• Non ci sono risultati.

La nascita dei nazionalism

La lotta per l’indipendenza nel Caucaso dopo la fine dell’URSS: ragioni e peculiarità

3.1 La nascita dei nazionalism

Il risveglio dell’ethnos diventa cruciale alla fine dell’epoca sovietica così come lo era stato al momento della sua costituzione: Lenin aveva saputo riconoscere il potenziale problema delle etnie insoddisfatte e aveva sfruttato la questione per prendere il potere, anche se già nel 1918 aveva riveduto l’idea di stato multinazionale preferendo l’organizzazione federale.39

I problemi tra l’applicazione teorica e quella pratica sono stati molteplici e la federazione ha promosso una politica di divide et impera per governare meglio le popolazioni, effettuando delle vere e proprie deportazioni di massa, e per contenere e reprimere le istanze nazionaliste contrarie all’ideologia comunista, tentando in questo modo di compiacere, almeno in parte, qualche etnia locale fedele.40

A partire dalla metà degli anni Settanta, molti eminenti dissidenti russi iniziarono a comprendere appieno la portata dei problemi etnici per il sistema sovietico. Il 16 novembre 1974 Aleksandr Solzenicyn dichiarò durante una conferenza stampa a Zurigo che: “I problemi nazionali dell’Unione Sovietica sono di gran lunga più acuti di quelli della vecchia Russia. A prendere una scala sismica di dodici gradi, le differenze nazionali della vecchia Russia si collocherebbero al secondo grado, quelle dell’URSS odierna al decimo grado”.41

39 Cfr. A. Kappeler, op. cit., La Russia. Storia di un Impero multietnico, pp. 336-337.

40 Cfr. S. Romano, op. cit. La Russia contemporanea, in N.V. Riasanovsky, Storia della Russia, pp.

636-639.

54

Con Brežnev la questione nazionale iniziò a farsi urgente in quanto, dal censimento del 1970, risultò per la prima volta che il tasso di natalità dei russi era in declino, al contrario di quello delle popolazioni asiatiche, in costante crescita; si stimava inoltre che entro la fine del XX secolo la popolazione di etnia slava, considerando l’insieme di russi, bielorussi e ucraini, non avrebbe più costituito la maggioranza nell’URSS.42

Per fronteggiare l’avanzare di una “caucasizzazione” a partire dagli anni ’70 si incentivò la presenza russa nell’amministrazione e nel politbjuro, venne promosso l’utilizzo delle lingue slave e la storia della Rus’kieviana venne esaltata.43

Al crescente etnocentrismo russo si opposero i nazionalismi locali, che tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta divennero un vero e proprio veicolo dell’insofferenza e delle discriminazioni degli anni passati. Dal 1985 la richiesta del riconoscimento dei diritti delle etnie minoritarie aumentò in tutta l’Unione, diventando un freno ai tentativi di modernizzazione e alle aperture democratiche attuati da Gorbačëv.

Tutte le repubbliche caucasiche erano composte da gruppi nazional-religiosi dominanti e al loro interno potevano contare forti minoranze che, se possibile, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica iniziarono a sentirsi ancora meno tutelate di quanto non lo fossero in precedenza.44 I primi a comprendere la portata storica di questo cambiamento furono gli ebrei, che nello Stato sovietico costituivano un’etnia con uno status particolare:45 preferirono evitare lo scontro e in molti si trasferirono in Israele.

42 Cfr. A. Anderson, Brian D. Silver, op. cit., Demographic Sources of the Changing Ethnic Composition of the Soviet Union, in Population and Development Review, pp. 609-620 vol. 15, n° 4, December 1989.

43 Cfr. A. Kappeler, (a cura di A. Ferrari), op. cit., La Russia, storia di un Impero multietnico, pp. 350-

351.

44 Cfr. A. Ferrari, op. cit., Il Caucaso, popoli e conflitti di una frontiera europea, pp. 67-70.

45 Gli ebrei in epoca sovietica erano considerati un vero e proprio popolo e non solo fedeli della religione

ebraica. Nel 1934 Stalin costituì l’oblast’ autonoma ebraica, un’entità territoriale esistente anche ai giorni nostri e citata nell’art. 65 della Costituzione russa del 1993, nell’estremo oriente sovietico al fine di raccogliere la popolazione ebraica che da secoli risiedeva tra i territori appartenenti agli attuali stati di Ucraina e Lituania.

55

Molti, tuttavia, erano i conflitti latenti e la fine degli anni Ottanta portò allo scoppio di conflitti etnici che si tramutarono poi in guerre, che in alcuni casi non hanno ancora trovato una risoluzione.

Dopo il 1989 in Europa Orientale si sono verificati diversi conflitti armati, sia nell’ex Jugoslavia che nei territori un tempo appartenenti all’URSS. È da notare, tuttavia, che i fattori scatenanti le violenze non sono da individuare tanto nei diversi stati, quanto piuttosto nelle singole etnie nazionali, esasperate delle continue vessazioni e violenze culturali perpetrate dal regime sovietico in opposizione all’affermazione delle identità nazionali.

Lo scoppio di guerre tra i diversi gruppi nazionali appare dunque una conseguenza diretta delle operazioni di pulizia etnica e dei frequenti trasferimenti e scambi di territori che le popolazioni erano state costrette a subire.46 L’ideologia di base, come abbiamo visto nel capitolo precedente, era di tipo comunista, la quale, attraverso la “dittatura del proletariato” intendeva eliminare le pressioni nazionaliste considerate sulla base della teoria filosofica marxista semplici “sovrastrutture”.47

Tra le zone che hanno vissuto più intensamente gli effetti di questa politica un posto in primo piano è riservato al Caucaso, che dopo la fine dell’Unione Sovietica si è trovato a vivere un periodo di forte instabilità e rimane tutt’oggi “il luogo più frammentato e più critico dell’ex URSS”.48 L’impulso decisivo alla questione etnica è arrivato in concomitanza al crollo del sistema sovietico: in seguito a questo evento, infatti, le sorti di territori che appartenevano all’una o all’altra repubblica cambiano, in quanto quelli che con l’URSS erano meri confini amministrativi, con un valore economico e culturale, diventano frontiere che separano entità statali indipendenti.

46 Cfr. F. Fossati, op. cit., Conflitti armati contemporanei. Quali soluzioni, p. 45. Iuise, Gorizia, 2008. 47 Secondo il pensiero marxista con il termine ‘sovrastruttura’ si intende il risultato politico e sociale

dei rapporti e dei mezzi di produzione, considerati unica vera ‘struttura’ e ed elemento fondante del mondo moderno, in: http://www.homolaicus.com/teorici/marx/struttura-sovrastruttura.htm

48 P. Sinatti (a cura di), La Russia e i conflitti nel Caucaso, cit., p. X, Edizioni Fondazione Giovanni

56

Per quanto riguarda il Caucaso lo scenario politico-amministrativo è cambiato considerevolmente: le tre Repubbliche transcaucasiche di Georgia, Armenia e Azerbaigian ottennero l’indipendenza, mentre il Caucaso settentrionale si ritrovò all’interno dei confini della Federazione russa. Facendo riferimento al Caucaso meridionale troviamo la Georgia con le “autonomie” dell’Abkhazia, dell’Ossezia meridionale e, in misura minore, dell’Agiara; l’Azerbaigian e l’Armenia con l’enclave separatista già citata del Nagorno-Karabakh. Appartengono alla Federazione russa i due territori (kraj), di Krasnodar e Stavropol’ e sette repubbliche della Ciscaucasia: Adighezia, Karačai-Circassia, Cabardino-Balcaria, Ossezia Settentrionale-Alania, Inguscezia, Cecenia e Daghestan che costituiscono la zona meno stabile della Federazione.49