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6.LE NUOVE PROPOSTE: MICRONEEDLE PATCHES

6.2 Microaghi, una somministrazione insulinica

innovativa

(38)

La tecnologia del microago ha destato grande interesse soprattutto come ipotetica forma alternativa per la somministrazione e per l’assunzione dell’ormone insulinico, intendendo il microago stesso come una sorta di carrier, di trasportatore dell’insulina dall’esterno verso i fluidi biologici dell’individuo. Questo è dovuto alla totale non invasività e semplicità di applicazione degli stessi oltre che alla loro capacità di penetrare alla profondità giusta nell’epidermide in modo da non danneggiare la struttura cutanea e da superare la barriera cornea e veicolare il farmaco là dove serve.

FIGURA 17. Livelli glicemici dopo una sola applicazione (linea nera) e con una doppia applicazione dopo 6h dalla prima (linea blu). Le frecce indicano il tempo di applicazione dei cerotti.

Nell’agosto 2016 è stato pubblicato, da parte di Chin e collaboratori, uno studio sulla applicabilità e funzionalità di cerotti contenenti microaghi in grado di dissolversi entro la cute rilasciando l’insulina inserita al loro interno. Lo studio pubblicato nel Journal of Biomedical Materials Reserch mostra la tecnica di preparazione ed i risultati degli studi condotti in vitro ed in vivo utilizzando suini e cavie rese diabetiche di tipo 1 attraverso la somministrazione di streptomicina. L’ago progettato è in grado di aumentare e velocizzare l’assorbimento del farmaco, dato che si trova inserito in uno strato cutaneo, quello papillare, ricco di vasi linfatici; deve essere solubile in acqua e garantire il rilascio completo del farmaco incapsulato al suo interno mano a mano che esso stesso si dissolve. L’insulina scelta era di origine bovina con peso molecolare di circa 5.73 kDa. Per il supporto e la struttura dei microaghi, sono stati analizzati vari polimeri naturali, per selezionare il più adatto allo scopo e dopo aver analizzato rischi, costi e capacità di dare luogo o meno ad infiammazioni, l’attenzione si è concentrata sulla gelatina denaturata con collagene, spesso utilizzata nell’ingegneria biomedica, e sulla carbossimetil-cellulosa (CMC). La prima è stata scelta in quanto sicura, biodegradabile e biocompatibile ma da sola non adatta alla produzione di aghi di così piccole dimensioni poiché troppo rigida. La CMC è un polisaccaride naturale privo di tossicità, idrosolubile e molto elastico ed è senza dubbio un candidato migliore per costituire la parte posteriore del cerotto laddove vengono applicati i microaghi. Sia la gelatina che la CMC sono compatibili con l’insulina.

La tecnica utilizzata per la realizzazione del cerotto è illustrata nella Figura 18. Inizialmente si riempie lo stampo con una soluzione mista di insulina e soluzione polimerica costituita dal 10% di gelatina. In seguito si esegue una centrifugazione per 30 minuti così da garantire una omogenea distribuzione dell’ormone entro la soluzione polimerica. Infine, dopo aver rimosso la soluzione in eccesso, si unisce una soluzione al 10% di CMC priva di ormone per lasciar poi essiccare a temperatura ambiente tutta la notte. Il risultato sono aghi caricati con insulina concentrata soprattutto nella zona della punta.

Nella Figura 19 è illustrata la dissoluzione dei microaghi caricati con il marcatore di fluorescenza Rodamina6G (R6G), inseriti nella pelle: è stato possibile osservare che gli aghi aumentano la velocità di dissoluzione con l’avanzare del tempo fino a che, dopo 60 minuti dall’applicazione del cerotto, sono completamente dissolti. Inoltre le immagini stereomicroscopiche della pelle su cui erano stati applicati i cerotti mostrano che i punti rossi lasciati dall’applicazione aumentano di colorazione con l’avanzare del tempo a significare che c’è un graduale rilascio di R6G mentre gli aghi si dissolvono.

È stata inoltre analizzata la capacità dei microaghi di veicolare i prodotti incapsulati al loro interno, facendo un confronto tra un cerotto caricato di marcatore R6G ed uno contenente insulina marcata: la massima profondità raggiunta dai composti è rispettivamente 290 e

FIGURA 18: illustrazione schematica del processo di fabbricazione dei cerotti con microaghi costituiti da CMC e gelatina. L’insulina è depositata nella punta degli aghi.

FIGURA 19: Immagini della penetrazione della pelle e delle modifiche morfologiche dei microaghi in relazione al tempo di applicazione (a1-a6). Variazioni morfologiche della cute dei suini dopo l’applicazione dei microaghi marcati con R6G per tempi diversi (b1-b6). L’immagine c1 rappresenta la pelle dei suini immediatamente dopo l’applicazione dei cerotti marcati.

240 µm. Questa differenza è dovuto al fatto che il peso molecolare dell’insulina è maggiore di quello della rodamina, ma la profondità a cui è stato possibile veicolare il farmaco è comunque più che sufficiente per determinare l’effetto desiderato. A questo scopo, per valutare il profilo farmacocinetico dell’insulina rilasciata, cerotti contenti insulina marcata dotati e privi di microaghi sono stati saggiati ex vivo impiegando come substrato la cute delle orecchie di suino; il rilascio del farmaco è stato analizzato per 6 ore ad una temperatura di 32 gradi.

I risultati hanno dimostrato che già dopo una sola ora si ha il rilascio di più del 50% di insulina dai cerotti dotati di microaghi, quantità che raggiunge circa l’84% del totale dopo 5 ore (Figura 20). Al contrario i cerotti privi di microaghi non riescono a rilasciare una quantità significativa di insulina che raggiunge solo il 5% del totale, poiché questa molecola ha PM fin troppo alto per poter attraversare l’epidermide senza un valido veicolo.

Infine, allo scopo di valutare l’attività dei dispositivi anche in vivo, questi sono stati applicati ad un gruppo di topi diabetici per poi monitorare i livelli di glucosio nel sangue a confronto con un gruppo di controllo e con un terzo gruppo che assumeva insulina tramite iniezioni. Nella Figura 21 è evidenziato che dopo 2 ore si ha il massimo decremento dei livelli glucidici nel sangue sia nel gruppo che ha applicato il cerotto che nel gruppo che assume insulina con le iniezioni sottocutanee. La concentrazione di insulina nel sangue invece risulta essere dimezzata rispetto a quando rilasciata direttamente sottocute se somministrata tramite il cerotto. Questa condizione è direttamente correlata al tipo di somministrazione: i livelli di insulina nel sangue collassano già dopo due ore a seguito di somministrazione sottocutanea mentre permangono più stabili se l’assunzione è tramite il cerotto.

FIGURA 20: profili di rilascio ex vivo di insulina attraverso la cute dell’orecchio di suino dopo applicazione di cerotti con e senza microaghi.

I microaghi sono resistenti a tal punto da penetrare lo strato corneo epidermico ma allo stesso tempo sono capaci di dissolversi velocemente nei fluidi biologici. Inoltre lo strato elastico della parte posteriore del cerotto ne garantisce una perfetta aderenza alla cute.

FIGURA 21: livelli matici di glucosio (A) e di insulina (B) nel sangue dopo

somministrazione transdermica (linea nera) e dopo somministrazione sottocutanea (linea rossa) di insulina.

7.MICROINFUSORI

Allo scopo di agevolare il paziente nella terapia e cercare di appiattire la variabilità individuale, fornendo una cura il più personalizzata possibile sono stati introdotti in commercio i così detti microinfusori (CSII, Continuous Subcutaneous Insuline Infusion).

Un microinfusore è una pompa portatile e programmabile che tenta di mimare il rilascio insulinico fisiologico pancreatico. È costituito da una cannula sottocutanea in teflon che rilascia nel tempo un analogo rapido dell’insulina secondo due diverse modalità: la prima vede un rilascio costante nelle 24 ore per garantire un’insulinizzazione basale notturna e tra i pasti; la seconda è un rilascio di boli insulinici prima dei pasti in modo da contrastare l’iperglicemia prandiale e la cui concentrazione in insulina è direttamente scelta dal paziente in base all’apporto di carboidrati del pasto.

Il microinfusore permette di ridurre l’insorgenza di ipoglicemie sia nella popolazione adulta che in quella pediatrica e rende l’individuo più recettivo rispetto all’ipoglicemia sensibilizzando gli ormoni controregolatori.

Numerosi studi hanno dimostrato che chi trae maggior vantaggio dalla terapia con CSII risultano essere i pazienti che mostrano un minor controllo metabolico iniziale, ovvero una incapacità nel mantenere stabile i livelli di glicemia con la normale multi somministrazione insulinica giornaliera; altri studi invece non hanno mostrato miglioramenti ne’ nel controllo metabolico, ne’ nel numero degli eventi ipoglicemici in pazienti che già mantenevano costanti i livelli glicemici con la semplice terapia insulinica iniettiva.

È importante sottolineare che la terapia con CSII comporta miglioramenti che si protraggono nel tempo, così come è stato dimostrato da studi non randomizzati protratti per 3-4 anni, convalidati da un recente studio condotto da Martolin e collaboratori (39) e da uno

del 2002 operato da Bruttomesso e collaboratori. (40)

In quest’ultimo studio è stata analizzata l’efficacia della terapia con CSII nella popolazione del Veneto per un periodo di 7 anni. Al termine dello studio è risultata evidente una riduzione di emoglobina glicata (HbA1c) dell’1,4% che, tra l’altro, rimane stabilizzata nel tempo. Uno studio più recente del 2009, svolto nella clinica Pediatrica Universitaria di Pavia da parte di Allais e coll. ha messo a confronto i parametri di HbA1c, dell’indice di massa corporea (BMI) e del fabbisogno insulinico (UI/kg/die) misurati durante la precedente terapia multi iniettiva insulinica e almeno ad un anno dall’inizio della terapia con CSII in 23 ragazzi affetti da DMT1. Il follow-up fu di 6, 12 e 18 mesi. Oltre a questi parametri è stata anche analizzata la frequenza di eventi ipoglicemici, chetoacidosi e lo sviluppo di infezioni

nel sito dell’iniezione. Alla fine dello studio tra l’altro i ragazzi hanno compilato un questionario con 10 domande per comprendere quanto veniva accettata e ritenuta efficace da loro la terapia con i microinfusori.

I risultati di questo studio, come mostrato nella Tabella 3, hanno permesso di dimostrare la notevole diminuzione dei valori di emoglobina glicata sia dopo 6 che dopo 18 mesi, ma non significativi ai 12 mesi; nessuna variazione statisticamente significativa del fabbisogno insulinico ed il mantenimento del BMI di partenza. Un solo paziente ha mostrato due episodi di ipoglicemia grave. Nessun paziente ha mostrato eventi di chetoacidosi o infezioni nel sito di inserimento dell’agocanula.

Alla consegna del questionario, inoltre, il 100% dei pazienti ha affermato che l’utilizzo del microinfusore ha permesso una migliore gestione del diabete in merito a flessibilità negli orari e nella dieta e al minor numero di iniezioni anche se l’utilizzo di questo apparecchio, visibile esternamente, comporta un problema estetico che è stato ovviamente rilevato da una buona percentuale di pazienti che hanno preso parte allo studio. (41)

Con gli anni sono stati sviluppati microinfusori sempre più avanzati tecnologicamente chiamati Smart Pumps. Smart dal momento che sono in grado di comunicare con il paziente relativamente alla dose insulinica necessaria al momento della somministrazione del bolo. Il consiglio fornito dall’apparecchiatura si basa sulla sua capacità di acquisire informazioni dal glucometro, ovvero dal registratore dei valori glicemici integrato nell’apparecchiatura stessa. In pratica viene fornito al paziente un consiglio su quanta insulina sarebbe necessario assumere per avere un esatto controllo glicemico in base al valore glicemico misurato all’autocontrollo ed in base all’apporto di carboidrati durante il pasto.

Uno studio randomizzato di 4 settimane ha comparato la terapia con microinfusore con bolo convenzionale e quella con calcolatore di bolo evidenziando che nel secondo caso è stato possibile raggiungere

l’obiettivo glicemico postprandiale con un numero inferiore di correzioni insuliniche e di integrazioni di carboidrati garantendo quindi al paziente la possibilità di modificare la propria dieta in un modo che in precedenza non era neanche lontanamente auspicabile.

I pazienti, per usufruire dell’utilizzo del microinfusore, devono rientrare in particolari categorie quali ad esempio individui con diabete mellito instabile, soggetti che mostrano crisi ipoglicemiche frequenti causa un’eccessiva sensibilità all’insulina e popolazioni speciali ovvero bambini, donne diabetiche in gravidanza, adolescenti con problemi alimentari, atleti competitivi.

Ultimamente si è evidenziato che l’utilizzo del microinfusore, in particolare del modello MiniMed, è utile anche nella terapia del diabete in pazienti affetti da DMT2 che mostrino cattivo controllo glicemico. Lo studio in questione è stato promosso dalla Medtronic, azienda che produce i MiniMed, prende il nome di OpT2mise e valuta efficacia e sicurezza del microinfusore rispetto alla multi somministrazione insulinica in pazienti tra i 30 ed i 50 anni con DMT2 difficilmente controllabile. I risultati dei primi sei mesi hanno evidenziato un miglior controllo glicemico nel gruppo che faceva uso del microinfusore rispetto al gruppo che invece usava una terapia insulinica multi iniettiva.

La prosecuzione dello studio, ovvero il passaggio anche del gruppo trattato con insulina iniettata ad una terapia con MiniMed, ha mostrato una doppia riduzione di HbA1c, dallo 0.4% allo 0.8% garantendo quindi una diminuzione del 19% di assunzione di insulina giornaliera. Il passaggio al microinfusore ha permesso a questo gruppo di pazienti di ottenere gli stessi risultati del primo gruppo e nello stesso arco di tempo.

Inoltre alla fine dello studio il gruppo numero uno, quindi quello trattato fin da subito con il microinfusore, nei sei mesi successivi ha evidenziato un ulteriore diminuzione di HbA1c dello 0,1% così da ottenere un valore medio di riduzione di entrambi i gruppi, al termine dei 12 mesi, di ben il 7,8% rispetto al tipico trattamento con insulina iniettata più volte il giorno nello stesso arco temporale. (42)

Rimane comunque da dire che, affinché una terapia di questo genere vada a buon fine, è necessario che il paziente sia particolarmente incentivato nel monitorare frequentemente la propria glicemia con i glucostick; nel mantenere una dieta idonea alla terapia; sia in grado di conteggiare i carboidrati così da poter definire autonomamente la quantità di insulina da assumere come bolo prima dei pasti; sia perfettamente in grado di gestire l’apparecchiatura e di contrastare da solo situazioni di ipo o iperglicemia anche indotti dal guasto dello strumento. Deve esistere inoltre un costante controllo del paziente da parte di personale medico idoneo.

Poiché il monitoraggio glicemico è fondamentale nell’utilizzo corretto del microinfusore, i normali glucostick ad oggi sono stati sempre più sostituiti da un monitoraggio in continuo del glucosio tramite sensori contenenti l’enzima glucosio ossidasi che trasforma il glucosio in segnale elettrico che poi viene trasformato in valori di concentrazione di glucosio effettivi dallo strumento stesso: quello che viene misurato è il glucosio interstiziale il quale è direttamente correlato con quello ematico.

Tutte queste tecnologie non sono altro che un’aggiunta rispetto all’utilizzo dei microinfusori ed hanno lo scopo ultimo di riuscire a raggiungere livelli di efficacia e sicurezza ottimali per la terapia del DMT1.

Purtroppo le strumentazioni viste finora sono significativamente costose e se utilizzate male possono rimanere solo una spesa inutile e priva di risultato e forse per questo in Italia l’utilizzo di strumentazioni simili rimane ancora poco diffuso. Una nota di merito in questo senso va alla Regione Toscana che rientra tra le poche regioni italiane ad aver stabilito una fornitura gratuita di microinfusori per la somministrazione sottocutanea di insulina da parte dell’Azienda Universitaria Ospedaliera Pisana e del Meyer di Firenze. (DRT n.400 del 13/4/2001).

Concludendo, risulta evidente che l’utilizzo dei microinfusori abbia permesso un importante passo avanti nella terapia del DMT1 prevenendo le complicanze del diabete grazie ad una costante somministrazione di insulina tale da non comportare l’ipoglicemia grave. Sono necessari comunque ancora altri studi prima di poter affermare che il microinfusore è la svolta del futuro e sarebbe altresì auspicabile porre l'attenzione su possibilità di somministrazione insulinica diverse in modo da risolvere anche la problematica estetica legata al loro utilizzo, oltre alle più concrete difficolta nella gestione di apparecchiature così complesse da parte di bambini ed anziani, soggetti i quali non sempre godono di capacità idonee all’utilizzo di tale presidio medico.

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