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Segna l’inizio dell’epoca degli adattamenti la data emblematica del 1628-1629,138 in cui viene rappresentata139 La Bague de l’oubli di Jean de Rotrou, ispirata alla commedia lopesca La sortija del olvido.140

Rotrou, che forse aveva assistito alle rappresentazioni teatrali di comedias a corte (Arthur-Ludwing Stiefel 1906: 201), comporrà altre dieci commedie ispirate al teatro spagnolo aureo, in particolare a opere di Lope de Vega: «Rotrou […] parecía haber encontrado la ‘receta’ que le permitía llenar el vacío ante el que se encontraba el género de la comedia al resurgir la moda del teatro, y esto satisfaciendo el gusto del público de su época» (Höfer y Tuñon, 2008: 172). Eppure La sortija del olvido è una commedia di magia, ambientata in un contesto esotico, uno specimen poco comune nel teatro aureo e scevro da elementi di ispanicità. Perché la scelta di Rotrou ricade su questo testo? Il francese aveva probabilmente a disposizione l’intero volume della Parte XII, che conteneva, oltre alla Sortija, altri sujets ben più rappresentativi della comedia nueva.

Studiando il teatro francese tra 1630 e 1640, Colette Scherer (1983) osserva una duplice tendenza nella commedia dell’epoca, ancora lontana dalla comicità, cui giungerà solo più tardi (tra 1635 e 1640) attraverso il ritorno ai tipi tradizionali: una dramaturgie de

138 Nella prefazione all’edizione della commedia, l’autore ricorda che passarono sei anni dalla prima rappresentazione: se si considera la data del privilegio dell’edizione (3 luglio 1634), la rappresentazione si colloca nel 1628; mentre se si considera la data di stampa (18 gennaio 1635) la rappresentazione risale al 1629. 139 «representada primero en el palacio del Louvre ante el joven rey Luis XIII a quien la dedicò y luego en el castillo de Saint-Germain ante la reina Ana de Austria, obtuvo bastante éxito ante el público del Hotel de Borgoña» (del Valle Abad 1946: 89-90).

l’imaginaire, il cui più illustre rappresentante è Rotrou e una dramaturgie du quotidien,

impulsata da Corneille, «l’auteur qui a mieux perçu la possibilité d’un accord entre la societé du temps et une nouvelle esthétique théâtrale» (Colette Scherer 1983: 49). Pur in assenza di riferimenti all’ipotesto lopesco, lo studio di Colette Scherer mi sembra utile per spiegare la scelta di Rotrou, ascrivibile a una predilezione per la dramaturgie de l'imaginaire, che guida la scelta di comedias palatinas come ipotesti e la composizione di tragicommedie con espedienti narrativi romanzeschi e ambientazione esotica.

A differenza di Rotrou, che esordisce nella carriera drammatico con un adattamento, Pierre Corneille è già un drammaturgo affermato quando sceglie d'ispirarsi al teatro spagnolo, e in particolare al mito del Cid desunto da poche righe della Historia de España di Mariana e da Las mocedades del Cid di Guillén de Castro. Con il grande successo della tragicommedia

Le Cid (1637)141 si scatena la famosa Querelle du Cid, vasta polemica con molteplici ripercussioni: dal punto di vista della poetica classicista, costituisce la prima affermazione delle règles attraverso le critiche all'opera di Corneille e al suo ipotesto; dal punto di vista del

patronage, mostra il potere dell'Académie sull'indipendenza del drammaturgo e sul principio

edonistico del teatro; dal punto di vista della ricezione lopesca, è la prima occasione in cui si cita l'Arte nuevo e si va forgiando il topico dell'ignoranza degli autori comici spagnoli; dal punto di vista del rapporto tra imitatio e traduzione, «pose le problème de la traduction assimilée à ce que nous appelerions aujourd'hui un plagiat» (Civardi 2002: 17).

L'accusa di plagio risulta di particolare interesse se la si colloca nell'ambito di un teatro caratterizzato dall'emprunt, considerando che lo stesso accusatore, Mairet, si era ispirato al teatro spagnolo. Eppure, nel sunto che Furetière offre della Querelle nella Nouvelle

allégorique ou histoire des derniers troubles arrivés au royaume de l’éloquence (1658), il

plagio diventa l'unica accusa rivolta a Corneille:

Durant la guerre du Cid, il fut fait plusieurs observations et libelles, où on reproche à monsieur Corneille qu’il avoit dérobé 64 vers d’un autheur qui avoit auparavant fait la même pièce en Espagnol, et qui n’étoient pas des meilleurs.

Effettivamente l'accusa di plagio ricorre dall'inizio alla fine della querelle, così come la difesa di Corneille investe la dignificazione della traduzione. L'autore della Deffense du

Cid, Jean-Pierre Camus, dichiara che tradurre è più difficile di comporre e che una buona

traduzione può migliorare il testo originale, rifacendosi al canonico esempio del Plutarco di

141 Poche settimane prima della messa in scena l’esercito spagnolo delle Fiandre, guidato da Jean de Werth, si era ritirato da Corbie, a 160 km da Parigi: «La victoire leur avait échappeé; mais ils allaient triompher à Paris quelques semine plus tard, sur une autre scène, avec Le Cid» (Cioranescu 1983: 21).

Amyot. Nella difesa di Camus interviene anche la componente nazionalistica alla base del concetto di «appropriation» che caratterizza il teatro à l'espagnole: «Nous voyons donc se dessiner l'idée d'un certain patrimoine dramatique. Le modèle politique ou juridique se retrouve dans l'idée d'un conquête qui n'est pas réservée seulement aux militaires» (Civardi 2002: 23). Anche chi, come Sorel (Judgement du Cid), rifiuta di dare uno status di traduzione o invenzione all'opera di Corneille non manca di rilevare l'esistenza di una questione teorica, ma si appella al principio edonistico del teatro, tipica argomentazione degli irrégulières: «il m'importe fort peu si s'est traduction ou invention; enfin je déclare que c'est en gros une pièce fort agréable».

Scudéry, invece, nelle anonime Observations sur le Cid, considera dispregiativamente Corneille un «traducteur», colpevole della scelta di un sujet dal teatro spagnolo. L'ipotesto presenta infrazioni alle règles, alla vraisemblance e alla bienséance: con le Observations di

Scudéry e gli altri testi provenienti dall'Académie nell'ambito della querelle si vanno

forgiando i precetti classicisti sulla critica di un ipotesto spagnolo.

A seguito dell'apologia di Corneille, Scudéry risponde con la Preuve des passages

allégues dans les Observations sur le Cid, concludendo con una citazione di alcuni versi

dell'Arte nuevo in cui Lope, secondo l'interpretazione di Scudéry, parlerebbe contro se stesso, mostrando quanto sia pericoloso seguire il modello del teatro spagnolo.

Corneille torna al teatro à l’espagnole solo alcuni anni dopo il Cid, nel 1644, quando vengono rappresentate Le menteur e La suite du Menteur all’Hôtel de Bourgogne. Se l’insistenza di Rotrou sulle adaptations si deve al contingente successo di quella formula teatrale, Corneille142 sceglie con maggiore consapevolezza critica il teatro spagnolo come modello eccellente di commedia, e in particolare si affida alla guida di Lope de Vega, creduto allora autore della Verdad sospechosa, l’opera di Juan Ruiz de Alarcón cui s’ispira il

Menteur, e autore di Amar sin saber a quién, la comedia imitata nella Suite du Menteur.

Corneille

estima […] que necesita un guía que le sirva de modelo, al igual que anteriormente Séneca le había servido de orientación. Lope de Vega, considerado como experto en la materia de la comedia, le parece un orientador digno de ser seguido al componer estas comedias de su pluma […]. Corneille hace constar que escogió el modelo por necesidad, para llegar a una perfección que él mismo se imponía (Höfer y Tuñon 2008: 173).

142 Corneille, inizialmente autore comico, era passato alla tragedia ispirandosi a Seneca (Médée, 1634). Così scrive nell’Épître all’edizione de Le Menteur: «Il est vrai que, comme alors que je ne m’hasardai à la quitter [la

comédie], je n’osai me fier à mes seuls forces, et que, por m’élever à la dignité du tragique, je pris l’appui du

grand Séneque, à qui j’empruntai tout ce qu’il avait donné de rare à sa Médée; ainsi, quand je me suis résolu de repasser du héroïque au naïf, je n’ai osé descendre de si haut sans m’assurer d’un guide, et je me suis laissé conduire au fameux Lope de Vega, de peur de m’égarer dans les détours de tant d’intrigues que fait notre Menteur» (Corneille [1643]1961: 145).

Lope de Vega, dunque, si conferma ai suoi occhi come l’autore di comedias più rinomato di Spagna. Rispetto al modello, però, Corneille si concede maggiore libertà che nelle imitazioni di Guillén de Castro e di Seneca, come egli stesso afferma nelle pagine Au lecteur anteposte al testo del Menteur:

Bien que cette comédie et celle qui la suit soient toutes deux de l’invention de Lope de Vega, je ne vous les donne point dans le même ordre que je vous ai donné Le Cid et Pompée, dont en l’un vous avez vu les vers espagnols, et en l’autre les latins, que j’ai traduits ou imités de Guilhem de Castro et de Lucain. Ce n’est pas que je n’aie ici emprunté beaucoup de choses de cet admirable original, mais comme j’ai entièrement dépaysé les sujets pour les habiller à la française, vous trouvieriez si peu de rapport entre l’Espagnol et le Français, qu’au lieu de satisfaction vous n’en recevriez que de l’importunité.

La première vague degli adattamenti (1629-1653) si divide in due fasi (Couderc 2006): dal 1629 fino al 1640 domina la tragicommedia, mentre successivamente s’impone il gusto per la commedia. Le due tendenze convivono, anche se la seconda finisce per prevalere:

Il s’agit essentiellement d’un théâtre comique, composé à parts égales de transpositions fidèles de comedias de cape et d’épée, d’une part, et de comedias romanesques, de l’autre, correspondants aux deux “subgroups” de la comédie d’intrigue espagnole, “el urbano y el palaciego” (Couderc 1997: 16).

Una data importante nella seconda tappa dominata dalla commedia è la messa in scena de L’Esprit follet di d’Ouville (1639), adattamento della Dama duende di Calderón, che «donnait le coup d’envoi à ce que l’on appela par la suite la “comédie à l’espagnole”: des pieces inspirées de comedias, empreintes de mouvements et de gaieté, à l’action souvent dominée par le quiproquo, la méprise ou le déguisement d’un, voire de plus personnages» (Dumas 2002b: 17). Il successo della pièce impulsò un gusto per la comedia che durò finché «le goût français condamnait ces entretiens de valets et de bouffons avec des princes et des souverains» (Thomas Corneille, apud Adam 1951-1952: 336): infatti, «dans la société qui se reconstituait après la Fronde, et qui par conséquent restaurait le sens des hiérarchies, le goût du public ne tolérait plus des conversations mi-tragiques mi-bouffonnes entre les gens de la classe supérieure et leurs valets» (Adam, 1951-1952: 179), per quanto il valet si distinguesse dal gracioso lopesco, avendo tratti moralizzanti e meno ridicoli. La Restaurazione ha dunque un peso considerevole nell’abbandono di un teatro caratterizzato da una certa disinvoltura nell’infrangere le bienséances e da un importante ruolo del criado, che si burla del padrone ma ne è anche consigliere (Adam, 1970: 102). In quest’epoca l’influsso di Lope de Vega si riduce in favore di Calderón, che diventa il principale modello del teatro à l’espagnole: la moda segue l’avvicendamento dei due autori in Spagna, mostrando come il sistema d’arrivo sia ricettivo rispetto a questi mutamenti con uno scarto di pochi anni.