CAPITOLO IV - Meccanica del Materiale
4.2 Plasticità, Viscoelasticità e Viscoplasticità
4.2.1 Modelli di Plasticità
La descrizione del campo di deformazione plastica del materiale è un problema estremamente complesso e noto da molto tempo. Le prime teorie moderne, note semplicemente come deformation theory, si basavano sull’esistenza di un legame tra tensioni 𝜎 e deformazioni 𝜖 valido globalmente e che lo stesso potesse essere scritto nella forma:
𝜎 = 𝑓(𝜖)
61 L’approccio delle deformation theory prevede unicamente sistemi di carico tali per cui non sia possibile un ritorno elastico in parti del dominio precedentemente plasticizzate; in altri termini tali teorie trattano il problema plastico come un problema elastico non lineare.
In seguito, ha preso piede la flow theory o teoria incrementale della plasticità che studia la relazione tra un incremento infinitesimo di carico 𝑝̇ e la correlata risposta della struttura in termini di incrementi di tensione 𝜎̇, deformazione 𝜖̇ e spostamenti 𝑢̇. La flow theory permette una descrizione più accurata del fenomeno, specie per quanto riguarda il ritorno elastico di punti precedentemente plasticizzati.
La flow theory si basa su tre assiomi fondamentali:
1. i materiali presentano una soglia di resistenza, cioè le tensioni possibili sono limitate;
2. al termine del ciclo di carico e scarico la struttura non è in grado di recuperare completamente la configurazione iniziale, cioè sono presenti deformazioni irreversibili;
3. per bassi livelli di tensione il comportamento è considerabile elastico;
Figura 39: Dominio elastico
L’assioma 1 può essere formalizzato assumendo che per ogni punto della struttura sia possibile definire uno spazio delle tensioni, detto dominio elastico del materiale, generato dalle componenti principali di tensione e delle invarianti, i cui punti interni e di frontiera rappresentano gli stati di tensioni ammissibili (Figura 39).
Tale dominio può essere rappresentato dalla condizione di ammissibilità plastica, espressa dalla relazione:
𝑓(𝝈) ≤ 0 ( 120
essendo 𝑓(𝜎) la funzione di snervamento. Tale dominio è funzione di un certo numero di parametri, tra cui temperatura e storia di carico precedente, per cui esso permette la descrizione del comportamento meccanico del materiale a seguito di processi termo-meccanici.
L’assioma 2 può essere formalizzato attraverso la scrittura separata degli incrementi di deformazione:
𝝐̇ = 𝝐̇𝑬+ 𝝐̇𝑷 ( 121 essendo:
• 𝝐̇𝑬: componente elastica dell’incremento di deformazione;
• 𝝐̇𝑷: componente plastica dell’incremento di deformazione;
Si noti che solo 𝜖̇𝐸 è dipendente dall’incremento di tensione 𝜎̇.
62 L’assioma 3 è formalizzato, infine, ammettendo che componente plastica dell’incremento di deformazione 𝜖̇𝑃 possa essere non nulla solamente nel caso in cui la tensione sia sulla frontiera del dominio elastico, vale a dire:
𝝐̇𝑷 ≠ 0 ⇔ 𝑓(𝝈) = 0 ( 122
Il modello ottenuto a partire da tali assiomi prevede, quindi, tre tipologie di comportamento:
• fase elastica: 𝑓(𝝈) < 0;
• fase plastica: 𝑓(𝝈) = 0 ∪ 𝑓̇(𝝈) = 0 ;
• ritorno elastico: 𝑓(𝝈) = 0 ∪ 𝑓̇(𝝈) < 0 ;
È importante notare che, coerentemente con quanto detto in precedenza, sia le deformazioni elastiche che quelle plastiche sono considerate istantanee e, quindi, tempo-indipendenti; sono, infatti, assenti fenomeni di ritardo viscoso tra le deformazioni elastiche e plastiche e i carichi che hanno determinato le stesse (rate indipendent plasticity).
Figura 40: Modello elasto-plastico perfetto (a sinistra) e modello elasto-plastico incrudente (a destra)
Si noti, inoltre, che valgono le seguenti osservazioni:
• se il dominio elastico dipende effettivamente dalla storia di carico si parla di legge elastoplastica incrudente (diagramma a destra di Figura 40), altrimenti si parla di legge elastoplastica ideale (diagramma a sinistra di Figura 40);
• la formulazione della legge costitutiva in termini di incrementi infinitesimi di tensione e
deformazione permette di trattare in maniera più semplice il differente comportamento assunto dal materiale nelle fasi di carico e di scarico, per cui è estendibile a processi di carico del tutto generici;
• il comportamento elastoplastico è anolonomo (cioè dipendente dal percorso di carico), infatti la presenza di deformazioni plastiche irreversibili implica che lo stato di tensione e deformazione che si genera nel corpo a seguito dell’applicazione del carico non dipende unicamente dall’entità finale del carico ma anche dalle modalità di applicazione;
Per la formalizzazione della teoria è possibile fare riferimento al postulato di Drucker secondo il quale dato un corpo in una assegnata condizione di tensione e di carico, supponendo di applicare in maniera quasi-statica e poi rimuovere un sistema di forze addizionale, allora:
• le forze addizionali compiono lavoro non-negativo nella fase di carico;
• le forze addizionali compiono lavoro non-negativo nell’intero ciclo di carico e scarico;
e supponendo la validità dello stesso, è possibile dimostrare che esso è equivalente alla scrittura della relazione:
(𝝈𝒚− 𝝈𝒂) ⋅ 𝝐̇𝑷 ≥ 0 ( 123
63 essendo:
• 𝝈𝒚: stato di tensione appartenente alla frontiera del dominio elastico;
• 𝝈𝒂: stato di tensione ammissibile, cioè interno al dominio elastico;
• 𝝐̇𝑷: componente plastica dell’incremento di deformazione associata allo stato di tensione 𝜎𝑦; Un materiale che rispetti il postulato di Drucker soddisfa, pertanto, anche la ( 123 ed è indicato come materiale elastoplastico stabile secondo Drucker o materiale elastoplastico standard.
Figura 41: Convessità del dominio elastico e legge normale del flusso plastico
L’assunzione di validità del postulato di Drucker porta alla dimostrazione che per i materiali elastoplastici standard:
• il dominio elastico risulta convesso;
• la deformazione plastica è diretta secondo la normale esterna alla superficie di snervamento (frontiera del dominio elastico);
• non è ammessa una contrazione del dominio elastico, per cui i materiali a comportamento softening (e anche i materiali fragili, il cui dominio elastico si annulla rapidamente a seguito della rottura) violano il postulato di Drucker;
In definitiva, si arriva alla scrittura dell’espressione, nota come legge di flusso:
𝝐̇𝑷 = 𝛾 𝛁⃗⃗ 𝛔 𝑓(𝝈) 𝑐𝑜𝑛 {
𝛾 = 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) < 0 𝛾 = 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) = 0 ∪ 𝑓̇(𝝈) < 0
𝛾 ≥ 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) = 0 ∪ 𝑓̇(𝝈) = 0
Supponendo, quindi, che 𝜎𝑎 tenda a 𝜎𝑦 la relazione ( 123 può essere riscritta nella forma:
𝝈̇ ⋅ 𝝐̇𝑷≥ 0 ( 124
Si noti che la ( 124 risulta valida non solo per i punti appartenenti alla frontiera del dominio elastico ma anche per tutti i punti interni per i quali 𝑓(𝜎) < 0 per i quali ovviamente 𝜖̇𝑃= 0.
La legge costitutiva di un materiale elastoplastico standard può quindi essere riassunta dalle relazioni:
{
𝛜̇ = 𝛜̇𝐄+ 𝛜̇𝐏 𝛔̇ = 𝐸 𝝐̇𝑬 𝝐̇𝑷= 𝛾 𝛁⃗⃗ 𝛔 𝑓(𝝈)
𝝈̇ ⋅ 𝝐̇𝑷≥ 0 𝑓(𝝈) ≤ 0
64 con:
{
𝛾 = 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) < 0 𝛾 = 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) = 0 ∪ 𝑓̇(𝝈) < 0 𝛾 ≥ 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) = 0 ∪ 𝑓̇(𝝈) = 0
Considerando, invece, un materiale perfettamente elastoplastico, come già detto in precedenza il dominio elastico si mantiene costante e non risulta dipendente dalla storia di carico; in questo caso il postulato di Drucker porta alla scrittura dell’espressione:
𝝈̇ ⋅ 𝝐̇𝑷= 0 ( 125 Notando che:
𝑓̇(𝝈) = 𝑓(𝝈) 𝜵⃗⃗ 𝝈 ⋅ 𝝈̇ ( 126
e ricordando la legge di flusso, secondo la quale:
𝝐̇𝑷= 𝛾 𝛁⃗⃗ 𝛔 𝑓(𝝈) la ( 125 può essere riscritta come prodotto di due scalari:
𝛾 𝑓̇ = 0 ( 127 per cui si hanno le due soluzioni:
𝑓̇ ≠ 0 ⇒ 𝛾 = 0 , 𝛾 ≠ 0 ⇒ 𝑓̇ = 0
La legge costitutiva di un materiale elastoplastico perfetto può quindi essere riassunta dalle relazioni:
{
𝛜̇ = 𝛜̇𝐄+ 𝛜̇𝐏 𝛔̇ = 𝐸 𝝐̇𝑬 𝝐̇𝑷= 𝛾 𝛁⃗⃗ 𝛔 𝑓(𝝈)
𝛾 𝑓̇ = 0 𝑓(𝝈) ≤ 0 con:
{𝛾 = 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) < 0 𝛾 ≥ 0 𝑠𝑒 𝑓(𝝈) = 0
La funzione di snervamento 𝑓(𝜎) per come è stata definita fornisce un’indicazione del livello di plasticità raggiunta dal materiale in ogni punto; essa risulta funzione dello stato tensionale nel generico punto, quindi, nel caso di stato di tensione pluriassiale, sarà funzione almeno delle sei componenti indipendenti del tensore di tensione 𝜎𝑖𝑗. Nel caso semplificato di materiale isotropo la rappresentazione del dominio elastico può avvenire attraverso le sole componenti principali di tensione, indicando, pertanto, queste ultime con 𝜎𝐼, 𝜎𝐼𝐼 e 𝜎𝐼𝐼𝐼 è possibile scrivere:
𝑓(𝝈) ≤ 0 ⇒ 𝑓(𝜎𝐼, 𝜎𝐼𝐼, 𝜎𝐼𝐼𝐼) ≤ 0
65 In maniera perfettamente analoga, la descrizione della funzione di snervamento nel caso di materiale isotropo può avvenire mediante le invarianti di tensione, da cui, indicando le stesse con 𝐽𝐼, 𝐽𝐼𝐼 e 𝐽𝐼𝐼𝐼:
𝑓(𝝈) ≤ 0 ⇒ 𝑓(𝐽1, 𝐽2, 𝐽3) ≤ 0 essendo:
• 𝐽1(𝝈) = 𝑡𝑟([𝝈]) = 𝜎11+ 𝜎22+ 𝜎33;
• 𝐽2(𝝈) =1
2(𝑡𝑟([𝝈])𝟐− 𝑡𝑟([𝝈]𝟐));
• 𝐽3(𝝈) = 𝑑𝑒𝑡([𝝈]);
In particolare, nel caso di metalli duttili è possibile dimostrare che la plasticizzazione non dipende nemmeno da condizioni idrostatiche di pressione, cioè è possibile eliminare anche la dipendenza dal primo invariante 𝐽1.