L’Italia che esce dal ventennio fascista è un paese da ricostruire. I gravi scompensi creati dalla guerra e da venti anni di dittatura, infatti, non sono poca cosa: serve un progetto politico che possa superarli. I giornali fanno portatori degli ideali nazionali secondo una concezione profondamente pedagogica della loro funzione, così anche adesso è un’esigenza politica a guidare le strategie informative. Cade una "cortina di silenzio"164
sugli organi di informazione italiani su temi, come abbiamo visto in parte nelle prime pagine di questo lavoro, che in quel determinato momento storico non possono essere affrontati. Questo fatto è comprensibile se pensiamo al ruolo che hanno avuto i mass media nell'opinione pubblica del secondo dopo guerra italiano sia nell'applicazione del ricordo e della memoria. Il giornalista rimane una figura centrale nelle nascenti reti di comunicazione di massa sia all'interno dei rapporti sociali sia come cronista dei fatti che accadono, Paul Nizan scrive nel 1939 che il giornalista è uno "storico dell'immediato" e che egli con il suo lavoro "afferra il presente nel momento stesso in cui svanisce nel passato la storia". Inoltre dispone di poche ore per organizzare il lavoro di "eventi incompiuti e appena conclusi" e deve essere molto arguto per "formulare un giudizio", le sue considerazioni e il suo valore di cronaca si fondano e sono alla stregua dello "storico che mira a stabilire un passato appena più distanziato".165 Il giornalismo, nel periodo analizzato, è l'unico mezzo di diffusione
delle notizie:
"Avevamo in Italia un monopolio radiofonico e una televisione non ancora nata, i rapporti di classe erano ridotti ai centri di aggregazione sociale senza possibilità di frequentazioni interclasse, e quindi i giornali quotidiani e settimanali erano il luogo di rappresentazione della verità [...] un fatto non soltanto personale ma anche e soprattutto sociale."166
Inoltre nel nostro caso bisogna tener presente il concetto di soggettività nel giornalismo, sono fondamentali le istanze "nazionali" ovvero le cause governative dettate dall'esigenza
164 E. Forcella, La resistenza italiana nei programmi Rai, Eri, Roma, 1996, p. 17 165 P. Nizan, Cronaca di settembre, Editori Riuniti, Roma, 1981
166 G. G. Savellini, Giornalismo del dopoguerra. Tra memoria e rimozione, Odoya, Bologna, 2009,
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di stabilità politica e in linea con la ricostruzione. Il giornalismo dell'immediato dopoguerra è quello che ha cercato di costruire il senso comune degli italiani, un nuovo spazio all'interno della comunità.
La Costituzione dell’Italia repubblicana viene preparata dall’Assemblea costituente tra il 1946 e il 1947 ed entra in vigore il 1 gennaio 1948. Per quanto riguarda la libertà di espressione l’articolo 21 stabilisce che "tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”, che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Gli altri due cardini dell’articolo 21, e suoi punti di maggior contrasto, sono l’opportunità di prevedere forme di sequestro e l’accertamento delle fonti di finanziamento dei quotidiani.167 E' su questo caposaldo
giuridico che si innescano dibattiti, spesso polemici, sul ruolo del giornalismo in Italia e della neo-nata stampa libera. E' da qui che i partiti considerano urgente il varo di una legge organica sulla stampa, che viene discussa ed approvata solo nei primi mesi del 1948. La legge stralcio 8 febbraio 1948, che lascia insoluti problemi importanti e delicati, contiene alcune disposizioni che fungono da detonatore nel dibattito pubblico. Oltre a confermare la figura del "direttore responsabile" e a stabilire il "diritto di rettifica", è sufficiente la procedura della “registrazione” per pubblicare un giornale. Inoltre direttore ed editore non possono essere cittadini stranieri e vengono stabilite norme severe per “le pubblicazioni destinate all’infanzia o all’adolescenza” e per quelle a “contenuto raccapricciante o impressionante”.168 Le difficoltà incontrate nell’elaborazione della
legge sulla stampa e dell’articolo 21 della Costituzione dimostrano:
"[...] che la grande maggioranza della classe politica e di quella giornalistica non ha compreso [...] che in un regime liberal-capitalistico la condizione migliore per il giornalismo è assicurata da un ordinamento autenticamente liberale con alcuni correttivi di carattere sociale. Questi correttivi devono garantire l’esercizio più ampio possibile della libertà di stampa, la trasparenza dei finanziamenti dei giornali e impedire le concentrazioni. In breve, devono essere diretti a rispettare i diritti dei cittadini”169
167 https://www.senato.it/1025?sezione=120&articolo_numero_articolo=21 168
https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazi oneGazzetta=1948-02-20&atto.codiceRedazionale=048U0047&elenco30giorni=false
169 P. Murialdi, Storia del giornalismo italiano. Dalle gazzette ad Internet, Il Mulino, Bologna, 2014,
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A dispetto di ciò i giornali sono un mezzo per far passare una nuova realtà che permettesse a tutti di farsi una memoria comune. Se abbiamo visto che le memorie individuali sullo sterminio, dopo un primo flusso iniziale, si stoppano per ricominciare a partire dal 1952 allora è facile capire come "nella memoria collettiva passavano nuove vulgate utili soprattutto a non scavare troppo tra i ricordi e a non analizzare seriamente quel passato."170 Un caso calzante alla nostra narrazione è una lettera che il filosofo antifascista Benedetto Croce scrive ai giornali del 27 ottobre 1945. La proposta crociana sta nel voler raccogliere le prove e i documenti delle distruzioni e delle stragi dei responsabili militari e politici del sistema di occupazione tedesco durante la guerra:
"L'opportunità di simile pubblicazione è triplice: 1) serbare esatto il ricordo di un tratto di storia della nostra Italia, della quale , col passare del tempo, si disperderebbero e in gran parte si perderebbero le testimonianze e documenti, [...] 2) mettere sotto gli occhi del mondo con quanti dolori atroci, con quanti grandi danni spaventosi e irreparabili, l'Italia abbia pagato la pena della stoltezza fascista, alla quale soggiacque; 3) fornire il popolo tedesco, che ha in gran parte ignorato le qualità e l'estensione di quegli orrori, uno specchio in cui guardarsi [...] il che forse aiuterà quel popolo alla conversione che spontaneamente deve compiere di se stesso al liberarsi da istinti e da concetti perniciosi a sé e al mondo."171
Analizzando queste parole possiamo capire il senso e le aspirazioni degli italiani nel dopoguerra insieme a un atteggiamento molto diffuso che ambisce a legittimare una memoria pubblica ad uso politico. Come si vede il filosofo tende a distinguere nettamente le sorti dell'Italia da quelle del popolo tedesco. L'unica colpa italiana è quella di aver soggiaciuto alla dittatura fascista. Ad atteggiamenti simili si aggiungono le crescenti tensioni internazionali che coinvolgono i mezzi di informazione della neonata repubblica italiana. Il culmine è la campagna per le elezioni politiche del 18 aprile 1948. La polarizzazione delle forze politiche è quasi totale. Tutti i quotidiani di informazione, grandi o piccoli, sostengono la Dc e De Gasperi.
170 G. G. Savellini, Giornalismo del dopoguerra. Tra memoria e rimozione, Odoya, Bologna, 2009,
p. 113
171 B. Croce, Una proposta in Idem, Scritti e discorsi politici (1943-1947), Laterza, Bari, 1963, vol.
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Il Fronte guidato da Nenni e Togliatti fa affidamento sia sui propri organi ufficiali che quelli degli "alleati" di sinistra. Le conseguenze della situazione nel campo della stampa sono di tre ordini:
"Il primo, è la polarizzazione dei giornali nei due campi. Il secondo, è rappresentato dal grado elevatissimo di coinvolgimento delle testate che si definiscono di informazione o indipendenti, e che si risolve a favore della Dc. Il terzo, è che la propaganda finisce per avere, ovunque, un sopravvento di proporzioni mai viste. Per la prima volta, tutti i mezzi della comunicazione stampata [...] vengono impiegati nella propaganda elettorale in una misura che fa impallidire il ricordo ancora vivissimo del referendum monarchia- repubblica."172
Dopo il periodo della quattro pagine al prezzo di dieci lire , all'inizio degli anni Cinquanta i quotidiani cominciano a uscire a sei e a otto pagine. Tra il 1948 e il 1951 il prezzo sale da 10 a 25 lire.173 A ciò fa riscontro il crescente dinamismo
dei settimanali in rotocalco. Anche per quelli che si dedicano alla politica , attualità o cultura si può parlare di un vero e proprio fenomeno. . Interessante sarebbe notare nel periodo di boom dei settimanali - le cifre di tiratura nel 1950 e nel 1955 sono per "Epoca" 200.000-500.000; "Domenica del Corriere" 600.000-900.000; "L'Europeo" 100.000-130.000174 - gli articoli riguardanti l'Olocausto negli anni
successivi all’interruzione del silenzio editoriale in Italia. Quello preso in esame per questa ricerca è "Epoca" negli anni immediatamente dopo lo sblocco editoriale del 1952. Le ragioni di tanto favore e incremento di tale tipologia di cartaceo sono molteplici: "I rotocalchi di attualità soddisfano sia il desiderio di "favole moderne" sia l'aspirazione a un'esistenza di benessere. [...] si occupano anche di cose di cui la gente parla volentieri, e che i quotidiani trascurano. Inoltre il loro linguaggio è più immediato, più aderente alla realtà sociale persino quando si occupano di politica, di quello dei quotidiani [...] i rotocalchi dell'industria di attualità appaiono, sotto il profilo della tecnica giornalistica, più moderni ed efficaci dei quotidiani."175
172 V. Castronovo, N. Trafaglia, La stampa italiana dalla Resistenza agli anni sessanta, Laterza, Roma,
1980, pp. 232-233
173 ivi. p. 242 174 ivi. p. 243
175 P. Murialdi, Storia del giornalismo italiano. Dalle gazzette ad Internet, Il Mulino, Bologna, 2014,
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