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queste misure di sicurezza

Nel documento relazione annuale delle attività svolte (pagine 189-192)

“Ritengo necessario lavorare per l’abolizione delle Case lavoro e delle colonie agricole poiché è venuto meno il senso della loro presenza nel nostro ordinamento”.

Lo ha dichiarato Desi Bruno, Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative delle libertà personali, dopo la visita alla Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano (MO), dove ha incontrato la direttrice della struttura e gli internati, autori di una missiva al Garante per informarla di aver inoltrato al magistrato di sorveglianza di Modena la richiesta di revoca della misura di sicurezza, per una serie di motivi, primo fra

tutti l’illegittimità costituzionale della materia penale che regola questo Istituto.

La struttura di Saliceta San Giuliano è una delle quattro presenti sul territorio italiano (le altre sono a Castelfranco Emilia, sempre nell’area modenese, a Sulmona e a Favignana). Nelle Case lavoro sono internate quelle persone che hanno commesso reati, hanno scontato una pena e a cui il magistrato ha applicato questa ulteriore misura di sicurezza perché considerate socialmente pericolose.

Queste misure di sicurezza hanno come obbligo il lavoro come mezzo per arrivare al reinserimento sociale, ma, nella realtà, mancano progetti di lavoro effettivo e remunerato, quindi le case diventato a tutti gli effetti misure di sicurezza senza date finali certe, tanto che possono essere prorogate fino a che il giudice di sorveglianza non ritenga cessata la pericolosità sociale.

Bruno ha parlato a questo proposito di “ergastolo bianco”, proprio perché la detenzione in queste strutture può diventare a tempo indeterminato: di qui la protesta dei detenuti che sostengono di preferire un raddoppio della pena in carcere, piuttosto che essere destinati alla Casa lavoro.

Ma chi sono gli internati di Saliceta San Giuliano?

Sono 63 uomini (su 67 posti), di cui il 6/7% stranieri (una percentuale in crescita), con altre 25 persone che sono fuori in licenza o occupati in progetti finali di inserimento.

Dei 63 citati, 4 lavorano all’esterno, due assunti da una cooperativa sociale e due con una borsa lavoro del Comune di Modena. Gli altri sono occupati 10/15 giorni al mese perché manca il lavoro, per lo più svolgono mansioni domestiche dentro l’Istituto, mentre tre di loro

Relazione delle attività svolte - anno 2012

sono occupati in tipografia, con un una remunerazione che va dagli 80 euro per dieci giorni di lavoro, ai 220 euro per un mese.

La maggioranza degli internati ha commesso più reati, di qui la pericolosità sociale, il 20% ha compiuto reati legati alla criminalità organizzata, molti poi hanno problemi di tossicodipendenza, affrontato con la sola somministrazione di metadone da parte dell’Asl, e/o di disagio psichiatrico.

L’80% di queste persone, inoltre, arriva alla Casa lavoro su provvedimenti della magistratura della Campania e della Lombardia: si tratta per lo più di internati senza riferimenti sociali, abitativi, di lavoro e spesso hanno perduto anche i legami famigliari dopo una vita trascorsa in carcere. E questo è ancora più vero se si tratta di stranieri, spesso privi di documenti, il che crea difficoltà ancora più evidenti di reinserimento sociale.

“Già nell’VIII legislatura, - ha ricordato Bruno - in Regione Emilia-Romagna, alcuni consiglieri (Borghi, Richetti, Monari, Monaco, Alberti, Piva) presentarono una proposta di disegno di legge alle Camere per abrogare le norme del Codice penale che prevedono l’assegnazione alla Casa lavoro o alla colonia agricola, due misure detentive - ha aggiunto - retaggio dell’epoca fascista perché previste dal Codice Rocco. Questo progetto è fermo, ma la mia idea è quella di ridargli impulso anche a fronte dell’abolizione dal 2013 degli ospedali psichiatrici giudiziari e del fatto che queste misure detentive non stanno funzionando, perché non assicurano un lavoro, né il reinserimento sociale attraverso specifici progetti che non si riescono a realizzare”.

Comunicato stampa del 8 giugno 2012

Carceri. Garante detenuti: casa lavoro Saliceta (Mo) evacuata per terremoto, un’occasione per la chiusura definitiva

La Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano (Mo) è stata evacuata per ragioni di sicurezza, dichiarata inagibile dai vigili del fuoco in seguito alle attività sismiche dei giorni scorsi. 65 le persone detenute trasferite, 30 alla Casa di reclusione di Parma e le altre 35 al carcere di Padova.

“Nelle case lavoro, quattro su tutto il territorio italiano- ricorda la Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, Desi Bruno- sono internate le persone che pur avendo scon-tato la pena detentiva per intero hanno avuto un ulteriore misura di sicurezza, applicata dal magistrato, perché considerate socialmente pericolose. Misure di sicurezza che hanno come obbligo il lavoro per arrivare al reinse-rimento sociale, ma nella realtà mancano i progetti, motivo per cui la misura può essere prorogata fino a che il giudice di sorveglianza non ritenga cessata la pericolosità sociale. Poiché nella realtà le finalità delle misure di si-curezza detentive non si raggiungono, non assicurando né il lavoro, né il reinserimento sociale, questa- sottolinea Desi Bruno- sarebbe l’occasione da cogliere per chiudere definitivamente la Casa lavoro di Saliceta San Giuliano, destinando le risorse dedicate a reali progetti di reinserimento per le persone internate”.

La “chiusura definitiva di Saliceta rappresenterebbe un passo in avanti verso l’abolizione delle misure di sicurezza detentive e alleggerirebbe l’impegno del territorio modenese dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna gravato dalla difficoltà di tentare un difficilissimo inserimento di persone raramente residenti sul territorio. In ogni caso- prose-gue la Garante-, da subito è necessario che le persone internate trasferite vengano collocate in istituti penitenziari che tengano conto del principio di territorialità, a questo punto applicabile anche alle misure di sicurezza deten-tive, avvicinando gli internati ai luoghi di provenienza, di residenza e dove hanno legami familiari, favorendo in questo modo un effettivo reinserimento sociale”. A ciò “si aggiunge che la presenza di decine di internati presso la Casa di reclusione di Parma andrà ad aggravare il carico di lavoro della Magistratura di sorveglianza competente per territorio”.

Relazione delle attività svolte - anno 2012 Comunicato stampa del 19 giugno 2012

Carcere. Casa lavoro Saliceta (Mo) evacuata per terremoto, quale risposta per gli internati trasferiti?

Dichiarata inagibile dai Vigili del Fuoco in seguito alle attività sismiche dei giorni scorsi, la Casa di lavoro di Sali-ceta San Giuliano (MO) è stata evacuata per ragioni di sicurezza: 65 le persone detenute trasferite, 30 alla Casa di reclusione di Parma, le altre 35 al carcere di Padova.

La Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Desi Bruno, ha espresso la seguente posizione.

“Nelle case lavoro - quattro su tutto il territorio italiano - sono internate le persone che pur avendo scontato la pena detentiva per intero hanno avuto un’ulteriore misura di sicurezza, applicata dal magistrato, perché conside-rate socialmente pericolose. Misure di sicurezza che hanno come obbligo il lavoro per arrivare al reinserimento sociale, ma nella realtà mancano i progetti, motivo per cui la misura può essere prorogata fino a che il giudice di sorveglianza non ritenga cessata la pericolosità sociale.

Poiché nella realtà le finalità delle misure di sicurezza detentive non si raggiungono, non assicurando né il lavoro, né il reinserimento sociale, l’evacuazione della casa lavoro di Saliceta può essere l’occasione da cogliere per la sua chiusura definitiva, destinando le risorse dedicate a reali progetti di reinserimento per le persone internate, tenendo conto anche della vicinanza di altra struttura, Castelfranco Emilia, dedicata in parte a persone in misura di sicurezza detentiva e che, per ampiezza e per presenza di officine dismesse, vasti terreni e attività in corso da potenziare, sarebbe meglio utilizzabile con un razionale progetto di sfruttamento di una risorsa quasi sconosciuta.

A ciò si aggiunge la necessità che riprenda l’iter legislativo per l’abolizione delle misure di sicurezza detentive, retaggio di un passato normativo che giustifica per lo più l’allontanamento di persone già condannate da territori di provenienza, e questo spiega che nella regione Emilia-Romagna la maggior parte degli internati provenga dalla Lombardia e dalla Campania.

In ogni caso, è necessario, laddove possibile, che le persone internate trasferite vengano collocate in istituti peni-tenziari che tengano conto del principio di territorialità, a questo punto applicabile anche alle misure di sicurezza detentive, avvicinando gli internati ai luoghi di provenienza, di residenza e dove hanno legami familiari, favorendo in questo modo un effettivo reinserimento sociale, e in ogni caso a trovare con urgenza una adeguata colloca-zione per le stesse, assicurando un regime di vita che tenga conto della peculiarità della situacolloca-zione giuridica e del percorso già svolto nella casa lavoro di Saliceta nonché del regime “aperto” in cui gli stessi hanno vissuto.

In questo senso desta preoccupazione la situazione degli internati di Parma, che lamentano una significativa ridu-zione degli spazi nella seridu-zione in cui sono attualmente collocati”.

Comunicato stampa del 5 luglio 2012

Carcere. “Ingiusta detenzione” degli sfollati di Saliceta San Giuliano ora rinchiusi nel carcere di Parma, interviene la Garante dei detenuti

Un caso di “ingiusta detenzione” da risolvere al più presto: è quello che denuncia Desi Bruno, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per la Regione Emilia- Romagna, dopo la visita all’Istituto penitenzia-rio di Parma, nella quale ha avuto occasione di incontrare gli internati “sfollati” dalla Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano (Mo).

Relazione delle attività svolte - anno 2012

tura – quella di Castelfranco Emilia - che, per la sua ampiezza e per la presenza di officine dismesse, vasti terreni e attività in corso, sarebbe meglio utilizzabile con un raziona-le progetto di sfruttamento di una risorsa quasi sconosciuta.

La Garante rinnova l’auspicio che riprenda al più presto l’iter legisla-tivo per l’abolizione delle misure di sicurezza detentive, retaggio di un passato normativo che giustifica per lo più l’allontanamento di persone già condannate da territori di pro-venienza; non a caso, nella regione Emilia-Romagna la maggior parte degli internati proviene da Lombar-dia e Campania.

In questo quadro, conclude Desi Bruno, desta forte preoccupazione la situazione degli internati di Sali-ceta attualmente “ristretti” presso il carcere di Parma, che lamentano una significativa riduzione degli spazi nella sezione in cui sono at-tualmente collocati. Va al più presto superato il paradosso giuridico che si è creato a Parma, dove 30 persone formalmente internate sono in sostanza detenute.

In una lettera al presidente del Tribunale di sorveglianza di Bolo-gna, datata 3 luglio 2012, i 30 detenuti segnalano che la situazione di reclusione a cui sono sottoposti, da un lato non consente un tratta-mento come detenuti e conseguenti benefici, perché non è conteggiata come reclusione; dall’altro, inter-rompe un trattamento come interna-ti, poiché l’Istituto di Parma non dispone né delle strutture idonee né di un apposito regolamento.

Scrivono, fra l’altro, che “non è possibile svolgere attività lavorativa perché non può esservi contatto fra internati e detenuti (inoltre mancano i fondi) ed il lavoro per l’internato è obbligatorio”; perciò restano chiusi in cella 20 ore al giorno, nell’ozio totale. Gli ex internati a Saliceta San Giuliano chiedono al Presidente del

Tribunale di sorveglianza di Bologna di intervenire presso l’amministra-zione delle carceri per superare al più presto l’attuale situazione di detenzione, da sostituire eventual-mente con un internamento nella casa lavoro di Castelfranco Emilia, o adottando misure di sicurezza alternative (libertà vigilata, obbligo di firma o di dimora).

Alla data della prima visita, 23 marzo 2013, la struttura ospita-va in una sezione 43 internati ( ai quali si sono aggiunti in estate gli internati sfollati Saliceta San Giuliano) sottoposti a misure di si-curezza, nell’altra 17 detenuti con problemi di tossicodipendenza in custodia attenuata. Alla data del 31.12.12 i dati ministeriali con-teggiavano 102 persone.

Nei fatti hanno l’opportunità di lavorare in maniera stabile solo i detenuti mentre per gli internati mancano i progetti, potendo lavo-rare per periodi limitati di tempo durante l’anno con retribuzioni minime.

La struttura presenta notevoli po-tenzialità che, però, non sono sfruttate a pieno: ci sono infatti strutture di lavoro importanti, ma ad esempio la lavanderia, che occupava a tempo pieno sei per-sone in custodia attenuata e lavo-ra per cinque carceri in regione e anche per due realtà esterne, Dichiarata inagibile dai Vigili del

Fuoco in seguito ai danni provocati dal terremoto, la Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano ospitava 65 persone: 30 sono state trasferite alla Casa di reclusione di Parma, le altre 35 al carcere di Padova.

I detenuti collocati a Parma stanno protestando in maniera tanto deter-minata quanto civile, chiedendo di essere destinatari di una adeguata collocazione che tenga conto della loro

situazione giuridica e del fatto che si trovavano in regime “aperto”. La Garante sostiene questa richiesta, ribadendo i concetti già contenuti nella richiesta inoltrata il 21 giugno scorso al Ministro della Giustizia, Paola Severino, e ai vertici del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria).

È il caso di ricordare che nelle

“case lavoro” - quattro su tutto il territorio italiano – sono internate persone che pur avendo interamen-te scontato la pena deinteramen-tentiva hanno avuto un’ulteriore misura di sicurez-za, applicata dal magistrato, perché considerate socialmente pericolose.

Queste ulteriori misure di sicurezza prevedono come obbligo il lavo-ro per arrivare al reinserimento sociale, ma nella realtà mancano i progetti, motivo per cui la misura detentiva può essere prorogata fino a che il giudice di sorveglianza non ritenga cessata la pericolosità sociale.

Poiché nella realtà le finalità delle misure di sicurezza detentive non si raggiungono, non assicurando né il lavoro, né il reinserimento sociale, l’evacuazione della casa lavoro di Saliceta – secondo la Garante - può essere l’occasione da coglie-re per la sua chiusura definitiva, destinando le risorse dedicate a reali progetti di reinserimento per le persone internate, tenendo conto anche della vicinanza di altra

Nel documento relazione annuale delle attività svolte (pagine 189-192)