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II. Il giovane Giuseppe Mazzotti e le origini dell’interesse per la fotografia

II.I. La montagna e la fotografia

L’alpinismo è […] la scuola che rende filosofi e poeti, musici e pittori che inspira alle divine armonie del silenzio e della luce, che fa pensare ogni notte all’infinità di mondi roteanti nel silenzio freddo e vasto del cielo, e alla nostra umana meschinità. [MAZZOTTI 1927:18].

Lo scrittore e alpinista Cino Boccazzi (1916-2009), nel ricordare l’amico e compagno di ascensioni dolomitiche, affermò che la montagna, quella «scuola» che forgia il carattere e «rende filosofi e poeti, musici e pittori» e, si potrebbe aggiungere, «fotografi», fu la prima passione di Mazzotti dalla quale originarono tutte le altre [BOCCAZZI 1992:31]: dalla fotografia alle antichità, all’arte, alla ricerca in campo culturale e alle opere di salvaguardia del territorio e delle tradizioni della Marca Trevigiana e delle ville venete. Lo confermarono non soltanto amicizie e documenti iconografici prodotti o conservati, ma anche la sua produzione editoriale che si manifestò copiosa a partire dal 1927: «la montagna come fonte di sensazioni estetiche ed anche artistiche, e l’alpinismo come mezzo per poterle godere» [MAZZOTTI 1931:10].

La montagna fu la prima fucina in cui Mazzotti si cimentò con la fotografia e, anche grazie all’esempio di Guido Rey, questa divenne una passione e un mezzo per documentare non soltanto la propria esperienza, ma anche l’aspetto dei luoghi modificati dal trascorrere del tempo e dall’opera dell’uomo.

La predilezione per la montagna originò da un’esperienza alquanto precoce. A dodici anni raggiunse per la prima volta la cima del Monte Grappa e annotò le sensazioni che ne derivarono [LORENZON 2002:8]. Nel 1928 riprese tali appunti e pubblicò il

II.I. La montagna e la fotografia

In questo libretto, corredato da silografie originali dell’autore e pubblicato nel 1928, Mazzotti rappresentò la vittoria dell’Italia in guerra come un’alpinista dalle fattezze angeliche che trovava appiglio su una parete levigata.

Dopo i numerosi articoli apparsi, in particolare, su La voce fascista e su L’Illustrazione

Veneta , a partire dal 1927 , il Pellegrinaggio Elegiaco rappresentò il primo testo 74 75

redatto e illustrato interamente da Mazzotti: alla passione per la montagna abbinò la pratica artistica. Questo interesse si inserì nel solco della tradizione sorta tra gli alpinisti che, in molti casi, manifestarono l’abitudine di documentare le proprie ascensioni in montagna innanzitutto con appunti e schizzi, poi, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, anche con fotografie. Prassi derivante, a sua volta, dalla più antica abitudine sviluppata dai protagonisti del Grand Tour di comporre diari di viaggio scritti e disegnati . 76

La necessità di mappatura del territorio, accanto alla volontà di serbare il ricordo della propria esperienza, fu l’iniziale incentivo che portò alla diffusione della fotografia di montagna . Nacquero i Club alpini e il primo, denominato Alpine Club, sorse a 77

Londra, nel 1857 , allo scopo di radunare gli appassionati per scambiare consigli ed 78

esperienze in merito alle ascensioni . 79

Così, sin dall’inizio della sua produzione editoriale, nel 1927, Mazzotti riportò per iscritto particolari vissuti, “quadretti di genere” in cui descrisse i rischi delle escursioni, l’asprezza delle notti trascorse nei rifugi, i paesaggi pittoreschi, il cameratismo con i compagni di cordata e il ruolo dell’apparecchio fotografico, sempre attingendo dal proprio vissuto personale ed emotivo:

[…] ci fermiamo, aggrappati a pochi piuoli [sic] sporgenti sotto un cornicione; nell’attesa, con mille precauzioni, arrivo ad estrarre, prima dalla tasca e poi dall’astuccio, la macchina fotografica, e, appiccicato alla roccia, faccio scattare l’obiettivo verso il cielo […]. Nel riporre la macchina, impacciato dalla piccozza, dalla corda, dallo zaino, e dalla posizione non eccessivamente comoda, compio un brusco movimento che mi fa volar via il berretto: lo guardo volteggiare graziosamente per l’aria mentre rimpicciolisce a vista d’occhio, finché sparisce, quattrocento metri più sotto, in un crepaccio del ghiacciaio azzurro e silenzioso. […] [MAZZOTTI 1927.1].


Continuazione de L’Illustrazione della Marca Trevisana e delle Dolomiti (a sua volta continuazione di

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L’Illustrazione della Marca Trevisana).

Questi primi articoli sulla montagna ebbero una finalità prettamente documentaria e narrativa.

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Mazzotti scriverà articoli sulla montagna, con intenti promozionali, su Le vie d’Italia, Itinerari: Rivista

del turismo (Venezia), Italia: Rivista trimestrale dell’ENIT e Turismo (Trieste).

Com’è noto, una delle tappe «obbligate» del Grand Tour fu l’Italia che ispirò non soltanto

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viaggiatori, ma anche letterati e artisti figurativi. Una delle descrizioni più antiche fu quella di JONATHAN RICHARDSON (Senjor and Junior), An account of some of the statues, bas-reliefs, drawings

and pictures in Italy (1722). Cfr. inoltre una vasta e ben nota letteratura sull’argomento dal Journal du voyage en Italie, par la Suisse et l'Allemagne en 1580 et 1581 (pubbl. 1774) di MICHELDE MONTAIGNE

a Italienische Reise di JOHANN WOLFGANG VON GOETHE (pubbl.: I vol. 1816: II vol. 1817; II vol. 1829), a quanto dedicato all’Italia da Heinrich Heine in Reisebilder (1826-27; 1829 e 1831), alle

Mémoires d'un touriste di STENDHAL (pubbl. 1838) al Viaggio in Italia di GUIDO PIOVENE (1957). Per un’efficace sintesi di carattere generale cfr. ATTILIO BRILLI, Il viaggio in Italia. Storia di una grande

tradizione culturale, Bologna, Il Mulino, 2006. Di recente, sul tema della rappresentazione artistica del

«viaggio in Italia», è stata allestita un’interessante mostra a Karlsruhe, dal titolo Viaggio in Italia:

Kunstler auf Reisen 1770-1880 [KARLSRUHE 2010].

La fotografia diventò complemento della pratica alpinistica anche grazie al perfezionamento tecnico,

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in particolare a partire dal 1864 con l’invenzione del collodio secco e, dal 1880, con l’invenzione degli apparecchi portatili.

Seguirono, nel 1862, l’Österreichischer Alpen Verein (ÖAV); nel 1863 il Club Alpine Suisse (CAS) e il

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Club Alpino Italiano (CAI); nel 1869 il Club tedesco che, nel 1873, si fuse con quello austriaco nel Deutscher und Österreichischer Alpen Verein (DuÖAV); nel 1874 del Club Alpine Français (CAF). Le

pubblicazioni del Club Alpino Italiano attestarono la presenza costante della rappresentazione fotografica nelle vicende dell’alpinismo italiano [PRANDI 2011:22].

I resoconti di viaggio e delle escursioni dei soci, Peaks, Passes and Glaciers, iniziarono a essere

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pubblicati a partire dal 1859, e riprodotti anche in una seconda serie nel 1862. Poiché la cartografia relativa ai luoghi alpini era assai lacunosa, l’accuratezza di tali relazioni richiese agli autori schizzi o disegni dal vero. Douglas W. Freshfield lo sottolineò nel 1894, quando scrisse che «L’Alpine Club ha preteso sin dall’inizio che i suoi membri, fra i vari requisiti, fossero in grado di disegnare le montagne» [GARIMOLDI 2007:15].