CAPITOLO 4 MODELLO DI STUDIO
4.2 Modelli di studio per il rilevamento degli usi del suolo e dello spazio insediato.
Successivamente allo sviluppo di modelli econometrici e demografici di delimitazione territoriale su base funzionale, l'ausilio delle nuove tecnologie fotogrammetriche basate su immagini Landsat (immagini georeferenziate multispettrali, che consentono di distinguere le superfici artificiali da quelle naturali) ha reso possibile una determinazione diretta della composizione delle partizioni territoriali, ottenute mediante la sovrapposizione con le cartografie vettoriali dei confini amministrativi dell'area di indagine, inoltre ha notevolmente semplificato ed accelerato le procedure di identificazione e misurazione nelle indagini sul cambiamento degli usi del suolo. Gli aspetti innovativi dei progetti di monitoraggio della copertura del suolo consistono sostanzialmente nella oggettività e nell' estensione del dato prodotto dalla fotointerpretazione digitale. I margini di errore, pur presenti, sono uniformemente distribuiti sulla superficie acquisita nei modelli calcolo e sono sopratutto legati a limiti di risoluzione delle immagini (30 mt circa per le Immagini Landsat) Il MURBANDY-MOLAND Project, un acronimo di
Monitoring URBAN DYnamics-MOnitoring LAND use changes, progetto
Figura 2 Usi del suolo, Milano : fotointerpretazione da immagine Landsat: Murbandy_Moland jrc Report "Towards an urban atlas: Assessment of spatial data on 25 European cities and urban areas" Environmental issue report No 30. 2002
Figura 3 Usi del suolo, Palermo : fotointerpretazione da immagine Landsat: Murbandy_Moland jrc Report "Towards an urban atlas: Assessment of spatial data on 25 European cities and urban areas" Environmental issue report No 30. 2002
Europeo finalizzato a misurare le dinamiche di crescita urbana di una quarantina di città nell'arco degli ultimi 40/50 anni, si segnala tra i programmi di monitoraggio più aggiornati ed efficaci.
Se non altro, perché focalizza la sua attenzione soltanto sullo spazio insediato e perché si avvale di serie storiche decisamente più lunghe, rispetto ad altri progetti, al fine di
comprendere meglio le
interrelazioni fra crescita urbana, trasformazioni negli usi del suolo ed infrastrutturali, e relative ricadute ambientali. La ricerca ha sviluppato un approccio spaziale al problema, con l'intento di correlare informazioni
sugli usi del suolo artificiali (urbanizzati) e non (agricoli, rurali, naturali), nonché sulle reti infrastrutturali, utilizzando immagini satellitari e foto aeree (immagini Landsat) ed adottando, in fine, script di calcolo in ambiente GIS (Geographical Information Systems) per la loro restituzione ed analisi. Le informazioni sono disponibili per quattro periodi in un arco di cinquanta anni, consentendo così l'analisi di serie (multi) temporali.
I primi risultati del progetto, ancora in corso riguardano i dati sull'espansione fisica di venticinque città europee e sei extended areas (regioni urbane e corridoi di trasporto).
Rispetto all'altro programma di studio il CORINE, sviluppato sempre nei quadri dell'Unione, il MURBANDY-MOLAND consente di rilevare un numero maggiore di destinazioni funzionali, come ad esempio il verde urbano ed i servizi. Un limite invece è rappresentato dall'area di analisi considerata: una
buffer zone individuata proporzionalmente all'area urbanizzata iniziale della
città esaminata, della quale rappresenta circa solo il doppio in termini di estensione, si prefigge di riprodurre a livello statistico un modello di interazione simile al core-ring e che in Italia ha interessato l'area urbana di Figura 4 Usi del suolo, conurbazione Padova
Venezia: fotointerpretazione da immagine Landsat: Murbandy_Moland jrc Report "Towards an urban atlas: Assessment of spatial data on 25 European cities and urban areas" Environmental issue report No 30. 2002
Milano e Palermo, includendo una cintura esterna equivalente al doppio della superficie urbanizzata interna.
Si tratta di un valore che può esprimere significativamente la crescita fisica delle città ma che forse non si presta del tutto a cogliere i processi di sprawl urbano che tendono ad interessare ambiti territoriali, generalmente di dimensioni ben più estesi e come in seguito vedremo, non sempre concentrici rispetto all' area indagata. Più interessante appare allora in questo senso l'analisi di ambiti che travalicano la dimensione urbana e danno conto della reale estensione territoriale dei fenomeni diffusivi: è ad esempio il caso dell'area fra Padova e Venezia, un tipico corridoio di suburbanizzazione a bassa densità, ed in Germania della Ruhrgebiet esempio tipico di diffusione urbana su larga scala. Di assoluto interesse sono gli esiti del monitoraggio effettuato. Si osservi nella tabella, l'aumento delle superfici urbanizzate nel corso di circa quarant'anni e la contemporanea perdita di quasi un quarto delle aree naturali ed agricole. Ciò che questo rapporto non chiarisce, nonostante i
database di partenza ne abbiano tutta la possibilità, è il rapporto tra la città
principale e l'area considerata in termini di attribuzione della crescita urbana
al fenomeno della controurbanizzazione. Non è specificata, nonostante sia ormai chiaro che la causa dei fenomeni di sprawl e consumo di suolo siano prevalentemente da attribuirsi alla controurbanizzazione, quale quota di urbanizzato disperso o diffuso sia attribuibile allo spopolamento del nucleo centrale, di altri nuclei, o al semplice accrescimento di agglomerati preesitenti. L'obiettivo del Moland così come per altri programmi di rilevamento, non è tanto quello di individuare le cause o l'area in cui si concentrano le cause del fenomeno della diffusione urbana, quanto la necessità di evidenziarne gli effetti sul territorio, in termini di consumo di suolo e deterioramento del tessuto agricolo. L'area individuata dal buffer di rilevamento identifica uno spazio relazionale molto probabile tra nucleo e
cintura esterna ma che non garantisce il monitoraggio di tutti comuni potenzialmente soggetti alla disurbanizzazione della città centrale. Sulla base di questi dati, all'interno di ogni settore disciplinare di appartenenza si può, di conseguenza, valutare l'efficienza del pattern urbano rispetto ai determinanti che di volta in volta si correlano con le varie misure di densità e forma. Per ciò che riguarda il progetto CORINE: programma dell'Unione Europea volto a fornire un quadro degli usi del suolo e delle loro trasformazioni temporali nel suo territorio, anch'esso basato sulla foto interpretazione di immagini satellitari, bisogna precisare, che è il suo sviluppo, dagli anni Novanta, è stato finalizzato soprattutto alla misurazione delle risorse ambientali in merito allo stato di salute degli ecosistemi e degli spazi agricoli. A tal fine, risulta particolarmente accurato nelle distinzione delle diversi componenti che delineano gli ecosistemi continentali. La legenda fornita insieme al poliedro ambientale, vettoriale dei files di copertura del suolo, è articolata in quarantaquattro diverse categorie, di cui le prime undici dedicate ai differenti usi urbani del suolo. Questo set di dati è in grado di dare conto
delle variazioni occorse
nell'ambito degli ecosistemi (es. foreste, laghi, ecc.), negli usi del suolo produttivi agricoli ed in fine in quelli urbani.
I primi raffronti tra la situazione al 1990 e quella al 2000, pubblicati nel corso del 2005 e
riguardanti ventitré Paesi
dell'Unione, indicano che il 48,4% dello sviluppo urbano è avvenuto a scapito di aree a destinazione agricola, il 35,7% utilizzando suoli precedentemente adibiti a pascoli ed altri usi agricoli, il 9% eliminando foreste e zone boscate in genere, ed il restante 6,9% convertendo altri
Figura 5 Nuts3, Nomenclature of Territorial Units for
Statistics: ambito provinciale europeo, ESPON, nel quale si evidenzia l'area compresa nel cosiddetto "pentagono" dove si concentra la maggior parte della popolazione e della produzione del Continente.
spazi aperti, come paludi o aree verdi non destinate ad usi specifici.
Attraverso i dati del CORINE è stata analizzata tuttavia analizzata la relazione tra suoli urbanizzati e dimensione degli insediamenti, alfine di valutare l'incidenza della forma urbana sul consumo di risorse territoriali2.. Lo studio, condotto ad un livello di articolazione territoriale NUTS3 (Nomenclature of
Territorial Units for Statistics), che per l'Italia corrisponde alla scala
provinciale, utilizza i dati CLC di sedici Paesi europei agli anni 1990 e 2000, prendendo in esame una ulteriore sotto articolazione spaziale definita come UMZ (Urban Morphological Zone), rappresentata da aree urbane contigue distanti fra loro non più di 200 metri. Le UMZ vengono suddivise in tre classi, in ragione della loro dimensione demografica:
• large urban areas (UMZl: > 500.000 abitanti);
• medium urban areas (UMZ2: 100.000 < abitanti < 500.000); • small urban areas (UMZ3: 50.000 < abitanti < 100.000).
Alfine di considerare le variazioni nelle quantità di suolo urbanizzato, non solo delle aree urbane centrali più compatte, ma anche dei territori circostanti, le analisi vengono estese ad una buffer zone costituita da una corona suburbana che si sviluppa per 5 km di profondità attorno ai core urbani rappresentati dalle UMZ1. Anche in questo modello di partizione territoriale, diventa cruciale la determinazione di un'area di interazione morfologica e demografica in grado di assimilare un' ipotetico ring, le UMZ non tenendo conto della dimensione della città centrale ma adoperando un valore costante di 5km presentano una consistente variabilità del campione esaminato che si manifesta determinando un incoerenza nella distribuzione, in valore assoluto,del suolo urbanizzato tra le diverse categorie di unità morfologiche. Osservando i grafici x, si nota come il quadro emergente delinea alcune dinamiche di tendenza di un certo interesse, pur con la necessaria cautela che occorre assumere nella lettura dei dati, in ragione sia di diversità interpretative dei rilevamenti satellitari, che in ordine a differenze nelle date di copertura dei rilevamenti stessi.
Considerando che le UMZ1 coprono una superficie urbanizzata maggiore delle UMZ2 e circa doppia rispetto alle UMZ3, si rileva, a differenza di
2
Gallozzi P., Guerrieri L., "Urban Sprawl Report" , APAT, Department for Soil Protection and Land Resources, 2005
quanto ci si potrebbe attendere, che i consumi di suolo urbano osservati in termini assoluti per il buffer di 5km, non risultano affatto proporzionali all'estensione delle aree urbanizzate. Se si prende in considerazione l'intensità dei consumi di suolo rappresentata dagli incrementi percentuali occorsi tra il 1990 ed il 2000, è possibile invece osservare, per le aree urbane centrali, una vera e propria correlazione negativa fra dimensione demografica ed intensità dei suoli convertiti, tale che minore la dimensione delle aree considerate maggiore risulta la percentuale di suoli urbanizzati. In sintesi dunque, per i
core si osserva che i maggiori consumi di suolo si sono verificati nelle aree
urbane minori, che hanno mostrato le intensità di crescita maggiori
Per quanto riguarda invece le cinture suburbane,(5km) se i consumi in valore assoluto , tutti molto elevati, presentano una certa similitudine nelle tre tipologie di aree, pur con una prevalenza di quelle intermedie, in termini di intensità il fenomeno mostra una maggiore evidenza nelle aree urbane più grandi come evince dal tasso di variazione percentuale. Ciò che emerge con molta probabilità è che un buffer di 5km, concentrico all'area urbana si rivela troppo ristretto per talune categorie di città, UMZ3, per cui, il dato complessivo, in termini assoluti, risente del fatto che potrebbe intercettare meno suolo urbanizzato in prospettiva di uno sviluppo lineare o bidirezionale esteso oltre i 5km nelle aree urbane più estese.
Insomma, se da un lato si può osservare un processo di sviluppo insediativo che investe soprattutto le cinture delle aree urbane maggiori (in percentuale), dall'altro si registra un processo di espansione fisica che investe soprattutto le aree urbane centrali minori, un risultato che conferma nella sostanza la dispersione insediativa ai diversi livelli della gerarchia urbana, definita dalle tre classi dimensionali adottate, ed implicitamente conferma la bontà del modello di indagine adottato. In altre parole, è evidente la crisi delle città maggiori ed il contemporaneo consolidamento, sia della dispersione che della crescita dei poli minori. In tal senso dunque, questi risultati potrebbero essere anche interpretati come una parziale tendenza al consolidamento di un policentrismo diffuso, nel quale i centri di minori dimensioni rappresentano una scelta localizzativa alternativa allo sprawl. I consumi di suolo complessivamente osservati nel corso degli anni Novanta in questi sedici Paesi, indicano in modo inequivocabile che la dinamica è stata particolarmente attiva nelle aree urbane minori. Non è possibile però, a tale
scala, valutare quanto ciò possa rappresentare un indicatore di rafforzamento del policentrismo ma il fenomeno, perlomeno in parte è, come osservato, presente nelle aree periurbane delle agglomerazioni maggiori.