misura delle orribili potenzialità che si annidano nella nostra natura umana civilizzata”.138
Meneghello non si dimostra particolarmente soddisfatto della forma con cui Reitlinger presenta il numeroso materiale da lui raccolto e studiato, ma mostra ammirazione per il suo coraggio di trattare in maniera approfondita e dettagliata il delicato tema della Soluzione Finale. Nel gennaio del 1954 esce il numero di dicembre in “Comunità“ (il numero 22). Nel febbraio, mentre il secondo numero è in corso di stampa, Meneghello scrive al direttore della rivista di aver contattato lo storico inglese e che quest‘ultimo ha espresso perplessità sull‘uso di alcune fonti:
137 L. Meneghello, Lo sterminio degli ebrei d’Europa, in “Comunità”, n.23, febbraio 1954
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“In questi giorni ho avuto uno scambio di lettere con Reitlinger […] al quale avevo mandato il mio articolo. La stessa lunghezza dell’articolo - che a me pareva un eccezionale tributo all‘importanza del libro – sembra avergli dato l’idea che un tale Ugo Varnai abbia voluto “pirateggiargli” il libro! Mi sono affrettato a spiegargli che l’articolo l’ho scritto io, e con quali intenti e criteri; che aver potuto assicurare tutto questo spazio all’argomento è uno speciale motivo di orgoglio per me e uno speciale titolo di merito della redazione di “Comunità”, ecc. Credo che la cosa finirà qui. “139
L’autore è chiaramente preoccupato dalla situazione e pensa di abbandonare il progetto del terzo articolo. Pochi giorni dopo, la situazione si placa quando egli stesso riceve una lettera conciliante da parte di Reitlinger. Ci sono altri aspetti da mettere in corrispondenza tra le opere dei due autori e alcune piccole differenze tra gli articoli usciti negli anni Cinquanta e la pubblicazione di Promemoria circa quarant’anni dopo. Il resoconto vero e proprio ha inizio con il paragrafo intitolato I documenti in cui Meneghello fornisce alcune considerazioni sui testi che parlano della Soluzione Finale e la sua valutazione personale dell'opera di Reitlinger. Il resto del libretto è poi interamente dedicato alla narrazione della Soluzione Finale. Dalla prima alla terza parte si ha un crescendo di tragicità degli avvenimenti storici narrati: dalle pagine dedicate esclusivamente a informazioni preliminari sulla Soluzione Finale si passa all'attuazione del progetto in Russia e Polonia, e poi agli stermini nel campo di concentramento di Auschwitz. Questa sorta di climax non si può rinvenire nell’opera dello storico inglese. Infatti, nella prima parte la fase preparatoria della Soluzione Finale sfocia in una raccapricciante testimonianza del meccanismo di sterminio attuato ad Auschwitz140, raggiungendo quindi
un alto livello di tragicità. In Promemoria tale livello si raggiunge nella parte finale dove viene descritto il destino dei prigionieri abili a lavoro attraverso le “marce della morte“: “Alla fine d’aprile ciascuno di quei tre campi avviò a piedi, non si sa verso cosa, un ultimo gruppo di internati. La storia della Soluzione finale si chiude con la marcia di queste tre colonne in disintegrazione, seguite dai camion della Croce Rossa. All’ultimo momento l’ispettorato generale
139 R. S. C. Gordon, Reti transnazionali nella ricezione della Shoah. Meneghello, Varnai, Reitlinger in M.
Baiardi, A. Cavaglion ( a cura di), Dopo i testimoni. Memorie, storiografie e narrazioni della deportazione
razziale, Viella, Roma, 2014, p. 28
140 G. R. Reitlinger, La Soluzione Finale. Il tentativo di sterminio degli ebrei d’Europa 1939-1945, Il
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dei campi aveva deciso di escludere le donne dall’ordine di esecuzione sommaria di coloro che perdevano contatto.”141
Nonostante l'arrivo degli aiuti umanitari, al termine della narrazione persistono i segni della tragedia, con cui l'autore vuole probabilmente sottolineare la profondità della ferita che i drammatici eventi della Seconda Guerra mondiale hanno aperto e la difficoltà a rimarginarla. Nella Nota in limine di Promemoria Meneghello afferma che si tratta di eventi che si sono verificati appena “l'altro ieri” e che le “orribili potenzialità [...] si annidano nella nostra natura umana civilizzata”142, ancora oggi e domani. Il numero delle
persone uccise riportato negli articoli di “Comunità” si basa sulle cifre riportate nel lavoro dello storico inglese. Tali calcoli e numeri in The Final Solution, negli anni Novanta, risultano essere approssimati per difetto; vengono introdotte, nella Nota in limine di Promemoria, le stime aggiornate, basate sul testo The Destruction of the European Jewes di Raul Hilberg. Si fa riferimento ad una cifra che supera abbondantemente i cinque milioni di vittime. Vi è un'altra “correzione”, se così si può chiamare, che vale la pena di essere citata. Essa fornisce un indicatore importante della percezione delle responsabilità italiane sia nei confronti del regime che dello stesso Olocausto. Si tratta di un intervento in relazione alla posizione che il popolo italiano ha tenuto nei confronti dello sterminio. Nel paragrafo Ragguagli sulle deportazioni dall’Italia in Promemoria l’autore, basandosi sull’opera di Reitlinger, afferma che la condotta italiana “non ci disonora”. Una nota dell’editore interviene in questo senso e a tale affermazione segue in fondo alla pagina: “Reitlinger, come in seguito altri (Hilberg e Arendt ad esempio), presenta in chiave assolutrice l’atteggiamento degli italiani di fronte al genocidio ebraico. In effetti va riconosciuto che essi non escono troppo male da un paragone con altri paesi europei. L’atteggiamento dominante tra la popolazione era la solidarietà, non l’indifferenza o il plauso alle persecuzioni, come in Polonia o in Ucraina. Tuttavia non si può concludere che gli italiani non siano mai stati complici. Occorre precisare infatti che la milizia fascista ha partecipato direttamente al censimento, alla caccia agli ebrei e alla loro deportazione.”143
141 L. Meneghello, Promemoria. Lo sterminio degli ebrei d’Europa, 1939-1945, Il Mulino, Bologna, 1994,
p. 92
142 ivi, p. 8 143 ivi, p. 101
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Possono essere citati altri esempi in cui la redazione interviene su alcune osservazioni del Varnai/Meneghello. Sia sulla frase lasciata in sospeso “Eichmann scomparve dopo la guerra” in cui viene spiegato, a piè di pagina, il destino cui va incontro il burocrate nazista a partire dalla sua cattura nel 1960144 sia nella sostituzione di alcune parole che possono avere una valenza diversa nel lettore degli anni Novanta. In questo spezzone l’editore sostituisce la parola “bambino“ - usata in origine dal Varnai/Meneghello - con “persona qualunque“:
“[…] a che cosa potevano servire i quintali di sostanze chimiche che sprigionano gas tossici necessari per il “trattamento speciale” dei convogli di Auschwitz? Come mai i reparti impiegati in “azioni di trasferimento” di ebrei avevano bisogno di razioni quadruple di rum? Una persona qualunque si farebbe domande di questo genere: ma gli impassibili burocrati no.”145
E’ evidente quanto la sostituzione in questo caso possa rendere la frase meno cruenta e non turbare eccessivamente il lettore di Promemoria. In un altro passo dell'articolo su “Comunità”, la prima sperimentazione del tipo di deportazione inventato da Heydrich, svoltasi nel novembre 1938, viene definita “uno scherzo da bambini”. in Promemoria il testo viene così riformulato: “si ebbero allora i primi morti di stenti ma nel complesso l’operazione fu ben poca cosa rispetto a ciò che accadde in seguito”.146 Probabile che
Meneghello volesse intendere la semplicità con cui vengono organizzate le prime deportazioni rifacendosi all‘immagine ingenua del bambino ma di fatto, anche qui, possiamo notare il piccolo cambiamento editoriale che orienta la narrazione sul “politicamente corretto“. Ancora un esempio di questo tipo si può individuare nelle pagine di “Comunità“ dove leggiamo che nell‘attuazione della Soluzione Finale l‘istinto degli ebrei di tenersi uniti “fu messo splendidamente a partito“147 mentre nel testo di
Promemoria la parola “splendidamente“ viene sostituita con “spietatamente“.148Il testo
del primo articolo, Lo sterminio degli ebrei d’Europa (n. 22) viene nettamente diviso a metà in Promemoria, e va a formare i primi due capitoli del libro. Potrebbe essere una scelta editoriale finalizzata alla simmetria ed armoniosità del lavoro ultimato (il libro è
144 ivi, p. 20 145 ivi, p. 21 146 ivi, p. 29
147 L. Meneghello, Lo sterminio degli ebrei d’Europa, in “Comunità”, n.22, dicembre 1953
148 L. Meneghello, Promemoria. Lo sterminio degli ebrei d’Europa, 1939-1945, Il Mulino, Bologna, 1994,
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suddiviso in quattro capitoli più uno brevissimo conclusivo), ed in oltre il primo articolo risulta essere lungo il doppio rispetto agli altri due articoli sull’argomento. E’ Meneghello stesso che nel volume segnala ai suoi lettori interessanti titoli sull’argomento trattato in Promemoria. In particolare si sofferma su The Final Solution, Origins and Implementation a cura di Cesarani, un libro costituito da diciotto saggi di studiosi americani, tedeschi, inglesi e israeliani riguardanti l’eutanasia, il progetto di sterminio e i suoi rapporti con l’Operazione Barbarossa, i ruoli di Himmler e Hitler, le persecuzioni, il grado di conoscenza dei fatti del popolo tedesco all’epoca, l’importanza dei nuovi documenti sulla Shoah rinvenuti negli archivi dell’ex Urss. Particolarmente caro a Meneghello risulta essere il saggio di Bauer presente nel volume di Cesarani. Infatti egli ”rifiuta ogni visione mistica dell’Olocausto come sequenza di orrori fuori della storia“ e al tempo stesso ammonisce sull‘eventualità che l‘Olocausto “possa accadere di nuovo“ non necessariamente per mano dei tedeschi e a discapito degli ebrei.149 Riflessione ed ironia sono le chiavi che Meneghello usa per trattare un argomento così tragico come l’Olocausto. In questo senso allora è facile capire come gli articoli apparsi sulla rivista siano stati un grimaldello per una società che sta cercando il più possibile di dimenticare e di costruire un nuovo avvenire:
“Rievocare le fasi di una storia, di un processo di eventi, pareva l’essenza stessa della comprensione. Non ci crediamo più molto, alle fasi, al procedere ordinato delle cose. Crediamo solo (quasi solo) al casino.”150