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Appare, in conclusione, utile rilevare un ultimo elemento di particolare interesse nell’attività di giudizio della Corte di Giustizia. Si tratta, in particolare, dei due diversi orientamenti che emergono dall’analisi della giurisprudenza della Corte, quello c.d. “per country” e quello “overall”.

Quella tra approccio “per country” (o di tipo discriminatorio) e approccio “overall” (o di tipo “restrittivo”) è una distinzione latente nella giurisprudenza comunitaria, che è stata epressamente individuata solo nelle elaborazioni della dottrina. In particolare, il problema che si pone è se, nei casi di misure restrittive avente carattere discriminatorio, debba applicarsi l’uno o l’altro metodo di giudizio.

Il secondo è un modello di ragionamento che può definirsi globale dal momento che, nel decidere se una misura nazionale configuri una restrizione alle libertà di circolazione, viene preso in considerazione il trattamento fiscale complessivo riservato alla fattispecie, alla luce dell’interazione tra norme di sistemi diversi e dell’eventuale esistenza di convenzioni internazionali. Esso è stato teorizzato dall’Avvocato Generale Geelhoed nelle conclusioni presentate per la causa Test Claimants in ACT

questioni o sull’interpretazione del voto, decide la Corte”: disposizione che tuttavia non

sembra ammettere l’estromissione d’ufficio, da parte della Corte, di una o più delle questioni di legittimità comunitaria.

Class IV197, laddove si è sostenuto che la tassazione negli altri Stati membri

è un fattore da tenere presente nel valutare l’esistenza di una restrizione vietata dal diritto comunitario.

In base a tale orientamento, dunque, da un lato, sono considerate restrittive persino le situazioni (si badi, non le fattispecie) in cui il contribuente è penalizzato dall’effetto combinato di disposizioni tributarie di diversi Paesi membri; dall’altro, non sono considerate restrittive norme il cui impatto possa essere neutralizzato dall’operare delle regole fiscali vigenti in un diverso ordinamento.

A tale metodo si oppone l’approccio per country, i cui sostenitori contestano l’idea che nell’analisi delle fattispecie transnazionali siano da prendere in considerazione le normative tributarie di tutti gli Stati coinvolti, affermando che la compatibilità comunitaria deve essere assicurata compiutamente da ogni ordinamento nazionale singolarmente considerato198. L’approccio “per-country”, implicito nella prevalente

giurisprudenza199, suggerisce di verificare la presenza o meno di una

197 E successivamente ripreso nelle conclusioni per le cause Kerckhaert-Morres e Denkavit

Internationaal.

198 L’approccio “per country” è sostenuto in dottrina, tra gli altri, da Weber, In search of a

(New) Equilibrium between Tax Sovereignity and the Freedom of Movement within the EC, in Intertax, 2006, p. 585, e Banks, The application of the fundamental freedoms to Member State tax measures: Guarding against protectionism or second-guessing national policy choices?, in European Law Review, 33/2008, p. 482, ed è avversato, tra gli altri, da Wattel

(implicitamente in Corporate tax jurisdiction in the EU with respect to branches and

subsidiaries; dislocation distinguished from discrimination and disparity; a plea for territoriality,

in EC Tax Review, 2003, p. 194, e, più esaurientemente, in Eènjurisdictionele of overall-

toepassing van EG-verboden op bronheffingen, in WFR, 2006, p. 647), e Vanistendael, Does the ECJ have the power of interpretation to build a tax system compatible with fundamental freedoms,

in EC Tax Review, 2008, p. 61.

199 Tra le tante, cfr. Corte di Giustizia, sentenze 22 dicembre 2008, causa C-282/07, Truck

Center; 14 dicembre 2006, causa C-170/05, Denkavit Internationaal; 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation; 12 dicembre 2006, causa C-

restrizione alle libertà fondamentali in una prospettiva squisitamente domestica, interrogandosi, quindi, se una misura fiscale nazionale possa ritenersi restrittiva o discriminatoria prescindendo da circostanze estranee all’ordinamento tributario considerato. In questa dimensione, fenomeni di doppia (o plurima) imposizione (giuridica) internazionale provocati dal contestuale esercizio della sovranità fiscale da parte di diversi Stati membri, comunemente additati come una delle principali cause di restrizione alle libertà fondamentali200, sarebbero tollerati, in quanto non

costituiscono l’effetto di un (solo) regime nazionale discriminatorio, dipendendo, piuttosto, dalla coesistenza di distinti sistemi tributari e dalla mancanza di armonizzazione nel settore della fiscalità diretta.

6. Considerazioni di sintesi sull’evoluzione del giudizio della Corte di giustizia nell’applicazione delle libertà fondamentali al campo dell’imposizione diretta

Come evidenziato nei paragrafi che precedono, l’apporccio seguito dalla Corte di giustizia nell’analisi dei casi che le sono stati sottoposti è sostanzialmente variato nel corso del tempo.

In particolare, l’impostazione tradizionale propria del principio di non discriminazione – caratterizzata da una struttura tripartita nella quale l’accertamento della differenza di trattamento, la valutazione di comparabilità delle situazioni in esame e la verifica dell’eventuale sussistenza di una causa di giustificazione – è stata affiancata dalla

374/04, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation; si cfr., inoltre, Corte EFTA, sentenza 23 novembre 2004, E-1/04, Fokus Bank.

200 V., in proposito, lo stesso Avv. Generale, conclusioni 26 ottobre 2004 nella causa C-

valutazione – e, dunque, dallo schema applicativo proprio di quest’ultima – della susssistenza non già di una vera e propria discriminazione quanto, piuttosto, di un ostacolo restrittivo all’esercizio delle libertà fondamentali201.

Al di là della indeterminatezza dei riferimenti terminologici utilizzati dalla stessa Corte, infatti, appare evidente come essa sia giunta, nel corso dell’evoluzione dell’opera di armonizzazione e di integrazione, al sostanziale superamento dell’equivalenza fra il principio di non discriminazione e libertà fondamentali, attribuendo a queste ultime diretta applicazione nel perseguimento del fine ultimo costituito dalla realizzazione del mercato interno202. Ciò è avvenuto attraverso

l’affermazione del divieto di restrizioni che di tali libertà costituisce un corollario fondamentale e che – come sopra rilevato – prescinde da un’effettiva analisi di comparabilità.

In quest’ottica, il criterio della comparabilità costituisce una cartina al tornasole dell’evoluzione della struttura del giudizio della Corte laddove essa si manifesta, talvolta, come una condizione preliminare del giudizio stesso, altre volte sembra essere utilizzata dalla Corte quasi in funzione di causa di giustificazione ovvero, addirittura, semplicemente presupposta203.

201 Cfr. J.M. Moessner, The Role of the ECJ as a Tax Court. Internal Market and Territoriality,

relazione svolta alla Conferenza della Commissione europea su “EU Corporate Tax Reform:

Progress and New Challenges” (Roma-Ostia 5 dicembre 2003).

202 Cfr. F.A. García Prats, Incidencia del derecho comunitario en la configuracion juridica del

derecho financiero (II): politicas comunitarias con incidencia sobre el derecho financiero, in Rev. Der. Fin. Hac. Pubbl., 2001, pp. 519 ss.; G. Bizioli, il processo di integrazione dei principi tributari nel rapporto fra ordinamento costituzionale, comunitario e diritto internazionale,

Cedam, 2008, p. 135.

203 Cfr. R. Mason, Flunking the ECJ's Tax Discrimination Test, in Columbia Journal of

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APITOLO

III-

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A COERENZA DEL SISTEMA FISCALE NAZIONALE