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133moderne, anche di bassa gamma Il successo è dovuto alla

facilità di regolazione per cui è stato concepito. Concettualmente funziona allo stesso modo rispetto al sistema tradizionale ma è pensato per forcelle con cannotto senza filettatura. La trazione sul tubo forcella è allora affidata ad un tirante interno al cannotto, non più alla filettatura. Il tirante, detto in gergo ragnetto per via della sua forma, viene infilato all’interno del cannotto e nella parte centrale presenta un foro filettato. Su questo foro viene inserita la vite di tiraggio che ha il solo scopo di compattare il meccanismo di rotazione tirando, appunto, la forcella. La vite, infatti, insiste sul cappellotto di chiusura superiore che si appoggia direttamente sull’attacco manubrio. Girando la vite si otterrà dunque il tiro della forcella. Il bloccaggio definitivo avverrà tramite la chiusura delle viti che fissano l’attacco manubrio al cannotto forcella. Non essendoci il sistema a dado e controdado ne consegue che la regolazione è molto più semplice, basta utilizzare una chiave a brugola per poter tarare in modo ottimale il sistema. Con una serie sterzo tradizionale per le regolazioni occorreva disporre di due chiavi.

3.4.3 Ruote e freni

Con un paragone extraciclistico potremmo dire che le ruote stanno alla bicicletta come le gambe stanno al corpo umano. Sì, perché si potrebbe ipotizzare un ottimo telaio con componentistica d’eccellenza, ma per avere una bici buona sono necessarie anche ruote adeguate. Adeguate a cosa? Alle proprie esigenze. Le ruote sono composte da mozzi, raggi, cerchi e coperture. Tutti insieme però questi componenti devono portare ad un rendimento in grado di offrire comfort e sicurezza di guida. La ruota è una massa rotante. Come tale le sue caratteristiche incidono molto nella completezza della bicicletta poiché, dal sterzo sono notevoli. La presenza di un gioco nel serraggio oppure di

una chiusura molto stretta andrebbe ad amplificare le sollecitazioni provenienti dal fondo stradale provocando un danneggiamento dei pallini e delle piste di scorrimento che li accolgono. È attorno a queste regolazioni che si giocano tipologie e caratteristiche delle serie sterzo. Si vedrà a proposito la serie sterzo aheadset, sistema più moderno e utilizzato a livello praticamente universale sulle biciclette

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punto di vista fisico, entrano in ballo una serie di forze che il ciclista può sfruttare a suo favore. Un primo chiarimento: la velocità della ruota. Si consideri innanzitutto la ruota nel suo insieme. Dal mozzo, attraverso i raggi, fino al cerchio e alla copertura il movimento della ruota segue velocità differenti nel sistema di riferimento bicicletta. Serve tener conto della velocità angolare e della velocità assoluta di ogni parte della ruota. La velocità angolare della ruota è uguale per ogni punto di essa, mentre ovviamente la velocità assoluta varia - testa e filettatura dello stesso raggio hanno velocità differenti rispetto alla stessa perpendicolare al terreno. Per quanto detto ne deriva che i pesi nella ruota devono essere ben definiti. L’importanza è maggiore quanto più sono distanti dal mozzo per il crescere della resistenza inerziale che ne deriva. Il peso, ad esempio, è un fattore fondamentale, e la qualità di una ruota cresce con la leggerezza. Un peso basso permette infatti di avere una bici scattante e risentire meno dell’inerzia.

La dinamica della ruota

Non bisogna considerare le ruote come delle forme geometriche incorruttibili e indeformabili. Ammesso di poter raggiungere queste qualità le ruote perderebbero gran parte delle loro caratteristiche e in giro ce ne sarebbero ben pochi modelli. La ruota risente delle forze subite dalla bicicletta deformandosi in maniera elastica a seconda delle sollecitazioni. Una piccola asperità del terreno viene subita dalla gomma ma trasmessa anche al cerchio e ai raggi che si comportano in maniera differente a seconda delle caratteristiche date dalla costruzione. Una ruota più comoda assorbe bene le vibrazioni ma può far perdere qualcosa dell’energia impressa dal ciclista. Un modello più rigido, ad esempio quelle utilizzate su pista, quindi in condizioni di scorrevolezza ideali, trasmette il più possibile le forze ma può rivelarsi molto scomoda per la marcia su strada normale.

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I freni

Per imprimere alla bici un’accelerazione negativa serve il lavoro di una coppia frenante. Nella bicicletta questa è rappresentata dal cerchio e dai pattini freno. Perché il freno possa essere considerato sufficiente efficace per decelerare adeguatamente la bicicletta deve essere abbastanza potente da poter fermare la ruota. Le cose però non sono così semplici. Non è sufficiente che un freno sia in grado di bloccare la ruota per dire che sia efficace. Il ciclista non dovrebbe mai arrivare al bloccaggio poiché questo rappresenta una situazione di pericolo. Ci deve essere la possibilità di modulare la frenata. È attorno a questa esigenza che si spendono gli sforzi dei progettisti dei freni per bicicletta. I risultati, in termini di tipologie dei freni, sono diversi. I freni ad archetto sono senza dubbio i più diffusi. Il sistema è costituito da due archetti in lega che si vanno a

sovrapporre parzialmente. Sono uniti da un perno e sono azionati dal cavetto di comando che provoca la chiusura della pinza. Si tratta di un sistema che garantisce una buona modulabilità. A questa soluzione va affiancata quella dell’archetto a doppio fulcro. È una tipologia relativamente recente, e dà un migliore controllo della potenza. Altre tipologie di freno sono il Cantilever, il V-Brake ed il freno a disco. Quest’ultimo, in particolare, è l’evoluzione più recente: su strada vengono regolarmente riproposti visto il successo che hanno avuto nel campo della mtb, ma non riescono ad avere seguito. Il motivo è semplice: non se ne sente il bisogno a fronte del maggior peso che comportano rispetto ai sistemi più semplici. La potenza di un freno a disco, infatti, è notevole e, seppure se ne potrebbe trarre un vantaggio sul bagnato, si rischierebbe di bloccare le ruote creando situazioni di potenziale pericolo.

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Materiali

3.5

3.5.1 Materiali e progettazione

La scelta dei materiali ha giocato nell’ambito della progettazione ciclistica un ruolo fondamentale, spesso ridefinendo compiutamente i parametri e prestazioni di telaio pensati appositamente per un dato materiale. Ovviamente non esiste una scelta univoca in tal senso, e spesso si è costretti ad optare per soluzioni di compromesso o ibridando materiali differenti per rispondere più adeguatamente alle esigenze d’utilizzo d’una certa bicicletta: ecco che, verso i primi anni ’90, comparirono le prime forcelle in carbonio per ovviare l’intrinseca rigidità dell’alluminio. Poi il carbonio invase anche l’ambito di progettazione telaistica pura, andando a fasciare i tubi piantone per comporre carri sempre più confortevoli senza per questo sacrificare la reattività e la leggerezza del telaio stesso. Si può affermare senza mezze misure che l’argomento è molto vasto e complesso; come se ciò non bastasse, i materiali per telai sono indissolubilmente legati alla realizzazione dei tubi, alla saldatura dei medesimi e alla struttura e geometria dell’intero telaio. Insomma, se sino a pochi anni fa le differenze fra le varie tipologie di telaio erano percepibili esclusivamente dagli addetti ai lavori o dai cosiddetti amatori evoluti, oggi le fogge ed i materiali sono talmente differenziati, polimorfi ed in continua evoluzione da stravolgere il classico concetto di telaio ciclistico. Qui si parlerà dell’applicazione dei differenti materiali al telaio nella sua struttura più pura. Prima di tuffarci a capofitto nell’analisi dei diversi materiali è molto importante chiarire alcuni concetti generali, spesso trascurati, che possono servire ad inquadrare in modo giusto il tema. Infatti un errore tipico è quello di isolare un aspetto della bici, ad esempio il materiale del telaio, disquisendo sulle sue proprietà fisiche e dimenticandosi che, alla fin fine, quel che conta è il comportamento globale della bici e che questo è effettivamente determinato da decine di fattori diversi ma correlati tra loro.

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