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La fotografia di promozione turistica: Giuseppe Mazzotti e la costruzione di un’identità territoriale veneta (1935-1973)

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Academic year: 2021

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(1)Ca’ Foscari Graduate School Scuola Dottorale Interateneo Università Ca’ Foscari Venezia, Università IUAV di Venezia, Università degli Studi di Verona. Dottorato di ricerca in Storia delle Arti Ciclo XXVII Anno di discussione 2016. La fotografia di promozione turistica: Giuseppe Mazzotti e la costruzione di un’identità territoriale veneta (1935-1973). Settori scientifico-disciplinari di afferenza: L-ART/06 Tesi di Dottorato di Margherita Naim Matricola: 820473. Coordinatore del Dottorato. Tutore della dottoranda. Ch.mo prof. Giuseppe Barbieri. Ch.ma prof.ssa Martina Frank Co-tutore della dottoranda Ch.mo prof. Alberto Prandi .

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(3) Indice. La fotografia di promozione turistica: Giuseppe Mazzotti e la costruzione di un’identità territoriale veneta (1935-1973). Indice Abbreviazioni. I. Avvertenze. II. Ringraziamenti. III. Introduzione I. Premesse. 1. II. Orizzonti della ricerca. 4. III. Le fonti. 9. IV. Abstract (italiano/English). 15. I. La fotografia di promozione turistica: un quadro di insieme I. Un “genere” indefinito. 21. II. I Touring Club, una rete internazionale di diffusione della fotografia turistica. 41. III. Consigli tecnici per il turista, fotografo dilettante (1908-1965). 49. IV. John Urry e la formalizzazione del “circolo ermeneutico” (1990). 60. II. Il giovane Giuseppe Mazzotti e le origini dell’interesse per la fotografia I. La montagna e la fotografia. 73. II. Il “maestro” Guido Rey. 76. III. La montagna presa in giro: la denuncia dello stereotipo nella fotografia di montagna. 86. III. 1935. Un anno cruciale: fotografie ed esposizioni I. Treviso: Rassegna del comune. 91. II. La prima Mostra fotografica del paesaggio e dell’ambiente trevigiano. 105. IV. 1938. Treviso: Piave, Grappa e Montello: l’illustrazione fotografica del territorio I. Giuseppe Mazzotti e la pubblicazione della prima guida turistica illustrata. 111. II. L’immagine di Treviso nelle guide e nelle pubblicazioni periodiche. 118.

(4) Indice. V. 1948. L’Ente Provinciale per il Turismo di Treviso: un catalogo delle fotografie del territorio I. L’archivio fotografico dell’EPT trevigiano. 123. II. Le mostre fotografiche dell’EPT sul paesaggio e l’ambiente trevigiano. 134. VI. 1952. Le ville venete: esporre il catalogo fotografico I. La mostra fotografica Le ville venete, a Treviso. 151. II. Il catalogo illustrato Le ville venete: un modello di rappresentazione. 172. III. I precedenti: Firenze 1931 e Milano 1952. 183. a. La Mostra del giardino italiano: “una storia visiva”. 183. b. Il fotografo Gianpaolo Vajenti alla Galleria del Naviglio. 189. IV. La circuitazione della mostra Le ville venete in Italia e all’estero. 196. V. La Mostra dei Castelli: un tentativo di replica. 214. VI. L’illustrazione fotografica delle ville venete prima del 1952. 228. VII. 1957. Le monografie illustrate: il canone fotografico I. Immagini della Marca Trevigiana. 237. II. Le ville venete. 242. VIII. 1960. La dimensione nazionale dell’EPT trevigiano I. Visioni d’Italia. 251. II. Un archivio per la “propaganda visiva”. 257. III. Giuseppe Mazzotti e l’editoria dell’EPT trevigiano. 262. 1973. Feltre: un racconto e una documentazione fotografici. 267. Appendici a. Interviste. 275. I. Orio Frassetto. 277. II. Antonio De Marco. 282. III. Anna Mazzotti. 298. b. Bibliografia. 305. c. Fonti. 351. d. Documenti fotografici. 359. e. Filmografia. 371. f. Sitografia. 373 .

(5) Abbreviazioni. Abbreviazioni tav. tavola fig. figura inv. numero di inventario. Enti e associazioni AACST Aziende Autonome di cura, soggiorno e turismo APT Azienda di Promozione Turistica CIT Compagnia Italiana Turismo CISA Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio ENIT Ente Nazionale Italiano per il Turismo (Roma) EPT Ente Provinciale per il Turismo IRVV Istituto Regionale Ville Venete RIBA Royal Institute of British Architects (Londra) TC Touring Club TCI Touring Club Italiano TCCI Touring Club Ciclistico Italiano. Archivi, biblioteche e fondi archivistici AGM Archivio di persona di Giuseppe Mazzotti (FM) ASTV Archivio di Stato di Treviso BBC Biblioteca Comunale di Borgo Cavour, Treviso FAST Foto Archivio Storico Trevigiano FC Fondo Comisso (BBC) FM Fondazione Mazzotti per la civiltà veneta, Treviso Fondo EPT Fondo fotografico dell’Ente Provinciale per il Turismo di Treviso (FAST) Fondo GF Fondo fotografico Giuseppe Fini (FAST) Fondo GM Fondo fotografico Giuseppe Mazzotti (FAST). I.

(6) Avvertenze. Avvertenze. Si rimanda alle appendici Bibliografia, Fonti, Documenti fotografici e Filmografia per le citazioni espresse nel testo in forma abbreviata.. Citazioni bibliografiche. Le citazioni bibliografiche abbreviate sono riportate nei testi tra parentesi quadra. Si tratta di voci, in maiuscoletto, corrispondenti agli apici riportati nelle appendici Bibliografia, Fonti e Filmografia e seguite, ove opportuno, dal/i numero/i di pagina/e.. Documenti fotografici. Le citazioni abbreviate dei documenti fotografici sono riportate nei testi tra parentesi quadra. Si tratta di voci in maiuscoletto corsivo corrispondenti agli apici riportati nella sezione omonima. In alcuni casi tali citazioni sono seguite dal numero di tavola, in numeri romani, e dal fototipo corrispondente in esse riprodotto, in numeri arabi.. Tavole fotografiche. La datazione delle fotografie contenute nelle tavole fotografiche comparative si riferisce alla data di stampa sul volume, sulla rivista o sul dépliant di riferimento. Fanno eccezione i casi della fotografia n. 2 alla tav. II e dell’acquaforte [tav. X:6] per le quali sono riportate, rispettivamente, la data della ripresa dei fotogrammi che compongono il fotomontaggio e la data di esecuzione dell’incisione.. Tra parentesi quadra è, dunque, indicata la citazione bibliografica del testo da cui l’immagine è tratta. Ove sia stato possibile reperire, in archivio, il fototipo originale corrispondente a quello pubblicato, alla citazione bibliografica, se presente, segue la citazione del documento fotografico corrispondente.. II.

(7) Ringraziamenti. Ringraziamenti. Numerosi sono i contributi di coloro che, con il loro incoraggiamento, mi hanno indotto a intraprendere e a realizzare questa ricerca, ma la mia riconoscenza va in particolare a tre docenti: il professor Alberto Prandi (Università Ca’ Foscari Venezia), con il quale mi confronto e collaboro sin dal principio del mio percorso universitario, che mi ha trasmesso la passione per gli studi di storia della fotografia; la professoressa Martina Frank (Università Ca’ Foscari Venezia) per aver approvato e indirizzato il mio progetto di ricerca e per il dialogo costante nel corso di questi anni; il professor Giuseppe Barbieri (Università Ca’ Foscari Venezia) per il sostegno e le osservazioni costruttive e indispensabili alla realizzazione di questo lavoro.. Per il reperimento, non facile, di alcune fonti archivistiche e bibliografiche, vorrei ricordare coloro che mi hanno seguito nelle ricerche con estrema professionalità: Maria Pia Barzan (Archivio di Stato di Treviso), Gian Luca Eulisse e Diego Romano (Foto Archivio Storico Trevigiano); Loretta Paro (già Fondazione Mazzotti per la Civiltà Veneta) e Monica Cappelletto (Fondazione Mazzotti per la Civiltà Veneta); Gianluigi Perino (Biblioteca Comunale di Borgo Cavour, Treviso); Anna Morandin (Biblioteca della Camera di Commercio di Treviso); Cristina Celegon e i bibliotecari della Fondazione Scientifica Querini Stampalia; Giuseppina Riccobono (Biblioteca d’Arte, Castello Sforzesco, Milano); Massimiliano Basilica (Ente Nazionale Italiano per il Turismo, Roma); Kurt Helfrich (British Architectural Library), Valeria Carullo (The Robert Elwall Photographs Collection) e Catherine Wilson (Library & Information Centre) e Vicky Wilson (Drawings & Archives Collection) del Royal Institute of British Architects di Londra. Per aver sostenuto, fin dall’inizio, il mio progetto di ricerca rivolgo la mia gratitudine a Elena Berardi (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, ICCD, Roma), Sergio Marinelli (Università Ca’ Foscari Venezia) e Luca Baldin (già Fondazione Mazzotti per la Civiltà Veneta). . III.

(8) Per i preziosi suggerimenti ringrazio i docenti responsabili, in momenti diversi, della revisione della mia ricerca: Antonello Frongia (Università degli Studi Roma Tre), Paola Lanaro (Università Ca’ Foscari Venezia), Angelo Maggi (Università Iuav di Venezia), Carlo Alberto Zotti Minici (Università degli Studi di Padova). Per le osservazioni di carattere metodologico ringrazio il professor Xavier Barral i Altet (Università Ca’ Foscari Venezia, già Université de Rennes II).. Sono molto grata agli studiosi stranieri che si sono resi disponibili a un confronto: Alice Tilche, Alys Tomlinson e Tom Selwyn (School of Oriental and African Studies, SOAS, Londra); David Bate (University of Westminster, Londra); Marie-Ève Bouillon e Audrey Leblanc (EHESS, École des Hautes Études en Sciences Sociales, Parigi); Veronique Figini (École Nationale Supérieure Louis Lumière, La Plaine Saint-Denis, Franc).. Ringrazio per le testimonianze dirette, la disponibilità e la cortesia accordatemi Antonio Barzaghi e Antonio De Marco (già Ente Provinciale per il Turismo di Treviso); Anna Mazzotti (figlia di Giuseppe Mazzotti); Tiziana Ragusa (già Foto Archivio Storico Trevigiano); Orio Frassetto (fotografo professionista).. Rivolgo infine un pensiero grato a Marco del Monte, per i suggerimenti di ambito cinematografico, e a Mauro Perosin, per il suo contributo alla conoscenza delle ville venete. . IV.

(9) A Davide Naim .

(10) Per quanto personalmente mi riguarda, lascio il giudizio a Voi […]1 Giuseppe Mazzotti (1907-1981)2. MAZZOTTI 1945, p. 2. Citazione tratta da una lettera di Mazzotti, della quale si leggono brani più estesi alle pp. 91 e 134. 1. Il fototipo è conservato presso il Foto Archivio Storico Trevigiano (FAST), Fondo Giuseppe Mazzotti, inv. 7 [MAZZOTTI 1981]. 2.

(11) I. Premesse. Introduzione. I. Premesse. Questa ricerca trae ispirazione da Ripensare il Veneto, un progetto con programma pluriennale intrapreso nel 20063 dalla Regione, con la collaborazione della Fondazione Giuseppe Mazzotti4, che si poneva l’obiettivo di “ripensare” i beni e le attività culturali locali non soltanto ai fini della conservazione e dello sviluppo sociale, ma anche quali fondamenti dell’identità e motori dell’industria turistica regionale. La collana di testi che illustrano obiettivi e sviluppi di tale progetto coinvolge coloro che operano nel campo della storia culturale, della pianificazione territoriale e dell’economia, allo scopo di ridefinire il concetto di identità comunitaria in una dimensione culturale condivisa.. In particolare, il terzo volume della serie Ripensare il Veneto si concentra sul legame tra identità territoriale, cultura e turismo. Uno dei saggi ivi contenuti [PRANDI 2011] descrive, quale elemento fondante di una definizione identitaria dei luoghi, il “turismo fotografico”, ovvero quel fenomeno che, in Italia e all’estero, condusse alla produzione di modelli e “guide visive”. Tali icone turistiche furono riprodotte, in particolare, nella pubblicistica illustrata del Touring Club e, in secondo luogo, in collane editoriali, monografie e manuali, volti, da un lato, alla promozione e, dall’altro, a incentivare la pratica della fotografia tra i turisti.. Il saggio sovraccitato, corredato da numerose fotografie tratte dai fondi del Foto Archivio Storico Trevigiano (FAST), si concentra in particolare sulla rappresentazione fotografica del territorio Veneto presente, dagli inizi del Novecento, soltanto marginalmente nella pubblicistica destinata al turismo e poi estesa, a cavallo della metà del Novecento, da Giuseppe (“Bepi”) Mazzotti (1907-1981), direttore dell’Ente Provinciale per il Turismo (EPT) di Treviso.. 1.

(12) I. Premesse. Mazzotti contribuì a costruire un’identità del territorio veneto ancora oggi riconosciuta e fondata sulla valorizzazione dei siti storico-artistici di Treviso e provincia, sul paesaggio come elemento unificante e caratteristico e sull’enogastronomia e l’artigianato della Regione.. Questo studio si propone di approfondire come, nella vicenda di Mazzotti, la fotografia abbia contribuito alla costruzione di un’identità territoriale veneta nel periodo compreso tra il 1935 e il 1973. Quest’esperienza risulta così peculiare grazie all’incontro tra la scoperta delle potenzialità turistiche, prima trascurate, del Trevigiano, la cultura e il carattere del suo promotore e le proprietà del medium fotografico. Mazzotti riuscì a operare con esiti così clamorosi anche grazie al fatto che l’istituzione a livello nazionale degli Enti per il turismo, a metà degli anni Trenta, gli consentì di contare su una nuova struttura operativa, di cui divenne, nel secondo dopoguerra, il direttore.. Mazzotti beneficiò, quindi, di un ampio potere gestionale che gli permise di ricoprire, allo stesso tempo, diversi ruoli e di animare una gran quantità di iniziative. Queste ultime furono prevalentemente basate sulla fotografia, che fu il suo strumento privilegiato di comunicazione e promozione. Egli intuì facilmente le potenzialità di un mezzo che aveva sperimentato sin dalla giovane età e che era, dunque, capace di controllare.. Mazzotti aveva acquisito familiarità con la fotografia durante la pratica alpinistica e, attraverso la conoscenza di Guido Rey (1861-1935) e di alcuni dei suoi libri illustrati, dimostrò di saperla adattare alle strategie di promozione. Al ruolo principale ricoperto dalla fotografia affiancò, in modo sinergico, le trasmissioni radiofoniche, i filmati, gli articoli su giornali e riviste, le affissioni di manifesti, la diffusione di dépliant e, con particolare fortuna, le mostre.. 2.

(13) I. Premesse. Pertanto, considerati la particolare combinazione di periodo storico, ruolo istituzionale e personalità di Mazzotti, non si riscontrano casi equivalenti nella letteratura italiana e straniera5. I tre volumi in cui è descritto il progetto, sono stati pubblicati dal 2006 al 2011: Ripensare il Veneto, Venezia, Regione del Veneto, 2006. Atti delle giornate di studio tenute nel maggio 2006 (5 maggio 2006, Treviso, Palazzo Rinaldi; 12 maggio 2006, Padova, Abbazia di Santa Giustina; 19 maggio 2006, Vicenza, Palazzo Trissino); Ripensare il Veneto: per una cultura del paesaggio, Treviso, Regione del Veneto, 2009; LUCA BALDIN (a cura di), Ripensare il Veneto. Turismo e cultura, Venezia: Regione del Veneto, Treviso: Fondazione Mazzotti, 2011. 3. Il rapporto con la Fondazione Mazzotti e la conoscenza dei beni fotografici conservati nel Fondo omonimo, di proprietà della Fondazione, in deposito presso il Foto Archivio Storico Trevigiano (FAST), è cominciato in occasione di alcune ricerche intraprese in occasione della mia tesi di Laurea magistrale. 4. Tale rapporto si è consolidato durante una campagna di revisione delle schede descrittive di beni fotografici storici contenute nel Catalogo regionale dei Beni Culturali (CBC), fruibile online, che ho svolto per conto della Regione del Veneto, nel 2011. L’incarico, che ha avuto quale scopo finale la validazione delle schede da riversare nel portale nazionale Cultura Italia, ha compreso anche un nucleo di beni fotografici appartenenti al Fondo Giuseppe Mazzotti. A sostegno di questa affermazione, ho potuto contare anche su un confronto con professori e ricercatori stranieri quali Tom Selwyn, Alice Tilche e Alys Tomlinson (SOAS, School of Oriental and African Studies, Londra), David Bate (University of Westminster, Londra), Veronique Figini (École Nationale Supérieure Louis Lumière, La Plaine Saint-Denis, Francia), Marie-Ève Bouillon (EHESS, École des Hautes Études en Sciences Sociales, Parigi). 5. Quest’ultima, in particolare, opera presso gli Archivi Nazionali di Francia dove è custodita la Photothèque du Tourisme e riferisce che non vi sono materiali già ordinati che possano ricondurre a un caso simile. Marie-Ève Bouillon è particolarmente informata sulle relazioni tra fotografia e turismo anche perché impegnata in una ricerca, sotto la direzione di André Gunthert e Christophe Prochasson, sul ruolo dell’immagine fotografica e della sua diffusione nella creazione o nella persistenza di modelli o stereotipi turistici, in Francia, tra il 1870 e il 1917.. 3.

(14) II. Orizzonti della ricerca. II. Orizzonti della ricerca. La fotografia di promozione turistica ha, di recente, suscitato l’interesse di alcuni studiosi stranieri che hanno esaminato il fenomeno prevalentemente in relazione al suo rapporto con lo stereotipo visivo. Di conseguenza, la centralità della riflessione sullo stereotipo fa sì che, generalmente, siano trascurati l’indagine del valore iconografico, il ruolo documentario e la storia degli autori di questi fototipi.. Uno studio esemplare, che ritengo molto significativo poiché approfondisce l’indagine sulle fotografie, è stato condotto da Marie-Ève Bouillon che analizza la produzione di una delle prime agenzie fotografiche francesi, la società Neurdein Frères (1864-1917) 6. Quest’ultima, nel 1879, svolse una campagna fotografica per la promozione turistica dell’isolotto tidale di Mont Saint-Michel (Francia).. La professionalizzazione delle pratiche dell'agenzia passò attraverso la standardizzazione delle riprese, la gestione industriale dei fondi fotografici e la permanente ricerca di produttività dell’immagine nella diversità dei prodotti proposti. Il messaggio turistico che diffuse attraverso la fotografia fu veicolato da diversi supporti, quali cartoline postali, album, “quadri-piatto”, sottopiatti e vasi in fotoceramica e periodici7.. La Neurdein Frères contribuì, dunque, alla creazione di immagini stereotipate, divenute il modello dell’identità turistica di Mont Saint-Michel. Bouillon, nel descrivere la vicenda, non trascura la ricostruzione storica degli oggetti fotografici, di cui analizza in particolare l’iconografia raffrontandola con i precedenti manufatti a stampa e le tradizioni dei luoghi.. 4.

(15) II. Orizzonti della ricerca. Nel mio caso, nel ricostruire l’esperienza di Giuseppe Mazzotti, ho esaminato i documenti raccolti per capire con quale ruolo e con quali modalità la fotografia partecipi alla sua esperienza di funzionario dell’Ente turistico. Pertanto, la narrazione, all’interno di questa ricerca, si svolge ponendo in primo piano l’interesse di Mazzotti per la fotografia.. La fotografia di promozione turistica fu una delle esperienze significative del dopoguerra di cui Mazzotti fu protagonista. Egli era maturato in un clima vicino al “neopittorialismo”8, poiché si era confrontato con la fotografia in base alla sua formazione artistica, prestando, dunque, particolare attenzione agli aspetti formali.. Dopodiché, aveva sperimentato la tecnica fotografica durante la pratica alpinistica e l’aveva resa funzionale al proprio lavoro all’EPT. Mazzotti fu anche animatore di un gruppo di fotografi trevigiani, amatori e professionisti, che aveva non solo ereditato gli stilemi della precedente tradizione incisoria, ma aveva anche tratto ispirazione dalla pittura veneta di paesaggio9. Il neopittorialismo di questi fotografi si manifestò, in particolare, nella costante enfatizzazione degli aspetti formali.. I soggetti topici e più emblematici della fotografia trevigiana di promozione turistica, inoltre, come verrà illustrato nei capitoli successivi, venivano riproposti assai di frequente nella produzione di quel periodo e si ritrovano attualmente in diverse collezioni che conservano documenti del Novecento. La ripetitività dei temi, interpretata in maniera differente e autoriale dai fotografi, trovò riscontro in un allargamento del mercato turistico. Questi fotografi, in base al proprio retaggio culturale, proposero varie formule, da una rappresentazione più analitica del territorio a un’altra più personale e metaforica, legata alla suggestione dei luoghi e ai valori pittorici dell’ambiente10.. 5.

(16) II. Orizzonti della ricerca. È nella loro attività, secondo la formulazione proposta nei testi di Mazzotti, e dei professionisti attivi a livello nazionale, che si possono riconoscere le caratteristiche dell’identità turistica di Treviso e della sua provincia.. Grazie all’utilizzo ripetitivo di una serie di fototipi, rilevabile dai cataloghi delle mostre e dalle monografie di cui Mazzotti fu autore, è possibile tracciare un profilo di quelle che furono le “fotografie modello” utilizzate per la promozione, capire chi fossero i protagonisti della nuova attività professionale che si andava delineando e quali fossero i più importanti riferimenti per la divulgazione, così da dare esemplificazione di tutto il circuito creato da Giuseppe Mazzotti.. Alla metà degli anni Sessanta, con la pubblicazione di Invito al Cansiglio [MAZZOTTI 1965.1] e, nel 1973, di Feltre [MAZZOTTI 1973], la sua esperienza entrò nella fase della maturità, anche in coincidenza con un periodo di espansione del mercato turistico. Nel 1972 Mazzotti concludeva il suo percorso lavorativo alla direzione dell’EPT di Treviso, pur continuando a esercitare la propria influenza e ad animare iniziative 11. Il suo modello operativo e le sue attenzioni formali furono condivisi dal gruppo di fotografi con cui aveva lavorato per molti anni, che continuò ad agire nel solco tracciato dal suo insegnamento.. Quando venne meno il ruolo di Mazzotti, venne a mancare anche quel centro polarizzatore attorno al quale si erano raccolti gli amatori più vivaci e i professionisti più qualificati a livello locale.. Inoltre, se, durante il periodo della ricostruzione, nel secondo dopoguerra, la ricerca dei fotografi era rivolta agli aspetti identitari del territorio, ossia al monumento e agli aspetti storici del paesaggio urbano e naturale, successivamente non si avvertì più questa urgenza e si sviluppò una nuova sensibilità.. 6.

(17) II. Orizzonti della ricerca. Concluso il periodo del miracolo economico, era maturata la necessità di documentare il territorio concentrando l’attenzione non più sugli aspetti storici, ma su un panorama di soggetti più ampio e variegato.. Un esempio emblematico della nuova estetica, conforme al cambiamento in corso in quegli anni, fu l’esperienza del fotografo Luigi Ghirri (1943-1992) che, alla fine degli anni Settanta, concepì un progetto di rinnovamento dell’immagine dell’ambiente nazionale che, nel 1984, prese forma nella mostra collettiva Viaggio in Italia, svolta alla Pinacoteca di Bari.. I venti fotografi che vi contribuirono con le loro opere proposero immagini di un paesaggio naturale e urbano antropizzato, privo di retorica, stereotipi e “rappresentazioni mitizzanti”, come sottolinea Antonella Russo:. Nel saggio introduttivo al catalogo [della mostra Viaggio in Italia], Quintavalle spiegava come i lavori esposti aggiornassero il repertorio visivo che si era delineato dall’inizio del Novecento, specialmente quelle rappresentazioni mitizzanti tipiche della tradizione italiana, da quelle degli Alinari alle cartoline di epoca fascista. […] La novità dell’esposizione consisteva nella presentazione di immagini enigmatiche, inaspettate: più che vedute mozzafiato e da cartolina si trattava di scorci marginali e luoghi periferici, non contemplati dai classici itinerari turistici. Gli autori recuperavano anche quei brani di paesaggio esclusi dall’itinerario culturale “alto” e mitizzante del Grand Tour, a cui sostituivano fotografie ambigue, immagini di interni o stanze vuote [RUSSO 2011:392].. Tuttavia, grazie alla presenza pervasiva della fotografia, con la quale, tra il 1935 e il 1973, fu delineata la fisionomia della Marca Trevigiana, rimane viva, ancora oggi, come eredità di Giuseppe Mazzotti, un’immagine identitaria del territorio veneto.. 7.

(18) II. Orizzonti della ricerca. Vedi, in particolare, BOUILLON 2012, ma anche BOUILLON 2014; BOUILLON 2012.1; BOUILLON 2011. 6. Il settimanale Le Panorama. Merveilles de France, commercializzato a partire dal 1895 dall’editore René Baschet proponeva ai lettori delle vedute fotografiche, impresse in grande formato, di città e siti significativi dal punto di vista turistico. 7. Claudio Marra afferma l’autonomia di linguaggio della fotografia dalla pittura trattando un fenomeno che chiama «neopittorialismo inconscio» [MARRA 2012:120-141]. Secondo l’autore, il pittorialismo non corrisponde a una somiglianza tematica e stilistica con l’opera d’arte, ma a una dinamica propria dell’opera fotografica: «Se proprio si dovesse criticare qualcuno sarebbe meglio cercarlo in tutto quel fronte storico-critico che ha mal utilizzato l’etichetta di pittorialismo, pensando di poterla individuare in una limitata somiglianza tematica e stilistica di superficie, piuttosto che in una determinata logica di funzionamento dell’opera fotografica» [MARRA 2012:120-121]. 8. Marra considera quindi più opportuno, quando si tratta di manifestazioni successive al secondo-terzo decennio del Novecento, in America e Europa, parlare di neopittorialismo. Quest’ultimo rappresenta un fenomeno inconscio, poiché si manifesta, subdolamente, nelle forme di un rinnovamento linguistico che sembrano legate alla storia dell’arte, ma sono in realtà proprie della fotografia. Il pittorialismo fotografico è, dunque, un fenomeno che si ripresenta in tutti i casi in cui la fotografia adotta un eccesso di formalizzazione. Così facendo, la fotografia segue i criteri complessivi della pittura ed è quindi riferibile a una varietà di stili e periodi. Al contrario, nella critica proposta dai più diffusi manuali di fotografia il pittorialismo è stato assimilato a «una produzione fotografica sostanzialmente somigliante alla pittura impressionista e tardoimpressionista», mentre «il pittorialismo fotografico non è un fenomeno limitabile a un determinato periodo storico e a una particolare scuola. Il pittorialismo si ripete ogni volta che la fotografia segue la logica complessiva della pittura, cioè i suoi caratteri generali e trasversali, evidentemente riferibili a più indirizzi stilistici e non solo all’Impressionismo» [MARRA 2012:121]. Marra afferma quindi la specificità di linguaggio della fotografia o «fotograficità» [MARRA 2012:121]: «pensando di poter individuare il proprio modo di essere arte nelle questioni formali, nell’inquadratura, nel punto di vista, nell’equilibrio tonale, nella sintassi compositiva, la fotografia scivola senza accorgersene», quindi inconsciamente, «verso un’identità pittorica, si pone saldamente nella logica del quadro e questa volta non per ingenua adozione dei temi e stili, bensì per un’assai più complessa e coinvolgente adesione metodologica» [MARRA 2012:122]. Come dimostrano anche i frammenti paesaggistici presenti nei dipinti di Giorgione, Cima da Conegliano, Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto, Paolo Veronese o gli schizzi paesaggistici di Antonio Canova pubblicati da Mazzotti [MAZZOTTI 1938; MAZZOTTI 1957.1]. 9. Cfr. i fotografi della “scuola romana” che proposero, tra il 1840 e il 1870, un censimento dei luoghi caratteristici della città [BONETTI ET AL. 2008]. 10. 11. Ad esempio una mostra sulle ville venete svolta nel 1978 [MAZZOTTI 1978].. 8.

(19) III. Le fonti. III. Le fonti. La documentazione che riguarda Giuseppe Mazzotti è molto vasta ed eterogenea: si presenta distribuita in più fondi archivistici e comprende fonti di varia natura (testuali, iconografiche, orali, filmiche). Pertanto, dopo aver selezionato i nuclei verosimilmente più attinenti alla mia ricerca, ho esaminato i documenti allo scopo di isolare quanto risultasse funzionale alla narrazione.. L’insieme più consistente e significativo di materiale documentario di cui Mazzotti fu autore od oggetto è oggi conservato tra l’Archivio di Stato di Treviso, la Fondazione Mazzotti e il FAST che sono stati i principali centri di indagine durante questa ricerca.. Vi sono, però, altri nuclei di materiale che fanno capo a Giuseppe Mazzotti: un insieme di fonti eterogenee è di proprietà della figlia Anna Mazzotti; un fondo fotografico di riprese di paesaggi di montagna (eccetto le fotografie della Valle d’Aosta), derivante dalle ascensioni alpinistiche di Mazzotti, è conservato al Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino; un nucleo di materiale relativo alle arti applicate, in particolare una serie di fotografie di interesse antropologico (immagini di sagre, feste popolari, lavori artigianali) e oggetti di artigianato artistico si trova al Museo Etnografico della Provincia di Belluno a Seravella di Cesiomaggiore; un nucleo di stampe originali sulla montagna, in particolare sulla Valle d’Aosta e sulla famiglia Crètier (Nerina Crètier e il fratello e alpinista Amilcare Crètier che furono, rispettivamente, la moglie e il cognato di Mazzotti) sono oggi in corso di donazione da Anna Mazzotti al Bureau Régional pour l’Ethnologie et la Linguistique (BREL) situato ad Aosta [MAZZOTTI INTV 2014:302-303].. 9.

(20) III. Le fonti. Complessivamente si tratta di un giacimento estremamente ampio e cruciale per ricostruire non soltanto la vicenda di Mazzotti e le modalità di diffusione delle fotografie da parte dell’EPT trevigiano, ma anche un caso emblematico per la storia della fotografia.. Le fonti primarie testuali (“ego-documenti” 12 quali lettere e carteggi e altre fonti, quali elenchi, regolamenti e verbali di riunioni, articoli di giornale) esaminate in questo studio e riguardanti specificamente l’esperienza di Mazzotti, provengono soprattutto dal Fondo dell’Ente Provinciale per il Turismo (EPT) di Treviso, conservato presso l’Archivio di Stato (ASTV) e dall’Archivio di persona di Giuseppe Mazzotti fruibile presso la Fondazione omonima, sempre a Treviso.. Di conseguenza, sono partita dall’esame dell’inventario del Fondo EPT13 (ASTV) [COSSIGA. ET AL. S.D.],. selezionando i faldoni (all’interno dei quali fascicoli e. documenti non sono inventariati e ordinati) che potessero contenere materiale utile alla ricostruzione delle esperienze animate da Mazzotti attraverso la fotografia, durante i decenni trascorsi alle dipendenze dell’Ente turistico. Ho dunque diretto la ricerca su quanto permettesse di ricostruire la storia e la composizione delle mostre fotografiche e delle pubblicazioni sul paesaggio e sulle ville venete. Ho rinvenuto materiale molto eterogeneo, nella quasi totalità dei casi inedito, e costituito soprattutto da lettere, documenti (verbali, elenchi, relazioni), ma anche, in misura minore, da manifesti, dépliant, fotografie e ritagli stampa. Quanto ho tratto dal Fondo EPT (ASTV) l’ho integrato con il materiale conservato nell’Archivio di persona di Giuseppe Mazzotti che contiene perlopiù documenti personali riguardanti il lavoro all’EPT che, da funzionario appassionato, Mazzotti conservava anche in casa.. 10.

(21) III. Le fonti. Dopo aver vagliato le fonti testuali, ho cercato un riscontro nei documenti fotografici del Foto Archivio Storico Trevigiano (FAST). In considerazione del sodalizio professionale di Mazzotti con Giuseppe Fini (1906-1997), ho rivolto la ricerca ai fondi di entrambi questi autori e al Fondo fotografico dell’EPT. Quest’ultimo contiene materiale quasi completamente inedito e soltanto parzialmente riordinato e inventariato che contempla un nucleo di album fotografici, numerose stampe d’epoca e uno schedario con allegati provini e negativi su pellicola di vari formati.. Allo stato attuale non si trova una corrispondenza tra i positivi e i negativi conservati in questi tre fondi (Mazzotti, Fini, EPT) che, considerata la genesi comune, sono strettamente interconnessi. Infatti, non sono stati effettuati dei riscontri, a livello archivistico, tra i numeri di inventario d’epoca (presenti soltanto in parte di questi documenti) che non è possibile dedurre al momento della consultazione, data l’articolazione dei tre nuclei e la mole elevata di materiale disponibile. Per quanto riguarda il Fondo Giuseppe Mazzotti, la sua consistenza è stimata come segue: 122.701 oggetti fotografici, di cui 30.059 negativi, 75.790 positivi, 15.934 diapositive. Per il Fondo Giuseppe Fini si tratta di 17.552 oggetti fotografici, di cui 5.896 negativi su lastra di vetro, 10.806 negativi su pellicola, 620 stampe fotografiche, 230 diapositive. Per il Fondo EPT (FAST) si parla di 17.000 oggetti fotografici, di cui 4.900 stampe distribuite in 36 album, oltre 6.500 diapositive a colori di formato 24x36 mm e 6x6 cm e circa 5.600 stampe positive in bianco e nero 14.. In ogni caso, la maggior parte delle fonti di natura iconografica (fotografie, album fotografici) utilizzate in questa ricerca derivano dal Fondo Mazzotti, e, in secondo luogo, dal Fondo Fini e dal Fondo EPT, conservati al FAST, mentre un nucleo esiguo15 proviene dal Fondo EPT conservato presso l’Archivio di Stato di Treviso.. 11.

(22) III. Le fonti. In questa indagine mi concentro sulle dinamiche di lavoro all’EPT trevigiano, ricostruendone la prassi dell’archivio fotografico anche dal punto di vista dell’autorialità dei fotografi che vi fecero capo. Inoltre, ripercorro la storia delle principali esposizioni, animate da Mazzotti e promosse dall’Ente turistico, sul paesaggio e l’ambiente trevigiano (1948-1955) e le principali tappe della mostra Le ville venete (1952-1954) e della Mostra dei Castelli del Veneto, del Friuli-Venezia Giulia e del Trentino-Alto Adige (1960-1964).. Queste ricostruzioni sono state possibili anche grazie ai numerosi riscontri sulla pubblicistica dell’epoca, opera di Mazzotti e altri autori, e sui cataloghi di esposizioni e monografie, opera dell’iniziativa autonoma di Mazzotti o frutto dei progetti dell’EPT trevigiano. Ad esempio, un nucleo di ritagli stampa sul “problema” e sulla mostra Le ville venete deriva dal Fondo Giovanni Comisso conservato presso la Biblioteca comunale di Borgo Cavour a Treviso.. Inoltre, il Royal Institute of British Architects di Londra, che fu la prima sede del circuito estero della mostra Le ville venete, conserva un nucleo circoscritto16 di materiale amministrativo (ritagli stampa e corrispondenza), articoli17 e fotografie 18. Questa documentazione permette di ricostruire la tappa londinese della mostra con maggiore dettaglio, sebbene materiale adeguato alla sua ricostruzione si trovi anche presso l’Archivio di Stato di Treviso e la Fondazione Mazzotti.. Per quanto riguarda la mostra La rovina delle ville vicentine, tenuta a Milano nel maggio 1952 e allestita con le fotografie di Gianpaolo Vajenti, la Galleria del Naviglio di Milano non conserva documentazione. Il fascicolo stampato in occasione dell’esposizione si trova alla Biblioteca d’Arte del Castello Sforzesco a Milano, mentre alcune delle fotografie che furono esposte sono custodite alla Fondazione Vajenti di Vicenza.. 12.

(23) III. Le fonti. Un altro nucleo di “ego-documenti” deriva dalle testimonianze orali pazientemente offerte dalla figlia di “Bepi”, Anna Mazzotti, dal braccio destro di Mazzotti all’EPT, Antonio De Marco, e dal fotografo professionista nonché destinatario di parte del Fondo Fini, Orio Frassetto.. I tre testimoni chiave della vicenda “mazzottiana” hanno fornito informazioni determinanti alla ricostruzione del profilo di Mazzotti e degli eventi di cui fu protagonista che, in alcuni casi, trovano riscontro nei documenti. Anna Mazzotti ha contribuito a definire il profilo biografico del padre e la distribuzione attuale della sua eredità documentaria. Antonio De Marco è, allo stato attuale della ricerca, l’unica fonte, di fondamentale importanza per il mio studio, che permetta di ricostruire la struttura e l’organizzazione dell’archivio fotografico dell’EPT, all’epoca in cui vi lavorava Mazzotti. Orio Fassetto, infine, ha potuto descrivere le dinamiche che intercorrevano tra Mazzotti e Giuseppe Fini per quanto riguarda la ripresa e la stampa delle fotografie e l’identità e il ruolo dei fotografi che facevano capo a questo sodalizio professionale.. Per quanto riguarda la raccolta di materiale bibliografico (monografie, articoli di giornale, cataloghi di esposizioni) ho consultato la biblioteca dell’Ente Nazionale Italiano per il Turismo, a Roma, la Biblioteca Comunale Centrale di Milano, la biblioteca della Fondazione Mazzotti, la Biblioteca Comunale di Borgo Cavour, a Treviso, la biblioteca della Fondazione Giorgio Cini, la Biblioteca Nazionale Marciana, la biblioteca della Fondazione Scientifica Querini Stampalia, la Biblioteca di Area Umanistica e l’Archivio Tesi dell’Università Ca’ Foscari, la Biblioteca Centrale e la Biblioteca del CIRCE dell’Università Iuav, a Venezia.. 13.

(24) III. Le fonti. Una definizione e un’analisi della categoria degli “ego-documenti” sono riportate da Rudolf Dekker: «In the early 1950s the historian Jacques Presser invented a new word “egodocument”. He proposed to use his neologism for diaries, memoirs, personal letters and other forms of autobiographical writing» [DEKKER 2002:7]. 12. Presso l’Archivio di Stato di Treviso, è documentata l’attività dell’Ente Provinciale per il Turismo di Treviso dal 1945 al 1987: «la ricchezza documentaria testimonia, tuttavia, in modo particolare, la centralità della figura del presidente [sic] Giuseppe Mazzotti, che ha segnato la vita dell’Istituto sostenendo iniziative il cui interesse superava l’ambito provinciale e, molte volte, nazionale. La raccolta di corrispondenza, riproduzioni, bozze di stampa e in generale di tutto il materiale prodotto per l’allestimento di convegni e mostre […] si è subito proposta, infatti, quale serie fisicamente più consistente all’interno dell’archivio, affiancata da un’altrettanta documentazione dell’attività di propaganda svolta in Italia e all’estero» [COSSIGA ET AL. S.D.:6]. 13. Tali stime, fornite dal FAST, sono state aggiornate nel 2014 e pubblicate sul catalogo [PRANDI 2014:135-136] omonimo all’esposizione, svolta a cura di Alberto Prandi in occasione della celebrazione del venticinquennale del FAST e intitolata Storie d’argento 1989-2014: I 25 anni dell’archivio fotografico della Provincia di Treviso (Museo di Santa Caterina, Treviso, 3 ottobre - 9 novembre). Alla redazione di questo catalogo ho partecipato con un testo [NAIM 2014] che fornisce un quadro dei fondi fotografici conservati al FAST ed è basato in particolare su fonti tratte dal fondo di documenti amministrativi ivi conservati. Sono stata, inoltre, responsabile della redazione del repertorio delle fotografie esposte alla mostra [NAIM 2014.1]. Nella tabella del FAST sono indicati 37 album, probabilmente perché il conteggio tiene conto anche di un esemplare non allestito, il “XXII bis” [NAIM 2014:123, nota 9]. 14. 15. Nei faldoni dell’Archivio di Stato di Treviso le fotografie costituiscono un rinvenimento inconsueto.. Mi riferisco al faldone tratto dagli archivi del RIBA, 11.2.3 Exhibition Record Files (1921-…), box 9 che contiene: il catalogo dell’esposizione; 4 carte sull’annuncio dell’esposizione; una lista (1 carta) di fotografie delle ville venete; 16 carte di corrispondenza mista (Allo Cavazzocca Mazzanti, Giuseppe Mazzotti, etc.); 17 carte comprendenti ritagli stampa che pubblicizzano l’esposizione. 16. Riba Journal, vol. 61, 1953-1954, p. 86, pp. 139-141 [RIBA 1954], p. 193 [RIBA 1954.1], p. 210 [RIBA 1954.2]; Architects Journal, vol. 119, Jan-Jun 1954, pp. 113-114 [ARCHITECTS 1954] e p. 212; Architectural Review, vol. 115, Jan-Jun 1954, pp. 199-201. 17. Si tratta di fotografie conservate nella Press Office Collection del RIBA, di formato 18x24 cm, destinate soprattutto alle pubblicazioni dell’Istituto piuttosto che alla stampa locale o nazionale. Il RIBA non conserva le fotografie di grande formato che parteciparono all’esposizione. 18. 14.

(25) IV. Abstract (italiano). IV. Abstract (italiano). Nel primo capitolo esamino alcune caratteristiche della fotografia di promozione turistica in relazione alle diverse fonti e delineo l’operato del Touring Club, un’organizzazione internazionale attiva nella promozione del turismo attraverso la fotografia sin dai suoi albori, alla fine dell’Ottocento. Il Touring Club costruì un sistema di concorsi, mostre e pubblicazioni che ebbero come oggetto la fotografia di promozione turistica. Seguono alcuni esempi di testi dai quali si possono evincere le caratteristiche della fotografia di promozione turistica. Dopodiché, descrivo alcuni articoli presenti sui periodici del Touring Club, nella manualistica italiana e internazionale specializzata e in altri scritti e pubblicazioni che forniscono consigli di tecnica fotografica rivolti al turista. Se la fotografia di promozione turistica condiziona la produzione fotografica del turista, quest’ultima diviene, a sua volta, oggetto di indagini di mercato per accrescere l’efficacia della promozione, in un processo circolare. Tale processo, definito “circolo ermeneutico” e formalizzato dal sociologo inglese John Urry nel 1990, contribuisce alla produzione di immagini stereotipate e caratteristiche dell’identità dei luoghi. Parte di questo dispositivo teorico risulta rilevante per comprendere l’operato di Giuseppe Mazzotti (1907-1981).. Nel secondo capitolo approfondisco l’origine e l’evoluzione della passione di Mazzotti per la fotografia. Egli, sin dalla giovane età, fu appassionato di alpinismo e portato, sulla scorta di una tradizione più antica, a documentare l’esperienza in montagna con l’apparecchio fotografico. Questa prassi, resa più efficace da un’inclinazione estetica derivante anche dalla sperimentazione di tecniche pittoriche e grafiche, fu rafforzata, nello stesso periodo (1927-1935 circa), dalla conoscenza dell’alpinista e fotografo Guido Rey (1861-1935) e dai primi contatti con l’esperienza di fotografi professionisti. . 15.

(26) IV. Abstract (italiano). Rey divenne per Mazzotti un modello nel determinare il suo inesauribile interesse per la rappresentazione fotografica e la speculazione teorica che furono dirette innanzitutto all’ambiente montano e poi estese a numerosi aspetti del territorio.. Nel terzo capitolo espongo l’esperienza di Mazzotti nelle vesti di segretario e poi di direttore dell’Ente Provinciale per il Turismo (EPT) di Treviso. Egli propose un sistema di promozione turistica basato sulla fotografia, ispirandosi all’esperienza del Touring Club. Sin dagli esordi, nel 1935, in qualità di redattore della Rassegna del Comune di Treviso e in occasione della prima esposizione fotografica organizzata, Mazzotti utilizzò in maniera pervasiva il medium fotografico, basando su di esso le sue strategie promozionali e costruendo delle icone identitarie del territorio veneto.. Nel quarto capitolo descrivo come Mazzotti riuscì a realizzare il suo desiderio di definire una fisionomia dei luoghi a lui cari attraverso la pubblicazione della prima guida turistica illustrata di Treviso e del suo territorio (1938). Questa guida conteneva un succinto repertorio fotografico che Mazzotti aggiornò e integrò nelle iniziative successive. Tale repertorio rinnovò la tradizione grafica e fotografica preesistente sulla città, pubblicata nelle guide e nei periodici sin dalla fine dell’Ottocento.. Nel quinto capitolo ricostruisco la configurazione e l’organizzazione dell’archivio fotografico dell’EPT trevigiano, che, come era nelle intenzioni di Mazzotti che ne era stato l’ideatore, si rivelò indispensabile per l’allestimento delle sue iniziative e per l’interazione con il pubblico. Il sistema promozionale messo in atto da Mazzotti non poteva, infatti, prescindere dalla costruzione di uno strumento operativo, ossia di un archivio ordinato a cui attingere, a ogni necessità. . 16.

(27) IV. Abstract (italiano). Di seguito, descrivo la prima mostra dell’EPT, curata da Mazzotti, sull’ambiente e il paesaggio trevigiano (1948). Con questa esposizione il succinto repertorio proposto nella prima guida turistica fu sviluppato e aggiornato. Le fotografie iniziarono a connotare tutta l’attività espositiva e promozionale che si strutturò in maniera più articolata specialmente nel secondo dopoguerra.. Nel sesto capitolo narro della più significativa esperienza di cui Mazzotti fu animatore, ossia la mostra Le ville venete (1952) che, grazie alla circolazione in Italia (1953) e all’estero (dal 1954) e all’enorme risonanza sulla stampa nazionale, permise a questi monumenti di divenire le icone portanti dell’immagine identitaria del Veneto. La mostra consentì a Mazzotti di acquisire notorietà anche a livello internazionale e di stabilire numerose relazioni. Inoltre, a complemento dell’iniziativa, fu pubblicato un catalogo illustrato che permise di aggiornare ulteriormente il repertorio fotografico già proposto da Mazzotti per Treviso e provincia, di ampliarlo all’intera Regione Veneto e contribuire così alla proliferazione di icone territoriali.. Nel settimo capitolo descrivo il culmine dell’opera di Mazzotti che, nel 1957, presentò i saggi della sua opera di promozione ovvero due monografie illustrate: la prima, sulle ville venete, e la seconda, sulla Marca Trevigiana fissano entrambe un’immagine del territorio fortemente connotata. Le monografie rappresentano dunque il compendio “mazzottiano” dell’identità territoriale veneta e sono, allora come oggi, dei prodotti maturi e conclusi, formalmente ineccepibili, ovvero i “monumenti visivi” dell’opera di Mazzotti.. Nell’ottavo capitolo illustro come, con la mostra-concorso nazionale Visioni d’Italia e il riconoscimento da parte dell’Unione Nazionale fra gli EPT e del Touring Club Italiano, si consolidò la dimensione nazionale assunta dall’opera di promozione di Mazzotti che, dalla metà degli anni Sessanta, si aprì anche alla fotografia a colori.. 17.

(28) IV. Abstract (English). Abstract (English) Title of the thesis: Photography in Tourism Promotion: Giuseppe Mazzotti and the Creation of a Venetian territorial identity (1935-1973). In the first chapter, drawing on a number of different sources, I analyse some of the characteristics of tourism photography. I also describe the activity of the Touring Club, an international organization that developed a system of competitions, exhibitions and publications centred on tourism photography and that has been promoting travel photography since its inception in the late 19th century. I provide examples of texts that highlight the main features of tourism photography and I quote a few articles published in Touring Club and other Italian and international specialized manuals, which give photographic technique tips to tourists. Tourists’ photographic representations are influenced by travel photography and become the subject matter of a market research that aims to make tourism promotion more effective. This sets in motion a circular process – what in 1990 British sociologist John Urry called a “hermeneutic circle” - that produces stereotypical images to typify the identity of places. Part of this theoretical device contributes to understanding the work of Giuseppe Mazzotti (1907-1981).. In the second chapter, I investigate the origin and development of Mazzotti’s passion for photography. He had been fond of mountaineering from an early age and, drawing on an older tradition, he provided through the lens of a camera documentary evidence of his mountain experiences. Between 1927 and 1935, that practice became even more effective as a result of Mazzotti’s aesthetic inclination derived from his experimentation with painting and graphic techniques and reinforced by his encounter with the photographer and mountaineer Guido Rey (1861-1935), and by his first contacts with professional photographers. . 18.

(29) IV. Abstract (English). Rey played a key role in shaping Mazzotti’s inexhaustible interest in photographic representation and his theoretical speculation, which were primarily centred around the mountains but also encompassed many other aspects of the territory.. In the third chapter, I reveal Mazzotti’s experiences as secretary and later as manager of the Treviso Ente Provinciale per il Turismo (EPT, i.e. Tourism Promotion Centre). Based on the experience of the Touring Club, Mazzotti suggested that tourism should be promoted through photography. From 1935, when he started working as editor for the Treviso Rassegna del Comune and organized his first photo exhibition, Mazzotti had made extensive use of the photographic medium, which became a core element of his promotion strategy, and the medium with which he created the icons of Venetian identity.. In the fourth chapter, I describe how Mazzotti realised his desire to define a physiognomy of the places he cherished the most, thanks to the publication of the first illustrated guide book of Treviso and its environs (Treviso: Piave, Grappa e Montello, 1938). His guide featured a short collection of photos that he later updated and integrated into his ensuing initiatives. That collection renewed the traditional illustrations and photos of the city of Treviso that had been published in guide books and magazines since the late 19th century.. In the fifth chapter, I explain how the Treviso EPT photographic archive devised by Mazzotti was classified and organized. As its creator intended, the archive proved absolutely crucial to the organization of Mazzotti’s initiatives and his interaction with the public. As a matter of fact, his tourism promotion system could not have been implemented without an appropriate operational tool, namely an orderly archive people could draw on whenever necessary. I then describe the first EPT exhibition (1948) of the environment and landscape of Treviso, curated by Mazzotti. . 19.

(30) IV. Abstract (English). With that exhibition, the limited collection of photos published in the first guide book, was updated and expanded. Photos thus became the distinctive feature of exhibitions and promotional activities, which subsequently became better structured particularly after the Second World War.. In the sixth chapter I give an account of the Venitian Villas exhibition (Le ville venete, 1952), Mazzotti’s most important initiative. Since it was available for circulation in Italy (1953) and abroad (from 1954) and because of the enormous coverage it received in the national press, the exhibition turned those monuments into the primary icons of Venetian identity. That exhibition made Mazzotti worldfamous and gave him the chance to establish several relationships. The illustrated catalogue that accompanied the exhibition allowed further updates of the photo collection of Treviso and its province, already proposed by Mazzotti. The photo collection was expanded to encompass the entire Veneto region, thereby contributing to the proliferation of territorial icons.. In the seventh chapter, I describe Mazzotti’s major achievement in his promotion activity: the 1957 publication of two illustrated monographs – one on Venetian Villas and the other on the so-called Marca Trevigiana. Both provide an illuminating portrait of the territory through images. The two monographs are Mazzotti’s compendium of the Venetian territorial identity, and are now as then mature, compelling and formally impeccable products: they celebrate Mazzotti’s work through “visual monuments”.. In the eighth chapter I explain how the Visioni d’Italia national exhibitioncompetition and the acknowledgment received by the Unione Nazionale fra gli EPT and the Touring Club Italiano, strengthened the national dimension of Mazzotti’s tourism promotion activity, which from the mid 1960s he had also opened to colour photography. . 20.

(31) I.I. Un “genere” indefinito. I.. La fotografia di promozione turistica: un quadro di insieme. I.I. Un “genere” indefinito. Il binomio turismo-fotografia si manifesta nella seconda metà dell’Ottocento in coincidenza con la diffusione dei trasporti e la scomparsa della tradizione del Grand Tour19 e dà luogo a delle forme completamente nuove di visualità20 dominate dalla fotografia. Aumenta la propensione al viaggio, che è concepito in senso moderno, come occasione di diporto. Parallelamente, l’evoluzione della tecnologia avvicina un gran numero di dilettanti appassionati alla fotografia e il viaggio diviene una delle maggiori occasioni di sperimentazione. Allo stesso tempo, l’organizzazione turistica perfeziona le strategie di promozione, facendo della fotografia uno dei principali mezzi di comunicazione.. La fotografia di promozione turistica è diffusa da periodici, guide, dépliant, manifesti, cartoline, ereditando le iconografie e le funzioni del disegno, della pittura e della grafica e proponendone di nuove. Il fenomeno acquisisce una dimensione sempre più vasta e si manifesta specialmente nella produzione di modelli di riferimento. Questi ultimi incidono sul sapere collettivo, in molti casi creando degli stereotipi, come dimostra, nel corso del tempo, la persistenza e la proliferazione di tali icone.. A differenza di altri fenomeni di ambito fotografico, già indagati nella letteratura e nella pubblicistica italiana e straniera o celebrati in convegni ed esposizioni temporanee, la fotografia di promozione turistica non è ancora stata esplorata. Mancano descrizioni sistematiche delle caratteristiche del fenomeno e dei suoi prodotti. Le caratteristiche iconografiche, gli aspetti oggettuali e le modalità di circolazione e fruizione di queste fotografie sono poco noti.. 21.

(32) I.I. Un “genere” indefinito. Nella letteratura fotografica compaiono delle categorie che si sono costituite con le pratiche fotografiche. Già nei primi manuali ottocenteschi, le istruzioni relative ai procedimenti fotografici sono associate a dei “generi” 21. Questi ultimi, all’epoca, erano prevalentemente collegati alle specializzazioni produttive, in particolare alla fotografia di ritratto e di paesaggio.. Con i primi approfondimenti storici sulla fotografia prendono forma altre modalità per determinare l’esperienza fotografica (fotografia documentaria, scientifica, di guerra, di viaggio) 22. Infine, vengono costituite altre categorie, che sono collegate all’esperienza artistica da un rapporto mediato (fotografia pittorica, “allestita”, “diretta”, “di strada”) o diretto (fotografia futurista, surrealista). La fotografia di promozione turistica si può identificare, in alcuni casi, con la fotografia di paesaggio e di architettura, ma, in assenza di una categoria omogenea a questo soggetto, non vi è una vera e propria definizione di genere.. Una prospettiva differente proviene dal saggio di David Bate, Photography. The Key Concepts, il cui titolo è stato tradotto, forse troppo liberamente, nell’italiano Primo libro di fotografia. Bate mette in relazione i generi fotografici con i generi letterari, cinematografici e pittorici:. It is surprising that genre (a French word for branch, kind or species) has not been taken up in photography like it has in film theory or the study of literature. The idea that there are categories within cinema or literature is quite normal and genre operates as much in shops where DVDs or novels are sold as they do in academic study. […] Most of the other genres used by photographers already existed as genres, formulated in painting, before photography appeared [BATE 2009:3-4].. 22.

(33) I.I. Un “genere” indefinito. L’autore considera i generi, come “concetti chiave”, legati alla cultura di appartenenza. I generi agiscono come convenzioni dinamiche e sono funzionali alla comunicazione e all’interazione, soprattutto a livello sociale, poiché connettono la forma al contenuto [BATE 2009:4]:. Proprio come accade per il poster cinematografico, che non ha soltanto la funzione di introdurre il film, menzionando titolo, regista e attori, ma anche quella di comunicare la tipologia di spettacolo al pubblico, attraverso l’immagine [BATE 2009:3]. Il genere ha dunque una funzione conoscitiva in una società nella quale si tende a una lettura “automatica”, dunque intuitiva, piuttosto che a una lenta riflessione [BATE 2009:3].. Il genere potrebbe rivelarsi utile nell’approccio a diverse discipline. Nell’ambito particolare di questa ricerca, se si assimilassero le caratteristiche della fotografia di promozione turistica a un genere, si permetterebbe forse a fotografi, fruitori e istituzioni di condividere almeno un linguaggio essenziale e, di conseguenza, delle conoscenze. Così come indicato da Bate, quando considera che anche gli archivi, luoghi di scambio e sedimentazione del sapere, potrebbero essere organizzati in base ai generi:. […] visual genres in photography function to organize stock photography archives, as well as the thinking of photographers who produce them, and the viewers who see them [BATE 2009:5].. L’autore rileva che anche le possibilità di configurazione degli apparecchi fotografici digitali sono stabilite, dalle ditte produttrici, in base a convenzioni tipiche della fotografia [BATE 2009:1]. Nel configurare una qualsiasi fotocamera digitale, ci si presenta la possibilità di scegliere tra diverse tipologie formali o “modalità predefinite” in funzione del soggetto della ripresa23. . 23.

(34) I.I. Un “genere” indefinito. Bate, tra i “concetti chiave”, non menziona la fotografia di promozione turistica, ma ne restituisce, implicitamente, una definizione quando scrive che l’industria globale del turismo, per promuovere e pubblicizzare il territorio e i suoi prodotti, utilizza molteplici generi fotografici, come ad esempio il ritratto (tipologie di persone che abitano i luoghi), il paesaggio, la natura morta (prodotti enogastronomici e altre merci tipiche):. Tourism […] is a massive, billion-dollar global industry that uses landscape convention to sell the location, portraiture to represent the types of people who live there (or who you should meet there), while still life is used to show the culture you can ‘see’ there: food, drinks, tax-free goods, local produce, souvenirs, etc. [BATE 2009:2].. La fotografia di promozione turistica, dunque, non corrisponderebbe a una categoria autonoma, con proprie e specifiche caratteristiche, bensì composita, una sorta di “genere sovraordinato”, i cui “sottogeneri”, assemblati o indipendenti tra loro, circolerebbero attraverso canali differenti (riviste, enti, agenzie, guide, internet). Sebbene la “promozione turistica” non possieda una tradizione, la formulazione di Bate delinea già una categoria così specializzata, strutturata e capace di interazioni da rientrare nella definizione complessiva di “genere fotografico” fornita dallo stesso autore.. Quando si tratta di fotografia di promozione turistica, un altro aspetto assai diffuso è la sua identificazione con lo stereotipo. La proliferazione di “immagini modello”, replicate all’interno di un circuito produttivo al fine di influenzare le scelte dei destinatari, è tipica dell’ambito turistico. Elemento che si rileva anche nell’esperienza di Giuseppe Mazzotti alla direzione dell’Ente Provinciale del Turismo di Treviso. . 24.

(35) I.I. Un “genere” indefinito. Mazzotti, per costruire il campione di “immagini modello” che avrebbero definito l’aspetto di Treviso e del territorio veneto per almeno un trentennio, basò la sua strategia promozionale sulla ripetitività che riguardava la tipologia di iniziative animate, i temi trattati e i fototipi divulgati. L’opera di promozione che fu attuata ciclicamente, attraverso le mostre e ad ampio raggio, nazionale e internazionale, utilizzando differenti media, avrebbe permesso a queste immagini di radicarsi nell’immaginario collettivo.. Bate e buona parte della critica precedente e successiva ritengono che queste immagini stereotipate vengano poi ricalcate dai turisti che le diffondono, a loro volta, nel loro contesto sociale:. Tourism […] depends on photographic views to sell holiday destinations in its brochure images; views which are then often bought as postcards or reinterpreted in personal photographs (snapshots) by holiday-makers [BATE 2009:89].. Di conseguenza, la produzione di fotografie di promozione turistica si fonda su un “circolo ermeneutico”24: le fotografie vengono commissionate dall’industria turistica, spesso sulla base di analisi sociologiche e di mercato, divulgate attraverso differenti supporti e assimilate da un pubblico vasto, in un processo ciclico continuo. La riproduzione incessante di tali icone determina delle conseguenze significative che sono state rilevate da studiosi di iconografia del paesaggio rurale e urbano, linguistica, antropologia, sociologia.. Marie-Ève Bouillon, nell’analizzare la produzione fotografica della società Neurdein Frères (1864-1917)25, rivolta al turismo, riferisce che una delle politiche iconografiche della maison consisteva nel monitorare la fortuna di determinate immagini. . 25.

(36) I.I. Un “genere” indefinito. Pertanto, le composizioni fotografiche venivano aggiornate sulla base dei gusti del pubblico costituendo delle “immagini modello” ossia degli stereotipi diffusi attraverso differenti supporti. Tali immagini dovevano essere pronte all’impiego, adatte a richieste convenzionali e budget ristretti e suscettibili a essere utilizzate in contesti diversi come nella stampa illustrata e per la produzione di cartoline. Si trattava, quindi, non soltanto di raccogliere un gran numero di riferimenti, ma di proporre soggetti che rispondessero a “criteri di leggibilità” per facilitare la loro commercializzazione:. La mise à jour des vues implique une organisation à échelle industrielle de l’entreprise, spécialement en terme de suivi de production. L’exploitation d’une même composition rélève la politique iconographique de la maison Neurdein qui tient compte du succès de ses images. Ces photographies construites deviennent des “images modèles”, des stéréotypes diffusés tant par la photographie que par l’intermédiaire d’objets dérivés. L’agence commercialise ce qu’André Gunthert définit comme des «photos prêtes à l’emploi, adaptées à des demandes stéréotypées et à des budgets restreints et susceptibles d’être utilisées dans des contextes divers», dont l’application s’elargira bientôt à la presse illustrée et à la carte postale. Il ne s’agit pas seulement de rassembler un maximum de références, mais bien de proposer des vues qui répondent à des critères de lisibilité pour faciliter leur exploitation sur tous supports industriels confondus [BOUILLON 2012:7].. Secondo Michael Jakob, la maggioranza di queste immagini modello è costituita da immagini di paesaggio, tanto frequentate dai turisti e impiegate dalla promozione turistica da introdurre l’idea che esista una categoria definita “onnipaesaggio”, ovvero l’onnipresenza del paesaggio come soggetto delle immagini legate al turismo. Quest’ultimo diviene «luogo comune per eccellenza e può assumere varie connotazioni (il paesaggio d’evasione, il paesaggio-cartolina, il paesaggioonirico, il paesaggio esotico, ecc.)» [JAKOB 2009:12] che, imposte al di là della nostra consapevolezza, influiscono sulla nostra percezione. . 26.

(37) I.I. Un “genere” indefinito. L’onnipresenza delle immagini di paesaggio è favorita dallo sviluppo dei mezzi di diffusione di immagini pubblicitarie, televisive e digitali che, permeando sempre più i messaggi culturali, finiscono per diventare costitutive della nostra identità. La diffusione dei media fa sì che il reale sia sostituito, sempre più, dalla sua rappresentazione:. La realtà del catalogo mondiale di monumenti e paesaggi preservati dall’UNESCO non è più veramente legata ai rispettivi siti, ma piuttosto ai siti internet, è insomma digitale [JAKOB 2009:119].. Jakob, quindi, sottolinea il diktat dell’immagine [JAKOB 2009:117] che, nella società contemporanea, conduce alla standardizzazione dei linguaggi (verbale e iconico). Secondo l’autore, però, l’unica via di uscita da questo appiattimento culturale sta nel recupero di un senso dei luoghi e dei vissuti attraverso un confronto con queste stesse immagini, data la loro pervasività nel mondo attuale:. Nell'epoca della circolazione universale delle immagini tutto è già stato visto e letto, tutto racconta tutto; i paesaggi del mondo si assomigliano sempre più, invece di differenziarsi, di sottrarsi al discorso e di sorprenderci. Il recupero di un senso del luogo, del vissuto, e l'uscita dal banale e dal ripetitivo dovrà comunque, se ha ancora motivo di essere, passare attraverso l’immagine-paesaggio [JAKOB 2009:120-121].. Questo confronto è necessario poiché le immagini-paesaggio e, in generale, le immagini stereotipate in ambito turistico hanno un ruolo determinante nella definizione dell’identità dei luoghi.. Bruno Notteboom, nell’analizzare il Bollettino del Touring Club del Belgio, dei primi decenni del Novecento, rileva la persistenza di immagini stereotipate già consolidate dalle incisioni proposte nelle guide ottocentesche:. 27.

(38) I.I. Un “genere” indefinito. The Touring Club was founded in 1895 as the first official tourist organization in Belgium. Its Bulletin guided its members through city and landscape by means of excursions that were outlined by road maps and photographs. Often these articles were no more than the repetition of stereotypes. […] A large part of the early photographic images used in tourism imitated the iconography of engravings in nineteenth-century tourist guides [NOTTEBOOM 2007:2].. L’autore rileva, attraverso l’esempio del Bollettino, che la creazione dell’identità nazionale e la produzione in serie di immagini vanno di pari passo. Di conseguenza, le città sono ridotte a un numero limitato di immagini canoniche di siti e monumenti che sono diffuse continuamente, pur nella fissità dei luoghi topici selezionati:. Tourism, the creation of national identity and the mass reproduction of images went hand in hand. City were reduced to a limited number of canonical images of sites and monuments that were indefatigably distributed. These sites largely remained the same throughout the twentieth century […][NOTTEBOOM 2007:2].. Accadde lo stesso per la città di Treviso e per il suo territorio, la cui fisionomia, dopo gli album ottocenteschi e sino alla metà degli anni Trenta, non era mai stata delineata sistematicamente per mezzo della fotografia. A partire dalla rivista illustrata Rassegna del Comune di Treviso (1935), di cui Mazzotti curò la redazione, fu proposta una selezione di luoghi e monumenti che, in molti casi, fu ripresentata nei decenni successivi con una certa frequenza da diversi fotografi e su differenti supporti26.. Fabienne Baider [BAIDER 2003] dimostra, in particolare, l’influenza delle guide turistiche nel definire a priori l’identità delle nostre destinazioni. Il caso proposto dall’autrice tratta della situazione di Cipro e denuncia il ruolo di alcune guide turistiche nel celare, attraverso una mistificazione operata da testo e immagini, la reale situazione geopolitica dell’isola 27. . 28.

(39) I.I. Un “genere” indefinito. Baider ritiene che le guide costruiscano dei significati carichi di pregiudizi, ossia di opinioni preconcette dettate dal contesto, che finiscono per essere assimilati alla stregua di giudizi, ossia di opinioni basate sull’esperienza personale:. […] si l’imaginaire transforme un lieu neutre en une destination de rêve, le guide touristique met en quelque sorte cet imaginaire en discours et en images. Les auteurs de ces guides décident pour nous […] les sites qui seraient emblématiques de notre destination future. […] La lecture du guide peut donc être assimilée à la construction page à page d’un signifié. […] de faire passer ces préjugés - c’est-à-dire un parti pris imposé par le milieu -, pour des jugements, - c’est-à-dire une opinion fondée sur l’éxperience [BAIDER 2003:161].. Un altro aspetto legato alle fotografie di promozione turistica è che queste, veicolate da diversi supporti (cartoline, dépliant, manifesti, oggettistica), acquisiscono il valore di souvenir.. Marie-Ève Bouillon, ancora riguardo alle dinamiche della società Neurdein Frères, descrive la diffusione di «oggetti immagine» [BOUILLON 2012:9] (soprattutto cartoline, ma anche piatti, “quadri-piatto”, sottopiatti, vasi) per finalità commerciali o didattiche a seconda dei modelli narrativi associati28.. Agli stereotipi che agiscono come souvenir, Susan Sontag attribuisce il ruolo di feticcio, i cui «usi talismanici» [SONTAG 2004:15] sono tentativi di entrare in contatto con la realtà in modo deduttivo, «partendo dalle sue orme» [SONTAG 2004:143-144] e non da qualità oggettive29.. Patricia Albers e William James osservano che l’industria di promozione turistica ha tradotto le specificità culturali di popolazioni autoctone, come quella degli amerindi, in immagini stereotipate e circolanti come souvenir sotto forma di cartoline illustrate [ALBERS ET AL. 1983].. 29.

(40) I.I. Un “genere” indefinito. Nell’esperienza italiana, è stato l’editore Giulio Bollati, nel 1979, ad assegnare per primo alla fotografia un ruolo fondamentale nel censimento delle bellezze storicoartistiche del nostro paese. Tale censimento, secondo l’autore, anche quando sia compiuto da fotografi non professionisti, produce degli stereotipi visivi così tenaci da fornire una rappresentazione del paese capace di sostituirsi a quella reale.. In questa produzione di stereotipi e nella trasposizione in immagini di tòpoi derivanti da varie fonti (letterarie, artistiche) la fotografia è capace di formare un «dizionario visivo» [BOLLATI 1979:31] che diventa strumento di unificazione dell’identità nazionale:. Un vasto campo di lavoro si apre alla fotografia come strumento di unificazione. Occorre inventariare, catalogare, classificare, per far conoscere, mettere in comune, esaltare. […] Più in generale, essa collabora alla creazione di una retorica nazionale didattica e celebrativa, traducendo in immagini tòpoi derivati da varie fonti o producendone copiosamente di propri. Dall’insieme di queste attività prende forma una sorta di dizionario visivo degli italiani la cui validità non si può dire del tutto esaurita neppure oggi. Si tratta dell’impressionante tentativo di abbracciare tutto il reale in un numero sterminato di voci-immagini: si va da Vesuvio, Colosseo, Ciociaria, Brianza, a spazzacamino, stambecco, opificio, ginnastica, beneficienza [BOLLATI 1979:31].. Giulio Bollati invita a ricostruire una storia di questa vicenda per distinguere i “maestri” di questo sillabario visuale30. Nell’opinione dell’autore gli stereotipi fotografici potrebbero essere riletti in un’accezione positiva sia come frutto sia come principio di percorsi storici da indagare:. La raccolta delle bellezze naturali del Bel Paese sarà compiuta da un esercito di fotografi spesso di basso e infimo livello, capaci però di comporre un mosaico di stereotipi visivi tanto tenaci, che molti luoghi o paesaggi reali ne saranno «sostituiti» per sempre. Sarebbe interessante una storia di questa vicenda, che distinguesse i maestri del sillabario visuale insegnato nelle scuole dai pur degni e meritori pionieri. 30.

(41) I.I. Un “genere” indefinito. della visualizzazione turistica e da altri artigiani della veduta topografica, storica, pittorica [BOLLATI 1979:33].. L’interesse per questa ricerca è dunque spiegato anche da queste parole perché, indagando sulle immagini contenute nelle fotografie della città di Treviso e del suo territorio, diffuse per oltre un trentennio da Giuseppe Mazzotti e dall’Ente turistico di cui fu il direttore, emerge una storia peculiare e articolata che verrà descritta nei capitoli successivi.. La storica dell’arte Antonella Fusco parte dalla riflessione di Bollati per sottolineare che stereotipi derivanti da diverse tipologie espressive sono necessari, nell’epoca della cultura di massa, a identificare le caratteristiche sociali dei popoli. Un ruolo privilegiato, tra questi stereotipi, spetta, per l’enorme proliferazione, ai «luoghi comuni paesaggistici» ossia a. simbologie vedutistiche: […] segnali architettonici o paesaggistici isolati dal contesto urbano ed adoperati per ricordare - dal particolare al totale - la città di cui fanno parte [FUSCO 1982:754].. Tra gli esempi, Fusco riporta il golfo di Napoli con il Vesuvio e il pino marittimo e monumenti molto noti quali il Duomo di Milano, la Torre di Pisa e molti altri.. Le immagini stereotipate e circolanti a livello internazionale che provengono, in gran parte, dall’industria turistica, incidono fortemente sulle identità nazionali e andrebbero dunque studiate e contestualizzate. Altrimenti, si corre il rischio di conoscere la realtà attraverso schemi precostituiti che Augustin-François Creuzé De Lesser assimila, scherzosamente, a un paio di occhiali con lenti verdi:. 31.

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