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sopratutto in riguardo alla sua applicazione sopra i mobili

Nel documento ARTE ITALIANA (pagine 76-79)

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sene basta dare un’occhiata alla storia.

Gli Egiziani, i quali nell’ar­

chitettura, nella scultura, nei vasi, nei gioielli, amavano infini­

tamente il colore, colorivano benissimo i mobili.

Di mobili egizi son molto poveri i Musei ; ma da le descrizioni, da l’ esame delle pitture ove è rappresentato qualche mobile, possiamo dedurre con certezza assoluta che gli Egiziani pitturavano i mobili così come li lavoravano

E se dalla Grecia passiamo all’ Italia, all’ Italia antica de­

gli Etruschi e di quei popoli che formarono la Magna Gre­ domestico e personale, si rassegnassero, mesti, sotto la pro­

va dei fatti e si gettassero, vinti, nelle braccia de’ loro con­

traddittori.

Che diavolo ! — osservavano : — il colore è proprio dell’infanzia dei popoli la cui sensibilità ha bisogno di commo­

zioni forti le quali sa dare perfettamente il colore. Ma quando i popoli sono ingentiliti, quando il loro spirito si è purificato alla sorgente delle passioni delicate, allora essi sdegnano il colore, come tuttociò che vi è di soverchiamente chiassoso e violento. Guardate i selvaggi : obbligano il loro temevano offesa dalle frivolezze della decorazione policroma.

— Un tempio a colori vistosi ! Che si burla ? osservava

rista ; — più nel periodo bizantino che nel periodo successivo, nel quale il colore, ha continuato ad amare, se non tanto quanto in Francia, certo ragionevolmente. Ora il bianco nella luce è la negazione d’ ogni colore, — è un buco. Giam­

mai una statua avrebbe potuto conservare la sua cruda candidezza senza urtare spietatamente l’ armonia dell’ edi­

ficio cui doveva accrescer bellezza e decoro.

In un accordo di musica o in una proporzione mate­

matica non è necessario conoscere tutti gli elementi per istabilire con certezza l’esistenza e il valore d’un elemento accidentalmente smarrito. Il colore smarrito si ritrova natu­

ralmente per via del raziocinio. Senonchè, nel caso presente, non c’ è bisogno di obbligar la mente alla ginnastica peri­

colosa dell’ignoto. Come dicevo, ci sono esempi eloquenti i quali dimostrano che il colore era amato dagli scultori medioevali, sì come dagli architetti e dagli artisti, che il loro gusto mettevano a beneficio delle arti decorative.

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Poiché siamo a Venezia restiamoci.

Ivi colla sapiente guida dell’ Urbani de Gheltof vedre­

DECORATIVA E INDUSTRIALE 75 mo i capitelli delle colonne alle navate della Basilica di

San Marco e del Duomo di Murano (XI e XII), e il monu­

mento a Duccio degli Alberti (morto nel 1336) che dei monu­

menti veneziani è uno dei più antichi in fatto di policromia.

Trovasi questo nella chiesa di S. Maria dei Frari, sì come un altro monumento contemporaneo eretto a un guerriero sconosciuto con l’ armatura azzurra e gli ornamenti d’oro.

zurro, richiamato forse dall’ oro col quale magnificamente si accompagna. Vedasi : il monumento a Andrea Morosini statuaria e nell’ architettura, ma si trova adoperato sempre da artisti di prim’ ordine.

Non volendo pigliare esempi fuori d’Italia, sopratutto qui dove dell’ arte italica esclusivamente si vuol trattare,

tore forestiero, esagerando, vorrebbe detti bassorilievi.

Se volessi empire delle pagine, parlerei facilmente delle sculture dei Della Robbia; e parlerei di Donatello che dorò scultura e architettura nel bel monumento — ingenuo monumento ! — che alla gloria della Visitazione della Ma­

donna egli consacrò in S. Croce a Firenze, e parlerei dei genialissimi bassorilievi donatelliani nel pulpito di Prato e dell’ organo di Santa Maria del Fiore. E parlerei di Desi­

derio da Settignano e degli stucchi del Verrocchio dorati e dipinti e dei marmi policromi di Mino da Fiesole per esempio, del bassorilievo regalato dal principe di Liechsten- stein al Museo industriale austriaco ; e sopratutto parlerei di quel Guido Mazzoni, detto il Paganino, che tra tutti gli italiani del cinquecento fu quello che ebbe l' idee più larghe e coraggiose intorno al colore nelle statue ; e par­

lerei di questo realista del XVI secolo, non volendo schie­

rare qui i ferravecchi della erudizione artistica e parlar del- l’ alto rilievo del Caradosso in San Satiro a Milano e di due note sculture dipinte da Andrea Riccio nel Museo di Padova e di tanti stucchi, per provare che ’l colore pel Ri- nascimento, non era nient’ affatto — come han voluto cer­

tuni — una aberrazione momentanea del gusto individuale di qualche artista.

L’ amore al colore è cessato in Italia nella scultura colla venuta di Michelangiolo. Il rinascimento nella sua età aurea e nella sua glorificazione dell’ arte classica cre­

duta erroneamente, come mostrai, inimica d’ ogni colore, il rinascimento restò fedele al medioevo per via del co­

lore che ’l medioevo — debbo ripeterlo? — tenne in alto

conto sopratutto là ove fu fecondato dalla deliziosa influenza orientale.

E i mobili, su cui dobbiamo rivolgere più particolar­

mente l’ attenzione ?

I mobili medioevali dipinti sono numerosi. Sovente in questi mobili l’ oro o l’ azzurro fa risaltare una fioritura ornamentale in bassorilievo direttamente ispirata dalle cose architettoniche, cioè fatta di combinazioni geometriche, di piccole colonne, di rose intreccianti rette e curve in gentilis­

sima guisa.

La condizione nomade della società medioevale impose forme e modi di costruzione speciali ai mobili (e nel me­ intarsi, di cui si ornarono sopratutto nel periodo del rinasci­

mento le casse : — il mobile per eccellenza del medioevo.

sone finamente scolpito o riccamente dipinto ; sopratutto nella mite Toscana e nella sfarzosa Venezia, che di tali cassoni ha tuttora saggi copiosissimi.

Non si potrebbe scrivere la storia della mobilia toscana e veneta scompagnata da quella della pittura. Spesso pit­

tori di chiaro nome dipingevano cassoni e spalliere di letto e perfino le bare funebri ; come assai raramente è stato no­

tato. Il Vasari racconta che Dello Delli s’ era dato esclusi­

vamente a dipingere cassoni, forzieretti e letti, di cui si ornava l’ addobbamento mobiliare delle case patrizie fioren­

tine. E soggiunge : nella sua gioventù Donatello aiutò Dello in questi lavori genialissimi facendo collo stucco e la colla e la terra di mattone degli ornamenti a rilievo i quali, venivano dorati e accompagnati da pitture di storie d’ amo­

re e di scene campestri. Neri di Bicci — il pittore fioren­

tino del quattrocento ! — dipinse moltissime cose di legno a uso di addobbamento signorile, e perfino il purissimo F ra’ Angelico da Fiesole pitturò alcuni armadi di conventi

fiorentini.

Ma niuno nella specialità di pittor di mobili può stare forse tanto vicino al Delli quanto Andrea di Cosimo, che, secondo il Vasari, empì Firenze di forzieretti e di casse nuziali dipinte. E non parlo delle pitture del Lippi, del Gozzoli, del Signorelli, del Pinturicchio i quali ornavano di storie gentilissime oggetti di semplice addobbamento.

I mobili dipinti rammentano episodi talvolta molto no­

tevoli della vita di famiglie cinquecentiste. Bisogna sentire come la moglie di P. F. Borgherini apostrofò Palla, l’emis­

sario di Francesco I, quando, nel momento dell’ assedio di Firenze voleva prenderle il letto nuziale dipinto dal Puntor- mo col pretesto di salvarglielo dalla distruzione. Essa giurò difenderlo fino all’ ultimo, fino a che le restasse una stilla

Per non allungare troppo questo articolo non parlo della pittura veneta sui mobili, per quanto l’argomento mi tenti irresistibilmente. Citerò soltanto, perchè non posso a meno, il cassone dipinto dal Montagna, ora al Museo Poldi

rio decorativo dell’ architettura, della scultura e dei mobili moderni. Dirò allora — lo posso scrivere fino da oggi — quello che è il colore al presente, quale accessorio decora­

tivo : e quel che dovrebbe essere — cosa per avventura assai utile — sopratutto nella decorazione dei mobili.

A L F R E D O M E L A N I. sull’argomento per presentare allo studioso altre opere con­

simili che ancora ci vennero conservate nelle nostre Chiese.

Principali sono quelle del Rinascimento che si trovano in S. Zaccaria. Una di esse assai semplice copre le ossa di Giovanni Canal nobile veneziano, ricordato nell’ iscrizione che vi è così scolpita a caratteri di puro stile :

Questa lapide, contornata da una graziosa fascia di or­

namenti ad incavo riempiti di mastice nero, ha nel centro

l’iscrizione primitiva che ricorda un Gaspare dalla Vedova ivi sepolto :

taggio della conservazione perfetta, dello stemma e dei car­

tocci a rilievo che ne adornano lo specchio.

Questi monumenti, i quali, per la loro ricchezza di ornamenti si possono offrire come preziosi esemplari del genere, appartengono alla fine del secolo decimoquinto o ai riproduzione cromolitografica, e i particolari in grandezza dell’originale, fu scoperto presso l’antico Tuscolo nell’anno 1778, ed ora esiste nel mezzo della gran sala a Croce Greca

menti; nei triangoli formati dal quadrato circoscritto, vi

sono quattro graziose figure, con movenze diverse, ed intrec­

ciate con ben intesi e svariati arabeschi di fogliami, i quali completano tutta la parte media, che produce uno splen­

dido effetto.

Nei quattro segmenti vi sono le teste di Medusa pari- menti intrecciate con arabeschi di fogliame eguale agli altri.

La composizione artistica di questo pavimento è di un effetto davvero sorprendente, e l’esecuzione del musaico è di una accuratezza e regolarità senza eccezione.

GIOVANNI STERN.

( I) V. Gruner. Lo Scaffale di S anta Maria delle Grazie. L on d ra, I859-60.

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