Una ricognizione sul concetto di imperium Mariangela Ravizza
2. Monarchia latino-sabina
È opinione comune che prima della seconda metà del VII sec. a Roma non esistesse una
civitas. C’era solo un’aggregazione di villaggi a carattere federativo con a capo un rex
munito di poteri militari e religiosi, ductor e supremo amministratore della comunità. Organizzare le cerimonie, convocare e presiedere l’assemblea dei capi delle genti, provvedere all’amministrazione della comunità oltre che, ovviamente, assumere il comando in caso di guerra, erano tutte facoltà che rientravano nelle sue competenze. Ma compito del re era soprattutto quello di garantire la pax deorum, la relazione di pace e di amicizia che doveva sempre esistere tra gli dei e la comunità. A tal fine egli applicava le opportune sanzioni religiose nei confronti di chi provocasse la collera divina. Godere della benevolenza degli dei era di estrema importanza per i romani i quali potevano pretendere da loro benefici solo in cambio di un’osservanza ossequiosa del culto. Quest’intesa si basava su obblighi reciproci ben definiti, precisi quanto instabili: il delicato equilibrio che legava gli uomini agli dei poteva infrangersi al minimo errore con conseguenze assai gravi per la stabilità del popolo romano. La ripartizione di compiti tra i vari sacerdoti, seppur ancora non del tutto definita, era finalizzata a garantire nel miglior modo possibile la pax deorum. Sui pontefici, flamini, auguri e vestali, rispettivamente detentori del sapere giuridico, incarnazioni viventi delle divinità che rappresentavano, interpreti della volontà divina3, custodi del fuoco sacro, si ergeva la figura carismatica del
re, al vertice nella scala gerarchica dell’ordo sacerdotum riportata da Festo4. I suoi poteri,
tuttavia, non erano così ampi come la tradizione riferisce; un forte limite era infatti rappresentato dall’assemblea dei patres che doveva sempre fornire i suoi pareri al re qualora venisse interpellata e, seppur questi non fossero vincolanti, era difficile che il sovrano non ne tenesse conto. Allo stesso modo anche le questioni di diritto che venivano sollevate davanti ai pontefici meritavano rispetto per la grande sapienza di questi
3 Dapprima tramite l’interpretazione del canto e del volo degli uccelli, in seguito anche attraverso
l’osservazione del comportamento di determinati animali o l’esame di alcuni fenomeni atmosferici.
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sacerdoti. Inoltre, un re giusto difficilmente si sarebbe discostato dalle decisioni prese dai suoi predecessori qualora queste avessero reso più prospera la comunità. Infine, non meno importante era la volontà divina perché anche il re era in potestà degli dei5. Tutti freni
morali – o al più canoni di ordine culturale –ma sicuramente in grado di incidere sulla comunità. A Romolo, fondatore di Roma, come noto,si attribuisce il primo rudimentale ordinamento della città. Fu scelto dal popolo quale re di Roma per la sua capacità e saggezza ma, pur mostrandosi onorato da tale scelta, precisò che avrebbe accolto tale decisione solo qualora anche la divinità avesse manifestato in proposito il suo assenso6.
Dionigi di Alicarnasso ci informa sulla sua salita al trono e sull’importanza che fu attribuita agli auspicia7 sin da questa investitura regia:
[…] si accinse a preannunciare il giorno in cui avrebbe preso gli auspici relativi alla sovranità. Quando fu il giorno indicato, egli si levò sul far dell’alba e uscì dalla tenda. Si mise all’aria aperta in uno spiazzo libero e compì i sacrifici di legge, pregando Zeus basileus e gli altri dei che manifestassero segni celesti favorevoli se era loro volontà che egli regnasse sulla città. I lampi, provenienti da sinistra e diretti verso destra, furono una prova inconfutabile della benevolenza divina8.
Convocato il popolo in assemblea e resi noti gli auspici, Romolo fu proclamato re e stabilì che mai i suoi successori avrebbero potuto assumere la sovranità o le magistrature senza l’assenso divino9.
Il successivo re di Roma, Numa Pompilio, di stirpe sabina, fu invece scelto dall’interrex a seguito di una consultazione tra tutti i senatori. Dopo che fu portato a Roma, una volta che furono convocati i comitia curiata, il senato ratificò il voto del popolo che si era espresso a favore del futuro re10. Venne lodato non per la predisposizione
alla guerra, di cui era privo, ma per la grande mitezza e l’amore per la pace: furono la sua
5 Suet. Caes. 6: quorum (deorum) ipsi in potestate sunt reges. 6 Dion. Hal. 2.4.2; Cic de rep. 2.9.16.
7 Dion. Hal. 2.4.2. 8 Ivi, 2.5.1.
9 Ivi, 2.6.1. Romolo, come riferisce Dionigi (2.14.1-3), stabilì anche le competenze che sarebbero
spettate al sovrano, al senato e al popolo: il primo doveva dirigere le cerimonie sacre e i sacrifici, custodire le leggi e le patrie consuetudini, occuparsi delle varie questioni di diritto e dei reati più gravi, riunire il senato e convocare il popolo, esprimer la propria opinione e adempiere le decisioni della maggioranza. Il popolo, infine, sarebbe stato competente nella scelta dei magistrati, nella ratifica delle leggi, nell’esame delle questioni belliche, a patto però che tali cose apparissero opportune anche al senato.
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venerazione verso gli dei e il suo profondo senso di giustizia ad essere ritenuti così importanti da indurre il popolo romano a chiedergli di regnare11.
Quando Numa accettò
condotto sulla rocca da un augure, che da allora in segno d’onore ebbe sempre questa carica sacerdotale, si sedette su una pietra, rivolto a mezzogiorno. L’augure prese posto alla sua sinistra, col capo velato, tenendo nella mano destra un bastoncino ricurvo, senza nodi, che fu chiamato lituo. Quando poi, rivolto lo sguardo alla città e alla campagna, e invocati gli dei, ebbe delimitato le zone da oriente ad occidente, e proclamate fauste quelle verso mezzogiorno, infauste quelle verso settentrione, fissò mentalmente il punto più lontano cui poteva spingersi lo sguardo; allora, passato il lituo nella mano sinistra e posata la destra sul capo di Numa12, così pregò: Giove padre, se è fas che questo Numa Pompilio, di cui io tocco
il capo, sia re di Roma, daccene sicuri segni entro i limiti che io ho tracciato13.
Quando gli auspicia da lui invocati risultarono essere favorevoli, Numa poté assumere il potere e scese dallo spazio consacrato14.