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nei museo artistico municipale di Milano

Nel documento ARTE ITALIANA (pagine 73-76)

— v. Tav. 28 e Dettaglio I 7 —

Questi due sgabelli, il primo del Rinascimento, intagliato e con dora­

ture, il secondo dei primi anni del Seicento, senza alcun cenno alle fantasiose contorsioni di questo secolo, sono squisitissimi di forma. Come vedesi, uno è assai ricco, l’altro no. Ma come son ben composti tutti e due ! Osserviamo il più ricco. È semplice; — con quel bello stemma incartocciato e sorretto da due putti alati colla coda di delfino. I festoni completano perfettamente questo « motivo di rapporto » che riceve dall’ oro squisita amabilità. Dal-V altra parte la medesima composizione. Di fianco un nascimento di fogliami a fondo dorato, eseguito con garbo da un intagliatore maestro dell’arte sua.

Ecco dunque uno sgabello ricco e semplice sul quale invitiamo i nostri inta­

gliatori a meditare, — gli intagliatori cui sembra che la bella semplicità sia inimica della ricchezza. Osserviamo il meno ricco. È un bell’assieme, che riceve aspetto galante e fino dalla cimasa molto aggettante e amabilmente sottile. La cimasa ha un suo fregio e un suo collarino; tuttavia lo sgabello ha un fregio che fa parte dello assieme come fa parte della cimasa, il fregio suddetto. Due fregi in uno sgabello ! Sicuro : Eppure non vi sono disdicevoli.

Con sagace accortezza il disegnatore anche per muovere il contorno (la sillhouette) della composizione è venuto un po’ fuori dal contorno d’ assieme col fregio della cimasa, eppoi ha tratto supremo partito dal colore.

Andiamo avanti: sul piano dello sgabello una striscia che inquadra, e nel mezzo dà luogo a una formella circolare; poi, uno stemma cardinalizio dentro. Ecco tutto. È possibile maggior semplicità? Difficilmente, se la sem­

plicità suprema abbia poi a dare resultati molto grati allo sguardo.

Questo sgabello mostra in guisa eloquentissima quanto vo scrivendo in­

torno al colore nei mobili. E che tavolozza modesta! — due legni diversi e un po’ d’avorio. — Tuttavia, che bell’effetto! Non isfugga pertanto l’effetto di colore, che ha voluto e saputo cavare l’ebanista dalla tinta diversa dello stesso legno. La tinta della cimasa è fredda, quella delle formelle contornate dalla striscia rossa (noce d’ India) è calda.

Il pratico di questi lavori sa benissimo che tanto il legno della ci­

masa quanto quello delle formelle è ebano. Ciò fa venire in mente che possano esser d’ aiuto le delizie del colore all’ ebanista ; e nella sua semplicità è il pratico corollario del come egli abbia un’infinità di mezzi per abbellire i mobili coi colori. Egli può aver effetto di colore lucidando o non lucidando un legno, scegliendo due diverse genere di legno come nel caso presente e... Ma noi allunghiamo troppo quest’ articoletto d’ illustrazione. — Veniamo alla storia.

La storia ?... Sull’ origine dei due sgabelli si sa poco. Il curioso bisogna che abbia un po’ di pazienza questa volta. Sulla origine

Fig. I I 3 e I I 4. P arte an terio re e piano dello sgabello intarsiato d e l l o sgabello più ricco siamo completamente al buio. Fu comprato

Museo A rtistico Municipale, Milano a Roma da un antiquario nel 1886 e entrò nel Museo artistico municipale a Milano, nello stesso anno. Quanto alle notizie intorno l’altro sgabello, comprato assieme al primo, ci soccorre la scritta nel fregio d’avorio e lo stemma.

Ecco qua:

IVLIVS. S. R. E. PRES. CAR. SABELLVS.

(Nelle due altre faccie dello sgabello sono le medesime parole spartite egualmente).

Lo sgabello, dunque, appartenne a Giulio Sabelli o Savelli, che difatti fu cardinale e morì il 9 luglio 1644.

ALFREDO MELANI.

XXIV.

IL M U S E O P O L D I P E Z Z O L I A M I L A N O

v. Dettaglio I 8 —

Fig. I I 8 e I I 9. F o rz ie re da sposa. Sec. X V I, M useo Poldi Pezzoli, Milano.

Tra la più antica e la più recente corre relazione di causa e di effetto. La madre del fondatore del Museo Poldi Pezzoli usciva dai Trivulzio. Oltre al nome di Gian Giacomo, famoso nella sua storica famiglia, Donna Rosa dovea trasmettere al figlio, col sangue dei Trivulzio, come elemento biologico di stirpe, la passione per le belle arti, della quale essa pure ha lasciato nel Museo un segno innegabile; la statua della Fiducia in Dio del Bartolini, da lei commessa al celebre scultore e diventata quasi la cellula attorno alla quale si è poi formato il Museo ricco di quadri antichi e moderni, mobili, stoffe e arazzi, armi, bronzi, porcellane, oreficerie e smalti, vetri, terrecotte, marmi e gessi.

Tra i quadri ve ne sono di veramente rari e di altissimo valore; tra le stoffe, per le quali manca nel Museo persino lo spazio, vi sono dei tessuti artistici prodigiosi e di rara importanza storica, e noi avremo occasione di parlarne ; così dicasi delle armi, dei mobili. Non vi è un ramo di collezione artistica che non presenti dei capolavori.

Milano conta più di venti collezioni private di oggetti preziosi d’arte e di antichità, dei quali parte della ricca supellet­

tile arricchì già la grande esposizione retrospettiva del 1872.

La più antica di tali collezioni è quella di Casa Trivulzio, in Piazza S. Alessandro, la più recente il Museo Poldi Pezzoli, in V ia Morone.

Fig. I I 6 e I I 7. S o flietto in tag liato in legno, sec. X V I, M useo Poldi Pezzoli, Milano

DECORATIVA E INDUSTRIALE 73 date in questo numero le riproduzioni grafiche : Un soffietto,

una cassa dotale, una coppa in cristallo di monte e una croce d’argento dorato.

Il più modesto è il soffietto, del secolo XVII in noce, guernito in bronzo e lavorato assai bene a intaglio (Fig. 116

e l’arma ha l’aquila e quattro monti su fondo bianco. É prezioso lavoro di intaglio e di pittura veneto, veronese forse. Fu acquistato in Verona dall’antiquario milanese Erei che lo cedette al Museo Poldi Pezzoli. Il cordone inferiore a foglie inbricate è in ristauro eseguito su un frammento ri­

masto solo alla base.

La coppa di cristallo di monte (Fig. 121), fu acquistata in Milano dal direttore del Museo, amico del defunto Poldi Pez­

zoli, il com. G.Bertini. L’oggetto è dei più preziosi; la coppa o calice propriamente detto è in cristallo di monte, di forma ottagona. Tutta la montatura in argento dorato e smalto, segue la forma ottagonale. Otto sono gli spicchi del piede in ognuno dei quali è dipinto a smalto alternativamente, un guerriero, una regina di torneo, un araldo, un cavaliere. La coppa è di quelle che si davano in premio ai vincitori di sin­

golari certami o tornei. A otto faccie del pari sono gli smalti

Fig. I 20. Croce in cristallo di monte, sec. XVI — Museo Poldi Pezzoli, Milano.

e 117). Su una faccia reca una composizione rappresentante la Fucina di Vulcano, sull’ altra un mascherone. Questo og­

getto era a Varese, posseduto da un curato, che non volle mai privarsene per quanto gli si facessero laute offerte. Alla sua morte gli eredi non si mostrarono tanto restii a cederlo, e il soffietto passò al Museo Poldi Pezzoli. È un bel lavoro di intaglio italiano. Dalla bocca di bronzo della spina all’estre­

mità opposta il bellissimo soffietto misura centimetri 47.

Nel Museo porta il numero 26 degli oggetti: Stanza da letto.

Nella I V stanza, quadri è esposta la cassa dotale, o cassa da sposa (Fig. 118 e 119) del secolo XVI, italiana, e veramente bella. Ne diamo la riproduzione grafica con particolari in gran­

dezza naturale, per la riproduzione identica. La cassa misura m. 2 e cent. 6,5 di lunghezza; è alta 72 centimetri. I me­

daglioni sono dipinti a tempera e questo a sinistra rappre­

senta l’arrivo d’un esercito alle porte d’una città; il me­

daglione di destra rappresenta un sacrifìcio a Marte, quello del centro ha uno stemma in oro su fondo cenerognolo,

Fig. I2 I. Coppa in cristallo di m onte - Museo Poldi Pezzoli, Milano.

del gambo del calice e del bottone del gambo. Il coperchio solo sfugge a questa suddivisione ed è circolare, originalissimo e prezioso, composto di un operculo di metallo decorato qua e la da smalti, ma più assai da una lastra d’argento con bas­

sorilievo di scene di caccia. La coppa è alta circa 13 centim.

Splendido lavoro è la croce di cristallo di monte, montata in argento cesellato e dorato (Fig. 120). I quattro rami della croce sono di cristallo, tutto il rimanente di metallo. Alle estre­

mità del piede stanno tre grosse granate sul petto degli angeli o sfingi che le decorano; tre granate brillano sulle tre anse del vaso che sovrasta il piè dell’ opera bellissima, otto, quat­

tro per faccia, assicurano la croce di S. Andrea formata per tener fermi i bracci di cristallo di rocca.

Sono squisiti per stile, lavoro e invenzione tutti gli ornamenti a cesello. L ’opera è del principio del cinquecento è alta cent. 51,1 e sotto il piede reca questa iscrizione

1511 A DI 14 AVOST Coppa e croce sono nella sala dorata.

L U IG I A R CH IN TI 8

XXVI.

Nel documento ARTE ITALIANA (pagine 73-76)