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I molteplici ruoli dell’autotutela all’interno dell’ordinamento giuridico

del sorgere di un diritto vero e proprio), o ancora la posizione complessivamente rivestita da un soggetto nell’ambito di un rapporto obbligatorio133.

Possono pertanto difendersi tanto i diritti della personalità quanto i diritti reali e quelli di credito, benché parte della dottrina ritenga che il legislatore si sia speso più in difesa degli interessi del creditore di un’obbligazione che a protezione del titolare di un diritto assoluto134. Allo stesso modo, sono considerati meritevoli di tutela tanto gli interessi patrimoniali che quelli non patrimoniali135. In ogni caso, ove si consideri rientrante fra i mezzi di autotutela anche la legittima difesa di cui all’art. 2044 c.c., si amplierà ulteriormente il campo di applicazione della relativa categoria136. Restano invece esclusi dal novero di situazioni giuridiche legittimanti l’autodifesa quelle derivanti da obbligazioni naturali (in quanto sprovviste del carattere di giuridicità, salva solo l’irripetibilità di quanto spontaneamente prestato in ottemperanza ai sensi dell’art. 2034 c.c.), gli interessi legittimi e le mere facoltà137.

6) I molteplici ruoli dell’autotutela all’interno dell’ordinamento giuridico.

133 Esempi paradigmatici di tali interessi sono quelli che consentono al titolare del potere di autodifesa di rifiutare ovvero sospendere la propria prestazione, pure dovuta, all’interno di un rapporto obbligatorio con un soggetto che si è reso (o si sospetta possa rendersi) inadempiente con riferimento alla prestazione a suo carico: si vedano gli artt. 1460 e 1461 c.c..

134 Cfr. Bigliazzi Geri, op. cit., 1971, p. 91, che si rifà ad una valutazione quantitativa delle ipotesi di autotutela previste dal codice civile

135 Ciò in coerenza con quanto previsto dall’art. 1174 c.c. in materia di obbligazioni. La Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942, a commento della suddetta previsione normativa, riporta: «L’interesse alla prestazione non deve essere necessariamente pecuniario, perché il diritto mira a realizzare e a tutelare anche le più alte idealità: basta che includa uno scopo ritenuto utile secondo l’apprezzamento predominante nella coscienza sociale, cioè indipendentemente dal giudizio subiettivo che ne possa fare il soggetto del rapporto».

136 Cfr. Bigliazzi Geri, op. cit., 1971, p. 90-91. 137 Cfr. Dagnino, op. cit., p. 55 e ss.

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Parafrasando ciò che un illustre Autore ha asserito in un suo famoso studio su un concetto fondamentale quale quello di «sanzione»138, l’unico modo davvero efficace per comprendere il reale significato dell’autotutela è cercare di rispondere alla domanda «a che cosa serve?», quindi capire quale sia la funzione concretamente attribuitale dall’ordinamento giuridico in cui è iscritta.

Dalla trattazione sinora fatta dell’argomento, tuttavia, è già emerso che la soluzione del quesito può rivelarsi più complessa e meno univoca di quanto si pensi, dal momento che i ruoli attribuiti all’autotutela sono diversi a seconda del punto di vista adottato.

Prendendo a riferimento il soggetto cui si riconosce il potere di difendere da sé un proprio interesse, risulta evidente l’inserimento dell’istituto nel più vasto insieme dei rimedi predisposti dall’ordinamento al fine di riportare equilibrio in una situazione in qualche misura sbilanciata. Costituisce, perciò, una forma di tutela139, caratterizzata dal fatto di non provenire da un soggetto terzo e imparziale ma dal soggetto che più è interessato alla sua realizzazione. Egli potrà, in virtù di tale potere, reagire a una condotta altrui che minaccia o danneggia la propria sfera giuridica, alterando lo stato di fatto preesistente ovvero compromettendo il soddisfacimento di un suo diritto; l’esercizio dell’autotutela gli consentirà, inoltre, di rimediare alla lesione eventualmente subita, eliminandone le conseguenze dannose, oppure di realizzare direttamente

138 Ci si riferisce a Bobbio, op. cit., p. 537.

139 Per la definizione del concetto di tutela, si richiama Di Majo, op. cit., 1993, p. 1 e ss.; in particolare, ricca di spunti appare la seguente notazione del medesimo Autore: «Il diritto privato è la sede non solo in cui si realizza la funzione di tutela dei diritti dei singoli ma anche di interessi, a carattere più generale, che hanno riguardo, ad esempio, alla sicurezza del traffico giuridico, alla tutela dei terzi di buona fede, a valori superindividuali (v. ad esempio, la tutela dell’ordine pubblico e del buon costume) che non possono subire deroga ad opera dei privati. La legislazione postcodiscistica è venuta accentuando tali aspetti». Parallelamente al potenziamento della tutela di diritto positivo, tuttavia, si assiste anche a una tendenza contraria: «v’ha anche il fenomeno (…) in base al quale vecchi e nuovi diritti del singolo ricevono oggi un surplus di tutela ad opera delle norme costituzionali, con la rottura del tradizionale monopolio che in subiecta materia hanno sempre esercitato il codice civile e le cosiddette leggi civili».

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la propria pretesa (garantita dall’ordinamento) soddisfacendo il proprio interesse; o ancora, di prevenire il sorgere della situazione di danno o di pericolo, paralizzando la minaccia incombente140.

Di per sé, l’autotutela rappresenta altresì una forma di responsabilizzazione dei singoli consociati, i quali, in primo luogo, sono chiamati a collaborare attivamente con lo Stato al fine di rafforzare, complessivamente, la tenuta dell’ordinamento giuridico ristabilendo l’ordine costituito; in secondo luogo, sono messi nella posizione di poter salvaguardare i propri diritti a patto di essere disposti ad attivarsi a tal fine in prima persona, senza poter più addossare la colpa del mancato soddisfacimento degli interessi o, addirittura, della preventiva rinuncia a ottenere una protezione a (presunte o reali) inefficienze del sistema giudiziario civile.

Gli strumenti di autodifesa, per di più, presentano degli indubbi vantaggi rispetto a quest’ultimo apparato: la tutela così apprestata è immediata, viene attuata direttamente sul piano sostanziale senza la necessità di mediazioni e non giunge solo dopo un considerevole lasso di tempo; il costo che deve sobbarcarsi il soggetto agente è sicuramente più contenuto (ove presente) di quello stabilito da provvedimenti statali per adire un giudice141, senza considerare poi l’alea del

140 Cfr. Ferrante, op. cit., p. 199 e 202.

141 Cfr. il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato, da ultimo, dal D.L. 24 giugno 2014, n. 90, che stabilisce gli importi dovuti a titolo di contributo unificato per instaurare un processo civile. Si pensi, altresì, alle modifiche che hanno interessato ancora di recente l’art. 92 c.p.c., norma che regola la distribuzione delle spese processuali a seconda dell’esito della lite: il secondo comma è stato dapprima aggiornato con la L. n. 69/2009, ai sensi della quale i «giusti motivi» che in precedenza giustificavano la compensazione delle spese sono stati sostituiti dalle «gravi ed eccezionali ragioni», che già delimitavano alquanto l’ambito di discrezionalità dei Giudici, per poi specificare ulteriormente la casistica che legittima la compensazione ai sensi del D.L. n. 132/2014, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 162/2014, che ha riscritto il comma nella versione attualmente vigente (che recita «Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero»), qualificando così la compensazione come evento del tutto eccezionale, a tutto discapito della parte economicamente più debole.

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giudizio; il risultato ottenibile mediante l’autotutela è di norma maggiormente rispondente alle esigenze del titolare dell’interesse (dal momento che il meccanismo ordinario della responsabilità civile, invece, si basa sul risarcimento del danno per equivalente più che sulla reintegrazione in forma specifica).

Adottando, invece, il punto di vista del soggetto che subisce l’esercizio dell’autotutela, questa può essere considerata alla stregua di una sanzione, non solo nel senso generale del termine quale espediente predisposto dall’ordinamento per rafforzare l’osservazione delle proprie norme e, se del caso, per riparare gli effetti delle violazioni142, ma anche quali misure sia preventive (aventi scopo dissuasivo, deterrenti particolarmente efficaci, considerati tutti i vantaggi sopra delineati a favore del titolare del potere di autodifesa, nonché mezzi di induzione all’adempimento, seppur tardivo, nel caso in cui si tratti di un rapporto obbligatorio) che successive (sia con funzione retributivo-punitivo sia con funzione riparatoria) rispetto all’infrazione143. Inoltre, quale ulteriore effetto dissuasivo per il potenziale soggetto passivo dell’autotutela è opportuno rammentare il fatto che, ove desideri a sua volta salvaguardare i propri interessi, minacciati o violati (benché lecitamente) dalla reazione del soggetto agente, sarà costretto a ricorrere al sistema giudiziario, con tutti gli oneri economici e probatori che ne conseguirebbero, non avendo alcuna alternativa a sua disposizione.

Infine, considerando la citata categoria quale componente dell’ordinamento giuridico, oltre alla funzione di autoconservazione di quest’ultimo (svolta incentivando i singoli individui a rispettarne le regole e quindi a riconfermare, implicitamente, la propria adesione e il proprio supporto al sistema), si può dedurre che l’autotutela si presta anche a costituire uno strumento di politica

142 Cfr. ancora Bobbio, op. cit., p. 530.

143 Per la classificazione dei modelli di sanzione astrattamente possibili e di quelli concretamente rinvenibili nel sistema giuridico, cfr. ancora Bobbio, op. cit., p. 563.

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attiva a favore della parte più debole144 di un rapporto obbligatorio o di una situazione giuridica complessa, nonché una tecnica di regolazione (seppure indiretta, venendo rimessa pur sempre all’iniziativa e alla volontà dei singoli consociati) del mercato, contribuendo a stabilire una distribuzione dei costi maggiormente equa tra le parti coinvolte.

6.1) Alcune disambiguazioni in merito al concetto di autotutela.

L’istituto in questione si pone su un binario parallelo alla tutela offerta dal processo civile, mantenendosi su un piano prettamente extragiudiziale; invero, se l’autotutela è ontologicamente rimessa all’azione del diretto interessato, l’intervento del giudice non potrà che essere meramente eventuale e non indispensabile. Ove, tuttavia, il soggetto passivo dell’autodifesa agisca nelle forme processuali canoniche, la sentenza che concluderà il processo civile avrà ad oggetto l’accertamento dei presupposti legittimanti il ricorso all’autotutela. Le notevoli differenze che permangono tra quest’ultima e la tutela offerta dal potere giudiziario (caratterizzato da principi cardine del tutto assenti nei casi di autotutela, quali l’imparzialità del giudice, la sua terzietà rispetto alle parti coinvolte e all’oggetto della controversia, la parità delle armi a disposizione dei litiganti e il contraddittorio tra questi ultimi prima di addivenire a una decisione) fanno sì che si possa affermare con una certa sicurezza che l’autotutela non costituisce una forma surrogata di giurisdizione, ma si pone su un piano completamente diverso da quest’ultima.

144 Per una trattazione più completa delle misure attuate dal diritto positivo per tutelare la parte più svantaggiata di un rapporto obbligatorio si rinvia a Scarso, Il contraente «debole», Giappichelli, Torino, 2006, il quale ravvisa una relazione di proporzionalità inversa tra l’aumento della protezione riservata dalla legge al soggetto in questione e la sempre maggiore restrizione, operata dal legislatore, degli ambiti di esplicazione del potere creativo di diritto riconosciuto alla volontà privata (e, dunque, dell’autonomia e, indirettamente, dell’autotutela privata): op. cit., p. 2-3.

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La giurisdizione privatistica, infatti, consiste nell’attività amministrativa diretta ad attuare le norme giuridiche del diritto civile ai casi particolari e non può prescindere dall’accertamento dei diritti di cui la parte attrice domanda la realizzazione e la tutela; pur potendo poi svolgere anche funzioni ulteriori, l’accertamento resta un passaggio imprescindibile per gli organi giudicanti allo scopo di risolvere una controversia. In ciò si distingue nettamente dall’autotutela, la quale invece mira solo al mantenimento dell’ordine giuridico esistente, in ciò manifestando la propria adesione e il proprio supporto all’ordinamento statale145. Inoltre, l’esercizio dell’autotutela non impedisce la possibilità di ricorrere, in ogni momento, all’autorità giudiziaria, giacché non si pone quale alternativa esclusiva ma solo come uno strumento in più a disposizione dei privati, a seconda dell’obiettivo che intendono raggiungere146.

L’autotutela si differenzia altresì dall’autonomia privata147: con quest’ultimo concetto, infatti, si intende il potere dei singoli consociati di creare a loro volta il diritto, ponendo delle norme aventi un valore riconosciuto dall’ordinamento e disciplinando diverse tipologie di rapporti. Come nel caso dell’autotutela, soccorre l’etimologia che conferma la traducibilità letterale del termine, formato dal prefisso autos e dal sostantivo nomos, in «dare legge a se stessi». Tradizionalmente, l’autonomia privata è stata valorizzata sia come strumento di autodeterminazione del singolo, mediante le proprie manifestazioni di volontà (e

145 Cfr. a questo proposito Dagnino, op. cit., p. 37, ove dichiara che, per mezzo dell’autotutela, «l’ordine viene mantenuto dagli stessi consociati, sul cui consenso si regge» mentre «la giurisdizione entra in gioco solo nell’ipotesi di controversie per dirimere le quali occorre accertare il diritto (iuris dicere)».

146 Tra i molti che ribadiscono tale concetto si veda, ad esempio, Rappazzo, op. cit., p. 19. 147 Cfr. ancora Dagnino, op. cit., p. 35 e ss, nonché p. 88 e ss.; cfr. anche Rappazzo, op. cit., p. 22 e ss. Pare opportuno ricordare la nota tesi sostenuta da parte della dottrina (cfr. Romano Salvatore, Autonomia privata, Giuffrè, Milano, 1957), che ha classificato i poteri privati di cui si comporrebbe l’autonomia privata in normativi, esecutivi e giurisdizionali, riconducendo a questi ultimi l’autotutela e stabilendo così un rapporto tra il concetto di autonomia privata e quello di autotutela che si potrebbe definire «di genere e specie». Tale tesi non risulta però convincente, portando a una sovrapposizione di concetti invece diversi e indipendenti l’uno dall’altro (ben si possono avere, infatti, atti di autotutela che non seguono atti di autonomia privata).

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finendo così per coincidere con l’autonomia contrattuale di cui all’art. 1321 c.c.), sia come diritto di libertà, dotato di copertura costituzionale148.

I due concetti sono, perciò, accomunati dal fatto di estrinsecarsi in attività, in senso lato, di garanzia di interessi individuali (per il tramite di negozi o contratti nel caso dell’autonomia, e per mezzo di specifiche convenzioni – nel caso dell’autotutela c.d. consensuale – ovvero di azioni protettive – nel caso di autotutela c.d. unilaterale) e di risoluzione di conflitti, ma per il resto divergono nettamente in quanto, se l’autotutela è diretta a conservare intatto lo status quo, l’autonomia è invece finalizzata a modificare l’ordine giuridico esistente, proponendone uno diverso più rispondente alle esigenze dei singoli individui149.

Per finire, pare appropriato delineare rapidamente anche le difformità sussistenti tra l’autotutela e un’altra figura assai rilevante per l’economia del sistema che però non trova fondamento in una espressa disposizione di legge generale, ma solo riferimenti in singole previsioni normative: si tratta dell’abuso del diritto150.

148 È dibattuto in dottrina quale sia il fondamento costituzionale dell’autonomia privata, dal momento che tale valore non è espressamente richiamato dal testo normativo: vi è, allora, chi, come Sacco, Trattato di diritto civile, Il contratto, vol. I, Utet, Torino, 2004, p. 30 e ss., riconduce la tutela dell’autonomia privata all’art. 2 Cost., dal momento che anche mediante la conclusione di negozi idonei a regolare i propri interessi e a instaurare rapporti giuridici il cittadino realizza ed estrinseca la propria personalità. Altri, invece, come Mengoni, Autonomia provata e Costituzione, in Banca, borsa e titoli di credito, 1997, I, p. 1 e ss., hanno criticato tale impostazione, in quanto ciò che l’art. 2 Cost. mira a tutelare non è tanto la libertà contrattuale in generale, quanto le singole manifestazioni dell’autonomia privata volte a dar vita alle formazioni sociali, dove si svolge la personalità dell’individuo. Si è proposto allora di rinvenirne il fondamento nell’art. 41 Cost., che nel tutelare esplicitamente la libertà di iniziativa economica privata garantirebbe l’autonomia contrattuale quantomeno degli operatori economici, essendo i due concetti strettamente connessi.

149 Tale concetto è reso chiaramente da Ferrante, op. cit., p. 202, il quale spiega che l’autotutela è volta a difendere una norma già posta, mentre non potrebbe mai aversi la protezione in via di autotutela di un interesse di mero fatto: in tale ultimo caso, infatti, si verserebbe piuttosto in un’attività di autonomia privata, creando lo strumento atto a realizzare un proprio interesse non considerato dall’ordinamento.

150 Ciò è dovuto all’evoluzione storica della figura dell’abuso del diritto nel nostro ordinamento, ben tratteggiata da Barcellona, L’abuso del diritto: dalla funzione sociale alla regolazione

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Analogamente a quanto illustrato in precedenza riguardo all’autotutela, anche questo concetto è considerato immanente al nostro ordinamento giuridico, quale limite all’esercizio indiscriminato dei poteri di autonomia privata. Nella suddetta circostanza si esaurisce il tratto di prossimità tra l’istituto al centro della presente trattazione e l’abuso del diritto: al di là della natura di linea di confine per i poteri privati, infatti, quest’ultimo si verifica ogniqualvolta «il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà furono attribuiti»151.