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5.1. Due modelli europei a confronto: l’idea

“volontaristica” tedesca e quella “assimilazionista” dell’esperienza francese

Come affermava Luigi Ferrajoli385, criticando quella che era stata la definizione del concetto di cittadinanza fornita da Marshall386, esiste da sempre una distinzione tra lo status civitatis e lo status personae, la distinzione appunto tra “homme e citoyen”, che è stata posta a fondamento del costituzionalismo di tipo liberale. In particolar modo è proprio sulla base di questo assunto che gli ordinamenti moderni

385 Ferrajoli L., Dai diritti del cittadino ai diritti della persona, in La

cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti a cura di D. Zolo, Laterza,

Roma-Bari, 1994, pag. 263 ss.

386 Ivi, pag. 265 op. cit.:” La definizione di Marshall si articola in due

parti: la cittadinanza, egli dice, è ‘uno status che viene conferito a coloro che sono membri a pieno diritto di una determinata comunità’. In questa connotazione non c’è nessuna differenza, salvo una sua maggiore pregnanza comunitaria, con l’analoga nozione giuridica di cittadinanza, che s’identifica essenzialmente con quella di ‘cittadinanza politica’ quale presupposto dei diritti politici, a loro volta legati alla sfera della sovranità dello Stato. Dove intervengono le divergenze con gli usi giuridici è nella seconda e ben più importante parte della definizione di Marshall: la cittadinanza sarebbe lo status cui sono associati tutti i diritti ex lege, sicchè equivarebbe al nome onnicomprensivo e al comune presupposto dell’intero insieme dei diritti da lui chiamati ‘diritti di cittadinanza’: i diritti civili, i diritti politici e i diritti sociali.”

195 hanno legiferato, suppur con atteggiamenti diversificati tra

loro, sul tema della cittadinanza.

Se guardiamo alla realtà degli Stati Uniti o del Sudamerica per esempio, ci rendiamo conto di come soprattutto inizialmente, l’attitudine verso questa dicotomia concettuale non sia stata affatto rigida, bensì le intense migrazioni di cui sono stati protagonisti, sono diventate parte dello stesso sostrato civico. Sono un chiaro esempio di questa apertura il XIV emendamento della Costituzione americana del 1868 e il Civil Rights Act del 1866387.

Nel contesto europeo invece l’esempio francese e quello tedesco sono i due modelli principali da considerare rispetto al tema della cittadinanza: da una parte la Francia che fonda lo status civitatis sullo ius soli e quindi verso la quale si è sempre parlato di “un’idea volontaristica di nazione ed una funzione culturalmente e socialmente assimilazionista delle istituzioni”; dall’altra la Germania, caratterizzata invece da una cittadinanza basata sullo ius sanguinis, figlia di una concezione “etnica e (falsamente) oggettiva della nazione”388

Tutti gli altri modelli che troviamo in Europa, risultano essere una sorta di ibrido tra questi due esempi, anche se è importante dirlo sin d’ora, sia la realtà francese sia quella tedesca, hanno mutato in modo considerevole il loro approccio verso il tema nel corso del tempo. Nell’ultimo ventennio infatti molti Stati

387 XIV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America: “All

persons born or naturalized in the United States, and subject to the jurisdiction thereof, are citizens of the United States and of the State wherein they reside. No State shall make or enforce any law which shall abridge the privileges or immunities of citizens of the United States; nor shall any State deprive any person of life, liberty or property, without due process of law, nor deny to any person within its jurisdiction the equal protection of the laws.”

388 Carrozza P., Noi e gli altri. Per una cittadinanza fondata sulla residenza

e sull’adesione ai doveri costituzionali, in, La governance dell’immigrazione. Diritti, politiche e competenze, a cura di E. Rossi, F.

196 europei, di fronte ai massicci flussi migratori più recenti,

hanno aperto il dibattito intorno alla considerazione della cittadinanza e in molti casi hanno ripensato le loro legislazioni in materia.

In tal senso il panorama europeo risulta essere molto vario e per certi versi disomogeneo nelle politiche di integrazione proposte dai vari Paesi, anche se l’istituzione della cittadinanza europea ha inciso nel rapporto tra lo status civitatis e lo status personae dei diversi Stati membri. In particolar modo la Corte di Giustizia europea ha condizionato profondamente e limitato la discrezionalità nel trattamento dello straniero comunitario per i vari Stati. Ad oggi però la cittadinanza resta un “bastione della sovranità nazionale”, come afferma Brubaker, a causa forse anche della debolezza da parte dell’Unione Europea di stabilire una sorta di strategia comune per affrontare il fenomeno migratorio.389

È interessante però notare come il mutare dei confini dello status civitatis sia sempre stato spinto da ragioni storico- politiche. In tal senso anche lo stesso approccio americano, sopra richiamato sinteticamente, va contestualizzato in un momento preciso: l’America era reduce da una sanguinosa guerra civile combattuta tra la Virginia e il Mississipi e l’estensione della cittadinanza ai nati sul suo territorio si trattò di un atto di supremazia degli Stati vincitori del Nord su quelli del Sud, proprio per imporre la loro egemonia costringendo gli sconfitti al gravoso compito di integrare forzatamente milioni di neri che fino a poco tempo prima erano stati ridotti

389 Baraggia A., La cittadinanza “composita” in alcune esperienze europee.

197 in condizioni di schiavitù.390 L’adesione allo ius soli era

quindi figlia di un progetto politico ben preciso.391

Come afferma Grosso infatti: “L’obiettivo politico, dunque, era evidente: si voleva evitare che, con strumenti giuridici, gli Stati del Sud vanificassero le norme in tema di emancipazione approvate sulla spinta della vittoria bellica, e in tal modo pretendessero di tornare a imporre, nella sostanza, il proprio modello sociale, definitivamente sconfitto con la resa del generale Lee nel 1865. Si noti che, nel dibattito che precedette la sua adozione, il Senatore Jacob Howard del Michigan, presentatore dell’Emendamento, ribadì quanto già specificato dal Civil Rights Act del 1866: dall’applicazione dello ius soli sarebbero stati esclusi i nativi americani, oltre a coloro che,

390 Grosso E., Si fa presto a dire “ius soli”. Considerazioni sparse

sull’acquisto della cittadinanza nel diritto comparato, in Diritto,

immigrazione e cittadinanza XV, 2-2013, pag. 15 ss.

391 Grosso E., Una cittadinanza funzionale, ma a cosa? Considerazioni

sull’acquisto della cittadinanza iure soli, a partire da una suggestione di Patricia Mindus, Materiali per una storia della cultura giuridica, a. XLX, n.

2, dicembre 2015, pag. 8: “Il XIV Emendamento, come espressamente affermato dai suoi stessi proponenti, mirava a vanificare gli effetti della celeberrima sentenza Dred Scott, emessa dalla Corte Suprema nel 1857. Quella decisione aveva sancito, due anni prima dello scoppio della guerra civile, che gli schiavi, in quanto privi della cittadinanza di uno Stato dell’Unione e impossibilitati ad acquisirla, non avevano il diritto di proporre azioni giudiziarie di fronte a una Corte federale. Secondo la opinion di maggioranza, l’art. 3, sezione 2, paragrafo 1 della Costituzione americana – il quale prevede che «il potere giudiziario (federale) si estende [...] alle controversie [...] fra cittadini di differenti Stati» – non poteva applicarsi a Dred Scott, schiavo nero di proprietà di un cittadino della Virginia, in quanto Scott non era un «cittadino di uno Stato» secondo la definizione della Costituzione per come era stata intesa al tempo in cui essa era stata adottata, e non aveva pertanto titolo a intraprendere azioni giudiziarie di fronte a una Corte federale. Di conseguenza, non poteva assumere alcuna rilevanza che un singolo Stato (nel caso di specie il Missouri) avesse (successivamente) riconosciuto il+ ricorrente come proprio cittadino. A nessuno Stato, infatti, poteva essere attribuita la facoltà di naturalizzare soggetti privi della cittadinanza, conferendo loro i diritti e i privilegi assicurati ai cittadini dal Governo federale. La sentenza Dred Scott aveva di fatto consegnato nelle mani dei singoli Stati – e quindi, per ciò che concerneva gli afro-americani residenti quasi tutti al sud, agli Stati schiavisti del meridione – le “chiavi” della cittadinanza. Proprio quella sentenza aveva costituito uno dei casus belli della guerra civile”.

198 sebbene nati negli Stati Uniti, fossero comunque «stranieri»,

o appartenessero a famiglie di Ambasciatori o Ministri degli esteri. Ciò si sottolinea soltanto per chiarire ulteriormente che quella nuova disciplina, redatta in quella specifica forma, era il frutto di un ben deliberato e ponderato progetto politico, che nulla aveva a che vedere con la volontà di estendere indiscriminatamente il numero degli individui titolari dello status di cittadino.”392

Inoltre è altrettanto interessante sottolineare come la legislazione americana abbia sì previsto uno ius soli “puro”, ma di contro, abbia stabilito delle clausole estremamente rigide per la trasmissione della cittadinanza iure sanguinis393.

392 Ibidem.

393 Sec. 301 C., Immigration and Nationality Act del 1951: “The following

shall be nationals and citizens of the United States at birth: a person born in the United States, and subject to the jurisdiction thereof; a person born in the United States to a member of an Indian, Eskimo, Aleutian, or other aboriginal tribe: Provided, That the granting of citizenship under this subsection shall not in any manner impair or otherwise affect the right of such person to tribal or other property; a person born outside of the United States and its outlying possessions of parents both of whom are citizens of the United States and one of whom has had a residence in the United States or one of its outlying possessions,

prior to the birth of such person;

a person born outside of the United States and its outlying possessions of parents one of whom is a citizen of the United States who has been physically present in the United States or one of its outlying possessions for a continuous period of one year prior to the birth of such person, and the other of whom is a national, but not a citizen of the United States; a person born in an outlying possession of the United States of parents one of whom is a citizen of the United States who has been physically present in the United States or one of its outlying possessions for a continuous period of one year at any time prior to the birth of such person; a person of unknown parentage found in the United States while under the age of five years, until shown, prior to his attaining the age of twenty-one years, not to have been born in the United States; a person born outside the geographical limits of the United States and its outlying possessions of parents one of whom is an alien, and the other a citizen of the United States who, prior to the birth of such person, was physically present in the United States or its outlying possessions for a period or periods totaling not less than five years, at least two of which were after attaining the age of fourteen years: Provided, That any periods of honorable service in the Armed Forces of the United States, or periods of employment with the United States Government or with an international organization as that term is defined in section 1 of the

199 Infatti proprio nell’Immigration and Nationality Act del 1951

si stabiliscono una serie di condizioni per i nati all’estero che riguardano i genitori, in particolare si richiede che almeno uno dei due abbia risieduto in America prima della nascita del figlio con diverse tempistiche in base al caso di specie. Tale rigidità rispetto alla concessione della cittadinanza iure sanguinis sembra in qualche modo controbilanciare il criterio dello ius soli puro, proprio per preservare la concezione di una cittadinanza che abbia un legame effettivo con il territorio e che non si trasmetta in maniera illimitata, data la facilità con la quale si può anche strumentalmente decidere di ottenerla iure soli.394

Allo stesso modo anche il modello francese sul tema della cittadinanza ha vissuto momenti diversi dettati da spinte politiche diverse, poiché lo ius soli non è stato il criterio centrale e adottato fin da subito. L’impostazione iniziale era quella tracciata dal Codé Civil del 1804, dove lo ius sanguinis faceva da padrone, nonostante Napoleone volesse dare spazio anche allo ius soli.395 Vedremo che sarà poi il secolo

successivo a produrre importanti trasformazioni sul diritto francese.

International Organizations Immunities Act (59 Stat. 669; 22 U.S.C. 288) by such citizen parent, or any periods during which such citizen parent is physically present abroad as the dependent unmarried son or daughter and a member of the household of a person (A) honorably serving with the Armed Forces of the United States, or (B) employed by the United States Government or an international organization as defined in section 1 of the International Organizations Immunities Act, may be included in order to satisfy the physical-presence requirement of this paragraph. This proviso shall be applicable to persons born on or after December 24, 1952, to the same extent as if it had become effective in its present form on that date; and a person born before noon (Eastern Standard Time) May 24, 1934, outside the limits and jurisdiction of the United States of an alien father and a mother who is a citizen of the United States who, prior to the birth of such person, had resided in the United States.”

394 Grosso E., Si fa presto a dire “ius soli”. Considerazioni sparse

sull’acquisto della cittadinanza nel diritto comparato, op. cit. pag. 18.

200 In tal senso, prima di analizzare la disciplina attualmente in

vigore Francia, è interessante confrontare le radici del suo modello con quello tedesco, proprio al fine di ricostruire l’evoluzione storico-politica che entrambe le realtà hanno vissuto, in modo molto distante fra loro. Non si vuole in questa sede operare delle semplificazioni o delle classificazioni troppo rigide e fuorvianti, bensì rilevare come storicamente intorno ai primi dell’Ottocento, Francia e Germania abbiamo compiuto riflessioni molto diverse sul tema dello status civitatis. Tali modelli hanno poi fornito spunti importanti per gli altri Paesi, finendo per incarnare i due poli di riferimento almeno originariamente.

Come afferma lo stesso Brubaker vi sono innanzitutto ragioni storiche alla base della profonda differenza che si produrrà in Francia e in Germania fin dai primi dell’Ottocento sui concetti di cittadinanza e di nazionalità: “Laddove in Francia nazione e regno erano concettualmente fusi, in Germania nazione e impero sovranazionale erano nettamente distinti. E mentre l’iniziale consolidamento e la sempre crescente statualità della monarchia francese un po' alla volta formarono e rafforzarono la coscienza nazionale, già nel Duecento il Sacro Romano Impero aveva perso i connotati propri di un organismo statale. Anche se sopravvisse fino all’Ottocento, con le sue istituzioni sempre più traballanti, esso mancava del potere integrativo di un’amministrazione burocratica centralizzata e non riuscì a dar forma a una coscienza nazionale solidamente ancorata allo Stato. La coscienza nazionale tedesca non fu mai esclusivamente culturale, del tutto apolitica; e tuttavia, pur essendo legata alla memoria e all’anticipazione di una organizzazione politica effettiva, per sei secoli essa fu scissa dalla realtà. In Francia, quindi una monarchia burocratica diede vita a una concezione politica e territoriale della nazionalità; mentre in Germania la disparità di dimensioni tra un impero sovranazionale e la profusione subnazionale di

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