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ASPETTI DI INTERESSE MEDICO LEGALE

Articolo 16 Modifiche alla legge 28 dic 2015 n

In materia di attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario, viene previsto che i verbali e gli atti conseguenti all'attività di gestione del rischio clinico non possano essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di procedimenti giudiziari. Questo è un punto di grande rilevanza che permetterà una ricerca

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più serena dei malfunzionamenti interni ai processi organizzativi delle strutture sanitarie.

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CONCLUSIONI

La legge Gelli ha senza dubbio il pregio di aver affrontato un tema, quello della responsabilità professionale sanitaria, che da lungo tempo necessitava di un inquadramento legislativo chiaro ed aggiornato, che permettesse di superare le profonde incertezze interpretative contenute nella precedente legge 189/2012 (cd. legge Balduzzi), riformulando integralmente la cornice applicativa sia della responsabilità penale sia di quella civile della struttura sanitaria nonché dell’esercente la professione sanitaria, partendo dal presupposto che la sicurezza delle cure e della persona assistita è parte costitutiva del diritto alla salute.

Tuttavia, come emerge dall’analisi fatta, sono numerosi i punti in cui la norma non può ritenersi del tutto esauriente, rilievo che lascia presagire possano sopraggiungere difformi orientamenti interpretativi. Occorrerà dunque attendere le prime sentenze per comprendere quanto e come la giurisprudenza vorrà recepire la legge.

Dall’entrata in vigore della legge sono trascorsi pochi mesi cosicché, ad oggi, sarebbe prematuro esprimere una valutazione definitiva sul suo effettivo accoglimento.

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Possono essere utili in questo contesto dei riferimenti pratici di come alcuni passaggi – per la verità abbastanza significativi della Legge – abbiano trovato concreta applicazione in rapporto all’esperienza toscana.

Riguardo all’art. 4, relativo alla possibilità di effettuare “riscontri diagnostici concordati”, si rileva che nella nostra Azienda non risulta mai attivata la procedura ai sensi di legge, dunque alla presenza di un medico di fiducia incaricato dai familiari del deceduto. A ben vedere, tale dato non è sorprendente. La prassi inveterata dell’esposto in Procura continua palesemente a rivestire un significato di massima garanzia per i familiari della vittima. L’azione dell’Autorità Giudiziaria in questo contesto continua ad essere assolutamente favorevole per la “parte - che si presuppone - offesa” garantendo, oltre alla indubitabile trasversalità, una serie di attività (autopsia, sequestro della cartella, sommarie informazioni, etc.) che non possono trovare equiparazione con il semplice riscontro diagnostico. E’ possibile che in futuro il riscontro diagnostico concordato raccoglierà soltanto i casi (peraltro rarissimi) in cui i familiari non saranno soddisfatti dall’eventuale decisione del Pubblico Ministero di non procedere. Sic stantibus rebus, v’è da sospettare che il dettato di cui all’art. 4 della Legge in oggetto, relativamente al riscontro diagnostico, resti lettera morta.

Venendo all’art. 5, si rileva che il Consiglio sanitario regionale della Toscana elabora già da molti anni, con la collaborazione dei professionisti del Sistema sanitario regionale, raccomandazioni di comportamento clinico basate sugli

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studi scientifici più aggiornati ed in conformità con il metodo del sistema nazionale Linee Guida. Tali linee guida non sono mai state, come noto, direttive vincolanti per gli operatori, ma la loro consultazione ed applicazione negli Ospedali del territorio è pratica comune già da diversi anni. L’indicazione ad attenersi alle linee guida non è quindi una novità per il nostro sistema sanitario. In attesa dell’aggiornamento del sito internet SNLG non si potrà che continuerà ad avvalersi delle linee guida già utilizzate in precedenza.

In merito all’art. 6, sulla responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, la legge Gelli fa “un passo indietro” rispetto al decreto Balduzzi (più favorevole per i sanitari), in quanto limita l’esclusione della punibilità ai casi di imperizia ed elimina la graduazione della colpa. La Cassazione penale pare essere dello stesso avviso in quanto con una recente sentenza (7 giugno 2017 n. 28187) spiega che “l'abrogazione della legge del 2012 implica la reviviscenza, sotto tale riguardo, della previgente, più severa normativa che, per l'appunto, non consentiva distinzioni connesse al grado della colpa. Infatti, la novella del 2017 non contiene alcun riferimento alla gravità della colpa. Naturalmente, ai sensi dell'art. 2 cod. pen., il nuovo regime si applica solo ai fatti commessi in epoca successiva alla riforma. Per i fatti anteriori, … sempre in applicazione dell'art. 2 cod. pen., può trovare applicazione, invece, quando pertinente, la ridetta normativa del 2012, che appare più favorevole con riguardo alla limitazione della responsabilità ai soli casi di colpa grave”.

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Con l’art. 7 invece, la legge Gelli introduce un’effettiva innovazione dei principi di responsabilità civile dell’esercente la professione sanitaria, riportandola nell’alveo della fattispecie extracontrattuale. Tale proposito era stato frettolosamente accennato anche nel decreto Balduzzi trovando residuale attuazione nella giurisprudenza di merito la quale ha proseguito con il decennale inquadramento contrattuale della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria. Rimane da verificare se la maggiore chiarezza dell’articolo 7, unitamente al comma 5 dello stesso articolo (“le disposizioni … costituiscono norme imperative ai sensi del codice civile”) sarà sufficiente ad invertire questa tendenza.

A proposito dell’art. 8, si deve constatare che, nella nostra esperienza (precedente alla legge) sulla scia del panorama nazionale maggioritario, raramente sarebbe stato rispettato il termine perentorio di sei mesi per concludere il tentativo di conciliazione. Con questa legge sarebbe quindi probabilmente stato vanificato un lavoro iniziato, e talvolta risultato risolutivo di un contenzioso in sede stragiudiziale, con relativo danno economico anche per le parti.

Sul tema della rivalsa/responsabilità amministrativa, trattato dall’art. 9, in Toscana non sono note sentenze della Corte dei Conti punitive nei confronti del medico. In proposito lascia bene sperare anche la sezione giurisdizionale regionale per l’Emilia Romagna della Corte dei Conti (11 maggio 2017, n. 100), che interpretando anche le norme della nuova Legge n. 24/2017 in

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materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie, chiarisce che, ai fini della perseguibilità in sede contabile di un medico accusato di malpractice, l’inosservanza delle linee guida non dimostra, di per sé, l'esistenza dell'elemento soggettivo della colpa grave, né, tanto meno, la necessaria sussistenza di un nesso causale tra il loro mancato rispetto e l’evento dannoso, con la conseguenza che non si può attribuire in modo certo ed automatico la responsabilità al sanitario che se ne è discostato. Secondo i giudici contabili, infatti, l’esimente di cui all’art. 3, primo comma, Legge n. 189/2012 (oggi abrogato e sostituito dall’art. 6, secondo comma, della Legge n. 24/2017) può tutt’oggi operare, nella formulazione del nuovo articolo 590- sexies c.p., solamente sul piano della responsabilità penale. Ne consegue che, nel caso della responsabilità amministrativa per danno sanitario, va dimostrata la colpa grave nel caso specifico e vanno indicati gli elementi di prova in base ai quali, sul caso concreto, si ritiene che vi sia stata violazione delle buone pratiche mediche.

Il caso riguardava un uomo che si era recato, accompagnato dalla moglie, al Pronto Soccorso di un ospedale di un Comune emiliano, accusando forti dolori addominali. Dopo la somministrazione di un farmaco contente ketoprofene, disposta da un medico della struttura, il paziente rimaneva vittima di un terribile shock anafilattico, con conseguente decesso intervenuto nel volgere di pochi minuti. Dalle successive indagini preliminari risultava che l’uomo era allergico all’acido acetilsalicilico e al ketoprofene, circostanza

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desumibile da una dichiarazione del medico curante, e che, pertanto, il decesso era stato causato dall’assunzione della predetta sostanza. Gli eredi richiedevano (ed ottenevano), in via stragiudiziale, un risarcimento danni dall’azienda sanitaria. Frattanto, il procedimento penale instaurato a carico del medico del Pronto Soccorso terminava con la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo. Il menzionato accordo transattivo con gli eredi del defunto generava, al netto della franchigia contrattuale, un esborso effettivo il cui rimborso veniva pertanto richiesto in giudizio al medico a titolo di danno erariale. Nonostante la condanna in sede penale, la Corte dei Conti (per i motivi sopra riportati) ha rigettato la domanda.

Circa l’obbligo di assicurazione per le strutture sanitarie, in Toscana dal gennaio 2010, le Aziende Sanitarie adottano una “analoga misura per la copertura della responsabilità civile” gestendo direttamente le richieste di risarcimento avanzate dai cittadini attraverso organismi multidisciplinari. Poco cambia quindi con la legge Gelli per la nostra struttura sanitaria. C’è da aggiungere che, sulla base dei dati in nostro possesso, il modello toscano presenta costi di gestione apparentemente più bassi sia rispetto al sistema assicurativo che al sistema misto e il controllo del processo in ogni fase consente, da una parte, di mettere in atto interventi di natura preventiva, dall’altra di avere un continuo feed-back sull’andamento delle pratiche e quindi di rimodulare, in corso d’opera, la valutazione delle riserve, che risulta essenziale per poter avere stime previsionali attendibili e quindi garantire un

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idoneo accantonamento. Gli effetti della legge sui singoli professionisti esercenti la professione sanitaria all’interno della Azienda invece non sono ancora valutabili.

Un articolo molto rilevante per il medico legale è senza dubbio l’art. 15, la cui concreta applicabilità desta non poche perplessità.

In proposito, duole registrare una persistente inosservanza delle norme contenute in questo articolo. In particolare, non risultano aggiornati (con specializzazione ed esperienza maturata da ciascuno) gli albi dei consulenti tecnici ed emergono sostanziali difficoltà nel reperimento di “esperti” specialisti dotati di “specifica e pratica conoscenza” che si rendano disponibili a prendere parte al collegio a fronte di un compenso ulteriormente ribassato dalla legge (gli onorari per i consulenti giudiziari sono fissati per legge e l’ultimo aggiornamento degli importi risale al 2002 -D.M. 30.05.2002-). Appare evidente che siamo di fronte ad una dicotomia: da una parte la legge impone di nominare solo medici altamente qualificati (pochi ed ancora meno quelli disponibili) e con comprovata esperienza, dall’altra non prevede un adeguato compenso economico per incentivare tali specialisti ad accettare la nomina.

Queste considerazioni si pongono credibilmente a giustificazione del fatto che, a distanza di mesi dall’entrata in vigore della Legge, l’espletamento della consulenza tecnica (da affidare, seconda la norma, ad un medico specializzato in medicina legale e ad uno o più specialisti della/e disciplina/e in esame)

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viene frequentemente affidato al solo medico legale. Ed anche a fronte della legittima richiesta, da parte del medico legale, di associazione dello specialista, i Giudici autorizzano formalmente piuttosto l’utilizzo di un ausiliario, in contrasto con l’intento della legge (vedi allegati).

Per tutti questi motivi, nonostante l’iniziale apprezzamento, il futuro della legge Gelli pare ancora molto incerto. Così incerto che in qualche ambito giudiziario, dinanzi alle rimostranze di un medico che ne chiedeva l’applicazione, si è arrivati ad affermare “qui la legge Gelli non è arrivata”. La speranza è invece che, nonostante l’imperfezione e la carenza di alcuni articoli, la legge Gelli apra la strada ad un cambiamento in tema di responsabilità professionale sanitaria indispensabile per ricostruire il rapporto medico-paziente consentendo al medico di operare serenamente ed al paziente di ricevere le migliori cure disponibili.

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