Esaminando le molteplici tradizioni sulle vicende di Oreste nel mondo greco, emerge chiaramente l’assenza di notizie sulle modalità della sua morte. Le fonti riportano accenni, più o meno espliciti, all’evento in sé, ma mai alla circostanza specifica o alla causa che l’ha determinato. Nelle versioni di Omero, Pindaro, Sofocle ed Euripide tale assenza di riferimenti dipende sostanzialmente dalla prospettiva specifica attraverso cui si vuole presentare la vicenda. Ci si concentra cioè sull’atto vendicativo di Oreste, sul matricidio e, al più, sulle sue conseguenze in materia di contaminazione, ma non si va oltre: la vita dell’eroe sembra non avere realmente una fine, perché cristallizzata ora nella dimora paterna, dove il giovane prende il posto di Agamennone in qualità di suo legittimo erede, ora nella terra dell’esilio, dove deve scontare la pena per l’atto commesso.
Altre fonti invece citano la sua morte, ma la riducono quasi a un naturale decorso biologico dell’esistenza. Strabone e Demone parlano della morte dell’eroe prima della spedizione in Asia Minore per fondare Tenedo, ma non ne raccontano le dinamiche214.
Eschilo invece vi fa solo riferimento anticipandola per bocca di Oreste ancora vivo alla fine del processo presso l’Areopago215. In tutti questi casi, il silenzio sull’evento sembra
configurarlo come qualcosa di naturale, non contenente nulla di eroico da essere trasmesso, a differenza invece del matricidio e della purificazione. Oreste non sembrerebbe dunque avere avuto una morte gloriosa paragonabile a quella di Edipo!
In questa assenza generale, che sembra quasi testimoniare una damnatio memoriae nel raccontare e tramandare l’evento, sono degni di menzione un passo di Erodoto, che parla della sepoltura di Oreste a Tegea, città da cui il cadavere dell’eroe viene traslato a Sparta nel VI sec. a.C. (Hdt. I 66-68); e un frammento di Asclepiade di Tragilo, mitografo vissuto nel IV sec. a.C., in cui si racconta che Oreste sarebbe morto in Arcadia all’età di settanta anni perché ucciso da un serpente (FGrHist 12 F 25). La prima testimonianza fornisce un addentellato topografico per la localizzazione del luogo dove l’eroe muore, o almeno è seppellito; la seconda invece ne fornirebbe un potenziale motivo dal valore
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214 Dem. FGrHist 327 F 17: Ταύτην τὴν µαντείαν παραδεξάµενον τὸν Ὀρέστην συνέβη λιπεῖν τὸν
βίον; Strab. XIII 1, 3: Ὀρέστην µὲν γὰρ ἄρξαι τοῦ στόλου, τούτου δ' ἐν Ἀρκαδίᾳ τελευτήσαντος τὸν βίον διαδέξασθαι τὸν υἱὸν αὐτοῦ Πενθίλον (…).
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verosimilmente simbolico. Le due fonti, per quanto scarne, meritano di essere lette nel più generale contesto arcadico, in quanto costituiscono le tracce di quel vasto panorama di tradizioni sull’eroe che si è andato delineando già grazie a Ferecide, Euripide e Pausania.
§ 2.4.1 Oreste morso dal serpente
Il frammento di Asclepiade di Tragilo (FGrHist 12 F 25) è tramandato dagli scolii a Eur. Or. 1645 e costituisce con ogni probabilità non una citazione verbatim dall’opera dell’autore, i Τραγῳδούµενα, quanto una sintesi della parte del testo di pertinenza, in cui non è da escludere la possibilità che la vicenda potesse essere descritta più ampiamente216.
Per quanto stringato, se esaminato all’interno del contesto di provenienza, esso dà una serie di informazioni utili a ricostruire con buon grado di verisimiglianza la tradizione seguita dal mitografo.
La morte di Oreste in Arcadia all’età di settant’anni lascia ragionevolmente supporre che essa si sia verificata durante un esilio dell’eroe nella terra di Pelasgo, successivo al matricidio e conseguente alla persecuzione delle Erinni; l’età, particolarmente avanzata, permette di supporre che si sia trattato di un esilio permanente, senza alcun rientro dell’eroe nella dimora paterna. Lo scolio da cui il frammento proviene può confermare queste deduzioni: il testo di Asclepiade infatti è citato, insieme a quello di Ferecide di Atene, in opposizione alla versione euripidea della vicenda, in cui l’eroe invece si dirige nella pianura Parrasia per un solo anno allo scopo di purificarsi per poi far ritorno ad Argo, dove è destinato a vivere con Ermione217.
La tradizione più prossima a quella presentata da Asclepiade è riportata da Erodoto, secondo cui l’eroe morto giace sepolto a Tegea218. Tuttavia il riferimento dello
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216 FGrHist 12 F 25:! ὁ δὲ Ἀσκληπιάδης ἐν Ἀρκαδίᾳ φησὶ τὸν Ὀρέστην ὑπὸ ὄφεως ἀναιρεθῆναι
ἑβδοµήκοντα ἐτῶν. La versione è confermata anche da [Apollod.] Ep. VI 28 (δηχθεὶς [scil. Ὀρέστης] ὑπὸ ὄφεως ἐν Ὀρεστείῳ τῆς Ἀρκαδίας θνήσκει); schol. Lycoprh. 1374 (ἢ κατά τινας Ἠριγόνην γήµας [scil. Ὀρέστης] τὴν Αἰγίσθου Πένθιλον γεννᾷ οἰκῶν ἐν Ὀρεστείᾳ τῆς Ἀρκαδίας, ὅπου ὑπὸ ὄφεως δηχθεὶς ἀναιρεῖται); Steph. Byz. s.v. Ὀρέσται (αὐτὸς [scil. Ὀρέστης] δὲ ὑπὸ ἐχίδνης δηχθεὶς θνήσκει).
εἰς χωρίον τῆς Ἀρκαδίας, τὸ λεγόµενον Ὀρέστειον)
217 Eur. Or. 1643-1647. Cfr. supra p. 40; pp. 106-108. 218 Hdt. I 66-68.
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Pseudo-Apollodoro a Oresteion come città specifica in cui l’eroe muore sembra allontanarla da quella erodotea, e avvicinarla piuttosto a quella di Ferecide di Atene o di Euripide, che sono alternative per ambientazione e riti219. Non è possibile neppure
stabilire, per analoghe ragioni, se essa possa considerarsi parte delle tradizioni sulla morte di Oreste prima della partenza per la spedizione in Asia Minore, come potrebbe lasciare intendere il confronto con Strabone, che parla appunto della morte dell’eroe nella regione nel contesto del fenomeno migratorio220.
Unica nelle fonti è invece l’immagine dell’eroe ucciso da un serpente (ὑπὸ ὄφεως ἀναιρεθῆναι). Benché il verbo usato dal mitografo sia generico e possa alludere sia alla morte per morso sia per strangolamento o soffocamento, il confronto con la testimonianza dello Pseudo-Apollodoro, lo scolio licofroneo e Stefano di Bisanzio, conferma la morte per morso. La precisazione poi con cui Asclepiade cita l’età in cui l’eroe muore (ἑβδοµήκοντα ἐτῶν) rivela uno spirito razionalistico e normativo sconosciuto alle altre versioni, e lascia almeno il dubbio su quanto questa versione sia realmente rapportabile alle altre attestate e ambientate in Arcadia.
Una tale tipologia di morte potrebbe essere interpretata simbolicamente: da serpente vendicativo per l’uccisione del padre l’eroe passa a vittima del serpente vendicativo per l’uccisione della madre, ovvero le Erinni. Tuttavia non è dato leggere nel frammento un legame così esplicito e l’assenza di riferimenti a ciò nelle altre fonti farebbe escludere questa possibilità
La contestualizzazione del frammento all’interno dell’opera di appartenenza può contribuire a comprendere meglio la natura della tradizione in questione. La specifica immagine di Oreste morto a causa di un serpente all’età di settant’anni, messa a confronto con altri casi di eroi deceduti in maniera analoga, a sua volta offre almeno un’ipotesi interpretativa dell’intero evento.
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219 Il confronto con la versione euripidea della vicenda, rispetto alla quale Asclepiade è citato,
sembra in realtà lasciar propendere che si tratti della stessa zona arcadica d’esilio citata dal tragico (pianura Parrasia), geograficamente opposta a quella attestata da Erodoto (Tegea), e lontana da quelle ferecidea (pianura Menalia). Una prova potrebbe derivare dal fatto che il commentatore tace l’ambientazione specifica di Asclepiade, perché la considera analoga a quella euripidea.
220 Strab. XIII 1, 3. Diversamente invece altre fonti parlano della morte di Oreste all’arrivo sul
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§ 2.4.1a I Τραγῳδούµενα e un possibile contesto per la versione mitica
Ad Asclepiade di Tragilo, greco di Tracia vissuto nel IV sec. a.C., le fonti antiche attribuiscono la composizione di una raccolta di miti tragici in sei libri dal titolo Τραγῳδούµενα221. La sua natura estremamente frammentaria e il fatto che quello che ci è
pervenuto sembra in molti casi un’estrapolazione più o meno artificiale dell’originale, impediscono di ricostruirne una struttura precisa. L’opera doveva però essere ampia e dettagliata, perché comprendeva gli eventi mitici degli Argonauti, di Edipo, di Admeto ecc.222
La predilezione per i contenuti tragici fa di Asclepiade un mitografo sui generis, che limita il suo lavoro di raccolta a una specifica produzione poetica223. L’intera sua opera
doveva essere dunque custode delle versioni mitiche non solo presenti nella produzione tragica dei tre grandi, ma anche in quella di autori a noi conosciuti solo per nome o da scarsi frammenti224. Per alcuni studiosi ciò vuol dire che la sua opera al contempo forniva
eventualmente materiale per nuovi poeti, venendo a costituire così un raccoglitore di miti superiori a quelli da noi conosciuti225.
Dalle fonti pervenute si comprende che Asclepiade ora è invocato come autorità per una specifica tradizione, ora è presentato come testimone di più versioni circolanti su uno stesso mito226. L’opera sembra dunque potersi considerare, almeno per certi aspetti,
come un antecedente di quella dello Pseudo-Apollodoro227. Se il criterio di scelta delle
tradizioni resta sconosciuto, la disposizione del materiale sembrerebbe rispondere a un criterio di ordine cronologico degli eventi mitici.
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221 FGrHist 12 F. Su Asclepiade di Tragilo cfr. VILLAGRA HIDALGO 2008;EADEM 2011. 222 Cfr. rispettivamente FGrHist 12 F 2, 7, 9.
223 Il fatto che otto dei trentadue frammenti pervenuti vengano trasmessi da scolii ad Euripide e
che nessun’altra raccolta scoliastica degli altri tragici lo citi ha indotto a pensare che l’opera di Asclepiade abbia avuto una diretta e particolare relazione con il corpus euripideum in specifiche parti. Cfr. VILLAGRA
HIDALGO 2008, p. 291.
224 Questo tipo di raccolta non è in verità un unicum nella tradizione mitografica di epoca classica.
A Filocoro, ad esempio, la tradizione attribuisce, tra le altre opere, anche un Περὶ τῶν Σοφοκλέους µύθων (FGrHist 328 T 1), che dimostra l’interesse che l’argomento mitologico strettamente tragico suscitava in pieno IV sec. a.C.
225 VILLAGRA HIDALGO 2008, p. 293. 226 Cfr. rispettivamente FGrHist 12 F 4 e 7a.
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Se è corretta l’interpretazione della struttura dell’opera, di notevole importanza e centralità si rivela il frammento sulla morte di Oreste. Nessuna delle tragedie in nostro possesso presenta tale versione della morte dell’eroe, il che ci obbliga a supporre che essa dovesse essere presentata in testi a noi non pervenuti. In questo senso il criterio di scelta mitica usato da Asclepiade potrebbe essere stato sia quello della maggior diffusione della versione, per cui quella attestata poteva essere una tra le molte sulla morte dell’eroe; sia quello della sua unicità, per cui la versione in questione era scelta per il suo essere un
hapax nel suo genere, al fine di completare la biografia mitica dell’eroe.
Considerando che lo scolio da cui proviene fa di Asclepiade l’autorità tralatrice della specifica versione mitica, non è da escludere che essa fosse una delle poche, se non l’unica sulla morte dell’eroe presente nell’opera. Da dove Asclepiade abbia attinto tale tradizione è tuttavia impossibile da stabilire, non solo per l’esiguità del frammento, ma anche per la parziale conoscenza delle tradizioni mitiche sull’eroe.
§ 2.4.1b Oreste ucciso dal serpente
Oreste non è l’unico eroe ucciso dal morso di un serpente. Analoga sorte hanno l’Argonauta Mopso, che muore nel deserto libico dopo la conquista del vello d’oro228; il
piccolo Ofelte, in onore del quale vengono istituiti i giochi a Nemea229; Epito, sovrano
arcade, durante una caccia230; Iocasto in una delle tradizioni sulla fondazione di Reggio231.
Si tratta di personaggi legati a imprese eroiche di conquista (spedizione nella Colchide) o di fondazione (sovranità arcade o reggina; istituzione degli agoni nemei), la cui grandezza e importanza sembra sottolineata dalla morte improvvisa degli eroi, che in alcuni casi ne costituisce il motivo fondante.
Camassa ritiene che il motivo della morte per il morso di un serpente sia «indizio di un forte radicamento areale dell’eroe», e adduce le testimonianze antiche come prova del fatto che Oreste sia un personaggio essenzialmente arcadico, con salde radici nella
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228 Ap. Rhod. IV 1502-1536 229 [Apollod.] Bibl. III 6, 4. 230 Paus. VIII 4, 7.
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regione232. Un radicamento territoriale, per quanto affascinante, risulta ipotetico rispetto
a un’origine arcadica dell’eroe, per la quale la morte nella regione si configurerebbe come il completamento di un ciclo vitale o come il ritorno dell’eroe alla sua terra. Se messo però in relazione con le tradizioni su Oreste purificato in Arcadia attestate in tragedia, si può cogliere invece un altro aspetto di questo radicamento.
L’eroe arriva nella terra di Pelasgo per iniziare una nuova vita a seguito del matricidio. Segno di ciò è la fondazione di una nuova città (Oresteion), con annessi culti, spesso in onore delle Eumenidi233. Oreste appartiene alla terra arcadica perché essa gli ha
garantito una re-istituzionalizzazione dopo aver commesso l’atto empio; la nuova città, che rappresenta l’occasione di un secondo inizio, è la traccia inconfondibile dell’appartenenza dell’eroe alla terra che l’ha salvato e purificato, un’appartenenza paragonabile a quella di Edipo a Colono a esempio. In questo senso l’analogia con Iocasto nel mito di fondazione di Reggio è notevole: entrambi gli eroi hanno dato vita a una nuova terra e il serpente ne accompagna la morte nel centro da loro fondato234.
Un possibile legame tra l’eroe morto perché morso da un serpente e la terra in cui muore è spiegabile anche alla luce della simbologia eroica e regale dell’animale, tanto nel mondo dei vivi quanto in quello dei morti. Cecrope ad Atene ne è l’esempio più eclatante, ma si può ricordare anche la regalità dei defunti nelle evidenze archeologiche di Amicle, in cui figure maschili di eroi e di donne sono rappresentate accompagnate da serpenti235.
§ 2.4.1c Conclusione
Unica testimonianza sulla morte di Oreste, il frammento di Asclepiade di Tragilo sembra riportare l’ultima parte di una tradizione sulla purificazione dell’eroe in Arcadia,
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232 CAMASSA 2003, p. 12 n. 11.
233 E. g. Eur. Or. 1643-1647; [Apollod.] Ep. VI 28.
234 Figlio di Eolo Iocasto sarebbe stato il fondatore di Reggio, o considerato come tale perché la
città sarebbe sorta sulla sua tomba, dove era stato collocato in seguito alla morte dovuta al morso di un serpente. La figura dell’eroe può riconoscersi nell’immagine di un giovane seduto con bastone che compare nelle monete reggine di V secolo a.C., e la presenza di un serpente accanto al braccio e alla schiena su monete, può interpretarsi, tra le altre cose, come il serpente nel gesto di morderlo.
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nel contesto di un esilio permanente, che si conclude con la nascita di un centro cittadino e la morte dell’eroe in esso. La simbologia serpentina potrebbe richiamare in questo senso lo statuto eroico e regale di Oreste inteso come fondatore. Se tale ricostruzione è corretta, la tradizione è successiva al VII sec. a.C., epoca della nascita dei primi racconti sulle purificazioni eroiche236.
§ 2.4.2 Oreste sepolto a Tegea
Erodoto, e pochi autori tardi in maniera piuttosto fedele al dettato dello storico, attestano l’esistenza di una tradizione sulla sepoltura di Oreste a Tegea e sulla traslazione delle sue ossa a Sparta in occasione dei conflitti tra le due città nel VI sec. a.C.237 Le fonti
non riportano gli antecedenti della sepoltura dell’eroe nella città arcadica, ma si limitano a descrivere le dinamiche di appropriazione del cadavere (avvenuta grazie al benemerito Lica) che consente la vittoria di Sparta238.
L’attenzione di Erodoto, la testimonianza più estesa, è concentrata tutta sui conflitti tra le due città, in particolare sul punto di vista spartano e sul percorso, tortuoso e sofferto, attraverso cui la città laconica conquista Tegea. In verità, dalla lettura del racconto, sembra quasi emergere una non consapevolezza da parte dei Tegeati della presenza delle ossa di tale eroe nella propria terra, evidente nell’assenza di un monumento cittadino o culto a lui dedicato prima della conquista spartana e nell’atteggiamento dell’anonimo fabbro locale che, dopo avere scoperto i resti, li riseppellisce non dandogli, apparentemente, alcuna importanza. Sembra quasi che Erodoto attesti una tradizione inesistente per i Tegeati e creata ex nihilo dagli Spartani.
Mentre gli studi sul versante spartano della vicenda abbondano, quelli sugli antecedenti arcadici non sono numerosi e si riducono spesso a citazione erudita o catalogica in nota. Tale stato di cose è sicuramente dovuto all’assenza di fonti in merito, che non permettono di esaminare i percorsi e le ragioni per cui Oreste arriva a essere !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
236 GIORDANO 2013.
237 Hdt. I 66-68; Diod. IX 36; Plin. Nat. Hist. VII 46; Paus. III 3, 5-7; 11, 10; VIII 54, 4; Philostrat.
Her. VIII 3; Aen. Gaz. Theophr. 60; Chor. Gaz. XXXVII 4; Schol. Ael. Aristid. XLVI 172 Dindorff; Anth. Pal.
XIV 78; Steph. Byz. s.v. Τεγέα.
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sepolto a Tegea; ma esso dipende al contempo dalla poca credibilità attribuita a Erodoto e Pausania e alla volontà, da più parti espressa, di raggruppare le variegate tradizioni su Oreste in Arcadia in una solo versione mitica regionale239.
Per come trasmessa, la tradizione in questione pone due problemi: i possibili antecedenti della vicenda e la localizzazione geografica rispetto alle altre versioni mitiche diffuse ampiamente nella piana di Megalopoli, della quale ci si occuperà più avanti240. In
merito al primo, poiché nessuna delle fonti presenta gli eventi che hanno condotto Oreste nella città, alcuni studiosi hanno ritenuto possibile rintracciare un riferimento a tali vicende in un passo del III libro dell’Odissea (e nei relativi scolii) in cui Oreste è detto tornare a Micene ἀπ' Ἀθηνάων dopo otto anni per vendicare il padre, dove l’ἀπ' Ἀθηνάων è interpretato, sulla scia della lezione di Aristarco, come riferimento alla dea Atena241.
Tra questi Schwartz, prima in un articolo del 1901 poi nel commento all’Odissea del 1924, ha difeso la lezione aristarchea avanzando l’ipotesi che essa, lungi dall’essere una mera congettura, possa costituire invece un circostanziato rinvio all’Atena Ἀλέα di Tegea, interpretata come nume tutelare di Oreste prima che la propaganda delfica facesse appunto di Delfi una tappa obbligata della sua storia. L’ipotesi è stata in anni recenti ripresa e ulteriormente ampliata da Camassa in due contributi, in cui lo studioso afferma che il passo in questione dell’Odissea, insieme a quelli di Erodoto e Pausania sul sepolcro dell’eroe a Tegea, costituirebbero le tracce di quella che doveva essere una prototipica esistenza di Oreste in Arcadia242. Scrive lo studioso: «l’ipotesi su cui lavorare sembra in
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239 Cfr. e.g. HUXLEY 1979. 240 Cfr. infra pp. 156-158.
241 Od. III 305-308:!ἑπτάετες δ' ἤνασσε [scil. Αἴγισθος] πολυχρύσοιο Μυκήνης, / τῷ δέ οἱ ὀγδοάτῳ
κακὸν ἤλυθε δῖος Ὀρέστης / ἂψ ἀπ' Ἀθηνάων, κατὰ δ' ἔκτανε πατροφονῆα, / [Αἴγισθον δολόµητιν, ὅ οἱ πατέρα κλυτὸν ἔκτα].!Cfr. Schol. Od. III 307 a (Pontani): Ζηνόδοτος µὲν ἂψ ἀπὸ Φωκήων (ἐκεῖ γὰρ κατῴκει ὁ Στρόφιος, εἰς ὃν ἀνετρέφετο Ὀρέστης κατὰ νεωτέρους). Ἀρίσταρχος δὲ ἂψ ἀπ' Ἀθηναίης, ὡς ἐκεῖ “ἵκετο δ' ἐς Μαραθῶνα καὶ εὐρυάγυιαν Ἀθήνην” (Od. VII 80).! HMa Il fatto che l’epitomatore della tradizione grammaticale alessandrina e bizantina abbia preservato il riferimento al verso del VII libro del poema, lascerebbe intendere che la correzione di Aristarco andrebbe nel senso non del nome della dea, ma in quello del nome della città. Nel verso citato a confronto infatti Ἀθήνην indica, come Maratona, la città, mentre due versi prima (VII 78) lo stesso nome indica inequivocabilmente la dea. Se è attestato l’uso alternativo del nome Ἀθήνη per indicare ora la città ora la dea, ciò non sembra invece accadere per Ἀθηναίη, ricorrente solo per identificare la dea. La notazione dell’epitomatore sembra dunque scorretta e non pertinente alla correzione di Aristarco. Cfr. PONTANI 2007.
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effetti assai semplice (…): l’eroe nel cui nome risuona l’eco dei monti243, l’eroe così
strettamente legato all’Arcadia, potrebbe essere stato attratto nel ciclo dei miti egemonici dell’Argolide, divenendo (egli l’efebo) il vendicatore, il vendicatore del padre, Agamennone re di Micene. Oreste si sarebbe lasciato alle spalle Orestheus figlio di Licaone, da cui in origine non doveva essere distinguibile, per venire assorbito dal grande centro di potere dell’età eroica»244.
Con tutte le precauzioni del caso, lo studioso ipotizza l’appartenenza iniziale di Oreste all’Arcadia, in qualche modo legato al locale Orestheus in chiave iniziatica, e poi propone un passaggio dell’eroe dall’Arcadia all’Argolide in chiave spartana. Egli spiega questo passaggio con il fine di sottrarre Menelao, sovrano lacedemone, al destino di vendicatore del fratello Agamennone, che in un primo momento doveva vivere con lui a Sparta. La vendetta contro l’assassina Clitemestra, seppur giusta, avrebbe costituito pur sempre una macchia per un sovrano e doveva in qualche modo essere stornata. Oreste sarebbe così divenuto il ‘capro espiatorio’ su cui convogliare la contaminazione derivante da un delitto di sangue per preservare l’integrità dell’immagine di Menelao.
Tale ricostruzione, nonostante la cautela di Camassa, mostra alcuni punti deboli: l’identificazione dell’Ἀθηναίη citata da Aristarco con la specifica manifestazione di Alea a Tegea, piuttosto che con un’altra di quelle disseminate nel territorio arcadico, o addirittura con altra presente altrove in Grecia; la funzione e una possibile relazione di questa dea con Oreste; la distanza cronologica tra il momento dell’infanzia (Odissea), quando l’eroe trova protezione presso la dea, e della sepoltura (Erodoto e Pausania).
Sull’identità e la funzione di Atena Alea a Tegea non sappiamo molto: etimologicamente essa sembra connessa sia ad ἄλη, la peregrinazione, quindi il rifugio, sia ad ἀλέα, il calore; almeno da V sec. a. C. le fonti riconoscono il santuario della dea come luogo privilegiato di rifugio ed esili e fanno della dea la protettrice per antonomasia245.
Ma questo non garantisce un diretto legame dell’eroe con la divinità: siamo infatti a