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monitoraggio microbiologico Durante la vendemmia 2018 le tecni-

che di monitoraggio microbiologico NGS sono state applicate in una can- tina abruzzese che da sempre vinifica senza l’impiego di colture starter. No- nostante l’alta qualità dei vini prodotti, il mutare delle condizioni agroclima- tiche che interessa tutta la penisola ha indotto i titolari a richiedere un approfondimento sulle dinamiche mi- crobiologiche nelle fermentazioni eno- logiche. Sono state prese in considera- zione 6 filiere vitivinicole, due basate sull’uva Trebbiano e 4 sull’uva Monte- pulciano. Durante la vendemmia sono state svolte le determinazioni micro- biologiche classiche mediante conta su piastra Petri e rilievi dell’andamento della fermentazione. Come evidente in Figura 1, relativa ad una delle filiere enologiche, le analisi classiche restitu- iscono un’immagine dell’evoluzione microbica in linea con la bibliografia e le conoscenze già note. Inizialmente la popolazione microbica appare com- posta da lieviti non-Saccharomyces ai quali subentrano, alcuni giorni dopo l’avvio della fermentazione, lieviti del- la specie S. cerevisiae e, più tardi, bat- teri lattici. Questa dinamica è sempre stata motivata dalla presunta scarsa resistenza di molti microrganismi alla

Figura 1

Evoluzione della fermentazione alcolica in una vasca di Montepulciano d’Abruzzo in termini di densità del mosto,

temperatura e quantificazione della popolazione di lieviti e batteri

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% T1 T2 T3 T4 T5 T6 T1 T2 T3 T4 T5 T6

Trebbiano (Vinificazione in bianco) Montepulciano (Vinificazione in rosso)

Cladosporium sp. Mycosphaerella tassiana Aureobasidium pullulans Alternaria sp. Altri Dothideomycetes Penicillum sp. Altri Eurotiomycetes Sclerotiniaceae Dekkera bruxellensis* Pichia terricola Saccharomycetales (Candida sp.) Hanseniaspora uvarum Zygoascus meyerae Schizosaccharomyces japonicus Other Saccharomycetes Sordariomycetes Typhula Hyphodontia pallidula Other Agaricomycetes Malassezia Microbotryomycetes Filobasidium Vishniacozyma carnescens Altri Tremellomycetes Altri lieviti

crescente concentrazione di etanolo e parrebbe dunque essere indipendente dall’impiego o meno di colture starter di lieviti e batteri.

L’analisi molecolare mediante NGS (Next Generation Sequencing) restitu- isce un’immagine più complessa, e per certi versi inaspettata, del microbiota presente nelle vinificazioni. Si osserva una netta differenza tra la composizio- ne della popolazione microbica delle uve bianche e rosse. Questo risultato è sorprendete perché le vinificazioni sono condotte in contiguità temporale e spaziale e dunque il rischio di con- taminazioni è notevole. Tuttavia, le di- verse variabili tecnologiche adottate, la composizione e, ipotizziamo, l’origine agronomica delle uve caratterizzano il microbiota. Ancora più interessante è la biodiversità riscontrata. Nelle uve appena colte troviamo fino a 19 gruppi di funghi e lieviti (T1, Fig. 2) e 7 gruppi batterici. Al termine della fermentazio- ne alcolica riscontriamo la presenza di almeno 9 tipologie di funghi e lieviti nel Trebbiano e 15 gruppi di miceti nel caso del Montepulciano. Anche per i batteri la biodiversità non diminuisce con l’avanzamento della vinificazione ed anzi osserviamo la comparsa di nuovi gruppi, più adattati al vino. Tra i lieviti maggiormente rappresentati non compare S. cerevisiae, ma altri lieviti come Candida, Hanseniaspora e Schizosaccharomyces. Riscontrati con frequenza significativa anche Pi- chia e Brettanomyces, quest’ultimo

lievito alterativo difficilmente isolabile con i comuni terreni per la crescita mi- crobica. Tra i batteri vi è la conferma della dominanza della popolazione di batteri lattici, responsabili della fer- mentazione malolattica, ma il genere più rappresentato è Leuconostoc un batterio raramente osservato qualora si impieghino colture selezionate. La fermentazione spontanea, unita- mente allo scarso impiego di antisetti- ci come l’anidride solforosa, consente di mantenere una biodiversità molto elevata durante la vinificazione. Que- sta complessa popolazione microbica può rappresentare uno strumento di valorizzazione delle peculiari caratteri- stiche di ogni produzione enologica in quanto, è noto dalla bibliografia, diffe- renti specie di lieviti e batteri possono produrre composti sensorialmente rilevanti diversi in quantità e natura da quelli prodotti da S. cerevisiae, pur partendo dalla medesima materia pri- ma. Tuttavia la complessità osservata nella popolazione microbica richiede di approfondire le conoscenze riguar- do a gruppi microbici diversi da quelli più usuali, dei quali spesso non si co- noscono appieno le attitudini enologi- che, i requisiti nutrizionali e i potenziali metabolismi alterativi. La consulenza di tecnici esperti e la disponibilità di tecniche analitiche particolarmente accurate sono certamente risorse fon- damentali per gestire nella maniera corretta le fermentazioni enologiche spontanee.

Figura 2

Composizione % del microbiota fungino delle vinificazioni condotte su uve Trebbiano e Montepulciano. I campioni sono stati prelevati in 5 momenti successivi durante la fermentazione alcolica, dalla pigiatura (T1) alla fine della degradazione degli zuccheri (T5)

980 1000 1020 1040 1060 1080 1100 1,E+00 1,E+01 1,E+02 1,E+03 1,E+04 1,E+05 1,E+06 1,E+07 1,E+08 C a ri ca m ic ro b ic a ( U FC /m L ) Periodo di fermentazione

Il chitosano è un polisaccaride lineare composto da D-glucosamina e N-a- cetil-D-glucosamina, legate tramite legami β(1-4). Ha un gran numero di applicazioni commerciali e in partico- lare in enologia viene impiegato come antiossidante, chiarificante, chelante dei metalli e per il controllo microbio- logico riducendo il ricorso ai solfiti. La produzione di chitosano, econo- micamente più vantaggiosa, avviene per deacetilazione della chitina (No and Meyers 1995 J. Aquat. Food Prod. Technol. 4(2):27-52) che rappresenta un elemento strutturale dell’esosche- letro dei crostacei. Il chitosano, cosi come le materie prime da cui princi- palmente deriva, gamberetti e cro- stacei, è accusato di poter provocare reazioni allergiche. La causa potreb- be essere riconducibile alla possibile contaminazione di proteine, quali la tropomiosina, che verrebbero rila- sciate dopo l’ingestione del prodotto. Per questo motivo negli ultimi anni è stato introdotto sul mercato un chito- sano estratto da funghi appartenenti alla famiglia dei Zygomycetous (ordi- ne Mucorales).

In campo enologico l’OIV (Organizza- zione mondiale della vite e del vino) ammette esclusivamente l’utilizzo di chitosano da fungo e prescrive tre differenti metodi per confermarne l’o- rigine: viscosità inferiore a 15 cP (chi-

tosano in soluzione 1% di acido ace- tico 1%), densità battuta ≥ 0,7 g/cm3

e residuo di glucani > 2%. Talvolta, non tutti i parametri sono rispettati e il campione risulta di difficile iden- tificazione.

Scopo di questo studio era quello di investigare le potenzialità dell’analisi isotopica come strumento per iden- tificare in modo rapido l’origine del chitosano utilizzato in enologia.

Materiale e metodo

Campionamento: 11 campioni di chitosano da fungo e 7 da esosche- letro animale, sono stati reperiti sul mercato direttamente dai produttori che hanno garantito la loro origine. La purezza dei campioni era sempre superiore al 95%.

Analisi ufficiali: l’origine dei 18 cam- pioni è stata confermata tramite l’applicazione dei tre metodi ufficiali prescritti dall’OIV. Il residuo di glucani è stato misurato tramite spettrofoto- metro (UV-Visible spectrophotome- ter, Cary 100, Varian, US) e i risultati sono stati espressi in μgglucani/gchitosano. La viscosità è stata determinata con un viscosimetro e i risultati sono stati espressi in cP. La densità abbattuta è stata misurata con un tester meccani- co home-made.

Analisi isotopica: l’analisi dei rapporti isotopici di H, C, N e O è stata ese-