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2 Epatopatie, cenni generali

2.7 NAFLD e Sindrome Metabolica

La Sindrome Metabolica (SM) è una condizione caratterizzata dalla contemporanea presenza nello stesso individuo di diversi disordini metabolici, ciascuno dei quali è di per sé un noto fattore di rischio cardio-vascolare (risultando dunque una condizione clinica ad alto rischio cardio-vascolare).

Le componenti prevalenti della SM sono: obesità viscerale, insulino resistenza, intolleranza glucidica (dagli stati di pre-diabete quali ridotta tolleranza glucidica (IGT) e alterata glicemia a digiuno (IFG) al diabete di tipo II vero e proprio), dislipidemia (intesa come presenza di ipercolesterolemia o ipertrigliceridemia, oppure entrambe) ed ipertensione.

36 Ci sono diversi criteri per la definizione di SM. Attualmente quelli più utilizzati sono quelli dell’Adult Treatment Panel III (ATP III) (Expert Panel on Detection, Evaluation,

and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults, 2001) e dell’International Diabetes Federation (2005).

Secondo l’ATP III, la SM viene diagnosticata quando un soggetto presenta 3 o più dei seguenti fattori di rischio: obesità addominale (Circonferenza Vita ≥ 102 cm per gli uomini; ≥ 88 cm per le donne), trigliceridemia ≥ 150 mg/dl, colesterolo HDL < 40 mg/dl per gli uomini e < 50 mg/dl per le donne), alterata glicemia a digiuno (≥ 110 mg/dl) e pressione arteriosa ≥ 130/85 mmHg.

Con le linee guida dell’IDF, invece, si pone l’accento sull’obesità centrale, definita come una Circonferenza Vita superiore o uguale a 94 cm negli uomini e ad 80 cm nelle donne, per la razza caucasica, con valori diversi in base al gruppo etnico e al sesso. Con questa definizione l’obesità centrale diviene un criterio imprescindibile per fare diagnosi, insieme alla presenza di almeno due dei seguenti fattori di rischio cardio- vascolari: trigliceridemia ≥ 150 mg/dl, colesterolo HDL < 40 mg/dl negli uomini e < 50 mg/dl nelle donne, pressione arteriosa ≥ 130/85 mmHg e glicemia a digiuno ≥ 100 mg/dl.

Figura 6 Criteri per diagnosi di Sindrome Metabolica secondo OMS, NCEP-ATP III ed IDF (Fiocca L. et al. “La

37 Recentemente, seguendo le direttive sia dell’IDF che dell’American Heart

Association/National Heart, Lung and Blood Institute (AHA/NHLBI), tale

classificazione è stata nuovamente modificata in modo tale per cui l’obesità addominale non sia più considerata un pre-requisito della SM ma uno dei tre fattori necessari sui cinque possibili [78].

La relazione tra NAFLD e SM è molto complessa. Circa il 90% dei pazienti con NAFLD ha almeno una componente della SM ed il 33% circa di questi soddisfa i parametri per la diagnosi completa [79]. Inoltre, se le due patologie coesistono, la possibilità di una regressione delle lesioni epatiche è sensibilmente ridotta. Questi dati suggeriscono che la SM è altamente correlata alla NAFLD, tanto è vero che, come precedentemente detto, la NAFLD viene considerata da molti Autori la manifestazione epatica della SM. In particolare, la SM è il più alto fattore predittivo dello sviluppo della NAFLD, sia nel sesso maschile che in quello femminile, indipendentemente dall’aumento di peso. Inoltre, i soggetti affetti da SM hanno più probabilità di avere un’evoluzione del danno epatico all’interno dello spettro della NAFLD [80].

Dati osservazionali dimostrano chiaramente che la NAFLD presenta la sua maggiore prevalenza nei pazienti con insulino resistenza e SM, e che obesità, DM2 ed iperlipidemia correlano strettamente con l’epatopatia non alcolica [81].

La Steatosi può essere dimostrata in più di 2/3 degli obesi e in più del 90% dei soggetti affetti da obesità patologica. La NASH colpisce il 19% dei soggetti obesi e quasi la metà dei soggetti affetti da obesità patologica. Come precedentemente detto, la NAFLD colpisce circa il 50% dei pazienti diabetici e sembra che l’associazione tra obesità e diabete rappresenti un fattore di rischio aggiuntivo:

tra pazienti con obesità severa e diabete, il 100% presentava almeno un grado moderato di Steatosi, il 50% aveva una franca steatoepatite e il 19% era già evoluto in cirrosi. L’eziologia della sindrome non è stata ancora definita.

Inizialmente si riteneva che la causa scatenante fosse l’insulino resistenza [82] ma si tratta di una caratteristica che, se pur presente in molti pazienti affetti da SM e di gravità crescente in maniera direttamente proporzionale al numero di fattori di rischio presentati dal paziente, non rende conto di tutti i casi:

38 il 45,3% dei pazienti con SM ha una resistenza all’insulina, il che vuol dire che oltre il 50% non ce l’ha e il 33% dei pazienti non insulino resistenti presenta una SM.

Oggi si ritiene che lo sviluppo della sindrome sia dovuto all’interazione tra fattori genetici, per definizione non modificabili, e fattori ambientali, quindi potenzialmente modificabili. Esiste cioè una predisposizione ereditaria o acquisita (fattori intrinseci) che sarebbe espressa in presenza di fattori esterni legati allo stile di vita (quali obesità, sedentarietà, stress e scorrette abitudini nutrizionali). Per la maggior parte dei pazienti lo scorretto stile alimentare, l’inattività fisica e il conseguente sviluppo dell’obesità sono la causa più importante della sindrome [83]. E’ per questo che il cardine della terapia è rappresentato dal cambiamento dello stile di vita in termini di attività fisica e corretta alimentazione, quest’ultima sia in termini qualitativi che quantitativi, soprattutto in caso di sovrappeso/obesità.

Gli studi recenti hanno dimostrato infatti che con un corretto stile di vita è possibile rinviare o prevenire lo sviluppo dell’aterosclerosi, di malattie cardiovascolari e la progressione di IGT a diabete II. Devers et al. (2008) hanno proposto di inserire all’interno dei parametri della SM anche l’alterazione delle transaminasi e delle GGT. Questi autori hanno dimostrato che le transaminasi epatiche sono strettamente associate ai criteri diagnostici usati per la definizione di SM dell’ ATP III e che i valori ottimali siano 27 U/l per i maschi e 20 U/l per le femmine.

Le GGT sono un indice relativamente sensibile di deposito di grasso sia a livello epatico sia in altri organi (come le arterie e il pancreas). Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato la relazione tra un aumento delle GGT e gli eventi cardiovascolari [84].

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