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2 Epatopatie, cenni generali

2.8 NAFLD e Microbiota

2.8.1 Ruolo del microbiota intestinale nella NAFLD

Un enorme gruppo di microrganismi, definito collettivamente come microbiota intestinale, colonizza l’intestino umano. È stato stimato che l'intestino contenga almeno 100 trilioni di cellule microbiche, che sono diversamente rappresentate lungo tutto il tratto, raggiungendo la massima concentrazione nel crasso. Nonostante una grande variazione inter-individuale, il microbiota intestinale degli adulti è abbastanza stabile ed è dominato da Firmicuti e Bacteroidetes, seguiti da Actinobacteria e Verrucomicrobia. Il microbiota intestinale conferisce all'ospite numerosi benefici fisiologici, compreso il sistema immunitario, lo sviluppo, la protezione da agenti patogeni ed il mantenimento dell'omeostasi intestinale e metabolica.

Cambiamenti quantitativi e qualitativi della composizione di microbiota intestinale, detti anche disbiosi, sono stati associati allo sviluppo di malattie intestinali ed extraintestinali; inoltre un ruolo della disbiosi nello sviluppo dell'obesità e della NAFLD è stato dimostrato sia da studi di origine animale che umana.

L’interazione tra il fegato e l’intestino , il cosiddetto “gut-liver axis”, sembra rivestire un ruolo determinante nella progressione dell’epatopatia; sono stati eseguiti numerosi studi sia su modelli animali che umani per approfondire il ruolo del rapporto tra i due organi del fatty liver.

Figura 7 Asse intestino-fegato nello sviluppo di NAFLD (Stavros B. Et al. “Non-alcoholic fatty liver and the gut microbiota”; (Mol Metab. 2016 Sep; 5(9): 782–794).

40 Come abbiamo descritto precedentemente, il fegato è un organo che riceve sangue sia dalla vena porta che dall’arteria epatica. Il sangue della vena porta, che drena quello delle vene mesenteriche, non contiene solo prodotti derivanti dalla digestione degli alimenti, ma anche prodotti microbici derivanti dai batteri che colonizzano l’intestino. Pertanto il fegato, primo sito di filtrazione di questi prodotti, è anche il primo sito esposto ad essi. Le molecole di derivazione microbica intestinale sono coinvolte nella fisiopatologia di numerose epatopatie: è stato ad esempio dimostrato che variazioni del microbiota intestinale contribiuscono allo sviluppo e all’evoluzione della NAFLD [85]. Il sistema portale, che trasporta ben il 70-75% del flusso epatico totale, rilascia infatti a livello epatico prodotti di derivazione batterica intestinale come il lipopolisaccaride, il DNA batterico ed il peptidoglicano; in caso di sovraccrescita batterica intestinale (SBBO) e aumento della permeabiltà intestinale (IP), come si osserva nei pazienti affetti da NAFLD ed in modelli animali corrispondenti, il sistema epatobiliare è inevitabilmente esposto ad un livello elevato dei suddetti prodotti batterici, in grado così di attivare i recettori sulle superfici cellulari e dare avvio ad una cascata di segnali di trasduzione proinfiammatori induttori di flogosi epatica e fibrosi.

In uno studio caso-controllo [86] si è dimostrato che i pazienti con NASH hanno maggior prevalenza di SBBO, nonché livelli ematici di TNFα superiori ai controlli. Altri due studi osservazionali hanno dimostrato l’associazione tra NASH e SBBO; uno studio italiano caso-controllo [87] associa la NASH con un aumento della IP dovuto ad un processo di distruzione delle giunzioni serrate della parete intestinale: maggiore è la IP, maggiore appare il grado di severità della Steatosi epatica.

Questi risultati spiegano ulteriormente il meccanismo attraverso il quale la flora batterica intestinale contribiusce alla progressione della malattia epatica. Diversi studi hanno dimostrato che pazienti affetti da NAFLD hanno un aumentato livello ematico di endotossine, particolarmente nei casi di NASH o fibrosi in stadio iniziale. Inoltre è stato osservato che il livello di endotossine è correlato ai livelli di produzione di TNFα e IL1α.

41 I Toll Like Receptors (TLR) sono una classe di proteine che riconoscono molecole di derivazione microbica strutturalmente conservate: essi sono espressi nel fegato sulle cellule di Kuppfer, le cellule epiteliali biliari, gli epatociti, le cellule stellate epatiche, le cellule epiteliali e le cellule dendritiche.

Tra i 13 TLR conosciuti, i TLR2, 4 e 9 sembrano avere un ruolo fondamentale nello sviluppo e nella progressione della NAFLD. Il TLR4 è il recettore proprio del LPS. Molti studi eseguti su modelli murini di NASH, nei quali era stata indotta una dieta priva di metionina e colina, mostrano un coinvolgimento dei TLR, un aumento della severità dell’epatopatia non alcolica ed un incremento dei livelli di citochine proinfiammatorie; è stato inoltre osservato che durante le fasi iniziali dello sviluppo della NAFLD indotta dalla dieta ad alto contenuto di grassi, il signaling indotto dai TLR4 contribuisce all’attivazione di NFkB, indotto dagli acidi grassi liberi, attraverso il rilascio di una molecola chiave per l’attivazione del pathway proinfiammatorio (HMGB1). Infatti topi mutanti per il TLR4 alimentati con dieta ad alto contenuto di fruttosio, dieta induttrice di NAFLD, presentano un livello di citochine proinfiammatorie nettamente più basso rispetto ai wild type sottoposti a stessa dieta, a supporto del ruolo del LPS di derivazione intestinale e del TLR4 nell’evoluzione dell’epatopatia.

Anche il TLR9 riconsoce frammenti di DNA batterico a derivazione intestinale ed è in grado di indurre la produzione di citochine proinfiammatorie; il TLR9 appare infatti coinvolto nell’evoluzione fibrotica dell’epatopatia non alcolica attraverso la produzione di IL1β da parte delle cellule di Kuppfer. Infatti i topi Knock-out per il TLR9 hanno un ridotto grado di steatoepatite e fibrosi.

Gli inflammosomi, fondamentali coadiuvanti dell’infiammazione, risultano inoltre up- regolati nei modelli animali di NASH, nonché ulteriormente attivati dalla stimolazione dei TLR4 da parte del LPS.

È stato osservato che il deficit genetico di inflammosoma si associa a disbiosi intestinale e ad un incremento dei livelli di citochine proinfiammatorie nel circolo portale con conseguente trigger di Steatosi epatica e fibrosi. Quindi, i TLR sembrano giocare un ruolo cruciale nella patogenesi e nell’evoluzione della NAFLD, poiché attivano una cascata di segnali di trasduzione proinfiammatori associati con la progressione della NASH e della fibrosi.

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2.8.2 Effetti della modulazione del microbiota intestinale sulla NAFLD

Modifiche del microbiota intestinale attraverso l’utilizzo dei probiotici sembrano in grado di variare l’evoluzione della epatopatia non alcolica arginandone la progressione verso la fibrosi in numerosi modelli animali di NAFLD. Si è osservato infatti che la somministrazione di probiotici può normalizzare la permeabilità intestinale, riducendola e minimizzando l’endotossiemia con le sue conseguenze proinfiammatorie.

Una formulazione probiotica denominata VSL#3, composta da Streptococcus salivarius subs. Thermophilus, Bifidobacterium, Lactobacillus acidophilus, L. plantarum, L. casei e L. delbrueckii subs. Bulgaricus, è stata ampiamente studiata nel trattamento della NAFLD. In un modello murino di dislipidemia geneticamente determinata (topi knock- out per Apo-E non sviluppano un’epatopatia NASH like quando posti a dieta standard), si è osservato che quando si induceva infiammazione intestinale dopo trattamento con Destrano Sodio Solfato, e conseguentemente si determinava distruzione delle TJ intestinali ed un aumento della IP, si assisteva ad una evoluzione dell’epatopatia steatosica verso la NASH tipica. Tale evoluzione veniva interrotta quando si eseguiva somministrazione terapeutica con VSL#3 [88]. Simili risultati sono stati ottenuti in modelli animali di NAFLD indotta da dieta ad alto contenuto di grassi, attenuata dopo somministrazione di probiotico. Modificare il microbiota intestinale usando i probiotici, infatti, sembra modulare l’espressione dei recettori nucleari, correggere l’insulino resistenza nel fegato e nel tessuto adiposo, proteggendo dallo sviluppo di steatoepatite. Un’altra frontiera che ha come scopo la modificazione dell’assetto metabolico a la potenziale influenza sul danno epatico, è quella del trapianto di feci, ampiamente valutata nel modello animale e, in misura minore, anche nell’uomo.

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