• Non ci sono risultati.

Morfologia dell’Alta Valle del Volturno

IV. Elenco dei grafic

2. L’Alta valle del Volturno: Il contesto geografico

2.1 Morfologia dell’Alta Valle del Volturno

L’Alta Valle del Volturno, come si presenta oggi, è il frutto delle molteplici trasformazioni avvenute durante le diverse ere geologiche, in particolare la fase

postglaciale (circa 8300 anni fa), durante la quale si registrano le ultime fasi del modellamento tettonico dell’assetto montuoso della valle, documentate sia dalla linea dei circhi glaciali posti in sequenza sulle vette mainardiche, sia su deboli basculamenti.40 Si osservano infatti ai piedi delle vette più alte delle Mainarde, molti circhi glaciali, enormi catini sede di antichi stoccaggi dei ghiacci, con pareti a semicerchio e fondo poco inclinato di forme diverse a seconda dell’area occupata e dell’apporto delle lingue glaciali provenienti dai circhi delle vette circostanti.

Sono presenti inoltre, molte doline (cavità di origine carsica circolari chiuse dovuta all’erosione delle rocce calcaree da parte delle acque filtranti attraverso fenditure o a cedimento delle stesse in seguito a dissoluzione calcari da parte di acque circostanti nel sottosuolo) tipiche della Valle che si osservano nei pressi di Pianoro Campitelli, nel cuore del PNALM e altri visibili lungo la faglia che divide il Pianoro Le Forme dalle rocce dolomitiche di fronte la Valle Fredda. I polje (tipo di dolina carsica che si presenta come una vasta pianura delimitata da un bordo roccioso ininterrotto) presentano versanti particolarmente ripidi rappresentato da quello di Pantano, contornato da centri abitati di Selvone, Mennella, Pantano e Filignano, percorso dal torrente Ravindola.

2.1.1 Flora

L’intera area della Valle è caratterizzata da una notevole biodiversità floristica, favorita dall’integrazione di ambienti naturali diversi che vanno dalla prateria di altitudine ai boschi ripariali delle valli alluvionali. Come si è accennato nel paragrafo precedente, importanti formazioni rocciose di calcare e dolomia caratterizzano la porzione medio- alta del bacino del Volturno, mentre un sistema montuoso e collinare di natura marnoso- arenacea ne caratterizza la porzione inferiore.

Sebbene nel corso dei secoli la vegetazione della zona abbia subito delle riduzioni derivanti dal disboscamento e dalle attività pastorali praticate in maniera estensiva, oggi la superficie forestale presa in esame sembra essere più florida e ricca sia per la riduzione del pascolo che per l’abbandono dell’agricoltura di collina organizzata in

40

Di Ianni I., Pesino E., Paolone T., L'Alta Valle del Volturno : natura, storia e tradizioni, Campobasso, Palladino, 1999. P. 20

terrazzamenti. Le ricerche sul campo mostrano una sorprendente varietà della flora briologica composta da 151 specie, tra cui 134 Muschi (si riscontra la Pohlia andalusica segnalata per la prima volta in Italia) e 17 Epatiche.41

L’area superiore della Valle è caratterizzata principalmente dalla presenza di graminacee, ciperacee e leguminose mentre quella inferiore rappresenta il polmone del comprensorio costituito dalla foresta della Valle di Mezzo e tipica di quelle del Parco Nazionale d’Abruzzo. Lazio e Molise. Lungo i sentieri tracciati , si incontrano il Faggio (Fagus silvatica) esteso maggiormente nella parte medio-alta fino al limite della vegetazione arborea, l’Acero di monte (Acer pseudoplatanus), il Pioppo tremolo (Populus tremula), il Sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) ed il Sorbo montano (Sorbus aria). A quota inferiore vi è la presenza di Cerro, Acero minore, Acero campestre, Acero italico, il Melo selvatco (Malus silvestris), la Barretta da prete (Eunymus europeaus), il Biancospino e il Leccio nelle aree fluviali. “Sono proprio questi gli esemplari arborei che più interessano il naturalista, perché rappresentano una fonte inesauribile di vita, un substrato iniziale su cui forme animali sempre più evolute e complesse possono svilupparsi, un modello di microambiente sempre più raro in ogni parte del mondo. Senza di essi non solo sarebbe senza dubbio compromessa la sopravvivenza di molte specie di uccelli, come i picchi, le Cince, le Upupe, le Balie dal collare, i Rampichini, ecc. […] L’equilibrio che sostiene questa queste comunità è notevolmente stabile. E la varietà delle specie, il numero degli esemplari, la diversità delle nicchie ecologiche occupate fanno sì che non esistano affatto i problemi di infestazioni massicce che invece si pongono in ambienti artificiali regolati dall’uomo” .42

Monte Marrone, ad esempio, presenta un manto forestale ancora ben conservato interrotto talvolta da rocce calcaree dove nidifica l’Aquila reale e stazioni sporadiche di Pino nero (Pinus nigra italica) che si trova allo stato spontaneo nella località di Villetta Barrea; sono state rinvenute inoltre formazioni di Betulla (Betula pendula) sulla Metuccia, testimonianza di condizioni climatiche molto rigide risalanti migliaia di anni fa. Gli alberi secolari e di grandi dimensioni si trovano il loro habitat per di più in ambienti agro-forestali, soprattutto nel territorio di Cerro al Volturno e Rocchetta al

41

Idem

42

Volturno con la presenza di cerri e querceti che ombreggiano varietà di orchidee rare come Orchis pauciflora, Orchis morio, Aceras anthropophorum.

Numerosi infine sono i boschi igrofili e non che popolano il comprensorio dell’Alta Valle del Volturno. Alcuni di essi come il Cerro e la Roverella, coprono i depositi alluvionali collinari che si allungano a sud di Fornelli fino alla confluenza con il fiume Volturno. Numerosi poi sono rimboschimenti attuati come il Monte Santa croce, Monte la Caprara, Località la Taverna in Acquaviva d’Isernia, Colle Alto arricchiti con pini, cedri e abeti.

2.1.2 Fauna

Il patrimonio faunistico è strettamente legato all’habitat montano delle Mainarde, che ospita anche specie erratiche e migratrici che trovano nell’ambiente fluviale un luogo adatto per sostare e trovare il cibo. Come già ribadito, tutta l’area interposta tra il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ed il Massiccio del Matese, costituiscono un corridoio biotico43 per facilitare gli spostamenti faunistici che risultano essere unici nel loro genere e che sono rappresentati da specie protette come l’orso marsicano e il camoscio d’Abruzzo.

L’orso bruno marsicano è la specie animale più importante per la sua rarità e caratteristiche genetiche e la sua conservazione e protezione è data anche dal basso tasso delle zone popolate dell’area che occupano meno del 25% del territorio del parco e le attente misure adottate sui tagli boschivi, fruizione turistica , strade di penetrazione, nonché un totale divieto di caccia e camping in tutta l’area protetta. Per facilitare le operazioni, inoltre, sono stati introdotti nel parco migliaia di alberi da frutta, preminentemente meli selvatici per evitare gli spostamenti dei plantigradi in zone non protette e causare spiacevoli incursioni.

Una specie ben rappresentata, che può essere avvistata a basse quote (700 m/s.l.m) è il Lupo Appenninico, salvato dall’estinzione agli inizi degli anni Settanta grazie alla reintroduzione di cervi e caprioli e ad appropriate misure di salvaguardia portate avanti

43

Corridoio faunistico individuato nel progetto A.R.V.E. (Abruzzo Regione Verde d’Europa), proposta dal Comitato Parchi e Riserve d’Italia, che con appropriate misure di tutela si propone di favorire gli scambi faunistici tra i grandi parchi centroappenninici.

dal Gruppo Lupo Italia. Il Cervo ed il Capriolo possono essere avvistati anche nelle valli (Valle Porcina), così come l’Aquila reale, il Nibbio bruno, il Nibbio reale, il Falco pellegrino, il Falco Ianarico e l’Astore. Tra i rettili importante è la presenza della Vipera dell’Orsini, segnalata alle pendici del Monte Meta, mentre l’entomofauna annovera l’Apollo, un lepidottero alpino di cui è stata riconosciuta una forma particolare sulla Meta e il Cerambice Rosalia alpina, un coleottero legato alla faggeta più evoluta e matura.

I bacini lacustri e fluviali ospitano rotte migratorie secondarie, mentre gli specchi d’acqua sorgivi ospitano l’Airone cenerino. Un accenno doveroso merita la trota di torrente, specie a rischio a causa della pesca eccessiva, sbarramenti e degli inadeguati ripopolamenti a scopo alieutico che hanno alterato i ceppi originari. Un'altra specie presente nei boschi è la lontra, la cui presenza è minacciata dalla depauperazione delle acque fluviali, inquinamento dei corpi idrici e della riduzione conseguenziale dei popolamenti ittici. Ne consegue che la specie è stata rintracciata nei canali dei centri abitati e cacciata con l’ausilio di cani perché considerata danneggiante per l’agricoltura. Il bosco igrofilo incontra le condizione pedoclimatica favorevole allo sviluppo e conservazione di diverse specie che possono essere osservate nella Zona Umida Le Mortine (conosciuta come Oasi), affidata in gestione nel 1999 al WWF Italia. Oggi la riserva naturale occupa una lanca fluviale artificiale creatasi in seguito alla costruzione di uno sbarramento per la produzione idroelettrica negli anni Cinquanta ed è caratterizzata dalla presenza di una fauna acquatica diversificata soprattutto nei periodi di svernamento e migrazione.