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2.1 L’accoglienza per i minori stranieri

Per individuare chi siano i minori stranieri presenti sul suolo italiano, dobbiamo prima chiederci cosa si intenda con il termine “straniero”. Darne una definizione che non sia solo in chiave negativa, cioè limitarsi ad individuarlo come colui il quale non sia cittadino, non è semplice. In questo senso dal dato letterale che ci consegna la nostra Carta costituzionale, si rileva la scelta di una prospettiva personalista, che è quella che riscontriamo nella norma dedicata alla condizione giuridica dello straniero all’art. 10, non ravvisandosi in altre parti della stessa Carta l’inquadratura del fenomeno sociale dell’immigrazione. Questo è dovuto principalmente al contesto storico e sociale degli anni della costituente, caratterizzati da una forte emigrazione e non già dai flussi immigratori a cui assistiamo oggi e, più in generale, dagli anni novanta.83

83 Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale delle Corti

costituzionali italiana, spagnola e portoghese, “La condizione giuridica

dello straniero extracomunitario”, Madrid, 2008, S. Magnanensi, P.

43 Da ciò scaturisce il differente sentire dei nostri padri

costituenti di fronte a questa materia, che seppur non ignorata, anche grazie all’apertura internazionale alla quale si assisteva in Italia in quegli anni con l’idea di una nuova comunità, non fu tra i dibattiti principali. Ecco perché solo l’art. 10 affronta il tema affermando che:

“L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici”. In particolare al secondo comma si ravvisa la scelta del rispetto del diritto internazionale, appunto, come un vincolo imposto dal legislatore repubblicano che ci testimonia la nuova vocazione internazionalista dell’ordinamento italiano. Tale comma ci consegna una norma generale e omnicomprensiva riguardo alla condizione dello straniero, mentre il terzo comma dell’art. 10 è specificatamente dedicato ai titolari del diritto di asilo e il quarto comma pone il divieto di estradizione dello straniero per reati politici.

Il dato letterale però, rischia di essere fuorviante in qualche modo, se pensiamo all’uso che viene fatto del termine “cittadino”, del termine “tutti”, del termine “nessuno” e del termine “uomo”, in alcuni articoli della stessa Carta. Infatti, la dottrina maggioritaria ritiene che lo straniero sia titolare dei diritti fondamentali contenuti nella nostra Costituzione, con la sola esclusione dei diritti politici, poiché essi, sappiamo, rappresentano il nucleo duro dei diritti legati alla cittadinanza e quindi ancora oggi baluardo di un certo tipo di rapporto tra

44 l’individuo e il territorio, come sarà affrontato

approfonditamente nelle parti successive di questo lavoro. Ad oggi si è avuta l’estensione agli stranieri della titolarità e del godimento di quei diritti che si inseriscono in quello che viene definito il nucleo essenziale dei diritti fondamentali stessi, in quanto soggetti appartenenti al genere umano.84

Già con la sentenza 104 del 1969, in uno dei primi momenti di svecchiamento della legislazione fascista, la Corte affermava che vi fosse un trattamento differenziato che portava ad una “disparità irragionevole” tra cittadini e stranieri. In una pronuncia più recente poi, la sentenza 252 del 2001, la Corte sottolineava come il diritto alla salute, qui espresso in “trattamenti sanitari essenziali” per la sopravvivenza di stranieri irregolari, appartenesse a quell’ambito inviolabile della dignità umana, quel nucleo irriducibile appunto, essenziale, da riconoscere a tutti. La prospettiva scelta dalla Corte, è proprio quella di assumere situazioni fattuali evidentemente differenti, come quelle tra stranieri e cittadini, ma che sono diversi in senso “originario” e non derivano da una differenziazione creata dalla legislazione, ma anzi è proprio questa diversità di fatto a giustificare una “ragionevole differenziazione nel trattamento giuridico del cittadino rispetto allo straniero.”85 Si fa quindi

riferimento alla possibilità per il legislatore di disciplinare, seppur in modo che non contrasti con gli obblighi internazionali e che non risulti manifestatamente irragionevole, quella che è la disciplina dell’ingresso, del

84 R. Cherchi, “Lo straniero e la Costituzione, ingresso soggiorno e

allontanamento”, Jovenne Editore, Napoli 2012.

85 E. Rossi, F. Biondi Dal Monte e M. Vrenna, La governance

dell’immigrazione. Diritti, politiche e competenze, il Mulino 2013, op. cit.

45 soggiorno e della permanenza degli stranieri sul territorio

italiano.

Sempre con riguardo alla condizione giuridica dello straniero nel nostro ordinamento, un altro importante richiamo è contenuto nel codice civile del 1942, quindi addirittura precedente alla nostra Carta fondamentale, in particolare all’art. 16 delle preleggi. Tale norma esprime il principio di reciprocità, recepito dalla nostra Costituzione e riconosciuto dalla nostra Corte Costituzionale che tramite una sua pronuncia86 ne ha anche sottolineato i limiti, affermando che la condizione di reciprocità non può operare quando rischia di comportare una “grave menomazione dei diritti inviolabili”. Infatti, sono riconosciuti allo straniero i diritti fondamentali, indipendentemente da quella che sia la sua regolare o meno presenza sul suolo italiano e anche dalla sua età. Impostazione che è stata poi recepita nel d.lgs. 286 del 199887 all’art. 2 co.1 quando afferma che “allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti” e con una condizione di reciprocità subordinata alla previsione della stessa nelle convenzioni internazionali, di cui al secondo comma.

Dobbiamo poi, sottolineare come il trattato di Maastricht del 1992 abbia cambiato ulteriormente le categorie che stiamo analizzando, estendendo a tutti i cittadini degli Stati Membri dell’Unione europea, la cittadinanza europea. Da ciò discende un corollario di diritti che quindi pongono i cittadini

86 Sentenza n.11 del 1968.

87 Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina

46 appartenenti all’Unione europea su un piano diverso dai

cittadini di Stati terzi. Quindi quando parliamo di “minore straniero” ci scontriamo con una realtà complessa e variegata che cercheremo ora di indagare a fondo.

Dopo aver analizzato quella che è la condizione giuridica del minore nel quadro costituzionale e sovranazionale, adesso dobbiamo soffermarci sulla disciplina dedicata specificatamente agli stranieri. Il documento principale in questo senso è il già citato Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.88

Per quanto riguarda la disciplina dedicata al minore da parte del Testo unico in materia di immigrazione, troviamo in particolare un titolo, il quarto, “Diritto all’unità familiare e tutela dei minori”, specificamente dedicato appunto al tema che stiamo qui affrontando. In tal senso, è sicuramente un’importante norma di riferimento, l’art. 2889 che apre il

suddetto titolo e che afferma al terzo comma: “In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati a dare attuazione al diritto all’unità familiare e riguardanti i minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.” Vi è quindi un passaggio chiave nel richiamo al principio dei best interests della Convenzione di New York.

In generale, la condizione del minore straniero è legata a quella dei genitori, in particolare, a quella più favorevole fra i

88 Decreto legislativo del 25 luglio 1998 n. 286.

89 Maria Letizia Tomaselli, I minori stranieri, le Guide Immigrazione,

47 due genitori. Il minore straniero che nasce sul territorio

italiano, ha diritto all’iscrizione anagrafica, se viene dimostrata la regolarità del loro permesso di soggiorno, sul quale verrà quindi iscritto il minore stesso. Infatti l’art. 31 T.U. afferma al primo comma che “il figlio minore dello straniero con questo convivente e regolarmente soggiornante segue la condizione giuridica del genitore con il quale convive o la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive”. Allo stesso modo, il minore che risulta affidato ai sensi dell’articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, segue la condizione giuridica dello straniero al quale è affidato, se più favorevole.

Giova chiarire fin da subito che i minori stranieri presenti sul territorio italiano possono in realtà trovarsi in diverse condizioni giuridiche: alcuni di essi, come abbiamo appena sottolineato, sono entrati beneficiando delle disposizioni in materia di ricongiungimento familiare o, comunque, vivono con almeno uno dei genitori regolarmente soggiornante, altri però, sono da soli, e altri ancora vivono con genitori che non sono in possesso del permesso di soggiorno. Tutte le diverse condizioni giuridiche, trovano però, lo stesso riconoscimento dei diritti contenuti nella già richiamata Convenzione di New York, come ci conferma l’art. 19 lett.2 comma a) del d.lgs. 286/9890. Quindi il minore non può essere espulso dal

territorio, sia nel caso in cui abbia fatto ingresso irregolare, sia nel caso in cui, dopo un ingresso regolare, si sia trattenuto oltre l'iniziale autorizzazione e in questi casi non viene avviata la procedura di rimpatrio assistito, tramite la segnalazione al Comitato per i Minori Stranieri, perchè il minore in questione

90 "Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo

13, comma 1, nei confronti: a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi".

48 ha la propria rappresentanza legale in Italia grazie a il/i

genitore/i regolarmente soggiornanti.

L'espulsione del minore è prevista solo nel caso in cui il/i genitore/i siano i destinatari del provvedimento di espulsione.

I minori che hanno fatto ingresso con un visto per motivi familiari per ricongiungimento con i genitori o come familiari al seguito91, fino ai 14 anni vengono iscritti sul permesso di

soggiorno di uno o entrambi i genitori, mentre al compimento dei 14 anni ottengono un autonomo permesso per motivi familiari. In questo senso, ai fini del ricongiungimento familiare, i minori affidati o sottoposti a tutela sono equiparati ai figli. L'art. 31 Dlg.286/98 prevede inoltre che i minori di 14 anni, anche se non hanno seguito la procedura prevista per il ricongiungimento familiare, se convivono con un genitore, un affidatario o un tutore regolarmente soggiornante, vengano iscritti sul permesso dell'adulto e che anch'essi al compimento dei 14 anni, ottengano un permesso per motivi familiari.92 Al

compimento del diciottesimo anno di età, invece, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di studio, accesso al lavoro, lavoro subordinato o autonomo, esigenze sanitarie o di cura.93 Qualora lo straniero risulti ancora a

carico dei genitori, potrà poi richiedere il rinnovo del permesso di soggiorno sempre per motivi familiari ed il nuovo titolo al soggiorno avrà la stessa durata di quello del familiare straniero in possesso dei requisiti per il ricongiungimento.

Si vede chiaramente come l’art. 29, dedicato come abbiamo visto, al tema del ricongiungimento familiare, evidenzi come il fine ultimo sia quello di limitare il più possibile la

91 Art. 29 Dlgs.286/1998.

92 Sito ASGI.

49 separazione tra i figli e i loro genitori, i quali devono appunto

“mantenere, istruire ed educare” la prole. Tale diritto all’unità familiare deve essere controbilanciato dall’accertamento che la famiglia in questione abbia la disponibilità di un reddito sufficiente, che possa garantire al minore delle condizioni di vita dignitose.94 Inoltre l’art. 31 T.U.I. che abbiamo già

richiamato, come modificato dalla legge n.122 del 7 Luglio del 2016, stabilisce al terzo comma che “il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell’età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni del presente testo unico” e questo si pone nell’ottica di una tutela proprio dell’interesse del minore e dell’idea della coesione familiare che permea tutto il titolo del testo unico ora in esame. Infatti vi sono molti casi giurisprudenziali che fanno leva proprio su questo punto, con particolare riguardo allo stato di salute del minore o al “compimento del ciclo scolastico o del processo educativo-formativo” che il minore sta svolgendo in condizioni di vita migliori rispetto al suo paese d’origine.95 L’art. 31 stabilisce inoltre che l’assenza

occasionale e temporanea dall’Italia non escluda il requisito della convivenza e il rinnovo dell’iscrizione sul permesso di soggiorno del genitore o dell’affidatario.

Il minore straniero può allora fare ingresso sul nostro territorio a seguito del rilascio di un visto, che può essere rilasciato per motivi diversi: può essere richiesto per turismo in certi casi, per cure mediche specifiche, per un familiare con il quale il

94 Bonetti, Zorzella, Citti, Miazzi, Diritto all’unità familiare e tutela dei

minori, in Nascimbene, a cura di diritto degli stranieri, Roma, 2004, p.871.

95 Sentenza Corte di Cassazione, sezione I civile, n. 396 dell’11 gennaio

50 minore si trova a fare un ingresso contestuale, per motivi di

ricongiungimento familiare e per motivi di studio. Poi vi sono altre due particolari motivazioni alla base del rilascio di un visto per un minore e sono l’adozione e l’accoglienza promossa da specifici programmi solidaristici che vengono annualmente promossi da enti, da famiglie e da associazioni96.

Il visto è rilasciato dall'ambasciata italiana o dalle sedi consolari italiane del Paese di residenza del cittadino straniero e il permesso di soggiorno97 è rilasciato in Italia dalle questure competenti a seconda della provincia nella quale si trova lo straniero. La durata del permesso di soggiorno è quella prevista dal visto d'ingresso e non può comunque superare i tre mesi se si tratta di visite, affari e turismo o i nove mesi se si tratta di lavoro stagionale. La durata è di un anno soltanto qualora si tratti della frequenza di un corso per studio o per la formazione professionale,

sempre che siano debitamente certificati.

Infine può essere della durata di due anni, per lavoro autonomo, per lavoro subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari nella durata legata alle necessità specificamente documentate e negli altri previsti dal Testo unico Immigrazione.98

96 Maria Letizia Tomaselli, I minori stranieri, le Guide Immigrazione,

settembre 2007, pag. 9.

97 Art. 5 del Testo Unico in materia di immigrazione; (tale permesso di

soggiorno va richiesto entro 8 giorni lavorativi, escludendo quindi la domenica e i festivi).

98 Sito del Ministero dell’Interno; Il rinnovo del permesso di soggiorno

deve essere richiesto alla questura competente per provincia di residenza almeno 60 giorni prima della scadenza in modo tale da permettere la verifica delle condizioni previste. Per convertire la tipologia del permesso di soggiorno di cui si è già in possesso bisogna chiedere il nulla osta allo Sportello unico per l'immigrazione della prefettura competente per territorio di residenza dello straniero e, poi, chiedere la conversione alla questura. Condizione per la conversione è che vi siano quote di ingresso previste dal decreto flussi e che il permesso di soggiorno posseduto sia in corso di validità.

51 Il permesso di soggiorno per motivi di studio/formazione può

essere poi convertito in permesso di soggiorno per attività di lavoro subordinato o autonomo, qualora si posseggano i requisiti previsti per questa diversa tipologia. Il permesso di soggiorno per lavoro stagionale, inoltre, può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo indeterminato o con contratto di almeno un anno quando lo straniero abbia fatto ingresso in Italia per lavoro stagionale per il secondo anno consecutivo e sia in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità o quando lo straniero abbia fatto ingresso in Italia per lavoro stagionale e, alla fine del primo periodo di lavoro stagionale concesso, sia in possesso di un permesso di soggiorno in corso di validità.99

Dobbiamo adesso soffermarci su due aspetti fondamentali inerenti alla condizione giuridica dei minori stranieri presenti sul nostro territorio e cioè il diritto alla salute e il diritto all’istruzione. Bisogna subito sottolineare quello che afferma l’art. 6 T.U.I. al secondo comma e cioè che “fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo, per quelli inerenti all’accesso alle prestazioni sanitarie di cui all’articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie, i documenti inerenti al soggiorno di cui all’articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.”100 Per quanto riguarda il diritto alla salute, gli articoli di riferimento sono l’art. 2 e gli art. 34,35 e 36 del T.U.I.101, nonostante poi l’art.10 bis inserito nel “pacchetto

99 Art. 6 T.U.I. come modificato dalla legge n 189 del 2002, la Bossi-Fini.

52 sicurezza”102 abbia inficiato tali prestazioni assistenziali,

specie nei confronti degli stranieri irregolari, con la sua previsione del reato di clandestinità. I minori stranieri titolari di permesso di soggiorno devono essere iscritti obbligatoriamente, da chi ne esercita la potestà o la tutela, al Servizio sanitario nazionale, con il conseguente diritto di accedere a tutte le prestazioni sanitarie offerte. I minori stranieri senza il permesso di soggiorno non possono iscriversi al Servizio sanitario nazionale, ma hanno comunque diritto alle cure ambulatoriali e ospedaliere essenziali, a quelle urgenti e a quelle continuative e a quelle per malattia e infortunio e di medicina preventiva. Sono infatti garantite prestazioni come vaccinazioni, profilassi internazionale, diagnosi, profilassi e cura delle malattie infettive. Questa impostazione è stata più volte confermata dalla nostra Corte costituzionale, che si è posta a garanzia proprio di questo nucleo irriducibile del diritto alla salute stessa, che si verifica appunto di fronte a cure “indifferibili e urgenti”, da valutare caso per caso.103

Allo stesso modo per quanto riguarda il diritto all’istruzione, tutti i minori stranieri, anche privi di permesso di soggiorno, hanno il diritto di essere iscritti alla scuola, non solo dell'obbligo, ma di ogni ordine e grado. Gli articoli di riferimento sono l’art. 19, secondo comma, lett. A e l’art. 38, che parla in questo senso di mera “presenza” sul territorio per accedere a tale diritto.104 L'iscrizione può essere richiesta in

101 G. Matucci, Lo statuto costituzionale del minore, Milano 2017, pag.

170.

102 L. n. 189, 30 luglio del 2002, nota come legge Bossi-Fini per i loro

firmatari, in materia di immigrazione.

103 Sentenza 61 del 2001, cit. 783 ss.

104 G. Matucci, Lo statuto costituzionale del minore, Milano 2017, pag.

53 qualunque periodo dell'anno, negli stessi modi previsti per i

minorenni italiani. I ragazzi di età compresa nella fascia di istruzione obbligatoria e cioè, tra i sei e i sedici anni, devono essere iscritti, a cura dei genitori o di chi ne esercita la tutela, alla classe corrispondente all’età anagrafica, a meno che il Collegio dei docenti deliberi l’iscrizione a una classe diversa. Il diritto all’istruzione rappresenta un’eccezione rispetto all’art. 6 T.U.I.105, che va inteso in senso più ampio rispetto

alla mera istruzione obbligatoria. Ne è un esempio forte la sentenza della Corte Costituzionale del 2011, la numero 329, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 80 della legge del 200, la numero 388, il quale subordinava la possibilità di ottenere l’indennità di frequenza per i minori affetti da disabilità, alla titolarità della carta di soggiorno. La Corte in questa sentenza sottolinea come le previsioni che attribuiscono prestazioni assistenziali non possono subordinare le stesse al possesso di un titolo regolare di permanenza sul nostro territorio. Infine all’art.33, che chiude il titolo IV del T.U.I., si prevede l’istituzione di uno specifico Comitato, al fine di “vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri” e di “coordinare le attività delle amministrazioni interessate”. In particolare al secondo comma del presente articolo si afferma che “con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell’interno e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato di cui al comma 1, concernenti la tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176”.

105 Il concetto di istruzione viene esteso anche alla fascia educativa non

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