2 ESPERIENZE INTERNAZIONALI NEL SETTORE IDRICO
2.3 I M ODELLI DI R IFERIMENTO
2.3.3 Il Modello Inglese
Nel Regno Unito, l’organizzazione del servizio idrico si fonda prevalentemente sulla partecipazione di imprese private, sia nella gestione del servizio, che nella proprietà delle reti.
Seguendo l’iter evolutivo delle modalità di gestione del servizio idrico in Gran Bretagna, si può osservare che all’inizio del novecento l’erogazione del servizio avveniva tramite la gestione diretta in economia da parte dei Comuni, sistema che comportava elevati costi e che, a partire dagli anni cinquanta, fu progressivamente sostituito limitando gradualmente il ruolo delle collettività locali32; così, il Water Resources Act del 1973 dispose la regionalizzazione del sistema, ad eccezione di 29 compagnie private, che fornivano acqua potabile al 25% della popolazione, e che operavano sulla base di appositi Private Acts del Parlamento.
A partire, dal 1973, quindi, il sistema nazionale era centralizzato in dieci amministrazioni di bacino, le RegionalWater Authorities (RWA), che svolgevano funzioni relative alla gestione dell’acqua a livello di uno o più bacini idrografici. I membri dei consigli di amministrazione di tali Autorità erano nominati dai Ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente: i rappresentati locali, in origine maggioritari, erano stati progressivamente ridotti fino alla loro eliminazione sotto il Governo Thatcher (col Water Act del 1983). Tali gestori pubblici detenevano anche la proprietà delle infrastrutture. Accanto alle RWA erano stati istituiti il National Water Council, incaricati di armonizzare le azioni delle RWA, e la Water Authorities Association, organo di rappresentanza a livello nazionale delle dieci RWA, nonché organo di coordinamento della pianificazione della risorsa idrica.
Questo sistema non ha dato, tuttavia, buona prova di sé, soprattutto per la coincidenza tra controllori e controllati che si veniva a determinare e per la penuria dei finanziamenti pubblici, che impedivano un’adeguata modernizzazione degli impianti, tanto da creare l’humus che portò all’approvazione, non senza polemiche, del Water Act del 1989 che statuì la privatizzazione del settore idrico. Con il Water Act del 1989, si è proceduto al risanamento delle RWA che sono state alienate (con relativo trasferimento di proprietà delle infrastrutture) attraverso l’acquisto di quote da parte del pubblico inglese, e sono state trasformate in WaSCs (aventi forma di s.p.a.) e quotate in borsa, nel quadro di una più generalizzata tendenza alla privatizzazione dei servizi pubblici. In particolare, con gli art. 11 e 14 era previsto il rilascio, da parte del Segretario di Stato, alle società divenute private dei cosiddetti «instruments of appointment», approssimabili alle nostre concessioni, indicanti le «conditions», cioè il sistema dei vincoli e dei controlli nei confronti di tali società, garantito dal Direttore Generale del servizio idrico dell’Office of Water Service (OFWAT). Si tratta del quadro regolatorio, in cui le società dovranno operare.
32 Ciò è avvenuto per effetto della grande riforma amministrativa del 1945, che ha ridotto a meno di 1200 gli enti di gestione dei servizi idrici. Essi sono stati poi ulteriormente ridotti a soli 187 nel 1973, per atto dei Ministeri della Sanità e dell’Ambiente. Di questi, un terzo avevano la forma di aziende municipali di singole città, un terzo di Authorities Sovraregionali e un terzo di piccole società private, che coprivano il 25% del volume totale dell’acqua distribuita. Segnaliamo che la stessa nozione di servizio pubblico locale denota il mero insieme di servizi forniti alla collettività locale, che continuano però a rimanere di competenza del Governo centrale (o diretta o tramite agenzie da questo formalmente separate ma soggette a direttive): cfr., per una più accurata illustrazione del servizio pubblico locale in Gran Bretagna, Bonechi, (2001).
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Infatti, gli instruments of appointment definiscono, in particolare, l’area geografica di riferimento, la durata, il tipo di attività, e gli standard di servizio che le società devono garantire agli utenti. Tale quadro regolatorio, tuttavia, lascia uno spazio per eventuali negoziazioni tra i soggetti interessati e l’amministrazione sullo specifico contenuto che di volta in volta dovranno assumere gli instruments of appointment, dal momento che tutte le clausole, eccetto quella relativa alla durata della concessione, possono essere modificate dall’OFWAT, d’accordo con le società interessate33.
Per quanto attiene alla durata della concessione, invece, la condizione “O” stabilisce che essa sia rilasciata inderogabilmente per 25 anni, con rinnovo automatico, salvo disdetta da parte del Segretario di Stato, con un preavviso di almeno 25 anni: il ché equivale, in pratica, ad una assegnazione a tempo indeterminato. Le compagnie private che gestiscono il servizio dipendono, poi, da una serie di autorità indipendenti di regolazione e vigilanza (Non Departmental Public Bodies).
In Inghilterra e Galles, oltre al Ministero dell’Ambiente (Department for Environment, Food and Rural Affaire, DEFRA) da un lato, e la National Assembly for Wales dall’altro, responsabili delle politiche industriali, relative all’acqua, è doveroso ricordare, in particolare, l’Environment Agency, responsabile degli aspetti relativi alla protezione dell’ambiente (già National Rivers Authority fino al 1995), con funzioni di polizia e compiti riguardanti l’autorizzazione alle captazioni e agli scarichi; il Drinking Water Inspectorate (DWI) con funzioni di vigilanza sanitaria sulla qualità dell’acqua, e l’OFWAT per il controllo sulla gestione economica e la determinazione, su base quinquennale, dei prezzi dell’acqua e degli standard di servizio. Il ruolo dell’OFWAT, determinante nel compensare la disparità di potere contrattuale che penalizza gli utenti rispetto al gestore, è quello, inoltre, di vigilare sul rispetto del Competition Act del 1998.
Meno incisivo, appare invece il ruolo delle collettività locali, limitato al controllo sulla qualità dell’acqua, aspetto questo che costituisce il tratto più caratteristico del modello inglese.
Dal punto di vista del funzionamento del “mercato” idrico, si ricorda che il Competition Act del 1998 riprese e integrò il Water Industry Act (WIA) del 1991, che sostituì il Water Act del 1989 dettando regole generali sulla concorrenza nel settore idrico; il WIA fu poi emendato nel 1999, con l’eliminazione del potere delle società di gestione di disconnettere i clienti domestici per il mancato pagamento delle bollette ed attribuendo all’OFWAT il potere di approvare gli schemi tariffari delle medesime società di gestione a protezione dei clienti più deboli. L’integrale privatizzazione del servizio, tuttavia, non risulta priva di aspetti problematici come quello relativo al fatto che le autorità di regolazione appaiono colonizzate dalle potenti compagnie private, attenuando così la loro credibilità in ordine alla tutela degli interessi degli utenti.
Significativi passi in avanti sono stati compiuti con il Water Act del 2003, che ha intensificato la concorrenza nel settore idrico dall’autunno 2005: infatti, esso ha stabilito che i grandi consumatori di acqua (clienti che consumano più di 50 megalitri l’anno) possono cambiare fornitore il quale erogherà il servizio utilizzando le medesime infrastrutture, dietro
33 Per approfondimenti, cfr. Meggiolaro, Valbonesi, (2003). In caso di mancato accordo, la questione viene rinviata alla Competition Commission per una relazione in materia, anche se responsabile della decisione definitiva resta l’OFWAT. Si precisa, inoltre, che il Segretario di Stato può modificare unilateralmente le clausole in caso di fusioni tra società concessionarie o di esistenza di pratiche anticoncorrenziali, ex art. 17 del Water Industry Act.
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licenza dell’OFWAT, con cui il fornitore acquista un certo quantitativo d’acqua dalla compagnia locale (retail only licence) ma senza comprendere anche la licenza di estrazione dell’acqua (combined licence).
A tale possibilità per i nuovi entranti, si accompagna il dovere delle precedenti compagnie di consentire l’accesso a chi detiene una delle su menzionate licenze. Così, se in passato i nuovi fornitori erano costretti a costruire le proprie infrastrutture, tale sistema ha introdotto un principio di concorrenza nel mercato, seppure solo per le grandi utenze commerciali (infatti, in genere, i piccoli consumatori acquistano l’acqua dalla compagnia che opera nella loro regione, senza avere possibilità di scelta). Inoltre, il Water Act (2003) ha ristrutturato l’OFWAT, sostituendo, con effetto dall’1 aprile 2006, un singolo Direttore Generale per i servizi idrici con una nuova Autorità di regolazione (Water Services Regulatory Authority) dotata di una struttura collegiale.
Infine, tale atto ha istituito un’Autorità indipendente per la protezione dei consumatori di Inghilterra e Galles nel settore idrico, il Consumer Council for Water34. Con questa legge, è stato
avviato un processo di revisione delle conditions degli instruments of appointment, nel convincimento della necessità di elaborare nuove water supply licences. Con il Water Act, infatti, viene attribuito all’OFWAT il potere di modificarle senza passare per la Competition Commission.
Tra il 2005 e il 2007 in Inghilterra e Galles, si manifesta la tendenza tra le società di gestione a considerare la possibilità di separare la gestione dalla proprietà delle reti, fino ad allora in capo al soggetto gestore. Ciò poteva avvenire attraverso l’utilizzo di nuove forme societarie, e, infatti, diverse furono le soluzioni proposte all’OFWAT: si va dai mutual trusts, alle compagnie non- profit e altre, che l’Autorità analizza caso per caso. Oggi il modello prevalente, se non unico, è quello delle utilities verticalmente integrate lungo l’intera filiera. In queste due nazioni, tuttavia, la revisione quinquennale delle tariffe ha creato serie e crescenti difficoltà all’Ofwat e alle imprese ivi operanti.
In Scozia, due importanti interventi normativi disciplinano il settore in materia dei servizi idrici: il primo è il Water Industry Act del 2002 che riprende il Water Industry Act del 1999 e il Local Government Act del 1994; se quest’ultimo ha trasferito la responsabilità del servizio idrico dalle regioni a tre Autorità pubbliche dell’acqua, l’Act del 2002 ha invece creato lo Scottish Water unendo tali Autorità in un’unica Autorità indipendente per il controllo della qualità dell’acqua. Il secondo e più recente è il Water Environment and Water Services Act del 2003, con cui è stata recepita la dir. 2000/60. Le problematiche relative al caso dell’Inghilterra e del Galles, appena menzionato, sono state il principale driver che ha indotto il regolatore scozzese WICS a introdurre nel 2008 la concorrenza nella vendita al dettaglio. In Scozia la situazione era ulteriormente aggravata dalla presenza di una sola impresa che riforniva 5 milioni di persone, più i settori agricolo e industriale. Da quel momento, tutti i clienti non domestici della Scottish Water potevano rifornirsi da diversi distributori al dettaglio indipendenti dalla stessa. Nel 2010, oltre ai retailers appartenenti alla Scottish Water, esistevano altri 4 distributori al dettaglio autorizzati.
34 Sulle novità introdotte dal Water Act del 2003, cfr. lo studio realizzato da OFWAT e DEFRA, The development of Water Industry in England and Wales, reperibile su www.water.org.uk.
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Tuttavia, in Scozia la concorrenza a monte non esiste. Anche i retailers non appartenenti alla Scottish Water sono obbligati ad approvvigionarsi all’ingrosso dalla stessa, ma allo stesso prezzo che l’impresa riserva ai suoi distributori.
L’esempio della Scozia e il fallimento degli inset appointments, in Inghilterra e Galles, nel generare un’effettiva concorrenza nella distribuzione al dettaglio, anche per i grandi complessi industriali, ha portato a un rinnovato interesse per la concorrenza – sia nella vendita al dettaglio che nelle fasi a monte – almeno in Inghilterra. Alcune imprese (come Severn Trent, Northumbria e Anglia) hanno formulato alcune proposte su come incoraggiare la distribuzione all’ingrosso e incentivare la concorrenza. L’Ofwat ha diffuso diversi paper contenenti proposte volte ad aumentare il ricorso a meccanismi di mercato e incentrate sul contributo che può provenire da mercati upstream competitivi; infine, l’Agenzia dell’Ambiente ha reso note le sue idee su come migliorare la flessibilità e lo scambio di licenze di estrazione dell’acqua.
In Inghilterra, si sta manifestando un crescente interesse in favore dell’apertura del settore idrico alla concorrenza al dettaglio. Meno evidente risulta la tendenza a cambiamenti sul fronte upstream. Nonostante la disponibilità di alcune imprese verso un allargamento degli scambi, la maggior parte di esse si oppone al compulsory trade e alla separazione rete/servizi. Come osserva Stern (2011), per l’energia elettrica e il gas, <<chi si oppone alla concorrenza adduce il possibile rischio di perdita di economie di scopo che giocoforza si avrebbe qualora un’impresa verticalmente integrata venisse costretta all’unbundling>>.
Come osservato, l’Inghilterra rappresenta un unicum in Europa di totale privatizzazione del servizio idrico, con un forte ruolo delle Autorità di regolazione, e, di contro, una debole partecipazione delle municipalità.