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Professore Ordinario di Pedagogia generale e Dottore di ricerca in Peda- gogia presso l’Università Cattolica di Milano. Insegna Pedagogia gene- rale, Pedagogia sociale e interculturale, Pedagogia della persona e delle emergenze educative. È coordinatrice del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria, direttore del Centro di ricerca sulle relazioni interculturali e direttore scientifico del Master in “Formazione intercul- turale. Competenze per l’integrazione e l’inclusione sociale”.

Nel workshop sono state presentate le linee principali di un’educazio- ne morale non formale ed astratta, che si realizza nella concretezza dell’esistenza umana e si nutre della comprensione degli aspetti emo- zionali. Sulla base della compassione “istintiva” messa in luce dalle neuroscienze è, infatti, possibile educare a comportamenti di aiuto e di cooperazione, superando gli atteggiamenti di indifferenza e di esclusio- ne morale, compreso il pregiudizio verso l’estraneo, e orientandoci ad essere non solo naturalmente, ma anche culturalmente, negli altri e per gli altri.

Le neuroscienze stanno producendo una vera e propria rivoluzione in campo educativo, in particolare in ambito morale. Esse confermano l’enorme plasticità del cervello, la rilevanza dell’inconscio e l’impor- tanza della “mente incorporata”; nella loro prospettiva, le emozioni non sono un ostacolo alla razionalità, ma una guida per comprendere il mondo. Si sta affermando un paradigma che, a partire dalla scoper- ta dei neuroni-specchio effettuata dall’équipe di Giacomo Rizzolatti, propone un’immagine della persona caratterizzata dall’empatia “na- turale” nei confronti dell’altro e dalla proiezione verso il riconosci- mento reciproco.

Questo tipo di visione mette in discussione l’immagine dell’homo homini lupus senza per questo proporlo come “naturalmente buono”. Abstract:

Si delinea, piuttosto, il profilo di un essere umano che si rispecchia nell’altro ed è quindi guidato da emozioni ed affettività spontanee ed innate (anche se non per questo necessariamente positive). Emerge come il comportamento morale sia frutto non solo di fattori cogni- tivi, ma anche affettivi. I rapporti con gli altri sono anzitutto guida- ti da esperienze affettive, non di tipo intellettualistico, e fortemente influenzati dal contesto. Solo in seguito interviene un processo di concettualizzazione di tali esperienze, che fa pervenire a generaliz- zazioni e all’astrazione di concetti morali.

Infatti, il ragionamento morale non spiega da solo l’azione. In altri termini, non basta aver compreso il bene per eseguirlo. Purtroppo però questa prospettiva non sempre viene assunta in campo educa- tivo. La dimensione emozionale, affettiva e di empatia, che guida molti comportamenti spontanei, resta generalmente messa in ombra rispetto a quella razionale e cognitiva. Occorre chiedersi, invece, come restituire al “corpo”, cioè alle sensazioni ed emozioni così im- portanti per le nostre relazioni, la loro centralità. Non solo, ma una volta riconsiderato il ruolo delle emozioni fisiche, occorre chiedersi come vengano ad essere coinvolte o trasformate in quella che è la comunicazione ormai più diffusa, cioè quella online.

Da qui si può far nascere un percorso un approfondimento dei due elementi proposti dal Convegno, e cioè il corpo e la rete. Ci siamo chiesti come avvicinare questi due elementi, ovvero come rendere la rete uno strumento di comunicazione più completo e, altresì, come “allargare” le relazioni umane di tipo “fisico” attraverso le enormi potenzialità della comunicazione sul web. Ancora, come coltivare l’empatia umana collegando, appunto, il corpo e la rete. Per tentare di rispondere a questa domanda è indispensabile riflettere sul grande, immenso campo digitale in cui le nuove generazioni sono immer- se, all’interno del quale la televisione diviene sempre più obsoleta. I “nativi digitali”, per riprendere una definizione utile – per quanto in parte contestabile – crescono dentro un universo composto da con- nessione in rete, videogiochi, televisione, collegati tra loro in una

cultura convergente, che passa cioè senza soluzione di continuità dal fumetto al gioco, dal racconto al film, dalla serie tv al social network. Bambini e giovani, infatti, abitano la rete, estendendo il proprio spa- zio senza soluzione di continuità tra offline e online, utilizzando ar- chivi di esperienze come i social network, soprattutto in funzione di stabilire relazioni con gli altri, monitorando e coltivando i rapporti di conoscenza o amicizia. Le relazioni degli adolescenti, ad esempio, sono state radicalmente riorganizzate nel nuovo ambiente costituito dai social network, ma rappresentano solo un modo – anche se nuo- vo – di entrare in contatto con gli altri. Bambini e ragazzi inseriti nel gruppo e integrati socialmente aumenteranno le loro opportunità so- ciali, mentre l’immersione nella rete potrebbe amplificare il disagio e l’isolamento di alcuni. L’uso dei computer, in generale, può avere effetti positivi sullo sviluppo del linguaggio, le abilità matematiche e la capacità di risolvere problemi; tuttavia, è anche provato che l’uso continuato ed eccessivo del computer può creare seri problemi nella vita quotidiana e di relazione di questi bambini.

Un primo elemento di riflessione riguarda la comunicazione, in tale contesto, delle emozioni, espressioni fondamentali di ciò che la per- sona sente e percepisce, canale di rapporto e di complementarietà tra gli esseri umani. Da un lato, è necessario rivalutare l’importanza dei meccanismi intuitivi che spingono ad agire in una certa situazione o rifiutare qualcosa, identificandoli attraverso le emozioni – anche a livello fisico – da cui sono accompagnati. Infatti, ogni emozione è un segnale, un indicatore di valore che guida il nostro comportamento, paragonabile alla percezione che ci dà informazioni sul mondo e la realtà. Dall’altro, l’educazione può approfondire come elaborare tali processi in modo tale da poterli gestire senza affidarci solo al livello pre-conscio. Infine, bisogna aiutare le persone a dire e verbalizzare ciò che sentono, arrivando a una conoscenza e a una padronanza di sé. Si tratta principalmente di una alfabetizzazione e di un ricono- scimento delle proprie emozioni in funzione del loro orientamento e dell’equilibrio con la componente razionale. Lo schermo come me-

diatore permette l’espressione di emozioni autentiche? Ci si chie- de come gestire l’empatia in rete, “grande piattaforma orizzontale” in cui si intrecciano le espressioni emotive in forme ancora tutte da esplorare. I social network sono uno dei più significativi canali emo- zionali, ma è sufficiente segnalare il proprio I like su Facebook o questa partecipazione rischia di rimanere una forma troppo superfi- ciale di adesione, quasi di tipo narcisista? Si tratta di “vera” empa- tia? Il problema riguarda soprattutto gli adolescenti, che attraverso i social network – è stato osservato – da un lato si limitano a forme epidermiche di comunicazione, dall’altro però possono anche libe- rarsi (“protetti” dalla rete) da paure e inibizioni che insorgerebbero nel rapporto faccia a faccia. La domanda riguarda il rischio di usare la rete più che il corpo, con le conseguenze di proteggere ma anche impedire il confronto diretto.

Emerge chiaramente la necessità di nuove forme e modalità educa- tive di tipo “morale” non formali ed astratte, che si realizzino nella concretezza dell’esistenza umana e si nutrano della comprensione degli aspetti emozionali. Sulla base della compassione “istintiva” messa in luce dalle neuroscienze è, infatti, possibile educare a com- portamenti di aiuto e di cooperazione, superando gli atteggiamenti di indifferenza e di esclusione morale, compreso il pregiudizio verso l’estraneo, e orientandoci ad essere non solo naturalmente, ma anche culturalmente, negli altri e per gli altri.

La scuola può costituire un luogo in cui rinnovare queste modalità a condizione che assuma decisamente la prospettiva delle intelligenze multidimensionali di Howard Gardner tra cui, appunto, quella rela- zionale. Finora, invece, le istituzioni scolastiche hanno privilegiato le modalità di apprendimento ed espressione basate sulla logica ra- zionale, formale ed astratta, trascurando l’intelligenza basata sulla capacità di capire le emozioni ed i comportamenti altrui, base della vita sociale. L’intelligenza intrapersonale, che in particolare la scuo- la dovrebbe apprezzare e potenziare, riguarda la conoscenza di sé e la capacità di introspezione, nonché l’autostima e la coscienza della

propria identità; le proprie emozioni sono conosciute e controllate e possono soprattutto essere trasformate positivamente; quella inter- personale, invece, concerne la sensibilità verso gli altri e l’abilità nel- la comunicazione, nell’ascolto delle reazioni degli altri e nel gestire le relazioni.

Infine, un’altra interessante esperienza formativa è quella della phi- losophy for children, introdotta da Matthew Lipman, una modalità di “dialogo per pensare” che incoraggia e sostiene i bambini fin da piccoli ad accostarsi ai grandi problemi dell’esistenza. La PxC non esalta in senso stretto le emozioni, ma permette tuttavia di coltivare l’interiorità, ponendosi domande e ascoltando le risposte dei coeta- nei, entrando nel mondo degli altri attraverso la riflessione.

Lo spazio del corpo e il potere