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Una Reliquia non sarebbe tale se non fosse riposta nel giusto contenitore, in grado di rivelarla, o meglio “svelarla”. In grado di anticipare ed allo stesso tempo di acuire l’alone “mistico” che la circonda.

Man mano che le alternative di mercato aumentano, è sempre più difficile per un prodotto “farsi notare”. È necessario comunicare in modo chiaro, diretto e d’impatto l’identità del brand per sperare in un’identificazione dei consumatori che si concluda con il consumo. Il packaging rappresenta il “custode comunicativo” del brand, capace di tradurne i valori, la mission e la reputazione e fare in modo che da semplice oggetto statico si trasformi in qualcosa che riesca a stabilire un legame emotivo con l’utilizzatore finale.

Secondo uno studio del 2012 condotto da Pointlogic International Media Consultant e riguardante l’importanza del packaging, è risultato che le fasce di popolazione più giovane tendono ad osservare le confezioni più di quelle anziane. Segno questo dell’importanza destinata a crescere del packaging. 71

Non si esagera se si afferma che in Apple il packaging viene studiato in modo “religioso”. Come scrive K. Segall: “Per Apple, è difficile che una scatola sia “solo una scatola”.

L’azienda si assicura in tutti i modi che l’intera esperienza del cliente sia di prima qualità, e

SEGALL K., cit, p. 138 e ss.

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http://www.procarton.com/files/file_manager/press_0712/procartonmedienstudieenpdf.pdf

il momento in cui si apre la confezione e se ne scopre il contenuto è parte importante di questa esperienza”. 72

Un’esperienza quindi, che parte dal momento in cui si genera il desiderio per il prodotto, continua con il “rito” d’acquisto, con il packaging a rappresentare l’ultima entità che divide il soggetto dal bene, prima che se ne appropri e faccia di esso un’estensione di sé. È in quel momento che vanno a confluire tutte le aspettative create lungo il processo sopra descritto, rendendolo fonte di vera emozione. Un momento “magico”.

Ancora una volta, perchè i competitor dell’azienda non riescono (o non pensano) ad investire risorse concrete in un aspetto così fondamentale come il packaging? Ancora una volta, perchè è tutt’altro che semplice se non supportato da una filosofia radicata in tal senso. Il gusto estetico e l’attenzione all’esperienza dei consumatori hanno portato Apple a sviluppare anche il proprio reparto packaging. Continua Segall: “Dire che Apple prende sul serio il packaging è un eufemismo. Il gruppo responsabile del package design opera in una stanza ad accesso limitato nella sede del gruppo creativo. Ciò che fanno lì dentro è riservato tanto quanto quello su cui lavorano gli ingegneri nel loro sancta sanctorum. Non c’è da stupirsi, visto che il packaging può rivelare le caratteristiche di un prodotto più di quanto faccia l’opportunità di dargli una rapida occhiata”. 73

Anche in questo caso vi è quindi testimonianza diretta dell’effetto “mistico”, magico, che Apple sprigiona. Il packaging, soprattutto analizzando i suoi peculiari meccanismi

progettuali, diventa un altro, ulteriore veicolo del “culto Apple”.

Questo è anche uno degli aspetti che più caratterizza il “ritorno del Profeta”. Fu infatti nel proprio secondo grande corso (indicativamente dal lancio dell’iPod nel 2001 in poi) che Apple cominciò, combinando la propria visione alle tecnologie disponibili al tempo, a produrre scatole che “non sono semplici scatole”. Dice a riguardo Segall: “Con

l’evoluzione dei valori e delle priorità dell’azienda grazie al ritorno di Steve Jobs, questo tipo di particolari riacquistò un’estrema importanza, tanto che in seguito persone

SEGALL K., cit, p. 215

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SEGALL K., cit, p. 215

altrimenti razionali e intelligenti sarebbero arrivate al punto di filmare le procedure di spacchettamento”. 74

In effetti, il web è pieno di filmati sull’unboxing dei prodotti Apple. I consumatori fedeli sono consapevoli di vivere un’esperienza magica, per molti realmente mistica. Vogliono così suggellare il rito procurandosi un ricordo di quel momento (un po’ come per tutte le tappe principali del percorso cattolico) ed allo stesso tempo trasmettere la propria esperienza, il proprio credo. Si tratta di un meccanismo di “evangelizzazione” assolutamente spontaneo, per il quale si rimanda alla trattazione del Capitolo 5.

Diventa chiaro che per ottenere un simile risultato, Apple deve come detto concretizzare la propria filosofia nel suo perseguimento. Nel Capitolo 1 era stata definita “La Santa Trinità” di Apple: semplicità, integrazione, disciplina. E anche qui si possono direttamente applicare, in quanto i packaging della Mela:

• sono minimalisti, totalmente privi di tutto ciò che non è strettamente necessario o rispondente ai canoni estetici dell’azienda dettati dal Profeta (votati al minimalismo appunto). Le scatole sono progettate per essere magnifici oggetti, non solo contenitori. Anche l’ingombro è ridotto al minimo, per diminuirne l’impatto ambientale e renderle più accattivanti;

• sono una vera e propria estensione del prodotto che contengono. Come detto, servono ad anticipare e amplificare il fascino di esso. Packaging e device devono quindi essere progettati in simbiosi, in modo da rispondere agli stessi canoni di design: estetici quanto funzionali. E ciò è permesso da questo tipo di integrazione;

• richiedono uno studio smisurato nella fase di progettazione, oltre che una

determinazione ferrea. Realizzare simili opere è possibile solo in virtù dell’attenzione dedicata ad esse dall’azienda, oltre che della disciplina che essa stessa pretende dai propri dipendenti.

Per chi a questo punto ancora non avesse del tutto chiara questa “ossessione” di Apple per il packaging, aggiunge Segall: “La ragione dell’integralismo di Apple è il desiderio che i clienti avvertano la qualità fin dal momento in cui toccano la confezione. Anche se le specifiche del prodotto non sono riportate sulla scatola, le persone saranno ancora più

SEGALL K., cit, p. 216

impazienti di prendere in mano la sorpresa che si cela all’interno. In questo senso, il

packaging funziona più o meno come gli Apple Store, dove probabilmente il pubblico non trova molti dettagli tecnici ma percepisce comunque il design attento ed elegante del punto vendita. Ogni particolare è importante, che lo si noti o meno”. 75

E questa, oltre ad essere un’ulteriore fondamentale testimonianza delle multiple fattezze che può assumere il “culto Apple”, costituisce anche un ponte diretto con l’oggetto del prossimo capitolo: le Cattedrali.

CONCLUSIONI

In questo capitolo sono stati presentate le Reliquie di Apple. Tali prodotti infatti, considerato il loro straordinario impatto, si possono perfettamente classificare come reliquie sociologicamente intese: beni che diventano estensioni dei loro possessori, che con essi possono attivare il duplice meccanismo di distinzione e conformazione sociale descritto da Simmel. Ma anche Reliquie in senso più strettamente religioso, visto il modo in cui vengono bramate dai consumatori, portati spesso a compiere per esse gesti

irrazionali (accamparsi fuori dagli Apple Store in attesa del nuovo dispositivo, filmarne l’unboxing etc.), veri e propri atti di fede: la fede nel “culto Apple”.

Di esso sono la più concreta manifestazione: attuata dai fedeli consumatori attraverso l’acquisto, l’ostentazione e l’uso; progettata da Apple in nome dei comandamenti di design che ne permeano l’anima. A partire dal nome, passando per industrial e software design, fino al packaging: tutto secondo la visione del Profeta, tutto in nome del credo Apple.

SEGALL K., cit, p. 216

CATTEDRALI