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Biodisponibilità di composti bioattivi: Bioaccesibilità, assorbimento e contributo nutrizionali composti organici delle piante

6.1 Metodi di screening della bioaccessibilità

E’ molto importante, quindi, valutare la bioaccessibilità di determinati alimenti al fine di studiarne l’effettivo o il probabile beneficio che l’organismo e il metabolismo umano trarrebbero dalle sostanze contenute in questi cibi.

Il sistema digerente umano è un apparato molto complesso e consta di molti processi che avvengono in momenti diversi durante tutto il tratto gastrointestinale. Masticazione e degradazione enzimatica (con enzimi salivari amilasi, lipasi linguale) si verificano nella bocca, producendo un bolo alimentare che viene trasportato alla stomaco dalla peristalsi esofagea (Guerra et al., 2012). Nello stomaco, il bolo alimentare è esposto al succo gastrico comprendente pepsina, lipasi gastrica e acido cloridrico (HCl) e meccanicamente degradato mediante macinazione e miscelazione. Il chimo viene trasferito nel duodeno e poi

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nell'intestino tenue dove il pH viene tamponato e basificato con bicarbonato di sodio (NaHCO3). Qui, diversi enzimi biliari e pancreatici (proteasi, lipasi, amilasi) continuano la digestione del cibo. Onde peristaltiche guidano poi il contenuto gastrointestinale attraverso l'intestino tenue (Trendelenburg, 2006). Il materiale non assorbito raggiunge l'intestino crasso, dove vengono riassorbiti acqua, elettroliti e sali biliari e si formano le feci (Guerra et al., 2012).

6.1.1 Metodi di digestione in vivo

Diversi studi hanno determinato la bioaccessabilità in vivo di una serie di ingredienti bioattivi tra cui carotenoidi e tocoferoli (Granado et al., 2006), luteina (Granado-Lorencio et al., 2010a) e estratto di procianidine da semi d'uva (Serra et al., 2010).

Gli attuali metodi per stimare la biodisponibilità dei carotenoidi comprendono studi a breve che a lungo termine sia sugli esseri umani (Micozzi et al., 1992; de Pee et al., 1995; Castenmiller et al., 1999) così come su modelli animali appropriati, come ad esempio sul furetto (White et al., 1993) e su vitelli preruminanti (Poor et al., 1993).

Il metodo più comunemente applicato prevede la misurazione dell’aumento delle

concentrazioni plasmatiche di carotenoidi nell'uomo in seguito a

somministrazione di una dose acuta o cronica di carotenoidi isolati o cibo ricco in carotenoidi. Questa però è una misura relativa, perché le concentrazione plasmatiche di nutrienti sono altamente dinamiche così come sono altamente variabili le risposte individuali (Dimitrov et al., 1988).

Approcci più recenti, che utilizzano isotopi stabili e analisi spettrali di massa dei carotenoidi e dei rispettivi metaboliti, potrebbero essere pot enziali metodi di studio dell’assorbimento intestinale umano, sebbene la loro complessa applicazione e il loro elevato costo appaiono limitare significativamente tale approccio sperimentale (During & Harrison., 2005).

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Un ottimo approccio per ottenere una misura quantitativa della biodisponibilità dei carotenoidi è utilizzare il bilancio oro-fecale (Roels et al., 1958; Shiau et al., 1994).

Gli studi basati su esseri umani o animali sono però tediosi e costosi e non sono utilizzabili per esaminare un gran numero di campioni alimentari. Vi è pertanto la necessità di un modello in vitro che simuli ciò che accade durante la digestione umana, ma soprattutto che rendi lo studio e la valutazione dei risultati quanto più standardizzabile e riproducibile (van Buggenhout et al, 2010).

6.1.2 Metodi di digestione in vitro

Vari modelli di digestione in vitro sono stati sviluppati come alternativa più veloce ed a basso costo rispetto i metodi in vivo. Dalla misurazione della bioaccessibilità con metodi in vitro si ottengono una serie di vantaggi, ma ci sono anche alcuni limiti, che sono principalmente legati alla incapacità di imitare esattamente il processo di digestione in vivo. I modelli di digestione in vitro possono essere statici o dinamici. I modelli statici non tengono conto dei processi fisici che si verificano in vivo, come la miscelazione, la peristalsi e cambiamenti di condizioni nel corso del tempo (Fernández-García et al., 2009).

29:751-760 I modelli dinamici, invece, comprendono questi processi fisici e consentono di imitare processi quale lo svuotamento gastrico e i continui cambiamenti di pH e portate secrezione (Guerra et al., 2012).

I modelli statici (anche definiti “modelli biochimici”) sono i più comuni e solitamente imitano sia la digestione gastrica sia quella intestinale attraverso l'uso di pepsina, pancreatina e sali biliari, rispettivamente. La temperatura è mantenuta a 37°C.

Purtroppo, un limite di questi esperimenti risiede nel fatto che con questi modelli la digestione è lungi dall'essere completa, questo perché la digestione degli alimenti vegetali richiederebbe l’imitazione della digestione in tutto il tratto gastro intestinale e non solo di quello superiore. Questo è particolarmente vero

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per la digestione degli alimenti di origine vegetale, in cui le pareti cellulari delle piante non sono degradate nel tratto gastrointestinale superiore.

Ad esempio, è noto che il β-carotene è rilasciato dalla matrice alimentare prevalentemente nell'intestino crasso (Goñi et al., 2006).

Poiché l'ambiente luminale influenza la velocità, la portata e il preciso tratto dove un nutriente diventa disponibile per la digestione, sono stati sviluppati modelli dinamici che incorporano condizioni fisiche e variazioni delle condizioni luminali nel tempo. Un modello dinamico gastro intestinale è stato sviluppato dal TNO Nutrition and Food Research (Paesi Bassi), che riproduce la complessità del processo di digestione in vivo. Sulla base di studi su volontari umani sono stati replicati parametri quali il pH, la temperatura, la peristalsi, il contenuto biliare e le secrezioni pancreatiche. Col sistema TNO è anche possibile riprodurre eventuali condizioni patologiche del tratto gastro intestinale (Blanquet et al., 2004).

Un certo numero di studi hanno impiegato questo modello gastro intestinale dinamico per determinare la bioaccessibilità di vari composti compresi xantofille e acidi idrossicinnamici (Blanquet-Diot et al., 2009; Hemery et al., 2010).

Uno studio sulla determinazione della bioaccessibilità di xantofille e carotenoidi ha evidenziato che il sistema TNO ha permesso l'identificazione dei 4 parametri che influenzano la biodisponibilità: la matrice alimentare, la natura della pianta, la conformazione isomerica del composto e il compartimento digestivo (Blanquet-Diot et al., 2009).

Hemery et al. hanno indagato la bioaccessibilità di acidi idrossicinnamici nel pane e ha scoperto che il modello dinamico TNO fornisce risultati comparabili con un precedente studio in vivo (Hemery et al., 2010; Kerm et al., 2003).

Molte prove sono state effettuate per indagare la bioaccessibilità di carotenoidi (Rodriguez-Amaya, 2010), ed è generalmente accettato che le simulazioni in

vitro della digestione gastrica ed intestinale, accoppiate con esperimenti in cellule

differenziate Caco-2, rappresenta un valido modello per la comprensione iniziale della bioaccessibilità di carotenoidi (Rodriguez-Amaya, 2010). L'accoppiamento

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di modelli in digestione in vitro con esperimenti in cui vengono usate cellule di cancro intestinale Caco-2 in coltura permette di replicare con precisione la risposta in vivo. Cellule Caco-2 imitano epitelio intestinale assorbente quando coltivate in un monostrato e rappresentano il miglior modello disponibile di coltura cellulare dei piccoli enterociti intestinali (Ferruzza et al., 2012).

Combinando il TNO modello dinamico in digestione in vitro con un modello cellulare Caco-2 si è dimostrato di poter ottenere valori coerenti con i risultati in

vivo sulla biodisponibilità di licopene e α-tocoferolo (Deat et al., 2009).

6.1.3 Confronto tra metodi di digestione in vivo e in vitro

Un confronto degli approcci di digestione in vivo e in vitro è stata studiato, da Granado et al. (2006) e Granado-Lorencio et al. (2010).

Uno studio sulla bioaccessibilità di carotenoidi e tocoferoli da broccoli ha evidenziato che gli approcci in vivo e in vitro possono dare risultati contrastanti (Granado et al., 2006).

Da studi in vitro effettuati tramite cromatografia liquida ad alte prestazioni (HPLC) della frazione digerita si è scoperto che la luteina e il β-carotene hanno una stabilità simile, mentre le effettuate in vivo hanno mostrato che i livelli di luteina aumentano significativamente dopo digestione, cosa che non accade per quanto riguarda i livelli di β-carotene (Granado et al., 2006).

Un analogo studio di un estere della luteina ha prodotto risultati coerenti in entrambi gli approcci e i risultati della bioaccessibilità in vitro sono risultati essere predittivi della biodisponibilità in vivo (Granado-Lorencio et al., 2010a). I metodi in vitro non tengono conto di fattori ospite-correlati, quali le azioni biologiche nel corpo (Granado et al., 2006).

In definitiva, entrambi gli approcci dovrebbero essere considerati complementari e non intercambiabili.

97 6.2 Stabilità dei carotenoidi

La stabilità dei carotenoidi nel lume intestinale può essere influenzata dai diversi

livelli

d’

idrofobicità dei carotenoidi nel trasferimento nelle micelle miste

(Blanquet-Diot et al., 2009).

La stabilità durante la digestione e la successiva biodisponibilità possono essere spiegate dalla differente localizzazione dei carotenoidi nelle gocce lipidiche (Borel et al., 1996).

E’ stato dimostrato che gioca un ruolo fondamentale nella biodisponibilità dei carotenoidi sia la posizione di carotenoidi nella matrice alimentare, sia le interazioni dei carotenoidi sia la localizzazione geografica di produzione degli ortaggi (Aherne et al., 2010a; Aherne et al., 2009).

E’ stato ripetutamente riportato che le xantofille sono più bioaccessibili dei caroteni, sia in modelli di digestione statici sia dinamici (Blanquet-Diot et al., 2009; Granado-Lorencio et al., 2007; Kean et al., 2008).