• Non ci sono risultati.

Misurazione dei rischi in Solvency II

2.2 Primo pilastro: requisiti patrimoniali e misurazione dei rischi

2.2.5 Misurazione dei rischi in Solvency II

Come già visto, il SCR deve essere calibrato in modo da garantire che siano presi in considerazione tutti i rischi quantificabili cui è esposta un’impresa di assicurazione e riassicurazione; in particolare, il requisito patrimoniale di solvibilità deve coprire quanto meno i seguenti rischi:

• Rischio di Mercato;

• Rischio Operativo;

• Rischio di Credito;

• Rischio di sottoscrizione per l'assicurazione malattia;

• Rischio di sottoscrizione per l'assicurazione vita;

• Rischio di sottoscrizione per l'assicurazione danni;

• ed infine, il cosiddetto Intagible asset risk. Rischio di Mercato

Il rischio di mercato sorge dal livello o dalla volatilità dei prezzi di mercato degli strumenti finanziari; l’esposizione al rischio di mercato è misurata dall’impatto sul valore del portafoglio attivi dei movimenti nel livello di variabili finanziarie come prezzo delle azioni, tassi di interesse, prezzi degli immobili e tassi di cambio.

Al fine di valutare in maniera corretta il rischio di mercato inerente ai fondi d’investimento collettivo, sarà necessario esaminare la loro sostanza economica. Dove possibile, questo deve essere raggiunto applicando un approccio look-through12 per consentire una corretta valutazione dei rischi relativi agli asset sottostanti al fondo comune. Se lo schema di investimento del fondo non è sufficientemente trasparente, si può seguire un approccio mandated-based che consiste nel raccogliere referenze sulla qualità del gestore per poi effettuare delle assunzioni in base al suo mandato. Come ultima possibilità, le imprese possono considerare lo schema di investimento collettivo come un investimento azionario e applicare lo shock di rischio azionario globale.

Il calcolo del SCR secondo la formula standard segue un logica di scenario (scenario testing approach) per tutte le componenti di rischio: in pratica il requisito di capitale viene determinato come differenza tra il valore del NAV (Net Asset Value) stimato considerando lo scenario best estimate ed il NAV stimato considerando lo scenario

12

L’approccio look-through prevede che si indaghi sulla composizione degli asset sottostanti al fondo comune (azioni, obbligazioni ecc.) per quantificare con maggiore precisione il rischio implicito di tutto il fondo.

45

stressato che rappresenta il 99,5 − YZ[#9 percentile della distribuzione di probabilità del rischio.

Gli input previsti dalla formula sono i seguenti:

• Fi ;>? jk/(9mn rappresenta il fabbisogno di capitale dovuto agli shock verso l’altro/basso dei tassi di interesse;

• Fi Do rappresenta il fabbisogno di capitale per il rischio azionario;

Fi 6LI6 rappresenta il fabbisogno di capitale per il rischio immobiliare;

• Fi E6 rappresenta il fabbisogno di capitale per il rischio di spread;

• Fi HI>H rappresenta il fabbisogno di capitale per il rischio di concentrazione;

• Fi cp rappresenta il fabbisogno di capitale per il rischio valutario;

Fi ;6 rappresenta il fabbisogno di capitale per il rischio di premio di illiquidità. I sottorischi di mercato vengono combinati sulla base della seguente relazione:

./0Jq?= Max r78/9::Fi jkL,H LpH ∙ Fi s6,L∙ Fi s6,H; 78/9::Fi (9mnL,H LpH ∙ Fi KIt>,L∙ Fi KIt>,Hu dove:

/9::Fi jkL,H sono gli elementi della matrice di correlazione /9::Fi jV;

Fi s6,L e Fi s6,H sono i requisiti di capitale relativi ai singoli sottorischi di mercato in caso di movimento al rialzo dei tassi di interesse in linea rispetto alle righe e alle colonne della matrice di correlazione /9::Fi jV;

• /9::Fi (9mnL,H sono gli elementi della matrice di correlazione /9::Fi (vbw;

• Fi KIt>,L e Fi KIt>,H sono i requisiti di capitale relativi ai singoli sottorischi di mercato in caso di movimento al ribasso dei tassi di interesse in linea rispetto alle righe e alle colonne della matrice di correlazione /9::Fi (vbw;

46

e la matrice di correlazione /9::Fi jV è definita nel seguente modo:

A questo punto vediamo come Solvency II procede a misurare i singoli sottomoduli di rischio ricompresi all'interno del market risk, ossia:

• il Rischio di tasso di interesse;

• il Rischio azionario;

• i Rischi immobiliari;

• il Rischio valutario;

Tabella 2.4: matrice di correlazione /9::Fi (vbw.

47

• il Rischio spread;

• il Rischio di concentrazione;

ed infine, l'illiquidity premium risk.

Il rischio tasso di interesse esiste per tutte le attività e passività per le quali il NAV è sensibile ai cambiamenti della struttura a termine o della volatilità dei tassi di interesse. Questo vale sia per le strutture a termine reali che quelle nominali. Le attività sensibili ai movimenti dei tassi di interesse comprendono.

investimenti a reddito fisso (fixed-income);

• strumenti di finanziamento (per esempio capitale di prestito);

• prestiti;

• derivati sui tassi d’interesse ed eventuali attività di assicurazione.

Il valore attualizzato dei futuri flussi di cassa delle passività sarà sensibile ad una variazione del tasso al quale vengono scontati i flussi di cassa.

Il fabbisogno di capitale è determinato come risultato di due scenari predefiniti: Fi ;>?x6 = y∆w*{|s6

Fi ;>?}It> = y∆w*{|KIt> dove:

• y∆w*{|s6 e y∆w*{|KIt> rappresentano le variazioni nei valori netti degli attivi e dei passivi a causa delle rivalutazioni di tutti gli strumenti sensibili ai tassi di interesse utilizzando una struttura a termine alterate al ribasso e al rialzo;

• Fi ;>?x6 rappresenta il requisito di capitale necessario a seguito di uno shock al rialzo dei tassi di interesse;

Fi ;>?}It> rappresenta il requisito di capitale necessario a seguito di uno shock al ribasso dei tassi di interesse.

Le strutture a termine alterate sono derivate moltiplicando i tassi correnti per (1 + Zs6) e (1 + ZKIt>) per le singole maturity specificate come segue:

48

Per esempio, il tasso d’interesse a 15 anni “stressato” 0`(15) nello scenario “verso l’alto” è determinato come segue:

0`(15) = 0•(15) ∙ (1 + 0,33)

dove 0(15) è il tasso d’interesse a 15 anni basato sull’attuale struttura a termine dei tassi.

Il rischio azionario deriva dal livello o dalla volatilità dei prezzi di mercato per i titoli azionari. L’esposizione al rischio azionario si riferisce a tutte le attività e passività il sui valore risulti sensibile alle variazioni dei prezzi azionari.

Ai fini del calcolo dei requisiti di capitale i titoli azionari vengono suddivisi in due categorie:

Maturity t (anni) Relative change

•‚ƒ(„) Relative change …†‡ˆ(„) 0,25 70% -75% 0,5 70% -75% 1 70% -75% 2 70% -65% 3 64% -56% 4 59% -50% 5 55% -46% 6 52% -42% 7 49% -39% 8 47% -36% 9 44% -33% 10 42% -31% 11 39% -30% 12 37% -29% 13 35% -28% 14 34% -28% 15 33% -27% 16 31% -28% 17 30% -28% 18 29% -28% 19 27% -29% 20 26% -29% 21 26% -29% 22 26% -30% 23 26% -30% 24 26% -30% 25 26% -30% 30 25% -30%

49

• “Tipo 1” che comprende azioni listate in mercati regolati in paesi membri dell’EAA o dell’OECD;

• “Tipo 2” che comprende le azioni quotate in mercati di paesi non appartenenti all’EAA o all’OECD, azioni non quotate, private equity, hedge funds, commodities ed investimenti alternativi. Sono inoltre compresi tutti gli investimenti non compresi nei sottomoduli “interest rate”, “property” e “spread”. Con riferimento alle modalità di calcolo, un primo step prevede che per ciascuna categoria [ di azioni, occorre procedere a determinare il requisito patrimoniale determinato come il risultato di predefiniti scenari di stress previsti per quella categoria sulla base della seguente relazione:

Fi Do,; = Max]y∆w*{|Dos;?‰ EŠIHq; 0d dove:

Y‹Œ[ • Zℎ9•i costituisce la predefinita caduta di valore delle azioni della

categoria [;

• Fi Do,; rappresenta il fabbisogno di capitale necessario a fronteggiare il rischio azionario rispetto allo shock verificatosi rispetto all' [ − YZ[#$ categoria di azioni;

e dove gli scenari di equity shock per le singole categorie sono così specificate:

Il requisito di capitale Fi Do,; è determinato come l’effetto immediato sul valore netto delle attività e delle passività previsto in caso di caduta del valore della azioni secondo le scenario Y‹Œ[ • Zℎ9•i;, tenendo conto di tutte le esposizioni dirette ed indirette ai prezzi delle azioni, di tutti i tipi di esposizioni azionarie ed escludendo le partecipazioni dell’impresa a cui si applica il seguente trattamento:

• per le partecipazioni strategiche, l’Y‹Œ[ • Zℎ9•i; è pari al 22%;

50

• per tutte le altre partecipazioni, lo shock risulta lo stesso degli altri strumenti azionari (ossia del "Tipo 2").

Il secondo step prevede che il livello di capitale per il rischio azionario sia derivato dalla combinazione del fabbisogno di capitale per ogni singolo indice usando una matrice di correlazione:

Fi Do = 78 /9::•n3Y%LpH∙ Fi L∙ Fi H LpH

dove:

/9::•n3Y%LpH sono gli elementi della matrice di correlazione /9::•n3Y%;

• Fi L e Fi H indicano il requisito di capitale, a fronte del rischio azionario, per ogni singola categoria di azioni in linea rispetto alla matrice di correlazione /9::•n3Y%;

mentre, la matrice di correlazione è la seguente:

I rischi immobiliari riguardano la sensibilità di attività, passività e investimenti finanziari al livello o alla volatilità dei prezzi di mercato degli immobili.

I seguenti investimenti devono essere trattati come immobili e i loro rischi sono considerati in accordo con il sottomodulo del rischio immobiliare:

• terreni, immobili e diritti su beni immobili;

• investimenti immobiliari per l’uso proprio dell’impresa di assicurazione.

In caso contrario, i seguenti investimenti sono trattati come azioni e quindi vanno considerati nel sottomodello del rischio azionario:

• un investimento in una società impegnata nella gestione immobiliare;

51

• partecipazioni dirette o indirette in società immobiliari che producono un reddito periodico o che sono detenute per scopi di investimento;

• un investimento in una società impegnata nello sviluppo di progetti immobiliari o attività simili;

• un investimento in una società che ha avuto prestiti da parte di istituzioni al di fuori del gruppo assicurativo al fine di stimolare gli investimenti in immobili. I veicoli di investimento collettivo in immobili devono essere trattati come gli altri fondi di investimento collettivo secondo un approccio look-through.

Il fabbisogno di capitale per il rischio immobiliare sarà calcolato come il risultato di uno scenario predefinito:

Fi 6LI6 = Max(y∆w*{|6LI6DL?‰ EŠIHq; 0)

dove il k:9kY: • Zℎ9•i è l'effetto immediato sul valore netto degli attivi e dei passivi attesi nel caso di un'istantanea diminuzione del 25% negli investimenti immobiliari, considerando l'esposizioni dirette e non.

Il rischio valutario deriva da variazioni del livello o della volatilità dei tassi di cambio di valuta. Le imprese possono essere esposte al rischio valutario derivante da varie fonti, inclusi i loro portafogli d’investimento, nonché le attività passività e gli investimenti in imprese collegate. Il sottomodulo di rischio è stato disegnato in modo da prendere in considerazione tutti i rischi valutari derivanti da qualsiasi possibile fonte.

La local currency è intesa come la valuta in cui l’impresa redige il proprio bilancio; tutte le altre valute sono denominate valute estere. Una valuta estera è rilevante per il calcolo dello scenario se l’importo di fondi propri di base dipende dal tasso di cambio tra la valuta estera e quella locale.

Si noti che per ciascuna valuta estera rilevante C, la posizione in valuta dovrebbe includere qualsiasi investimento in strumenti esteri in cui il rischio valutario non risulti coperto. Questo perché gli stress sui rischi di tasso d’interesse, azionario, di spread e immobiliari non sono stati disegnati per comprendere anche il rischio valutario.

Il requisito di capitale a fronte del rischio valutario è determinato come risultato di due scenari predefiniti:

Fi ‘p,^x6 = Max(y∆w*{|cp s6t@LK EŠIHq ; 0) Fi ‘p,^}It> = Max(y∆w*{|cp KIt>t@LK EŠIHq ; 0)

52

Lo shock è fissato a una variazione del 25%, rispettivamente in più o in meno, nel valore di tutte le altre valute / nei confronti della moneta locale in cui l’impresa redige il bilancio.

Per ogni valuta, il contributo al fabbisogno di capitale Fi ‘p,^ sarà determinato come il massimo tra Fi ‘p,^x6 e Fi ‘p,^}It>.

Da cui ne deriva che il fabbisogno totale a fronte dell'ammontare complessivo delle posizioni in valuta è determinato nel modo seguente:

Fi ‘p = 8 Fi ‘p,^ ^

Il rischio spread è la parte di rischio che deriva dalla sensibilità del valore delle attività, passività e strumenti finanziari ai cambi nel livello o nella volatilità del rendimento rispetto alla struttura a termine del tasso privo di rischio. Il sottomodulo del rischio di spread va applicato in particolar modo a:

investment grade corporate bonds;

corporate bonds ad alto rendimento;

• debiti subordinati;

• debiti ibridi.

Il sottomodulo è inoltre applicabile anche a:

assed-backed securities;

tranches di prodotti strutturati;

• derivati creditizi (ad esempio CDS, TRS, CLN).

Il sottomodulo per il rischio inoltre copre anche il rischio di credito dei seguenti investimenti:

• partecipazioni;

• titoli emessi da e verso imprese collegate e le imprese in cui l’impresa di assicurazione ha un legame di partecipazione;

titoli cartolarizzati (debt securities) e altri titoli a reddito fisso;

quote in investment pool;

• depositi con istituti di credito;

53 Fi E6 = Fi E6BI>KE+ Fi E6E?LsH?+ Fi E6HK

dove Fi E6BI>KE, Fi E6E?LsH? e Fi E6HK sono i requisiti di capitale da detenere a fronte del rischio spread relativi rispettivamente a bonds, prodotti strutturati e credit derivatives. In particolare, il fabbisogno di capitale per il rischio di spread sui bonds e prestiti esclusi i mutui ipotecari residenziali è determinato come risultato del seguente scenario predefinito:

Fi E6BI>KE= F$% (y∆w*{|E6LD@K EŠIHq I> BI>K; 0)

Lo spread shock è inteso come l'effetto immediato sul valore netto di attivi e passivi atteso inseguito ad una diminuzione istantanea nei valori dei bonds e dei prestiti a causa di un aumento degli spread, analiticamente:

8 F{; ∙ 3Œ:$ [9n; ∙ ’x6(:$ [n“;) ;

dove:

F{; indica il valore dell'esposizione al rischio di credito;

• ’x6(:$ [n“

;) esprime la funzione corrispondente alla classe di rating dell'esposizione al rischio di credito calibrata in modo tale da rilasciare degli shock consistenti con un VaR al 99,5% in seguito ad un aumento degli spread creditizi.

Quindi, per determinare il fabbisogno di capitale per bonds e prestiti, devono essere usati i seguenti fattori ’x6:

Tabella 2.9: fattori di ponderazione per il calcolo dello spread risk su titoli

54

In caso di covered bonds ipotecari o covered bonds emessi dal settore pubblico con rating AAA, il fattore di rischio ’x6 deve esser pari allo 0,6% e la Duration Cap deve esser pari a 53 anni.

In caso di esposizioni verso (o garantiti da stati) dell’EAA, emessi nella valuta del governo o da una banca multilaterale di sviluppo, non è richiesto alcun fabbisogno di capitale; di contro, in tutti gli altri casi, il fattore ’x6 da utilizzare è il seguente:

Il fabbisogno di capitale per il rischio di spread su prodotti strutturati è determinato come il risultato di due scenari predefiniti, uno diretto ed uno indiretto, ossia:

Fi E6,s>KDLC‰;>AE?LsH? = F$%(∆yw*{|E6LD@K EŠIHq EsCCD @??;”;?à EI??IE?@>?; ; 0) Fi E6,K;LDH?E?LsH? = F$%(∆yw*{|K;LDH? E6LD@K EŠIHq Es; 6LIKI??; E?Ls??sL@?; ; 0)

Lo spread shock sulle attività sottostanti a prodotti strutturati è, indirettamente, l’effetto immediato sul NAV atteso in caso di diminuzione istantanea nel valore dei prodotti strutturati dovuta ad un aumento degli spread creditizi relativi alle obbligazioni a cui le attività sottostanti sono legate, analiticamente:

8 F{; ∙(–(:$ [n“3[Z 3Y $•ℎ;, YnŒ:Y;) − $ $•ℎ;) ;− $ $•ℎ;

;

Tabella 2.10: fattori di ponderazione per il calcolo dello spread risk su

esposizioni verso governi, banche centrali o organizzazioni internazionali non EEA.

55

dove –(:$ [n“3[Z ;, YnŒ:Y;) è una funzione della classe di rating e della permanenza del rischio di credito all'interno di un pool di attività cartolarizzate che è calibrato in modo tale da rilasciare degli shock consistenti con un VaR al 99,5%.

Tale funzione è determinata sulla base della seguente tabella:

Di contro, lo spread shock sul prodotto strutturato è l’effetto immediato sul NAV atteso in caso di diminuzione istantanea nel valore dei prodotti strutturati dovuta ad un aumento degli spread, analiticamente:

8 F{; ∙ 3Œ:$ [9n; ∙ ’x6(:$ [n“;) ;

dove ’x6(:$ [n“;) è una funzione della classe di rating dell’esposizione al rischio creditizio dentro a un aggregato di attività cartolarizzate calibrato per rilasciare degli shock consistenti con un VaR al 99,5%.

Per determinare il fabbisogno di capitale relativo al rischio di spread sui prodotti strutturati, il fattore ’x6 da utilizzare è il seguente:

Tabella 2.11: fattori da utilizzare per il calcolo dello spread risk su prodotti strutturati

56

Il fabbisogno di capitale per il rischio di spread sui derivati è determinato come il risultato di due scenari predefiniti:

Fi E6 ,s6t@LKHK = F$%(y∆w*{|s6t@LK E6LD@K EŠIHq I> HLDK;? KDL;”@?;”DE ; 0) Fi E6 ,KIt>t@LKHK = F$%(y∆w*{|KIt>t@LK E6LD@K EŠIHq I> HLDK;? KDL;”@?;”DE ; 0) In particolare, lo shock sul rischio di spread verso l’alto (o verso il basso) sui derivati è l’effetto immediato sul NAV atteso nel caso di un istantaneo aumento (diminuzione) dello spread creditizio della seguente grandezza:

Tabella 2.12: fattori da utilizzare per il calcolo dello spread risk su prodotti

strutturati (direct spread shock).

57

Con riferimento al rischio di concentrazione occorre osservare che la portata di tale sottomodulo si estende alle attività considerate nel sottomodulo del rischio azionario, di tasso ed immobiliare ed esclude le attività oggetto del modello del rischio di inadempimento della controparte al fine di evitare sovrapposizioni. Per motivi di semplicità e coerenza, la definizione di rischio di concentrazione di mercato in materia di investimenti finanziari è limitato al rischio che riguarda l’accumulazione di esposizioni con la stessa controparte; essa non comprende altri tipi di concentrazione (ad es. geografica, settore industriale ecc.).

Il calcolo presenta tre step: esposizione in eccesso, fabbisogno di capitale per il rischio di concentrazione per “nome”, aggregazione.

L’esposizione in eccesso viene calcolata come segue: —.; = F$% ˜0 ; *ZZY Z™;

pC− /)š dove:

; rappresenta l'exposure at default rispetto all'[ − YZ[#$ controparte;

• *ZZY ZpC esprime il valore totale delle attività considerate nel sottomodulo;

• /) rappresenta la soglia di concentrazione in base al rating dell'[ − YZ[#$ controparte, sulla base della seguente tabella:

Il fabbisogno di capitale per il rischio di concentrazione per “nome” i è calcolato come il risultato del seguente scenario predefinito:

/9n•; = y∆w*{|HI>HD>?L@?;I> EŠIHq

Nello specifico, i concentration shock sull'[ − YZ[#$ controparte è l’effetto immediato sul valore netto atteso di attivi e passivi dopo un’istantanea diminuzione del valore

58 —.; ∙ “; dove il parametro “, che dipende dal rating della controparte, è determinato come segue:

Da cui ne deriva che il fabbisogno di capitale per il rischio di concentrazione è determinato assumendo che non vi sia alcuna correlazione tra ogni controparte [:

Fi HI>H = 78(/9n•;a) ;

Rischio Operativo

Il rischio operativo non è stato mai stato preso in considerazione nell’ambito bancario e assicurativo almeno fino ai primi anni Duemila grazie all’introduzione della disciplina regolamentare Basilea 2 che introduce la definizione divenuta poi uno standard e adottata nella sostanza da Solvency II: “rischio di perdite derivanti da inadeguatezza o dalla disfunzione di processi interni, delle persone, dei sistemi o da eventi esterni e da eventi esogeni”13.

L’esigenza di introdurre una specifica disciplina in materia nell’ambito bancario prima e assicurativo poi, è da ricondurre all’accresciuta esposizione di istituti bancari e assicurativi a tale categoria di rischio determinata, tra l'altro, dall’incremento delle dimensioni aziendali, dalla complessità delle strutture organizzative e distributive, dall’innovazione finanziaria, dal ricorso a schemi giuridici complessi nell’attività operativa. Leggendo le prime pubblicazioni effettuate dalla BIS (Bank of International Settlements), emergono le circostanze che portarono all’introduzione di tale rischio: “rilevare un insieme complemento di rischi che non trovavano collocazione in

13 Il rischio operativo include i rischi giuridici ma non i rischi derivanti da decisioni strategiche e i rischi

di reputazione (art. 101 Direttiva 2009/138/CE).

59

precedenti sistemazioni e le cui manifestazioni si trovavano spesso impropriamente appostate o diluite tra generiche voci di costo all’interno delle scritture contabili, vuoi perché se ne fraintendeva la natura, vuoi perché un’esplicita connotazione avrebbe potuto comportare imbarazzanti conseguenze sul piano reputazionale” (Hajek, 2011). Non esiste quindi un’unica definizione di cosa può rientrare nel rischio operativo e cosa no ma si può provare a compilare un elenco (non esaustivo):

• falle nei processi di controllo e management;

• irregolarità nei processi IT;

• errori umani;

• frodi;

• rischi legali e giurisdizionali;

• disservizi vari.

È evidente come un primo aspetto che caratterizza il rischio operativo è l’eterogeneità delle sue manifestazioni (si varia da errori di sistemi IT a interruzioni di servizi come erogazione dell’energia elettrica, da disastri ambientali a incendi dovuti a fughe di gas ecc.) nonché l’essere caratterizzato dalla preponderanza, in termini di impatto assoluto, dei cosiddetti cigni neri ossia di eventi che si verificano molto raramente ma che producono effetti catastrofici.

Tali considerazioni forniscono una prima motivazione alla difficoltà di reperire una base statistica sufficiente delle manifestazioni del rischio operativo; questa indisponibilità ha implicazioni piuttosto rilevanti tanto da un punto di vista quantitativo (i.e. difficoltà di calibrazione dei modelli matematici ‘tradizionali’ di proiezione per la quantificazione delle perdite potenziali future e quindi del capitale necessario a coprire tali perdite) quanto da un punto di vista di gestione fattiva del rischio operativo e va quindi tenuta in debita considerazione quando si decida di approcciarsi alla problematica.

Naturalmente la gestione dei rischi operativi non è da considerarsi come processo

Documenti correlati