Processi tecnologici e loro influenza sulla biodisponibilità
5.3 Utilizzo delle basse temperature
Le basse temperature esplicano la loro azione attraverso un progressivo rallentamento (refrigerazione), fino ad un blocco totale (congelamento, surgelazione) dell’attività di tutti gli enzimi presenti in una derrata alimentare, sia quelli propri di un alimento sia quelli prodotti dai microorganismi. Pertanto batteri, lieviti e muffe, sono messi quanto meno in condizioni non più adatte per moltiplicarsi. Si deve sottolineare che il freddo non è un processo sterilizzante, esso si limita a mettere in uno stato di quiescenza i microorganismi, fino a che il prodotto verrà mantenuto in quelle particolari condizioni di bassa temperatura (D.P.R 327/80 allegato C, art 31) (Cappelli & Vannucchi, 2000).
L’applicazione del freddo può essere condotta con modalità di tempo e di temperatura ben precise e diversificate. In base ad esse si possono distinguere: la refrigerazione, il congelamento e la surgelazione.
83 5.3.1 Congelamento
Il congelamento è l’operazione che consiste nel raffreddare un prodotto, agendo dall’esterno, portando sotto forma di cristalli di ghiaccio la maggior parte dell’acqua contenuto nell’alimento stesso. Il congelamento differisce dalla refrigerazione perchè vengono applicate temperature più basse che bloccano la crescita, le attività microbiche e rallentano le reazioni enzimatiche. La proporzione di acqua allo stato di ghiaccio aumenta con la diminuzione della temperatura, una parte di acqua resta allo stato liquido a qualsiasi temperatura. Sotto i -40 °C non si ha più variazione del tenore di ghiaccio nella maggior parte degli alimenti e la percentuale di acqua non congelabile rispetto alla sostanza secca è uguale pur tra alimenti molto diversi. Durante il processo di congelamento e scongelamento si ha una certa distruzione microbica, ma il congelamento non deve essere considerato un mezzo affidabile per distruggere i microorganismi, a parte i parassiti. Particolarmente resistenti sono le spore e certi virus, di regola lieviti e muffe sono più resistenti dei batteri. Batte ri Gram positivi (lattici, enterococchi, micrococchi) sono molto più resistenti dei Gram negativi (Pseudomonas ed enterobatteriaceae). Il Clostridium perifringes muore già a temperature di frigorifero. Lo scopo del congelamento è il mantenimento delle caratteristiche originali del prodotto per un periodo più lungo rispetto alla refrigerazione. Il requisito principale è che il prodotto sia in condizioni ottimali all’origine, sia dal punto di vista microbiologico che chimico. Il congelamento causa delle modificazioni che di solito non sono apportate dal processo di refrigerazione. L’entità delle lesioni dipende principalmente dalla velocità di congelamento che è di grande importanza specialmente nell’intervallo da -2°C a - 4°C, poiché condiziona le dimensioni dei cristalli di ghiaccio. Nel congelamento lento post-rigor la formazione dei cristalli di ghiaccio inizia nei compartimenti acquosi extracellulari, poi in quelli intracellulari. Con il procedere della formazione di ghiaccio extracellulare, aumentano la concentrazione del fluido extracellulare e la sua forza ionica, causando una diffusione di acqua verso
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l’esterno. L’acqua si condensa sui cristalli già presenti ingrossandoli fino ad un diametro 150µm e causando danno e distorsione alle fibre ed agli organul i con fuoriuscita di succhi ed enzimi. L’alta forza ionica causa la parziale denaturazione delle proteine. Ne consegue la perdita della capacità legante dell’acqua ed una diminuzione della capacità da parte della fibrocellula, di riassorbire, durante lo scongelamento, i liquidi persi con il congelamento. Si hanno modificazioni del pH, con accelerazione o ritardo di reazioni chimiche ed enzimatiche da esso dipendenti. Infine congelerà l’acqua intracellulare. Congelando lentamente si avranno così più perdite con lo scongelamento. Quando invece l’intervallo critico di temperatura (da-1°C a- 4°C) viene passato rapidamente (entro 80-120minuti), come nel congelamento rapido, l’acqua nella cellula congela prima che possa avvenire una diffusione considerevole, si formano numerosi piccoli cristalli di ghiaccio con limitato rischio di deformazione cellulare. Il terzo caso è il congelamento ultrarapido o surgelazione che riduce ancor più i rischi di danni cellulari per la formazione di numerosissimi e piccolissimi cristalli (Harris, 1998; Cappelli & Vannucchi, 2000).
5.3.2 Refrigerazione
La refrigerazione (0-4 °C) è il metodo più diffuso per conservare a breve termine ogni tipo di alimento deperibile e consente il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e di quelle igienicosanitarie di partenza (temperature differenti a seconda dell’alimento, D.P.R. 327/80 ALL. C e art. 31 D.P.R. 327/80). Il rallentamento del metabolismo cellulare è esclusivamente dovuto alla diminuzione della temperatura. Allo stato refrigerato le cellule microbiche restano in vita mentre il loro metabolismo viene rallentato, si ha l’arresto quasi totale della replicazione dei patogeni mesofili (Harris, 1998).
85 5.3.3 Surgelazione
Si differenzia dal congelamento per le modalità di applicazione del freddo (in meno di 4 ore si raggiunge una temperatura al cuore del prodotto di -18°C,
mantenuta ininterrottamente fino alla distribuzione finale) e dalle
regolamentazioni di leggi specifiche (D.lgs 110/92); inoltre mantiene maggiormente il valore nutritivo ed i caratteri organolettici dei prodotti naturali (D.P.R 327/80 allegato C). Sia nel congelamento che nella surgelazione vi è un’inibizione delle attività microbiche ed enzimatiche dovuta anche a sottrazione di acqua dell’alimento che passa allo stato solido (Cabras & Martelli, 2000).
5.3.4 Variazioni di qualità durante congelamento
In seguito al congelamento gli alimenti possono subire un cambiamento. - Carboidrati e proteine
II valore nutritivo dei carboidrati non è intaccato dal congelamento; durante la conservazione si verifica una lenta e graduale scissione dei composti più complessi in altri più semplici, una sorta di pre-digestione, tanto che il fenomeno viene paragonato a quello che avviene nell'organismo umano durante la digestione. II congelamento induce nelle proteine un cambiamento della struttura, una denaturazione con modificazioni della forma della molecola. Il fenomeno evolve e prosegue anche durante la conservazione ma non influisce sul valore nutrizionale della proteina, che è fissato dalla composizione in aminoacidi. Viceversa si nota qualche effetto sulla digeribilità delle proteine: alcuni esperti riferiscono che la digeribilità può aumentare, in misura anche consistente, fino a un anno di conservazione, mentre dopo due anni di conservazione la digeribilità diminuisce notevolmente.
Il consumatore può rendersi conto personalmente di questi fenomeni, che sono accompagnati da difetti nei caratteri organolettici, particolarmente avvertibili nelle carni e nei pesci surgelati, prodotti che contengono elevate quantità di
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proteine. La presenza di disidratazioni superficiali, un colore più scuro delle masse muscolari, la presenza di fibrosità, la sensazione di stopposità e di eccessiva consistenza, una sapidità ridotta o, addirittura la comparsa di retrogusti rappresentano degli indizi rimarchevoli dei cambiamenti a carico delle proteine. - Lipidi
La stabilità dei lipidi durante il congelamento e, soprattutto, la conservazione, è in relazione con il grado d’insaturazione dei grassi. I grassi animali, caratterizzati da un’alta percentuale di acidi grassi saturi, si dimostrano piuttosto stabili, mentre gli oli dei pesci, altamente insaturi, sono più facilmente soggetti a essere ossidati e a irrancidire. Gli oli vegetali si collocano in una posizione intermedia: quelli a media insaturazione (olio di oliva, olio di semi di arachide, olio di semi di mais) sono più vicini al comportamento dei grassi saturi; quelli ad alta insaturazione (oli di semi di soia, di girasole di vinaccioli) si avvicinano al comportamento degli oli di pesce (Cappelli & Vannucchi, 2000).
È importante conoscere questi fenomeni perché è impossibile bloccare le lipasi (gli enzimi che innescano le reazioni di scissione delle sostanze grasse e rendono disponibili gli acidi grassi per i successivi attacchi dell'ossidazione) finché non si raggiunge una temperatura inferiore a -29°C, sensibilmente più bassa di quella normalmente impiegata nei magazzini di stoccaggio (da -22°C a -25°C). Quindi il tempo di conservazione, data per scontata la continuità e l’efficienza della catena del freddo, diventa un fattore determinante.
L'ossidazione e l'irrancidimento dei grassi coinvolgono tutti i componenti lipidici e comportano una notevole perdita di valore nutritivo (difficile assimilazione, distruzione di vitamine lipo-solubili e di acidi grassi essenziali) e l’alterazione dei caratteri organolettici (comparsa di odori e sapori anomali). Fortunatamente, anche in questo caso il consumatore possiede uno strumento, i propri sensi, in grado di rivelare la comparsa di questi fenomeni fin dal loro inizio. Un esame dell’odore e del sapore del prodotto, se condotto con attenzione, può svelare la comparsa dei primi composti derivanti dall’ossidazione dei lipidi e quindi l’inizio dell’alterazione.
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- Minerali e Vitamine
Passando a esaminare elementi inorganici e vitamine, che spesso sono considerati, a torto, gli unici fattori importanti nel valutare il valore nutritivo dei surgelati, bisogna notare ancora una volta la disomogeneità dei dati risultanti dagli studi scientifici, che riguardano singoli aspetti de l processo tecnico o condizioni di conservazione riprodotte in laboratorio, ma quasi mai l’intero ciclo che va dalla raccolta/pesca/macellazione al consumo, compresi quindi lo scongelamento e la cottura (Harris, 1998).